LUDOLF, Guglielmo
Nacque a Istanbul il 23 luglio 1818, dal conte Giuseppe Costantino, ambasciatore del Regno delle Due Sicilie presso la Porta ottomana, e dalla contessa Tecla Weissenhof.
Gli anni dell'infanzia del L. vanno collocati nello scenario rappresentato dalla grande dimora familiare situata nel quartiere di Bouyouk-Déré, dove da decenni transitava il fiore della diplomazia occidentale accreditata presso il sultano. Ma già nel 1821, nel momento in cui il padre si rifiutò di riconoscere il governo costituzionale napoletano, il L. lasciò Istanbul insieme con la famiglia, completa di maggiordomo turco e di domestiche greche, alla volta di Napoli. Non avrebbe più rivisto la città affacciata sul Bosforo in cui era nato. Nel 1824 si trasferì a San Pietroburgo al seguito del padre, che vi era stato nominato ambasciatore, e nella capitale russa rimase fino al 1830, quando fece ritorno in Italia con la madre per ricevere un'educazione commisurata al suo rango. Il padre, a sua volta, li avrebbe raggiunti due anni dopo.
Tra il 1830 e il 1834 il L. studiò dapprima presso il collegio Carlo Lodovico di Lucca (restano tra le sue carte alcuni esercizi scolastici risalenti a quel lungo soggiorno) e poi raggiunse i genitori a Roma, sede che nel frattempo era stata assegnata al padre. Qui fece i suoi studi di giurisprudenza e conseguì la laurea.
Nominato il 17 febbr. 1838 guardia d'onore volontaria degli squadroni della capitale (Napoli), l'anno seguente, con decreto del 7 genn. 1839, il L. esordì, come aggiunto di legazione a Roma, nei ranghi della diplomazia borbonica che avrebbe servito per più di venti anni, fino al crollo del Regno delle Due Sicilie.
Malgrado la posizione di preminenza del padre, il cursus honorum del L. seguì i tempi ormai consueti per quella che si veniva configurando sempre più come una carriera formalizzata, scandita dalla regola del calendario e dell'anzianità e non più suscettibile di offrire rapidi avanzamenti ai singoli, per quanto altolocati o addirittura legati, come nel caso suo, da vincoli familiari e personali alla dinastia regnante.
Bisogna, così, attendere il decreto del 26 febbr. 1848 per la sua nomina a segretario di legazione e il 22 marzo dello stesso anno per la sua presa di servizio in questo ruolo presso la sede diplomatica napoletana di Torino, dove, peraltro, finì presto per subentrare di fatto all'inviato straordinario e ministro plenipotenziario P.S. Leopardi, destituito per aver cercato di dare un impulso più deciso alla partecipazione del corpo di spedizione borbonico alla guerra per l'indipendenza.
Per quanto decisiva come battesimo del fuoco in un contesto problematico, l'esperienza torinese del L. non si sarebbe peraltro protratta a lungo. Essa va intesa, piuttosto, come il trampolino di lancio per le sequenze successive della sua carriera.
Il 14 ott. 1849 venne nominato, con un assegno di 3600 ducati annui, incaricato d'affari presso la Confederazione Elvetica, dove si occupò in particolare delle questioni relative alle capitolazioni che definivano lo status e le modalità di impiego delle truppe svizzere al servizio del re delle Due Sicilie. La sua missione in Svizzera cessò nel marzo 1851, quando venne trasferito, sempre come incaricato d'affari, a Berlino. Aveva, nel frattempo, sposato nel 1850 la nobildonna Luisa de Piccolellis.
Con decreto del 1( marzo 1852 gli fu affidato, sempre in ambito tedesco, un incarico di maggior rilievo. Si trattava, infatti, non di avvicendarsi a qualche altro diplomatico in una sede rimasta al momento scoperta, ma di farsi in prima persona organizzatore di una legazione sino a quel momento inesistente: quella di Monaco di Baviera. Il L. passò in questa città diversi anni, prima con la generica funzione di incaricato d'affari, poi, una volta che le relazioni diplomatiche tra i due Stati ebbero raggiunto uno spessore più significativo, con quella di ministro plenipotenziario (decreto del 21 sett. 1857).
Rispetto ai 3600 ducati ricevuti a Berna otto anni prima, il suo emolumento presso la corte bavarese risultava quasi triplicato: 9600 ducati annui, segno tangibile di un successo sempre più corposo, confermato dalla delicatezza della trattativa affidatagli in quegli anni, gli ultimi di esistenza del corpo diplomatico dei Borboni di Napoli. Il L. negoziò infatti e portò a buon fine il matrimonio del principe ereditario, Francesco duca di Calabria, con la principessa Sofia di Baviera, conquistandosi così una nicchia duratura - a comprovarla resta un carteggio che si protrasse per qualche anno anche oltre la caduta del Regno - negli affetti di colui che era destinato a divenire, di lì a breve, l'ultimo re delle Due Sicilie.
Convulsi furono i suoi spostamenti negli ultimi anni di carriera, testimonianza, in un certo modo, della frenesia finale di un corpo diplomatico disperatamente impegnato ad allargare la schiera dei possibili interlocutori di una dinastia di fatto sempre più isolata sul piano internazionale. Nel luglio 1859 venne inviato a Bruxelles, a istituire una nuova legazione, con la carica di inviato straordinario e ministro plenipotenziario per l'Olanda e per il Belgio; l'anno seguente, con l'assegnamento davvero cospicuo di 14.000 ducati annui, rilevò la titolarità delle sede di Londra (in passato ricoperta dal nonno paterno), con l'incarico di spendersi quanto meglio possibile per sostenere la causa ormai persa del Regno, che era stato nel frattempo invaso dai volontari garibaldini.
G. Garibaldi e i Mille godevano tanto di vive simpatie presso l'opinione pubblica britannica quanto di appoggi più o meno manifesti nei circoli governativi, dopo il buon successo della campagna antiborbonica orchestrata negli anni precedenti da W.E. Gladstone, tornato da un viaggio nelle Due Sicilie denunciando l'inumanità delle carceri borboniche e il feroce trattamento inflittovi ai dissidenti politici tenuti in stato di reclusione.
Per molti versi quest'ultima missione affidata al L. sembrava così presentare analogie, sia per l'ampiezza delle finalità sia per l'inevitabile modestia dei risultati conseguibili, con quella che aveva visto quattro anni prima come protagonista suo padre Giuseppe Costantino, al tempo della minaccia di un blocco navale congiunto anglo-francese del golfo partenopeo e del successivo ritiro della legazione inglese a Napoli.
Il L. riuscì, durante l'estate del 1860, a ottenere che il governo inglese prendesse qualche simbolico provvedimento di contenimento delle iniziative popolari filogaribaldine, ma fallì in quello che era il suo obiettivo principale: indurre il governo britannico a partecipare a un blocco navale congiunto con la Francia, volto a impedire lo sbarco di Garibaldi e dei suoi uomini nel Mezzogiorno continentale. Il 4 ag. 1860, preso atto del fatto che gli interessi strategici dell'Inghilterra erano ormai irreversibilmente orientati a sintonizzarsi con la prospettiva dell'unificazione italiana sotto la Corona sabauda, il L. rassegnò il suo mandato. Il 23 ottobre la segreteria di Stato degli Affari esteri nell'Italia meridionale provvedeva a dargli comunicazione della sua cessazione dall'ufficio. Si chiudeva così la carriera pubblica di un uomo che nel corso del decennio appena trascorso si era identificato sempre di più con i vertici dello Stato borbonico, ricevendone un variegato ventaglio di onorificenze.
Era stato nominato cavaliere di grazia dell'Ordine costantiniano di S. Giorgio il 23 ott. 1851; aveva ricevuto la simbolica chiave di gentiluomo di camera di entrata l'11 genn. 1854 e il gran cordone dell'Ordine di Francesco I il 27 dic. 1858; nel luglio 1860, nel pieno della sua attività negoziale a Londra, era stato insignito altresì della gratifica di "maggiordomo di settimana" presso la corte di Francesco II.
Terminata la carriera, il L. andò a vivere a Firenze, continuando a mantenere stretti rapporti con Francesco II, ma senza condividerne i progetti di restaurazione legittimistica. Ricevette nel 1861 la gran croce dell'Ordine Costantiniano e nel 1876 quella dell'Ordine di S. Gennaro. Durante il suo lungo soggiorno romano, del resto, aveva intrecciato amicizie personali con figure che facevano parte dell'establishment del nuovo Regno (è conservata tra le sue carte una raccomandazione di Massimo d'Azeglio per favorirgli l'ammissione alla Società del circolo romano); inoltre il marito di sua sorella, il generale G.S. Pianell, già ministro della Guerra borbonico, si era reso protagonista nella congiuntura del 1860 di un passaggio al fronte sabaudo, che nei decenni dopo l'Unità gli fruttò una posizione di rilievo all'interno dell'Esercito italiano.
Il L. tornò a Napoli negli anni '80, dopo la morte del padre, e si impegnò in politica, approdando nel 1883 al Consiglio comunale come esponente di una lista di orientamento cattolico. Le carte superstiti del suo archivio relative agli ultimi venti anni dell'Ottocento attestano la sua intensa attività nel tessuto associativo ed economico della città: promotore e consigliere di amministrazione di asili infantili e opere pie - nel 1889 fu nominato presidente dell'Opera pia S. Filippo Neri per il quinquennio 1889-93 -, svolse nella seconda metà degli anni '80 anche la funzione di vicepresidente del consiglio generale del Banco di Napoli.
Il L. morì a Napoli il 24 marzo 1908.
Fonti e Bibl.: Napoli, Società napoletana di storia patria, Fondo Ludolf (in corso di ricomposizione e inventariazione); Arch. di Stato di Napoli, Arch. Borbone, nn. 1140, 1393, 1446-1450, 1453; E. Ludolf, Aperçu sur la vie du comte Joseph Constantin L.: hommage à sa mémoire par sa fille éléonore, Verona 1877, pp. 32, 37, 47 s., 53 s.; G. Paladino, Lettere inedite di Massimo d'Azeglio, in Rass. storica del Risorgimento, VI (1919), pp. 361-370; A. Zazo, La politica estera del Regno delle Due Sicilie nel 1859-60, Napoli 1940, ad ind.; V. Spreti, Enc. storico-nobiliare italiana, IV, pp. 174 s.