EMBRIACO, Guglielmo (Niger, Negro)
È difficile distinguere tra i molti omonimi l'E., soprannominato "Niger" (Negro), politico e ambasciatore genovese attivo nei primi decenni del secolo XIII.
Tra la fine del XII secolo e la metà del XIII compaiono infatti diversi personaggi di questo nome, diventato prestigioso con Guglielmo Embriaco detto "Caput Mallei", eroe della prima crociata. Tre Gugliemo Embriaco furono consoli del Comune di Genova negli anni 1187, 1189, 1201, 1208 e 1212; nel 1209 e nel 1215 fu console un Guglielmo Embriaco figlio di Ugo; nel 1194e nel 1210 un Guglielmo Embriaco figlio di Nicola. Nel primo quarto del XIII secolo è ricordato nelle fonti anche un discendente dei primi Embriaco di Gibeletto, figlio di Ugone. Questi nel dicembre 1204 sottoscrisse un atto di Boemondo IV, principe di Antiochia, e nel febbraio 1207 un atto di Giuliana di Cesarea; è probabile che sia ancora lui il personaggio che partecipò alla crociata del 1217 con Boemondo IV di Antiochia e Andrea, re di Ungheria, e che, nel 1219, fu inviato al sultano Malek-el-Kamek dai cristiani riuniti davanti a Damietta per trattare la pace.
Questa molteplicità di omonimi si ritrova, forse anche accresciuta, nelle fonti genovesi relative alla gestione sia del patrimonio fondiario e immobiliare, sia dell'attività commerciale. Un Guglielino Embriaco nell'agosto del 1200 vendette un edificio posto in un suo terreno e affittò quest'ultimo, che era sito a Ravecca, quasi di fronte alla porta di S. Andrea. Nel luglio 1226 sempre un Guglielmo Embriaco (forse lo stesso) dichiarò di possedere un giardino vicino alla porta di S. Andrea. Nel febbraio 1228 un contraente promise a Guglielmo Embriaco del fu Ugo Embriaco di consegnargli, al porto di Genova, 12.000 mattoni in ragione di 11 bisanti al migliaio, per costruire una sua torre; ventitré anni più tardi lo stesso personaggio, verosimilmente, e il fratello Embriaco davano in affitto una torre di loro proprietà alla porta di S. Andrea. Sempre negli anni tra la fine del XII secolo e l'inizio del XIII personaggi dello stesso nome sono ricordati come titolari di proprietà sia in città (per es., "in carrubeo Sancti Laurenti", ovvero a Canneto) sia in Liguria (per es., tra Croce di Camogli e Lavagna). Nell'agosto 1202 uno di questi, insieme con Manuele di Nicolò Doria, comprò dal marchese Alberto Spinola e dal nipote Corrado il pedaggio della Val di Trebbia e di Barbera.
La stessa molteplicità di omonimi si riscontra relativamente ad investimenti finanziari o commerciali a Genova; tra questi un Embriaco nel 1162 risulta coinvolto in una transazione relativa al cambio di lire genovesi in bisanti; l'anno seguente è menzionato un suo viaggio in Levante. Nel 1192 un Guglielmo Embriaco, figlio del fu Nicola Embriaco, si trovava in Levante. Nel novembre 1200 lo stesso risulta possedere un magazzino commerciale ("stacio"), dove, nel 1203, venne conclusa un'ordinazione destinata a Ceuta; tre anni più tardi, nel medesimo luogo, si negoziò a proposito di un'ordinazione destinata a Bugia, nel settembre 1210 l'Embriaco si riconobbe debitore di alcune pezze di panno di lana.
Nell'ambito dell'attività politico-diplomatica genovese su scala mediterranea, due Embriaco, omonimi e parenti, ricoprirono un ruolo di primo piano nei primi anni del XIII secolo. Nel 1201 l'Embriaco, priore dei consoli di Genova, organizzò una spedizione navale, a metà tra ufficiale e privata, al fine di ristabilire la posizione genovese in Sicilia ma anche, probabilmente, per ottenervi vantaggi che compensassero quelli appena persi dalla sua famiglia in Terrasanta. Questa iniziativa era stata predisposta, l'anno precedente, da un nipote dell'Embriaco, Guglielmo anche lui, che aveva ottenuto, con diploma imperiale, la riconferma dei privilegi già goduti da Genova nell'isola.
Comunque il più importante, o quanto meno il più conosciuto, fra i vari personaggi di questo nome vissuti nella prima metà del sec. XIII è l'E. soprannominato "Niger" (Negro). Nel 1218 il podestà di Genova, il bolognese Rambertino di Guido di Bovarello, lo inviò, con Lanfranco Rosso, presso i conti di Nevers e de la Marche e altri cavalieri francesi in transito nel porto di Genova e diretti in Terrasanta all'epoca della terza crociata. Nel 1230 l'E., che era stato eletto podestà di Alba, fu preso prigioniero insieme con il figlio Giovanni e alcuni nobili di Alba presso il castello di Santo Stefano. Nel 1238, nel momento in cui più aspro era il conflitto su scala mediterranea tra l'imperatore Federico II e il Papato, la lega guelfa si basava essenzialmente sulla congiunzione delle forze pontificie con quelle di Genova e di Venezia, strettamente alleate. In questo contesto, di particolare tensione diplomatica, l'E. fu inviato come ambasciatore a Roma, insieme con Pietro Vento, per incontrarvi i due plenipotenziari veneziani Stefano Giustiniani e Marino Morosini. Il 30 novembre dello stesso anno questi firmarono in Laterano un trattato di alleanza offensiva e difensiva "in ogni mare, contro tutti i nemici, ma specialmente contro la Sicilia, la Calabria, la Puglia e il Principato cioè contro tutte le provincie del Regno".
Nel 1241, in occasione della battaglia navale del Giglio, la flotta del Comune di Genova forte di ventiquattro unità, al comando di Iacopo Malocello, fu attaccata e vinta da quelle dell'ammiraglio imperiale, il genovese Andreolo De Mari, e del pisano Ugo Buzzacarini; sembra che solo cinque navi riuscissero a sfuggire alla cattura. La disfatta del Giglio ebbe una grande eco, più che per le perdite materiali e umane (circa 2.000 fra morti e feriti e 4.000 prigionieri), per il colpo portato alla causa guelfa nel momento culminante dello scontro con l'imperatore svevo. In effetti tra i prigionieri figuravano parecchi cardinali, arcivescovi, vescovi e abati, che stavano recandosi a Roma per assistere al concilio convocato dal papa per la Pasqua del 1241 al fine di confermare la scomunica e, con ogni probabilità, deporre Federico II. Tra i prigionieri genovesi figurava l'E., insieme con Pietro Vento (quello stesso che aveva negoziato con lui il trattato del 1238 con i Veneziani), Ottobono Mallone, Andreolo, figlio di Enrico di Domoculta, Andrea di Bulgaro e numerosi altri nobili genovesi e liguri. Tutti furono condotti in catene prima a Pisa, quindi a Napoli, a Castel dell'Ovo, dove allora era conservato il tesoro imperiale.
Si ignora la precisa durata della prigionia dell'E. e la data esatta della morte.
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