GUGLIELMO da Pavia
Non sappiamo alcunché sulle origini familiari e sulla formazione di G., che nacque a Pavia prima del 1128 e fu arcidiacono nella Chiesa della sua città natale. Al più tardi il 14 marzo 1158 fu creato cardinale prete di S. Pietro in Vincoli da papa Adriano IV. Non trova conferme documentarie l'affermazione che prima sia stato monaco in un monastero cistercense dell'Italia settentrionale.
Nella situazione politicamente tesa del 1159 G. fu inviato da Adriano IV, presumibilmente in aprile, col cardinale Ottaviano (poi eletto papa Vittore IV), in Italia settentrionale presso Federico Barbarossa.
L'imperatore all'inizio dell'estate 1158 era sceso per la seconda volta in Italia per affermare l'autorità sovrana nei confronti di Milano e per porre, in collaborazione con la scuola di diritto di Bologna, i diritti imperiali su una base precisamente definita e quindi giuridicamente solida. Con i provvedimenti emanati dalla Dieta imperiale di Roncaglia fu al tempo stesso posto un limite alle pretese papali. Si giunse così a un nuovo peggioramento dei rapporti col Papato, che dal trattato di Benevento (giugno 1156, tra Adriano IV e Guglielmo I re di Sicilia) e dalla Dieta imperiale di Besançon del 1157 erano comunque tesi e si erano aggravati con la vertenza per l'assegnazione della sede arcivescovile di Ravenna.
G. e Ottaviano presentarono al Barbarossa un ampio elenco di rivendicazioni papali che aveva come oggetto soprattutto diritti di proprietà imperiali, questioni di diritto d'appello e le relazioni con la città di Roma. Le trattative non raggiunsero alcun risultato tangibile. G. compì una visita pastorale che, nell'agosto, lo portò a Pavia. Probabilmente in seguito egli si recò nuovamente da Federico I, per riprendere le trattative; comunque al più tardi all'inizio di settembre si trovava ad Anagni, presso la corte papale.
Dopo la morte di Adriano IV (1° sett. 1159) si venne all'elezione di un nuovo papa in circostanze tumultuose. Le tensioni da tempo esistenti all'interno del Sacro Collegio portarono a una duplice elezione. La maggioranza dei cardinali prese posizione a favore di Rolando Bandinelli cardinale di S. Marco (Alessandro III), fino a quel momento cancelliere papale; la minoranza si espresse per Ottaviano cardinale prete di S. Cecilia (Vittore IV). È a tutt'oggi controverso a quale partito G. abbia aderito; secondo alcune fonti egli in un primo momento si schierò con i sostenitori di Ottaviano, ma, anche se ciò fosse vero, già nel 1159 dovette passare nel campo di Alessandro III.
Dal racconto del filoimperiale Ottone Morena sappiamo che G., a causa di una malattia, non aveva preso parte all'elezione; probabilmente egli quindi trasmise per scritto la sua adesione all'elezione di Ottaviano, ma poi la ritirò a causa della violenta condotta di quest'ultimo nei confronti di Rolando, che era stato eletto dalla maggioranza.
Il 12 dic. 1159 Alessandro III, per difendere la propria causa, inviò G. come legato - con Enrico da Pisa, cardinale prete dei Ss. Nereo e Achilleo e col cardinale Odo di S. Nicola in Carcere Tulliano - all'imperatore in Italia settentrionale e quindi in Francia. G., per incarico di Alessandro, si recò a Pavia per informare il papa su quanto accadeva al concilio che si era riunito in quella città.
Fonti coeve ci informano che G. durante le discussioni si era tenuto vistosamente da parte e non aveva partecipato alla votazione sulla duplice elezione, probabilmente perché non voleva dare l'impressione di essere lì come rappresentante ufficiale di Alessandro, i cui seguaci negavano al concilio ogni competenza decisionale in tema di scisma.
Conclusosi il concilio, G. si recò in Francia, dove rimase dalla fine di maggio 1160 fino a dopo la fine di luglio per guadagnare alla causa di Alessandro III i re Luigi VII di Francia ed Enrico II d'Inghilterra.
Al sinodo di Beauvais del luglio 1160 G. si presentò come eloquente e deciso difensore della causa di Alessandro III. Le fonti riferiscono che si deve soprattutto al suo convincente intervento se al sinodo di Beauvais alla fine di luglio 1160 Luigi VII ed Enrico II furono disposti a riconoscere Alessandro III.
L'accordo raggiunto a Beauvais col re inglese portava vantaggi ad ambedue le parti: in cambio del riconoscimento di Alessandro III G. sostenne infatti il progetto di Enrico II d'Inghilterra di fare sposare suo figlio ed erede Enrico il Giovane, di sei anni, con Margherita, figlia di Luigi VII di Francia, di due anni; si lasciò inoltre convincere a dare la necessaria dispensa per concludere immediatamente il matrimonio. Dal sinodo di Beauvais in poi G. fu considerato il più risoluto sostenitore degli interessi inglesi in Curia e fautore di Enrico II.
Nei mesi successivi G. viaggiò con Enrico da Pisa nel Sudovest della Francia (Limoges, Angoulême, Poitiers), nell'Angiò (Saumur, Angers) e in Normandia (Rennes, Bayeux). Egli si impegnò soprattutto per la composizione di conflitti locali o regionali. Così, fra l'altro, G. era presente a Le Mans il 1° marzo 1161, quando l'arcivescovo Ugo di Dol annunciò le sue dimissioni. Il principale scopo della legazione era l'affermazione di Alessandro III. G. lavorò intensamente e con successo per ottenere l'appoggio del maggior numero possibile di abbazie. Già nel giugno 1162 raggiunse la corte papale a Montpellier, dove era atteso dal papa.
Anche nel periodo successivo G. rimase prevalentemente al fianco di Alessandro, fra l'altro al concilio di Tours nel maggio 1163. Inoltre, nello stesso anno scrisse per incarico papale all'imperatore bizantino Manuele Comneno, riconoscendone i diritti. Presumibilmente nei mesi successivi egli si trattenne prevalentemente presso la corte papale a Sens. Nell'aprile 1164 intraprese, con Giacinto di S. Maria in Cosmedin, un altro tentativo, peraltro fallito, di raggiungere un accordo col Barbarossa. Nell'autunno 1165 G. fu attivo a Genova contro l'imperatore e i suoi fautori. Nel 1167, secondo una notizia tramandata unicamente da Ugo Falcando, dovrebbe essersi recato a Palermo, per incarico del papa, prima di mettersi nuovamente in viaggio per la Francia per cercare una mediazione nel conflitto fra Enrico II d'Inghilterra e Thomas Becket.
G. aveva già conosciuto Thomas Becket nell'estate 1162, nel corso del suo primo viaggio in Francia. Dopo l'emanazione delle costituzioni di Clarendon nel 1164 si era acceso un aspro conflitto fra Enrico II e Becket, già suo cancelliere e ora arcivescovo di Canterbury; G. fu incaricato dal papa di esaminare la situazione e di cercare una mediazione. Munito di plenitudo potestatis, fu quindi inviato come legato papale negli anni 1167 e 1168 nel Nord della Francia dove era fuggito Becket.
Le fonti coeve inglesi rispecchiano efficacemente il ruolo esercitato da G. in questo conflitto. Thomas Becket e anche Giovanni di Salisbury si rivolsero direttamente a lui per lettera, ma espressero preoccupazione nei suoi confronti anche verso terzi. Anche nella coeva cronachistica inglese la legazione di G. e la sua forte personalità trovano una considerevole attenzione, prevalentemente critica, come in Matthew Paris e Herbert di Bosham.
L'incarico di G., per il cui invio il re inglese aveva fatto esplicita richiesta, fu per lo più guardato con grande preoccupazione. L'intervento di G. a favore di Enrico al sinodo di Beauvais era ancora nella memoria di tutti. Becket e i suoi partigiani temevano che G. potesse dimostrarsi docile strumento del re inglese e facesse prevalere l'amicizia per Enrico sulle legittime rivendicazioni di Becket. Nelle biografie di Becket, ma anche nel Chronicon di Hélinand de Froidmont, viene perfino mossa a G. l'accusa di essere stato comprato in piena regola da Enrico II. Alessandro III rassicurò Becket sull'imparzialità di G. ed esortò quest'ultimo e il legato che lo accompagnava, Odo di S. Nicola in Carcere, a un equo giudizio, ma alla fine lasciò mano libera a Guglielmo.
Nel novembre 1167 ebbe luogo a Gisors un incontro con Becket. In quell'occasione G., con una condotta abile e persuasiva, impedì a Becket di imporre sanzioni ecclesiastiche in Inghilterra sino a una definitiva decisione papale. La sentenza di G. era quindi stata favorevole al re inglese, poiché sulle richieste di Becket prevalse la preoccupazione di fondo di G. per il pontificato di Alessandro III, nel cui interesse si doveva evitare a ogni costo una rottura con Enrico. All'intervento di G. è da attribuire la riabilitazione, da parte di Alessandro III, di Gilbert Foliot, vescovo di Londra scomunicato da Becket.
I motivi di questa presa di posizione favorevole al re inglese da parte di G. sono da collocare sullo sfondo della situazione politica di quel momento. Nell'autunno 1166, quando si seppe che il Barbarossa faceva preparativi per la sua quarta discesa in Italia, Alessandro III era in grandissime difficoltà finanziarie, perché in seguito allo scisma era stato privato di importanti entrate (in special modo dall'Impero germanico). La richiesta di Enrico II al papa di inviare G. come legato con la prospettiva di ottenere in cambio un aumento dell'obolo di S. Pietro dovuto dall'Inghilterra raggiunse Alessandro III nel momento più opportuno. G. conosceva il significato politico di fondo per il papa e per la Chiesa di Roma dell'alleanza con l'Inghilterra e gli era ben nota l'importanza che l'obolo di S. Pietro dovuto dall'Inghilterra aveva per la situazione economica del papa: una rottura con l'Inghilterra avrebbe avuto conseguenze imprevedibili; ma nella presa di posizione di G. ebbe anche gran peso la sua amicizia personale con Enrico II.
G. soggiornò sino al luglio 1168 in Francia, dove il 1° e il 2 del mese giunse a trattative conclusive con i re di Francia e Inghilterra.
Al suo ritorno in Italia lo aspettavano nuovi incarichi poiché nel frattempo i rapporti di potere erano cambiati a favore di Alessandro III in seguito alla devastante epidemia di malaria che nel 1167 aveva colpito l'esercito germanico a Roma. G. fu inviato più volte in Italia settentrionale nel corso della seconda metà del 1168. Anche successivamente gli furono affidate legazioni con simili fini.
Egli, tra l'altro, cercò di restituire i beni monastici e di rimuovere i partigiani del Barbarossa dalle sedi vescovili. Analoghi scopi ebbero le legazioni che lo portarono nella primavera 1169 a Pavia e Tortona e nell'ottobre o novembre 1172 ancora una volta a Pavia.
L'alta considerazione di G. e la sua importanza nella cerchia papale vennero alla luce di nuovo dal 1175, quando si giunse gradualmente a un compromesso tra il Barbarossa, la Lega lombarda e il Papato. Nel maggio 1175 G., con altri cardinali, prese parte in prima posizione alle trattative di conciliazione tra le città lombarde e l'imperatore per la pace di Montebello. Apprendiamo dalla Vita Alexandri di Bosone che la partecipazione di G. era stata espressamente richiesta dall'imperatore. Dopo il fallimento delle trattative, G. si trattenne sino all'autunno in Norditalia (il 7 settembre era a Vercelli), poi tornò a Roma.
Nel febbraio 1177 iniziarono gli incontri, durati alcune settimane, tra il Papato e Federico I che dovevano portare alla pace di Venezia; G., secondo la testimonianza di Bosone e di Romualdo Guarna, ebbe ancora una volta un ruolo di rilievo.
Sul terreno delle trattative emanò disposizioni su questioni interne alla scuola di diritto di Bologna, poi confermate da Clemente III. Il 24 luglio 1177, subito prima dell'incontro a Venezia tra il Barbarossa e il papa, G. fu inviato al Lido per sciogliere l'imperatore dalla scomunica e rimuovere così l'ultimo ostacolo dalla strada di una sperata e celebrata riconciliazione.
I festeggiamenti in piazza S. Marco a Venezia rappresentarono la conclusione delle fruttuose capacità di mediazione di Guglielmo.
Presumibilmente alla fine di ottobre del 1177 G. accompagnò il papa in un viaggio in Italia meridionale, nel corso del quale si ammalò, e probabilmente si trattenne ad Aversa, dove morì il 18 genn. 1178.
Alessandro III si preoccupò della sua eredità. In una lettera del 27 marzo diede incarico a Pietro da Pavia, cardinale prete di S. Crisogono, di portargli alcuni oggetti appartenuti a G. che si trovavano ancora a Limoges.
G. fu sino alla fine della vita tra i più leali ed energici sostenitori di Alessandro III. Fu il più dotato e abile cardinale di cui disponesse Alessandro (Janssen). Come ricompensa per il suo fermo sostegno e come riconoscimento della sua instancabile attività al servizio della Chiesa di Roma - che, dato non irrilevante, è documentata da una grande abbondanza di sottoscrizioni nei privilegi papali -, G. il 17 dic. 1176 fu promosso da Alessandro III al rango di vescovo di Porto; fu quindi l'unico dei cardinali creati da Adriano IV cui toccò questo onore.
G. fu in contatto con i più importanti sovrani europei del suo tempo e con molti personaggi eminenti, tra cui il cancelliere di Luigi VII, Ugo di Champfleury, e Arnolfo di Lisieux.
Durante la sua ventennale attività G. fu uno dei più attivi membri della Curia ed ebbe una chiara visione della dignità del suo ufficio. La prudenza nell'esercizio delle sue funzioni e l'avvedutezza della sua attività si accompagnavano a modi sdegnosi. G. sembra essere stato un uomo che parlava chiaro: sappiamo che sosteneva imperturbabilmente la propria opinione nel Sacro Collegio anche quando sapeva di provocare dissensi. Le fonti e il giudizio su di lui nella letteratura rispecchiano questo a tutt'oggi. Malgrado le critiche talvolta a lui dirette, G. godette fino alla fine della fiducia del papa. Alessandro III sapeva di poter contare incondizionatamente sulla lealtà di G. che difese molto efficacemente gli interessi papali in un momento difficile. Il riconoscimento di Alessandro III da parte dei re di Francia e di Inghilterra è stato certamente il più grande e duraturo successo di Guglielmo.
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