MARCHESELLI (Adelardi), Guglielmo
Primo di questo nome, figlio di Bulgaro e di Marozia, nacque intorno alla metà del secolo XI a Ferrara o nei suoi dintorni. Il M. è ricordato nella letteratura anche come G. Adelardi per la sua discendenza da Adelardo detto Burclus, detentore di beni feudali e allodiali nel territorio padano, attivo tra la fine del XI e i primi del XII secolo.
Il padre del M. era figlio di Guarino (IV), conte di Ferrara. Un documento redatto nel 1251, anno in cui i beni un tempo concessi dall'arcivescovato di Ravenna alla famiglia del M. furono trasferiti agli Estensi (Federici - Buzzi, II, pp. 342-344), e uno del 1254 di identico tenore (ibid., pp. 344 s.) ricordano i vasti possedimenti detenuti dai Marcheselli in area emiliana, in particolare nella "Massa Vicariana" (Vigarano Pieve). La memoria di Guarino è ben delineata nel secondo di questi documenti in cui egli è ricordato come "inclitus vassus" (p. 345); a sua volta Bulgaro compare nella documentazione fra il 1066 e il 1077, anno in cui sua moglie Marozia "que dicebatur Marchesella" (ibid.) era già vedova e compiva una donazione in memoria di sua cognata Donzella, in favore del monastero ferrarese di S. Silvestro (Castagnetti, 1985, p. 105). La sua attiva presenza a fianco del marito e anche in seguito - Marozia-Marchesella è ancora attestata e attiva in base a un documento del 1090 (cfr. Bocchi, p. 142) - ha fatto sì che il nome di Marchesella abbia connotato l'intero gruppo parentale imponendosi alla fine nell'identificazione dello stesso Marcheselli.
Di origine comitale il M., la cui famiglia era residente nella parrocchia di S. Pietro, svolse, pur non esercitando incarichi all'interno delle magistrature cittadine, un ruolo di rilievo nelle vicende ferraresi; il suo prestigio era fondato sul godimento di estese assegnazioni fondiarie ottenute dalla Chiesa locale e da quella ravennate e su una solida rete di rapporti personali.
La prima attestazione che riguarda il M. è del 28 apr. 1070 e concerne una disputa fra i cittadini ferraresi e i canonici della cattedrale in merito alla definizione dei confini fra la valle del Morticio e la "piscaria vicinorum que dicitur comune" (Franceschini, 1969, pp. 63 s.). Già in questo documento egli figura in una posizione preminente all'interno del gruppo dirigente che, nel corso della minore età di Matilde di Canossa, aveva guadagnato maggiori spazi di autonomia nei confronti della dominazione canossiana pur non rivendicando un completo affrancamento. In questa azione il ceto eminente ebbe il pieno sostegno del locale episcopio, interessato a distaccarsi dall'arcivescovato ravennate di cui Ferrara era diocesi suffraganea. Tale coesione fra poteri locali è testimoniata da un documento del 1077 nel quale il M. risulta in un atto di investitura da parte del vescovo Graziano, di nomina pontificia, della pieve di S. Giorgio in favore del conte Ugo di Toscana (Franceschini, 1976). Il M. è ancora documentato nel 1083 in qualità di vassallo vescovile, in un atto nel quale il presule di Ferrara concedeva le decime percepite sui possedimenti della sua diocesi al giudice Aldighiero, un tempo al servizio dei Canossa e ora allineatosi con l'Impero (Antiquitates, III, coll. 213 s.).
Il documento qui ricordato precede di pochi giorni il ritorno in Ferrara del vescovo Samuele, deposto da papa Alessandro II nel 1068 e reimposto ai vertici della Chiesa locale dall'imperatore Enrico IV di Franconia. Il sostegno al vescovo Graziano giustifica l'assenza del M., al pari di altri esponenti del locale gruppo dirigente fra i quali spicca il nome di Pietro Torello (Torelli), dalla documentazione emanata dopo il febbraio 1083, quando il vescovo Samuele, e in seguito il suo successore, Guido, sostenitore quest'ultimo dello scisma guibertista in Ferrara, furono espressione di indiscussa fedeltà all'Impero e di ostilità nei riguardi della politica di Matilde. Con la riconquista di Ferrara da parte di questa, avvenuta nel 1101, riemerge il nome del M., mentre ai vertici della Chiesa ferrarese compare l'energica figura del vescovo Landolfo, espressione delle istanze riformistiche sostenute dal pontificato di Pasquale II. Proprio a fianco di Matilde il M. è ricordato in un placito emanato a Pistoia il 14 genn. 1104 (Overmann, p. 173); successivamente, l'8 apr. 1105, il M. è nominato in un privilegio pontificio rivolto da Pasquale II a Landolfo nonché, in rappresentanza dell'intera città, a tre cittadini, il primo dei quali è proprio il M. (Kehr, 1961, p. 210). Tale connubio fra ceti eminenti e vescovato non fu con tutta probabilità messo in crisi nemmeno quando Pasquale II, come attesta un diploma pontificio emanato nel 1106, affidò a Landolfo le decime spettanti alla Chiesa ferrarese, ma godute negli ultimi decenni da laici prossimi all'episcopio: in quell'occasione il M. svolse una mediazione fra le parti in causa, ruolo sottolineato dal documento (Antiquitates, VI, col. 261). Sempre in qualità di vassallo della curia vescovile il M. fu al fianco di Landolfo nel 1109 quando questi si recò nella corte di San Cesario sul Panaro, in entrambi i casi il presule ferrarese ottenne beni per la sua Chiesa.
Di pari passo con il suo intervento nella vita cittadina dovette procedere la sua attività a fianco di Matilde di Canossa, dalla quale fu valorizzato appieno, come è testimoniato dal titolo di "capitaneus" con cui il M. è nominato in due documenti, del 1112 e del 1113. Nel primo di questi egli assiste, a Cornacervina, a un arbitrato del vescovo Landolfo, dove compare anche il giudice Irnerio (Spagnesi, pp. 29 s.), mentre nel secondo è nominato in un placito presieduto dalla stessa Matilde, tenutosi a "Baviana" (ibid., p. 39). Anche dopo la morte di Matilde il M. mantenne intatto il proprio rilievo; sempre con la qualifica di capitano egli compare infatti in una "concordia" del 1119 (edita in Amadesi) intercorsa fra la Chiesa di Ravenna, detentrice nel territorio di Ferrara di rilevanti beni fondiari, ed eminenti cittadini ferraresi, che avevano usurpato tali possedimenti. Il suo nome precede in quest'occasione quello dei consoli cittadini, a garanzia di una continuità del potere pubblico e del rilievo acquisito dal M. non solo in ambito cittadino, ma anche nella rete amministrativa e sociale dei territori direttamente soggetti al dominio canossiano. Anche successivamente il M. è ricordato in atti di identico tenore emanati nel corso del secondo e terzo decennio del secolo (Castagnetti, 1985, p. 260 nn. 22-24) e che testimoniano, su un piano di più ampio respiro, il riavvicinamento della Chiesa romana con quella ravennate e la conseguente riaffermazione da parte di questa dei propri diritti sui beni detenuti a Ferrara e nel suo contado.
L'assenza del nome del M. dalla documentazione pubblica intorno agli anni 1123-24 è forse da attribuire alla scomunica pronunciata dal papa Callisto II contro la città, che si era rifiutata di versare l'annuale tributo alla Chiesa di Roma. La sua attività è però documentata in altri ambiti: il 7 dic. 1123 il M. era presente nella "curia vassallorum" tenutasi nel monastero di S. Maria di Vangadizza, presieduta dal marchese Folco d'Este (Codice dipl. padovano); poco prima (12 ottobre), insieme con la moglie Adelasia, indicata da Muratori (1717) come sorella di Folco d'Este e figlia di Azzo (II), il M. eseguiva una donazione in favore della chiesa di S. Maria di Porto (Monumenti ravennati).
Secondo Riccobaldo il M. costruì proprio in questo periodo fortificazioni lungo la linea del Tartaro, per contenere la pressione della Chiesa di Adria e l'azione espansionistica delle nobili famiglie marchionali, in primis quella estense, provenienti dalla Marca veronese e dalla Romania, iniziativa che è comunemente interpretata come un'azione condotta dal M. in stretto connubio con la politica di "comitatinanza" del Comune cittadino.
Un rinnovato equilibrio fra episcopato ferrarese e ceti eminenti e, più in generale, fra la città e la Chiesa di Roma, una volta che questa sanzionò l'autonomia della diocesi di Ferrara da quella ravennate, si ebbe solo a partire dagli anni Trenta del secolo: momento culminante di questa ritrovata armonia fu la costruzione della cattedrale di Ferrara, la cui fondazione è documentata intorno al 1135. Nell'ottobre di quell'anno il legato di Innocenzo II, Azzo cardinale di S. Anastasia, riceveva dal vescovo Landolfo il terreno destinato all'edificazione della cattedrale intitolata a S. Giorgio; a sua volta Landolfo con il clero e la città si impegnava a versare un bisante d'oro come censo annuale. L'atto non nomina specificatamente alcun esponente laico presente all'accordo, ma è più che certo che, in tale occasione, fosse compreso anche il M., esponente di primo piano di quelle famiglie cittadine che si riconoscevano "in pieno nelle istituzioni comunali" (Ortalli, p. 278).
L'ultima attestazione del M. risale al 20 apr. 1140, quando compare, primo fra i testi laici, in occasione di una donazione da parte di Manfredo, abate del monastero di S. Benigno in Fruttuaria, in favore del monastero veneziano di S. Daniele (Benedettini in S. Daniele, pp. 27 s.). Il M. era già morto nel 1144, quando sua moglie Adelasia, nel concedere un'enfiteusi insieme con il figlio Adelardo (II) e anche in nome del figlio Guglielmo (II), si qualificò come vedova. Nel 1146 il M. fu sepolto nella rotonda del S. Sepolcro annessa alla chiesa di S. Maria in Betlem di Mizzana.
Fonti e Bibl.: Cronicon estense, in L.A. Muratori, Rer. Ital. Script., XV, Mediolani 1729, col. 5; L.A. Muratori, Antiquitates Italicae Medii Aevii, I, Mediolani 1738, coll. 593 s.; III, ibid. 1740, coll. 157-160, 213 s.; VI, ibid. 1742, coll. 260 s.; G.A. Amadesi, In antistitum Ravennatum chronotaxim, III, Faventiae 1783, pp. 117 s.; M. Fantuzzi, Monumenti ravennati de' secoli di mezzo…, II, Venezia 1801, p. 262; Codice diplomatico padovano, a cura di A. Gloria, II, Venezia 1879, n. 144; P.F. Kehr, Nachträge zu den Papsturkunden Italiens, IV, in Nachrichten d. Gesellschaft d. Wissenschaften zu Göttingen, Philologisch-historische Klasse, IV (1910), pp. 236 s.; Regesto della Chiesa di Ravenna. Le carte dell'Archivio Estense, a cura di V. Federici - G. Buzzi, I-II, Roma 1911-31, ad ind.; G. Pistarino, Le iscrizioni ferraresi del 1135, in Studi medievali, s. 3, V (1964), 1, pp. 130-140; I frammenti epigrafici degli statuti di Ferrara del 1173 venuti in luce nella cattedrale di Ferrara, a cura di A. Franceschini, Ferrara 1969, pp. 63-67; Riccobaldo da Ferrara, Cronica parva Ferrariensis, a cura di G. Zanella, Ferrara 1983, p. 150; Benedettini in S. Daniele, a cura di E. Santschi, in Fonti per la storia di Venezia, sez. II, Diocesi Castellana…, IX, Venezia 1989, ad ind.; L.A. Muratori, Delle antichità estensi, I, Modena 1717, pp. 320, 354; A. Frizzi, Memorie per la storia della città di Ferrara, II, Ferrara 1848, pp. 209-218; A. Overmann, Gräfin Mathilde von Tuscien, Innsbruck 1895, ad ind.; G. Bertoni, La fondazione della cattedrale di Ferrara e l'iscrizione del 1135, in La cattedrale di Ferrara 1135-1935, Verona 1937, pp. 129-137; G. Ortalli, Comune e vescovo di Ferrara nel secolo XII: dai "falsi ferraresi" agli statuti del 1173, in Bull. dell'Ist. stor. italiano per il Medio Evo e Arch. Muratoriano, LXXXII (1970), pp. 276-294, 324-326; E. Spagnesi, Wernerius iudex, Firenze 1970, pp. 29 s., 39 s.; A. Franceschini, Curie episcopali ferraresi nella Transpadana (sec. X-XIV), in Ravennatensia, V, Cesena 1976, p. 327; D. Balboni, I più antichi edifici di culto della città e della diocesi di Ferrara, in Id., Anecdota Ferrariensa, II, Città del Vaticano 1977, pp. 26 s.; Id., L'anno della fondazione e della consacrazione della cattedrale di Ferrara, ibid., pp. 140 s.; F. Bocchi, Istituzioni e società a Ferrara in età precomunale. Prime ricerche, in Atti e memorie della Deputazione provinciale ferrarese di storia patria, s. 3, XXVI (1979), ad ind.; A.L. Trombetti Budriesi, Vassalli e feudi a Ferrara e nel Ferrarese nell'età precomunale…, ibid., XXVIII (1980), pp. 46-55; A. Castagnetti, Società e politica a Ferrara dall'età postcarolingia alla signoria estense, Bologna 1985, ad ind.; A. Vasina, Comune, vescovo e signoria estense dal XII al XIV secolo, in Storia di Ferrara, V, a cura di A. Vasina, Ferrara 1987, pp. 76-88; A. Castagnetti, La società ferrarese nella prima età comunale, ibid., pp. 134-139 e ad ind.