CURTAROLO, Guglielmo
Nacque verso il 1320, probabilmente a Padova, da Pietro di Enrico. Non è dei tutto chiaro il rapporto fra il C. e' il contemporaneo favorito dei Carraresi, Nicolò Curtarolo, ma se, come sembra probabile, il nonno del C., Enrico, era padre di Nicolò, allora quest'ultimo era zio paterno del Curtarolo. Di famiglia. di notai e giudici, il G si dedicò alla. professione familiare, e fu nominato notaio da Filippo de Berzanore, conte di Engera, il 26 genn. 1343. Nulla poi sappiamo del C. fino al 1362, quando fu ammesso al Collegio dei giudici di Padova. Conseguì la licenza in diritto civile dallo Studio padovano solo il 10 genn. 1372. Benché il C. sia chiamato "doctor" in parecchi documenti, non è provato che egli avesse conseguito il dottorato in legge a Padova o altrove.
Ben presto fu notato dal signore di Padova, Francesco il Vecchio da Carrara, che nel 1371 lo inviò con Bettuccio dorgeria alla corte di Luigi redi Ungheria a Buda per sollecitarne l'aiuto nella guerra con Venezia che si stava approssimando: lì ottenne la cooperazione del cavaliere goriziano Michele Rabatta (che più. tardi entrò al servizio dei Carraresi) per guadagnare l'adesione del re di Ungheria alla causa dei da Carrara. Nel 1372 il C. fu nominato dal Comune di Padova tra gli arbitri nella questione delle frontiere sorta fra Padova e Venezia, e l'anno seguente Francesco il Vecchio lo nominò giudice delegato per risolvere un'importante controversia fra alcuni membri del gruppo carrarese. Nel 1374 fu inviato a Venezia per ratificare il trattato di pace che poneva fine alla guerra per i confini del 1372-73.
Nei suecessivi quindici anni il C. fu un'istituzione alla corte carrarese di Padova, dove fu testimone di molti trattati e atti notarili e servì il signore di Padova come diplomatico.
Nel 1378 il C. fu inviato da Francesco il Vecchio e dal Comune di Padova a ratificare il trattato di pace fra Venezia e il duca d'Austria. Nel 1379 fu inviato come ambasciatore padovano a Luigi, re di Ungheria, per informarlo che Carlo Della Pace, aveva permesso che fossero importati generi alimentari a Treviso e in altre, fortezze veneziane all'inizio della guerra di Chioggia. Nel 1380 il C. rappresentò Francesco il Vecchio nelle trattative preliminari di pace con i delegati veneziani tenute a Cittadella, e nell'aprile 1381 ritornò a Cittadella come ambasciatore del Comune di Padova per discutere i capitoli dei trattato di pace, proposti da Venezia.
Dopo la conclusione della guerra di Chioggia, il C. il 15 maggio 1382 fu inviato come ambasciatore di Francesco il Vecchio per ricevere dal doge Andrea Contarini la quietanza del pagamento di un terzo dell'indennità (16.666 ducati) dovuta da Padova alla Serenissima per i danni di guerra. Nel 1383 fu ambasciatore del signore di Padova per trattare la pace con il duca d'Austria e l'anno seguente il card. Filippo d'Alençon mostrò la sua gratitudine al suo alleato Francesco il Vecchio da Carrara, eleggendo il C. suo vicario per i beni del patriarcato d'Aquileia.
Durante la guerra contro gli Scaligeri, signori di Verona, nel 1386-87 il C. ricoprì il ruolo di ambasciatore e di messaggero, riportando a Padova le notizie dal campo di battaglia. Allo scoppio della guerra il C. descrisse l'attacco dell'esercito scaligero contro Montagnana in una lettera del 16 maggio 1386 a Bartolomeo da Verona, capitano di San Vito (questa lettera, unico esempio pervenutoci della prosa dei C., è pubblicata in Suttina, pp. 143-145). All'inizio del 1387 fu uno degli ambasciatori padovani incaricati di discutere la pace con i rappresentanti dell'imperatore a Montagnana, ma questi tentativi non sortirono alcun effetto e nel luglio dei medesimo anno Francesco Novello inviò il C. insieme con Nicolò Curtarolo ed Enrico Gallo, a Padova a richiedere artiglierie per l'assedio del castello di Lonigo. Sempre nel 1387 il C. fu mandato ambasciatore a Udine e a Venezia.
Quando, nell'estate del 1388, il regime dei da Carrara, signori di Padova, apparve condannato, il C. fu uno dei membri dei Consiglio che decise che Francesco Novello doveva cedere Padova alle forze di Gian Galeazzo Visconti. Nel novembre del 1388, insieme con Paolo Leone, rappresentò Francesco Novello alla consegna della città a Giacomo Dal Verme, capitano del Visconti. Ma a causa dei suoi servigi presso i da Carrara, il C. e la sua famiglia furono banditi da Padova alla fine dei medesimo anno e la maggior parte del suo patrimonio fu confiscata.
Non si sa dove il C. abbia trascorso il periodo del suo esilio da Padova dal 1388 al 1390, ma fu presente al rientro di Francesco Novello da Carrara nella città nel giugno del 1390. Con la restaurazione del governo dei da Carrara il C. divenne consigliere e figurò come testimone in molti importanti atti della Cancelleria carrarese.
Ad esempio, nel marzo 1398 egli fu uno dei testimoni alla conclusione della lega dei signori di Carrara con gli Este di Ferrara, Venezia e Firenze e altre città contro Gian Galeazzo Visconti e nel febbraio 1403 fu fra i favoriti dei da Carrara ai quali fu accordato l'onore di scortare da Camerino a Padova, Bellafiore da Varano, novella sposa di Giacomo III da Carrara, figlio di Francesco Novello.
Durante la sua lunga vita a Padova il C. abitò in un palazzo in Stra' Maggiore, vicino alla reggia carrarese, con sua moglie, Tomasina di Masino Lancie di Forli. Egli ebbe almeno tre figli: Antonio, medico, Enrico, banchiere, e Oliviero.
Il C. morì a Padova poco dopo il dicembre 1401, probabilmente nel 1404.
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