GUGLIELMO di Grantmesnil
Era uno dei dieci figli (con Roberto, Ugo, Ivo, Alberico, Adelina, Hadvisa, Rochesia, Matilde e Agnese) di Ugo, primogenito di Roberto di Grantmesnil, e di Adelaide, figlia di Ivo, conte di Beaumont-sur-Oise. La data della sua nascita si può desumere con ragionevole approssimazione da Orderico Vitale (p. 171), che narra che G. con altri milites normanni si trovava in Puglia prima dell'estate del 1081 per partecipare, con le truppe di Roberto il Guiscardo, alla spedizione contro Durazzo. È pertanto possibile collocare la nascita di G. verso la metà degli anni Cinquanta del sec. XI in Normandia, terra d'origine dei Grantmesnil.
G. prese dunque parte alla prolungata campagna espansionistica normanna in territorio balcanico. Si trattò di un'impresa fortunata e di un'avanzata inarrestabile - cui inutilmente cercarono di opporsi le truppe bizantine condotte da Alessio I Comneno - che in pochi anni fruttò a Roberto il Guiscardo il controllo su un'area che da Durazzo giungeva, attraverso l'Albania e la Macedonia, fino in Tessaglia.
G., di ritorno dall'impresa d'Oltremare, si stabilì inizialmente in Puglia, dove gli giunse una dimostrazione tangibile della riconoscenza del Guiscardo: ebbe infatti in moglie una delle figlie del capo normanno, Mabilia. Il suo ruolo nell'entourage del duca Roberto si elevò ulteriormente ed ebbe evidentemente modo di consolidarsi se, al tempo della seconda grande spedizione nei Balcani, diretta verso Cefalonia e tesa alla riconquista di Corfù, ricaduta in mani bizantine, G. si trovava tra i pochi intimi ammessi, tra parenti e alleati, al capezzale dell'ormai morente duca normanno, per un ultimo colloquio sulle sorti dell'ampio Ducato in vista della successione al trono. Era l'estate del 1085 e G., in qualità di genero di Roberto, godeva della sua fiducia: egli era ormai signore di Rossano Calabro, di Castrovillari, di "Scribla" e forse anche di altri siti fortificati d'ambito calabro (Noyé suppone si trattasse di una quindicina di località); alla morte del suocero dovette in breve affrontare Boemondo d'Altavilla che, fattosi riconoscere quale nuovo duca da un nutrito numero di propri vassalli calabresi, cercava di imporsi ai non pochi signori normanni fedeli al defunto duca Roberto.
Ruggero, conte di Sicilia, fratello di Boemondo, inizialmente cercò di impedire, con il proprio nipote, Ruggero Borsa, tale espansione a danno di diversi feudatari normanni, ma, dopo un abboccamento a Melfi con Boemondo, si fece convincere a un'alleanza che li avrebbe condotti a un più stabile potere nel Mezzogiorno normanno.
G. rifiutò di sottostare a tale nuovo equilibrio, attirando su di sé l'azione punitiva congiunta di Boemondo e dei due Ruggeri cui, secondo la narrazione di Goffredo Malaterra (fonte che si è dimostrata tanto valida quanto politicamente parziale nei confronti dell'establishment normanno), avrebbe sottratto con l'inganno sia Rossano sia Castrovillari. Egli, infatti, secondo quanto si evince da Goffredo Malaterra (pp. 84, 99 s.), nel 1093 avrebbe diffuso ad arte la falsa nuova della prematura scomparsa del conte Ruggero, impadronendosi proditoriamente di entrambe le località. La spedizione punitiva organizzata contro G. nel 1094 ebbe gli effetti desiderati.
Ad aumentare l'instabilità locale si aggiunse il diffuso malcontento degli abitanti di Rossano, delusi per la presenza e per l'azione pastorale di un arcivescovo "latino" che era stato imposto dopo la destituzione di un prelato "greco". La rivolta tuttavia non ebbe luogo in quanto il conte Ruggero, giunto sul posto dopo l'arrivo di Ruggero Borsa e la fuga di G. e di sua moglie, concesse che la cattedra arcivescovile di Rossano tornasse ad avere dei titolari "greci".
G. si rifugiò alla corte di Costantinopoli con Mabilia; tutti i suoi beni gli vennero confiscati, ma nell'arco di breve tempo, probabilmente meno di due anni, G., riconciliatosi con Ruggero e Boemondo d'Altavilla, ritornò in Italia riottenendo i beni e il favore politico.
Trinchera (n. LXXXIII) ritenne che presso la corte bizantina gli venissero offerti doni e onorificenze, ma si basò su un documento più tardo, datato al settembre del 1117 e dunque riferibile a un anno in cui G. era sicuramente già morto.
Nell'autunno del 1096 G., forse impegnato nell'assedio di Amalfi e in procinto di partire per la prima grande spedizione armata in Terrasanta dopo l'appello di Urbano II, venne raggiunto dai fratelli Ivo e Alberico. Giunti Oltremare, dopo i durissimi scontri presso un'Antiochia ormai in mano ai crocesignati, traumatizzati dalle fatiche e dagli aspri combattimenti contro le truppe musulmane che assediavano la pur munita città, G. e Alberico disertarono.
A dispetto degli assedianti musulmani agli ordini del comandante turco Kerbogha, già atabeg di Mosul, G. e suo fratello la notte del 10 giugno 1098 - insieme con un gruppo di cavalieri fra cui anche Lamberto conte di Clermont - abbandonarono il contingente cristiano. Nell'ambito della complessa e certo non granitica macchina bellica crociata, la vistosa defezione di due capi militari della levatura di G. e di Alberico incise assai negativamente sul morale delle truppe e segnatamente su quello degli assediati in Antiochia. G. e suo fratello lasciarono nottetempo l'accampamento crociato e, attraversando fortunosamente le linee nemiche, si diressero rapidamente verso il porto di San Simeone dove, oltre a cercare la fuga, pare diffondessero anche la falsa notizia di una imminente disfatta della resistenza cristiana in Antiochia provocando, a fini destabilizzanti, un pericoloso quanto comprensibile sbigottimento nei ranghi dell'esercito cristiano.
Per la codardia e l'infamia dimostrate con la diserzione e la fuga, e molto probabilmente anche per la perniciosa attività disinformativa, G. venne fulminato da una scomunica di papa Pasquale II nel gennaio 1100.
Dopo il clamoroso episodio G. scompare dalle fonti. Sembra tuttavia possibile affermare che sia riuscito a mantenere il dominio sui suoi feudi calabresi, o comunque a far sì che né sua moglie né suo figlio ne venissero privati.
Nel maggio del 1097 il duca Ruggero Borsa aveva convalidato le donazioni a suo tempo effettuate da G. alla chiesa di S. Maria "de Roccecta", sita non distante da Castrovillari, stabilendo che quell'ente ecclesiastico detenesse non solo il pieno possesso sui terreni e le annesse pertinenze, ma anche il potere sui rustici che vi abitavano e lavoravano.
Non conosciamo le circostanze e la data della morte di G. che dovette comunque avvenire prima del gennaio del 1114, quando un non meglio identificato vicecomes Filippo lo ricorda come suo signore ormai defunto in una donazione (Trinchera, n. LXXVI) alla chiesa di S. Pietro "de Brahalla" (localizzabile oggi nei pressi di Altomonte nel Cosentino e già sottoposta al dominio abbaziale della Ss. Trinità di Cava) di un fondo sito in "Oriolo", che a suo tempo gli era stato donato da Guglielmo.
In una donazione del settembre 1117 (ibid., n. LXXXIII) Guglielmo, figlio di G., agisce ormai in proprio, sia pure con la presenza e con l'assenso di sua madre Mabilia, in quel momento dunque già vedova. È questo l'ultimo documento in cui G. è menzionato.
Fonti e Bibl.: Gaufredus Malaterra, De rebus gestis Rogerii Calabriae et Siciliae comitis et Roberti Guiscardi ducis fratris sui, a cura di E. Pontieri, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., V, 1, pp. 84, 99-101; Ordericus Vitalis, Historia ecclesiastica, a cura di A. Le Prévost - L. Delisle, Paris 1838-55, III, pp. 171, 183, 359, 455; G. Del Giudice, Codice diplomatico del regno di Carlo I e Carlo II d'Angiò, Appendice I, Napoli 1863, n. X pp. 25-27; F. Trinchera, Syllabus Graecarum membranarum, Napoli 1865, nn. LXXVI p. 99, LXXXIII pp. 108 ss.; Raimundus de Aguilers, Historia Francorum qui ceperunt Hierusalem, in Recueil des historiens des croisades, Historiens occidentaux, III, Paris 1866, pp. 256-258; Albertus Aquensis, Historia Hierosolymitanae expeditionis, ibid., V, ibid. 1895, p. 21; Gesta Francorum et aliorum Hierosolimitanorum, a cura di L. Bréhier, Paris 1924, pp. 126-128; G. Mongelli, Abbazia di Montevergine. Regesto delle pergamene, I, Roma 1956, n. 131 p. 55; Guilelmus Apuliensis, Gesta Roberti Wuiscardi, a cura di M. Mathieu, Palermo 1961, IV, pp. 204, 311 (vv. 11 ss.); Alexander Telesinus, Ystoria Rogerii regis Sicilie Calabrie atque Apulie, a cura di L. De Nava - D. Clementi, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], CXII, Roma 1991, p. 279 (del commentario); F. Chalandon, Histoire de la domination normande en Italie et en Sicile, New York 1960, I, pp. 283, 300, 398, 627; L.-R. Ménager, Inventaire des familles normandes et franques emigrées en Italie méridionale et en Sicile…, in Roberto il Guiscardo e il suo tempo. Atti delle I Giornate normanno-sveve… 1973, Bari 1975, pp. 336 s.; G. Noyé, Le château de Scribla et les fortifications normandes du bassin du Crati de 1044 à 1139, in Atti delle III Giornate normanno-sveve… 1977, Bari 1979, pp. 220 s.; R. Manselli, Italia e Italiani alla prima crociata, Roma 1983, pp. 48, 81, 130 s.; P. Delogu, I Normanni in Italia. Cronache della conquista e del Regno, Napoli 1984, p. 116; C.D. Fonseca, Particolarismo istituzionale e organizzazione ecclesiastica nel Mezzogiorno medioevale, Galatina 1987, pp. 88 s., 93, 117; E. Cuozzo, L'unificazione normanna e il Regno normanno-svevo, in Storia del Mezzogiorno, II, 1, Napoli 1988, pp. 597, 620 s.; P. De Leo, Solidarietà e rivalità nel clan del Guiscardo. La testimonianza delle cronache coeve, in Roberto il Guiscardo tra Europa, Oriente e Mezzogiorno. Atti del Convegno internaz. di studio, Potenza-Melfi-Venosa… 1985, a cura di C.D. Fonseca, Galatina 1990, p. 150; R. Licinio, Castelli medievali. Puglia e Basilicata: dai Normanni a Federico II e Carlo I d'Angiò, Bari 1994, p. 58; S. Runciman, Storia delle crociate, Torino 1995, I, p. 205; G.M. Cantarella, La frontiera della crociata: i Normanni del Sud, in Il concilio di Piacenza e le crociate, Piacenza 1996, p. 241.