CAVALCABÒ (de Cavalcabobus), Guglielmo
Figlio primogenito di Cavalcabò marchese di Viadana e signore di fatto di Cremona, nacque attorno al 1275. Alla morte del padre, avvenuta tra il 1305 e il 1306, fu proclamato signore di Cremona e dominò la città sino al 1311, quando fu deposto da Arrigo VII.
Nulla sappiamo della sua giovinezza, ad eccezione del matrimonio con una figlia di uno dei capi della maggioranza guelfa di Cremona, Sopramonte Amati, cognato di Giberto da Correggio, signore di Parma. Partecipò nel giugno del 1310 al raduno dei capi guelfi di Lombardia convocati a Milano da Guido Della Torre per discutere quale atteggiamento le città guelfe avrebbero dovuto tenere nei confronti della preannunciata discesa in Italia del re dei Romani Arrigo VII. Il C., come ci informa Giovanni da Cermenate, unitamente al signore di Vercelli, Simone Avogadro da Collobiano, sostenne che sarebbe stato possibile opporsi al disegno imperiale solo se i capi guelfi avessero raggiunto un accordo. Ma la riunione si sciolse senza stabilire nulla di preciso e il C., incerto, come tutti, sul da farsi, preferì assumere un comportamento di attesa, assicurando da una parte i legati del re che Cremona sarebbe stata fedele ad Arrigo, a condizione che questi si fosse presentato in perfetto accordo col pontefice, e inviando contemporaneamente messi a Clemente V ad Avignone per scoprire quali fossero le intenzioni del papa nei confronti di Arrigo VII.
Quando seppe che il 1º sett. 1310 il papa aveva dato il suo beneplacito per l’incoronazione imperiale di Arrigo, il C. decise, d’accordo con Guido Della Torre, di inviare in Germania due frati domenicani, per assicurare Arrigo VII delle buone intenzioni dei guelfi lombardi nei suoi confronti. La legazione aveva però anche lo scopo di convincere Arrigo a scendere in Italia solo con un piccolo esercito.
Ma in attesa della venuta di Arrigo il C. decise di fortificare alcune località, fra cui Dosolo, Luzzara e Guastalla, al fine di proteggersi in ogni evenienza la ritirata verso i territori aviti di Viadana e di assicurarsi il controllo del medio corso del Po. Tuttavia la località di Guastalla era nelle mani di Giberto da Correggio e il Comune di Cremona avrebbe dovuto toglierla al signore di Parma; inoltre le opere di fortificazione esigevano una forte disponibilità di capitale liquido che la città non aveva. Il finanziamento venne fornito nella misura di 6.000 lire imperiali dal C., che pretese in garanzia la cessione di tutti i redditi di Guastalla e delle terre ivi esistenti confiscate ai cittadini cremonesi messi al bando dal Comune; inoltre volle che gli fossero attribuiti gli interessi della somma di 487 lire imperiali e mezza che Guastalla aveva a suo tempo prestato a Cremona per affrancare dai debiti la gabella. Il contratto, stipulato il 29 sett. 1310, prevedeva anche che, se Guastalla non fosse stata conquistata o mantenuta, Cremona avrebbe ceduto al C. le entrate dei mulini e delle officine di proprietà comunale. Nell’ottobre il C., a capo di una schiera di cremonesi, a cui si erano uniti soldati di Milano e di Pavia, pose l’assedio a Guastalla, che ben presto venne a patti: si stabilì che la località sarebbe passata nelle mani dei Cremonesi a condizione che questi ultimi si fossero impegnati a non ospitare nelle loro fortificazioni i nemici politici di Giberto da Correggio e del Comune di Parma.
Le opere di fortificazione iniziarono subito e vennero molto presto terminate. Nel frattempo Arrigo VII da Susa era giunto in Milano (23 dicembre 1310). La sua politica di pacificazione tra i partiti, imposta a tutte le città della Lombardia, trovò il C. poco disponibile: infatti egli non intervenne personalmente a Milano, nei primi giorni del gennaio 1311, per sottoscrivere la pace imposta dall’imperatore fra i guelfi ed i ghibellini della sua città. Le clausole dell’accordo, sottoscritto dalle parti il 14 gennaio, prevedevano il rientro in città dei ghibellini. Il C. però ben presto si ribellò a queste disposizioni e, dopo il tumulto dei guelfi milanesi del 12 febbraio culminato nella fuga di Guido Della Torre a Cremona, il 18 successivo organizzò una rivolta contro il vicario imperiale di Cremona riuscendo a scacciarlo dalla città, insieme con tutti i ghibellini che da poco erano rientrati. Divenuto di nuovo signore della città, il C. iniziò una politica di accordi con le due capitali guelfe dell’Italia centrale, Bologna e Firenze. La rivolta di Cremona costituiva un fatto grave per Arrigo VII, che nell’aprile 1311, nel suo viaggio verso Roma, decise di assediarla e di punirla.
All’avvicinarsi del re, il C. fuggì con Guido Della Torre e con tutti i capi guelfi di Cremona a Brescia, che Tebaldo Brusati aveva nel frattempo fatto insorgere contro Arrigo. Il 26 aprile questi comparve davanti a Cremona, che era il più forte e organizzato centro di rivolta guelfo dell’Alta Italia, ma in breve la città si arrese e l’imperatore fece imprigionare tutti i guelfi rimasti, abbattere le mura e le porte, radere al suolo le case e le fortificazioni dei Cavalcabò e dei maggiori esponenti ribelli e infine pose al bando dell’Impero settanta cittadini, fra cui Guglielmo, Giacomo e Luigi Cavalcabò, Guido Della Torre e i rappresentanti adulti delle famiglie Ponzoni, Tagliabò, Picenardi, Pomponesco, Persico, Somma e Raimondi. Al suo trionfale ingresso in città era accompagnato dai Pallavicino e dai Dovara, i ghibellini che da circa quarant’anni lottavano per ritornare al potere.
Dopo questi avvenimenti svoltisi tra il 26 aprile e il 14 maggio, il re si diresse verso Brescia per stroncare l’ultima resistenza guelfa, e al C. non rimase che la fuga negli aviti possessi di Viadana. Dopo un lunghissimo assedio anche Brescia cadde, nell’ottobre 1311, mentre Cremona era governata dal vicario imperiale, insediato da Arrigo, Galeazzo Visconti, figlio di Matteo.
Allontanatosi l’esercito di Arrigo VII dall’Italia settentrionale, il C. riprese immediatamente le operazioni militari per riconquistare Cremona. Nei primi giorni di novembre chiedeva a Bologna aiuti militari contro le forze del Visconti che presidiavano Cremona. Il Consiglio del Comune di Bologna, il 10 novembre, deliberò di inviare in aiuto agli estrinseci di Cremona 100 uomini a cavallo. Con queste forze il C. raggiunse da Viadana la località di Dosolo e si impadronì del ponte sul Po; nel contempo convinse Giberto da Correggio a entrare nell’alleanza guelfa. Il 10 genn. 1312 le forze guelfe del C. riconquistavano Cremona, cacciando Galeazzo Visconti e un esercito milanese accorso in aiuto dei ghibellini. Nel quadro di questa generale offensiva guelfa, il 3 febbr. 1312 Giberto da Correggio e il fratello del C., Giacomo, entravano in Piacenza, liberandola dai Visconti. Successivamente i Cavalcabò pensarono di riconquistare anche Brescia e a tale proposito occuparono le località di Asolo e di Acquanegra.
Il 16 marzo il C., al comando dei Cremonesi, avanzò su Soncino, dove il capo dei guelfi, Venturino Fondulo, aveva promesso d’aprire le porte della città. La cittadina fu occupata, ma i ghibellini si chiusero nel castello e chiesero aiuti a Matteo Visconti. Da Milano giunse Cressono Crivelli, da Brescia il tedesco conte di Homberg; contemporaneamente i guelfi cremonesi inviavano una nuova schiera di armati. Soncino divenne il centro di una furibonda battaglia. Il C., che secondo Giovanni da Cermenate era un cultore di astrologia, preferì non attaccare, essendo quel giovedì 16 marzo non propizio a causa degli astri in cattiva congiunzione. Il suo indugio permise alle forze ghibelline di organizzarsi e di battere separatamente gli eserciti avversari. Vi fu una grande strage di guelfi e nella mischia trovò la morte anche il Cavalcabò. Lasciava quattro figli: Luigi, Ugolino, Ottaviano e Bertone, ma la sua eredità politica fu raccolta dal fratello Giacomo.
Fonti e Bibl.: G. Villani, Cronica, a cura di A. Racheli, Trieste 1857, lib. IX, cap. 33; Hist. Johannis de Cermenate..., a cura di L. A. Ferrai, Roma 1889, pp. 20 ss.; Codex dipl. Cremonae, a cura di L. Astegiano, II, Torino 1899, p. 19; Chronicon Parmense, in Rer. Ital. Script., 2 ed., IX, 9, a cura di G. Bonazzi, p. 125; Constitutiones et acta publica…, in Mon. Germ. Hist., Legum sectio IV, IV, 1, a cura di J. Schwalm, Hannoverae et Lipsiae 1906, ad Indicem; Italien. Analekten zur Reichsgeschichte des 14. Jahrhunderts, a cura di Th. Mommsen, in Schriften der Mon. Germ. Hist., XI, Stuttgart 1952, pp. 35-39; R. Davidsohn, Forschungen zur Gesch. von Florenz, Berlin 1908, II, p. 442; G. Biscaro, Benzo da Alessandria e i giudizi contro i ribelli dell’Impero a Milano nel 1311, in Arch. stor. lomb., XXXIV (1907), pp. 281-316; A. Cavalcabò, Le ultime lotte del Comune di Cremona per l’autonomia…, Cremona 1937, pp. 24-76; F. Cognasso, L’unificaz. della Lombardia sotto Milano, in Storia di Milano, V, Milano 1955, pp. II s., 57, 62 s., 77 s., 81; H. Bowsky, Henry VII in Italy, Lincoln, Nebr. 1960, ad Indicem.