GUGLIELMO (Guillelmus, Wilhelmus) d'Accorso
Nacque a Bologna nel 1246, secondogenito del celebre giurista Accorso e della sua seconda moglie Aichina (Aiclina). Come i fratelli maggiori Francesco - figlio di primo letto di Accorso - e Cervotto con ogni probabilità studiò diritto alla scuola del padre; e come loro insegnò ius civile a Bologna.
Si è dibattuto su una notizia tramandata da Pierre de Belleperche (In libros Institutionum… Commentarii, Lugduni 1536, p. 181; cfr. Meijers, p. 94) secondo la quale il figlio di Accorso, G. (la sigla è nel testo) sarebbe stato presentato dal padre all'esame di laurea all'età di diciassette anni. La questione è stata approfondita in particolare da Soetermeer (Le fils d'Accurse), che è giunto a sostenere che, poiché G. si addottorò nel 1264, il giurista francese non poteva riferirsi a lui. Al momento della laurea infatti egli aveva diciott'anni e non diciassette, e suo padre era certamente già morto. La "G" è dunque una corruzione di "C" e non indica Guglielmo bensì Cervotto, il quale già nel 1259 è menzionato con il titolo di legum doctor e, essendo nato tra il 1240 e il 1241, poteva in effetti avere terminato gli studi secondo le indicazioni di Pierre de Belleperche. Dopo la morte di Accorso, aggiunge Soetermeer, G. probabilmente studiò presso il fratello Francesco.
In realtà l'anno di laurea di G. non è affatto certo: il 30 genn. 1265 G. è ricordato per la prima volta con il titolo di legum doctor, mentre nella matricola della Società dei Toschi del 1264 figura ancora come "dominus". Tuttavia non sempre nei documenti egli compare con il titolo che gli spetta; come accade per esempio nelle carte del 4 e 12 settembre e del 12 ott. 1265 (Chartularium Studii Bononiensis, V, docc. 118, 137, 230). Possiamo dunque fissare solamente il terminus ante quem della laurea (30 genn. 1265), il che non esclude che la notizia riportata da Pierre de Belleperche sia in effetti da riferirsi a G. e che egli abbia perciò terminato gli studi tra gennaio e maggio del 1263, a diciassette anni, quando ancora Accorso poteva essere in vita.
Resta da ricordare l'esistenza di una orazione dottorale che E. Seckel (cfr. Genzmer, pp. 251-256) attribuì a G., mentre Soetermeer (Le fils d'Accurse, p. 74) l'ha giudicata di autore ignoto. Entrambe le ipotesi paiono plausibili. Qui bisogna ancora far notare che il riferimento presente nel testo "A bone memorie domino ac patre nostro ita collectum invenio" per comprovare la prima ipotesi deve essere inteso nel suo senso letterale: se l'autore è G., come sostenuto da Seckel, la tesi di Soetermeer sulla data della laurea di G. trova una sponda: egli studiò presso il fratello Francesco e si laureò dopo la morte del padre.
Numerosi documenti ci attestano la sua presenza a Bologna tra il 1265 e l'inizio del 1274; è proprio in questi anni che egli dovette svolgere il suo magistero nella città felsinea. Nel frattempo - al più tardi nel 1269 - aveva preso in moglie Benvenuta Montanari de Baragaza che gli avrebbe dato due figli: Giovanni e Accursino.
Accorso aveva dato alla sua famiglia una posizione sociale di assoluto prestigio e grandi ricchezze. Tra le proprietà di G. ricordiamo un ospizio e, insieme con i fratelli, una statio peciarum: egli, insomma, concedeva prestiti e forniva l'alloggio e i testi di studio agli allievi. La proprietà di una bottega nella quale si esercitava il prestito delle pecie ci permette di affermare con Soetermeer (1997) che i sessantatré volumi venduti da Cervotto a G. nel 1273 con ogni probabilità non sono da identificarsi con la biblioteca di Accorso, ma appunto con le pecie della bottega di proprietà di Cervotto che egli, in procinto di lasciare Bologna per andare a insegnare a Padova, non poteva portare con sé.
Nell'aprile 1274, nel momento in cui a Bologna scoppiò la guerra tra le fazioni dei Lambertazzi e dei Geremei, G. si trovava Oltralpe; la sconfitta dei Lambertazzi, la parte ghibellina alla quale egli e i suoi fratelli appartenevano, lo costrinse all'esilio. Dove si sia diretto G. è oggetto di discussione: forse a Orléans, forse a Montpellier, forse in Spagna. Si può con buone ragioni affermare che nel 1275 insegnava a Salamanca insieme col fratello Cervotto.
È possibile, d'altro canto, che dopo avere abbandonato Bologna abbia insegnato anche a Padova, dove compare nella matricola del Collegio dei giuristi compilata nel 1382. Il documento è tardo quanto verosimile: si ricorda che nella città veneta aveva già insegnato Cervotto nel 1273.
Negli anni Ottanta soggiornò certamente in Francia: probabilmente a Orléans, forse a Montpellier - città nella quale trascorse parte del suo esilio Albertino de Carrariis che compare con lui in un documento del 1288 -, a Cahors. Morta la moglie, scelse la vita religiosa e, prima del 4 luglio 1291, ottenne la dignità di sacrestano della chiesa in questa città. È pressoché certo, d'altra parte, che dalla fine degli anni Ottanta tornò in Spagna a più riprese: da un documento del 14 dic. 1289 sappiamo che era canonico di Burgos; il 4 luglio 1291, già cappellano del papa, ottenne un canonicato nella diocesi di Palencia; il 27 giugno 1299 fu nominato arcidiacono di Guadalajara nella diocesi di Toledo. Poiché non ci è pervenuto alcun documento di dispensa dall'ottemperanza dei doveri collegati ai benefici spagnoli, dobbiamo credere ch'egli risiedette in questi luoghi. Solamente dopo la nomina a uditore del Sacro Palazzo - è ricordato per la prima volta con questo titolo il 6 ott. 1299 - gli fu concesso in più occasioni di farsi sostituire da un vicario in Spagna; certo da quel momento egli dovette risiedere presso la Curia a Roma e, dal 1305, in Francia. Nondimeno, anche in quegli anni deve essere tornato più volte a Cahors: a quanto ci è dato sapere per questa diocesi non ottenne mai dispense. È dunque errata - come già ha rimarcato Gilles - la notizia di una sua prolungata permanenza a Roma dal momento della sua nomina alla Sacra Rota sino alla morte. Salvini afferma che fu anche canonico di Firenze e lettore di legge nello Studio di Roma, ma non indica le fonti delle notizie.
Nella sua città dopo il 1274 forse non tornò più: il 9 sett. 1297 il Comune di Bologna su richiesta delle due universitates lo invitò a tenere la cattedra che sino a quel momento era stata di Dino Rossoni. Sarti afferma che G. accettò e vi si trattenne un solo anno; a noi è impossibile controllare la veridicità della notizia poiché manca qualsiasi riferimento alla documentazione.
Con l'ingresso nella vita ecclesiastica non dovette interrompere la sua attività magistrale; ai chierici era formalmente interdetto l'insegnamento del diritto civile ma G. ottenne una dispensa, fatto assai frequente a quei tempi. Si è ipotizzato ch'egli abbia nuovamente tenuto cattedra a Salamanca, forse in utroque. In una sentenza del 1301 è indicato iuris civilis et canonici professor: la laurea in diritto canonico data al tempo del suo esilio.
Morì a Cahors all'inizio del 1313.
Oltre all'orazione dottorale della quale già si è parlato, G. scrisse delle quaestiones disputatae: una di queste, ricordata da Giovanni d'Andrea, concerne la validità del testamento del re Enzo, deceduto in prigione a Bologna il 14 marzo 1272. Le sue opere maggiori furono tuttavia i Casus Institutionum (scritti con ogni probabilità attorno al 1266 e certamente terminati entro il 1273) e i Casus Codicis (iniziati in Italia prima dell'esilio, continuati e forse portati a termine in Spagna attorno al 1275; un terminus ante quem sicuro è il 1296. Sull'apporto di G. al genere letterario dei casi, cfr. Soetermeer, Un professeur, pp. 755-760).
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