GUGLIELMO da Casale
Nacque a Casale Monferrato, probabilmente intorno al 1390. Entrò nell'Ordine dei francescani nella provincia di Genova e compì gli studi di teologia all'Università di Padova dove il 13 luglio 1416 fu presentato in qualità di lettore dal generale dell'Ordine. Negli elenchi dei partecipanti ai capitoli di S. Antonio a Padova compare il 6 maggio 1417 con il titolo di baccelliere formatus e il 13 sett. 1420 con quello di magister in sacra teologia (Cenci, 1962). Scarne le notizie sulla sua carriera ecclesiastica prima della nomina a ministro generale: sappiamo che fu procuratore generale presso la Curia romana, a partire dal 1427, e che ricoprì anche l'incarico di inquisitore.
Nel corso di quegli anni G. seguì anche da vicino le drammatiche vicende che coinvolgevano il Marchesato del Monferrato, stretto tra le mire espansionistiche dei duchi di Milano e le forti ingerenze di Amedeo VIII di Savoia, ponendo in più di un'occasione le sue qualità di oratore al servizio del marchese Giangiacomo Paleologo per delicate missioni diplomatiche.
Nel gennaio del 1427 G. era a Venezia con l'incarico di comunicare l'intenzione del Paleologo di entrare nella Lega antiviscontea, un atto che offrì l'occasione alle truppe di Francesco Sforza di invadere, nell'ottobre del 1430, la città di Casale e gran parte del Marchesato. La grave situazione avrebbe poi costretto il marchese Giangiacomo ad accordarsi con il cognato Amedeo VIII di Savoia, il quale si impegnava a liberare le terre conquistate dai signori di Milano in cambio di un protettorato sulle zone che non erano cadute nelle mani del Ducato visconteo. In seguito agli accordi ratificati con la pace di Ferrara del 1433, G. fu latore il 12 luglio 1434 presso la corte sabauda di una missiva con la quale Giangiacomo si dichiarava disposto ad accettare le condizioni imposte da Amedeo.
Presso la corte pontificia fu apprezzato da Martino V che lo affiancò, in qualità di vicario, al ministro generale Antonio da Massa Marittima con il compito di porre un freno ai contrasti sempre più profondi che dividevano i conventuali dagli osservanti. Questa nomina non era che il preludio alla deposizione del generale in carica, ritenuto da più parti inadatto al ruolo, avvenuta in occasione del capitolo di Assisi apertosi il 15 giugno 1430.
Il capitolo doveva promuovere, nelle intenzioni di Martino V e Giovanni da Capestrano, la riforma dell'intero Ordine eliminando al contempo gli elementi di contrasto tra conventuali e osservanti e G. fu ritenuto dai rappresentanti di entrambe le fazioni la persona più idonea all'incarico di ministro generale. Furono approvate le cosiddette "costituzioni martiniane" che se da una parte prevedevano l'alienazione di ogni bene mobile e immobile da parte dei conventi, dall'altra abolivano le vicarie provinciali e generali degli osservanti obbligando questi ultimi a una più diretta dipendenza dal ministro generale. G. giurò il 22 giugno insieme con i ministri provinciali che avrebbe osservato gli statuti riformatori. La precarietà dell'accordo non tardò però a manifestarsi e forti furono le resistenze dei conventuali all'attuazione dei provvedimenti di Assisi: il 27 luglio dello stesso anno Martino V con la bolla Pervigilis more liberava G. dal giuramento, su richiesta dello stesso generale, e successivamente, con il breve Ad statum del 23 ag. 1430, concedeva di fatto ai procuratori dell'Ordine la capacità di ricevere beni, lasciti e redditi, seppur in vece della Chiesa di Roma. G. ottenne dal papa in tale occasione anche il salvacondotto per la visita delle province. La morte di Martino V e l'elezione al soglio pontificio nel marzo del 1431 di Eugenio IV, vicino ai movimenti delle riforme osservanti, significarono per i francescani il ritorno agli statuti di Assisi, imposto dalla bolla Vinea Domini Sabaoth, e per G. il ripristino dell'obbligo di osservare il giuramento.
Fin dal primo anno della sua elezione a ministro generale G. dovette affrontare lo spinoso problema dell'obbedienza delle comunità femminili.
Nel 1431 Eugenio IV impose a tutte le comunità l'unica denominazione di Ordine di S. Chiara, con la facoltà però di conservare ciascuna la propria regola, e concesse a G. facoltà straordinarie per ristabilire la disciplina fra le clarisse. Più complessa la situazione si presentava con le congregazioni delle penitenti come dimostra la vicenda che coinvolse Angelina da Montegiove e le sue consorelle del convento di S. Anna di Foligno. G. inviò fra Galasso da Napoli - ministro della provincia di S. Francesco - da Angelina per ottenere l'atto di obbedienza, ma l'accordo stipulato dalla loro fondatrice non fu ritenuto valido dalle consorelle, che ottennero in seguito (15 nov. 1431) con la bolla pontificia Ad apostolicae dignitatis apicem l'autonomia dai conventuali e dagli osservanti e la facoltà di scegliere come visitatori e consiglieri i frati del Terz'Ordine (Sensi).
Un lungo braccio di ferro tra G. e gli osservanti si giocò sul controllo delle clarisse riformate fondate da Colette Boylet da Corbie. Il 28 sett. 1434 G., confermando le concessioni del suo predecessore, approvava le nuove costituzioni, vietando al contempo ogni forma di ingerenza da parte dei vicari dell'Osservanza ultramontana. Nonostante il tentativo compiuto nel 1435 da Giovanni da Capestrano di riunire sotto l'unica direttiva dell'Osservanza i monasteri riformati, Colette scelse anche in seguito l'obbedienza al ministro generale.
Nell'estate del 1431 G. riprese le visite pastorali nominando Giovanni da Capestrano visitatore delle province di Penne, Sant'Angelo, Puglia, Calabria e Terra di Lavoro, avocando a sé la provincia siciliana nella quale si recò nel luglio del 1432 e dove designò Matteo di Agrigento commissario generale per l'isola. Nell'aprile del medesimo anno aveva intanto inviato in Bosnia con analogo incarico Giacomo della Marca che si trovava in quel tempo a Ragusa, l'odierna Dubrovnik.
Quest'ultima vicenda fu oggetto di continue attenzioni da parte di G. a causa dei molti contrasti che incontrò l'azione promossa da Giacomo della Marca in Bosnia. Allo scadere del triennio Giacomo dovette cedere l'incarico per poi riottenerlo nel 1435, come conferma una lettera di nomina inviata da G. il 17 dicembre. Con questa missiva egli revocava i privilegi concessi ad alcuni frati di dimorare presso alti prelati o nobili e accondiscendeva inoltre alle richieste del predicatore di espellere i frati che non volevano abbandonare alcuni possedimenti presso Jajce. Nel 1436 vietò la mendicazione ai frati bosniaci accusati di chiedere l'elemosina nei territori della vicina provincia di Dalmazia (Pandžić). In una lettera del 28 maggio 1438, inviata a Giacomo della Marca allo scadere del suo mandato, G. cercò infine di mitigare l'intransigente operato del predicatore, accusato di creare confusione tra i frati bosniaci per le minacce di scomunica a chi avesse fatto loro elemosine, e di porre un freno all'edificazione di nuovi conventi riformati in Ungheria (D'Andrea).
Negli anni successivi gli sforzi di G. per limitare l'autonomia dei conventi legati all'Osservanza non andarono a buon fine: il concilio di Basilea, dove egli si era recato nel 1433, ratificò infatti i decreti di Costanza relativi alle vicarie ultramontane. Eugenio IV dal canto suo si era ormai persuaso che la divisione dell'Ordine fosse un processo inevitabile e se da una parte liberò G. dal giuramento di Assisi, ripristinando al contempo per i conventuali la possibilità di possedere beni, dall'altra intraprendeva con decisione la strada delle vicarie osservanti estendendole anche ai Regni di Castiglia e León. Infine nel luglio del 1438 lo stesso G., mentre si trovava a Siena malato, dovette nominare Bernardino da Siena vicario generale degli osservanti.
Le questioni interne all'Ordine non assorbirono del tutto i suoi impegni. Negli ultimi anni di vita fu coinvolto dallo stesso Eugenio IV nelle delicate vicende che investirono la Chiesa di Roma: a Basilea si era infatti consumata nel 1437 la rottura del pontefice con la maggioranza del concilio, la quale giunse a nominare un nuovo papa nella figura di Amedeo VIII di Savoia, che prese il nome di Felice V. Eugenio IV, dopo aver decretato che l'assemblea sarebbe proseguita a Ferrara, inviò il 23 settembre di quell'anno una lettera a G. con cui lo convocava nella nuova sede conciliare. L'anno seguente G. fu inviato come legato pontificio presso il re di Francia Carlo VIII con l'incarico, andato a buon fine, di ricondurlo all'obbedienza di Eugenio IV.
G. morì a Firenze il 2 febbr. 1442 e il suo corpo fu sepolto davanti l'altare della chiesa di S. Francesco a Casale.
Fonti e Bibl.: Necrologium ecclesiae beati Evasii Casalensis…, in Monumenta historiae patriae, V, Augustae Taurinorum 1848, col. 458; Chronica Nicolai Glassberger, in Analecta Franciscana, II, Quaracchi 1887, pp. 289-307; Acta Bosnae potissimum ecclesiastica…, a cura di E. Fermendžin, in Monumenta spectantia historiam Slavorum meridionalium, XXIII, Zagrabiae 1892, pp. 148 s.; Ubald d'Alençon, Lettres inédites de Guillaume de Casal à ste Colette de Corbie…, in Études Franciscaines, XIX (1908), pp. 460-481, 668-691; M. Bihl, De tribus epistolis fr. Guilelmi Casalensis… ad s. Coletam datis, in Archivum Franciscanum historicum, V (1912), pp. 385-387; Acta graduum academicorum Gymnasii Patavini ab anno 1406 ad annum 1450…, a cura di G. Zonta - G. Brotto, Patavii 1922, ad indices; Bullarium Franciscanum, n.s., I, Ad Claras Aquas 1929, ad indices; R. Pratesi, Due lettere di G. da C. a s. Giovanni da Capestrano, in Archivum Franciscanum historicum, XLIX (1956), pp. 338-345; D. De Gubernatis, Orbis seraphicus. Historia de tribus Ordinibus a seraphico patriarcha S. Francisco, I, Romae 1682, pp. 178-184; B. Sangiorgio, Cronica…, Torino 1780, p. 321; G. Sbaraglia, Supplementum et castigatio ad Scriptores trium Ordinum S. Francisci, Romae 1908, p. 336; F. Cognasso, L'alleanza sabaudo-viscontea contro il Monferrato nel 1431, in Arch. stor. lombardo, XLII (1915), p. 278; L. Wadding, Annales minorum, X-XI, Ad Claras Aquas 1933, ad indices; D. Pacetti, S. Bernardino da Siena vicario generale dell'Osservanza (1438-1442) con documenti inediti, in Studi francescani, I-IV (1945), pp. 7-69; M. Bertagna, Lettera volgare inedita di s. Bernardino da Siena, ibid., LIV (1957), pp. 86-90; L. Michelini Tocci, I due manoscritti urbinati dei privilegi dei Montefeltro con una appendice laurentana, in La Bibliofilia, LX (1958), p. 250; C. Cenci, Notizie su alcuni superiori generali O.F.M. (1398-1443), in Le Venezie francescane, XXIX (1962), pp. 73-76; Id., Fra Francesco da Lendinara e la storia della provincia di S. Antonio tra la fine del sec. XIV e l'inizio del sec. XV, in Archivum Franciscanum historicum, LV (1962), pp. 103-192; J. Hofer, Johannes von Capestrano. Ein Leben im Kampf um die Reform der Kirche, a cura di O. Bonnaman, I-II, Romae-Heidelberg 1964-65, ad ind.; C. Cenci, Silloge di documenti francescani trascritti dal P. Riccardo Pratesi, in Studi francescani, LXIII (1966), 4, pp. 95-125; LXIV (1967), 2, pp. 80-104; G. D'Andrea, Il fondo S. Giacomo della Marca nell'Archivio della Vice Postulazione della provincia francescana del S. Cuore di Gesù, Napoli 1973, p. 47; C. Piana, Scritti polemici fra conventuali e osservanti a metà del '400 con la partecipazione di giuristi secolari, in Archivum Franciscanum historicum, LXXII (1979), pp. 39-51; M. Sensi, Documenti per la beata Angelina da Montegiove, in La beata Angelina da Montegiove e il movimento del Terz'Ordine francescano femminile. Atti del Convegno, Foligno… 1983, a cura di R. Pazzelli - M. Sensi, Roma 1984, pp. 47-122; M. Fois, I papi e l'Osservanza minoritica, in Il rinnovamento del francescanesimo. L'Osservanza. Atti dell'XI Convegno internazionale, Assisi… 1983, Assisi 1985, pp. 29-105; D. Nimmo, Reform and division in the Medieval Franciscan Order: from saint Francis to the foundation of Capuchins, Roma 1987, ad ind.; F. Rotolo, Il beato Matteo d'Agrigento…, Palermo 1996, ad ind.; C. Cenci, Documenta Vaticana ad Franciscales spectantia ann. 1385-1492, in Archivum Franciscanum historicum, XCI (1998), pp. 65-131.