GUGLIELMO Gonzaga, terzo duca di Mantova
Nato il 24 aprile 1538, successe minorenne al fratello Francesco. Trascorsi nove anni di reggenza dello zio card. Ercole, assunse il governo. Riflessivo e scaltro, appena riavuto col trattato di Cateau Cambrésis il Monferrato, iniziò l'interminabile questione del baratto con altro territorio contermine al Mantovano. Contro il secolare regime autonomo di Casale sostenne una lotta lunga, aspra, drammatica. I Casalaschi, insofferenti del dominio gonzaghesco, ebbero un protettore in Emanuele Filiberto, al quale si sentivano attratti per la contiguità della regione e l'affinità di lingua e di razza. G., sfruttando abilmente le parentele (aveva sposato il 26 aprile 1561 Eleonora d'Austria, figlia dell'imperatore Ferdinando), il prestigio della casa sua, le circostanze politiche, ottenne l'aiuto spagnolo contro la città ribelle, costretta ai patti di Frassineto il 14 giugno 1565. Molti cittadini ripararono nel vicino stato sabaudo, mentre Filiberto intensificava presso l'imperatore l'opera di rivendicazione dei suoi diritti sul Monferrato. G. sconcertò tutto il lavoro diplomatico degli avversarî. Portatosi a Casale nel settembre 1567, sia per calmare l'eccitazione degli animi sia per la consacrazione del nuovo vescovo Ambrogio Aldegatti, il 5 ottobre fu avvertito che si stava tramando contro la sua vita. Affidò il governo della città a Vespasiano Gonzaga, che proclamò lo stato d'assedio. La repressione fu feroce. Tra le vittime, Oliviero Capello, campione delle libertà casalasche, fu fatto ammazzare a Chieri e Flaminio Paleologo fu fatto morire di veleno in carcere. I fuorusciti fecero un estremo tentativo occupando Verolengo, ma, abbandonati dal duca di Savoia, furono dispersi. Casale, affranta, giurò fedeltà ligia al Gonzaga (1569) e il Monferrato non più dilaniato da lotte civili rinacque all'antica floridezza. Nel 1575 ottenne dall'imperatore l'elezione del Monferrato a ducato, malgrado l'opposizione di Emanuele Filiberto. Morì nel 1587.
G. amò l'arte. Compositore egli stesso, fu protettore del Palestrina; ebbe come architetto il Bertani, che aggiunse sale bellissime nel palazzo ducale e costruì la chiesa di S. Barbara; fece severamente decorare dal Borgani il palazzo di Goito. Al Tintoretto ordinò i celebrati "Fasti gonzagheschi" ora a Monaco. Per primo volle una vera collezione di pitture e sculture. Sotto il suo lungo governo il Mantovano raggiunse il culmine della floridezza e la città toccò i 43.000 abitanti. Istituì il Senato e alla milizia mercenaria e straniera ne sostituì una regolare di cittadini; favorì le opere di beneficenza. Ebbe col papa Pio V lunghe contese per la questione degli eretici, ma finì, per ragioni di politica interna, per cedere e le carceri dell'Inquisizione si riempirono. Accolse più tardi anche i gesuiti. Portò all'apice la floridezza del bilancio; accumulava ogni anno un avanzo di 50.000 ducati e alla sua morte pare vi fossero nelle sue casse due milioni d'oro in contanti.
Bibl.: S. Davari, Cenni storici intorno al Tribunale dell'Inquisizione in Mantova, in Arch. stor. lomb., 1879; A. Luzio, Fasti gonzagheschi dipinti dal Tintoretto, in Arch. stor. dell'arte, 1890; id., La Galleria dei Gonzaga venduta all'Inghilterra nel 1627-28, Milano 1913; id., L'Archivio Gonzaga di Mantova, Verona 1922; R. Quazza, Emanuele Filiberto di Savoia e Guglielmo Gonzaga (1559-1580), in Atti e Mem. della R. Acc. Virgil., Mantova 1929; F. Bonfà, Fasti gonzagheschi dipinti dal Tintoretto, Mantova 1911.