CAPPONI, Guglielmo
Nacque a Firenze l'11 apr. 1449 da Niccolò di Piero di Bartolomeo di Cappone.
Il padre era titolare nel 1451 d'una ditta di arte della lana in cui aveva come soci il fratello Bartolomeo, Niccolò di Nofri Benini e Antonio di Leonardo Ferrucci; era inoltre cointeressato, sempre con il fratello Bartolomeo, all'azienda fiorentina di ritagliò di Francesco Ciai e alla "Bernardo di Marco Salviati" di Pisa. Il C. non venne tuttavia avviato alla mercatura, ma alla carriera ecclesiastica sulle orme di un altro fratello del padre, Giovanni, cui fin dal 1446 era stata conferita l'importante commenda dello spedale dell'Altopascio in Lucchesia.
Dopo aver studiato a Bologna, il C. si trasferi allo Studio di Pisa non appena esso fu riaperto, nel 1473; era già canonico del duomo di Firenze, e a Pisa continuava a risiedere nel 1475, ma non risulta che abbia conseguito la laurea e le successive testimonianze sulla sua presenza a Pisa lo vedono piuttosto interessato a speculazioni economiche che alla vita dello Studio. Aveva infatti ottenuto nel 1477 la commenda dello spedale dell'Altopascio, cui lo zio Giovanni aveva rinunciato a suo favore e del cui patronato erano stati investiti nel 1472 suo padre Niccolò e suo zio Bartolomeo; da questo momento abbandonò ogni interesse filosofico e letterario, che d'altronde è soltanto indirettamente provato dal fatto che Alamanno Donati lo indicò come interlocutore, insieme con un altro Capponi, Bernardo, in un dialogo sul libero arbitrio. Il C. risulta inoltre procuratore a Pisa nel 1481 (Verde, II, p. 321) e nel 1482 (Arch. di Stato di Firenze, Not. Antecos., B 1063, III,, cc. 54v-55) del figlio di Giovanni Argiropulo, Isacco, commendatore perpetuo del priorato pisano di S. Iacopo di Orticaia. Fino alla ribellione di Pisa del 1494 il C. visse prevalentemente fra Altopascio, Lucca e Pisa, dedicandosi personalmente al patrimonio terriero e immobiliare di cui fruiva come gran maestro dell'Altopascio e intentando perennemente liti, fra le quali fa spicco quella con il Comune di Lucca per il lago di Sesto, poi padule di Bientina. Già protonotario apostolico, passò nel 1495 al servizio del cardinale Giuliano Della Rovere, il futuro Giulio II, e lasciò comunque in mani fidate l'amministrazione dei beni dell'Altopascio, come rivela un libro di ricordi della "magione di S. Iacopo dell'Altopascio" che, tenuto dal 1494 al 1516 dal notaio ser Paolo Rocchi di Prato, si apre con queste parole: "Questo libro è della magione di sancto Jacopo dell'Altopascio sul quale... scrivarò e farò ricordo di tutte le allogagioni et recognitioni faranno e' fictaiuoli e pigionali e' quali tenghano e terranno afficto o a pigione terre o chase della detta magione... nella terra di Prato o suo contado" (Bibl. Riccardiana, mss. Palagi, n. 27, ins. 17, c. 1). Sostenuto dunque più dalle proprie ricchezze che dalla potenza economica dei suoi non molto prossimi cugini Capponi del ramo di Gino di Neri, il gran maestro dell'Altopascio, che pure era stato in cordiali rapporti con i Medici e in specie con Lorenzo (nel 1486 gli aveva affittato beni nel Volterrano), intraprese una fortunata carriera diplomatica godendo del favore e del cardinale Della Rovere, di cui era divenuto segretario, e della Repubblica fiorentina. Fin dal 15 nov. 1494, pochi giorni dopo la ribellione ai Medici, fu scelto fra gli ambasciatori inviati incontro a Carlo VIII che si dirigeva verso Firenze. Attraverso il C. la Signoria fiorentina nell'agosto 1500 premeva su Giuliano Della Rovere perché si convincesse Luigi XII a ritentare l'impresa di Pisa per conto di Firenze, ed i Pisani dovettero essere ben consapevoli delle mene del C. se nella stessa estate del 1500 tentarono un colpo di mano in territorio lucchese con il preciso scopo di catturare il gran maestro che da Lucca (dove proprio nella casa dell'Altopascio risiedeva nel settembre 1499 l'oratore fiorentino Tommaso di Gino Capponi) rientrava a Firenze.
Non fu dunque un caso che appena eletto, nel novembre 1503, Giulio II, il C., "quale era reputato amico del Papa" (Guicciardini, p. 268), sia stato eletto ambasciatore d'obbedienza della Repubblica fiorentina dal Consiglio degli ottanta il 4 e il 6 nov. 1503, con istruzioni della Signoria del 29 novembre, insieme con il vescovo di Arezzo, Cosimo de' Pazzi e altri quattro cittadini. A Roma li attendeva il Machiavelli fin dal 16 novembre, ma essi non sarebbero giunti che la domenica 7 genn. 1504. Il C. era sempre a Roma il 3 febbraio quando con il vescovo di Arezzo scriveva alla Signoria una lettera che fu inoltrata in copia a Francesco Valori, oratore in Francia con Niccolò Machiavelli. Il 25 febbraio il C. scortava la solenne ambasceria della Repubblica di Genova nel suo ingresso a Roma.
A Roma il C. risiedeva probabilmente già dal 1501, come testimonia una importante raccolta di 431lettere, che giunge fino al 1512, 274delle quali indirizzategli appunto a Roma; le altre 157 sono indirizzate al suo segretario, il romano Felice de' Felici (Bibl. Riccardiana. ms. Palagi, n. 51).
Da Roma il C. non doveva più muoversi che saltuariamente e nel 1505 Giulio II lo creò vescovo di Cortona, pur consentendogli di mantenere la carica di gran maestro dell'Altopascio. Fra le missioni affidategli da Giulio II fu quella a Firenze nell'autunno del 1511 per convincere la Signoria a non consentire la convocazione del concilio di Pisa; fra l'altro il C. riuscì a intercettare lettere dei "cardinali di Lombardia" e pare che abbia dato personalmente a Pisa, ai primi di novembre, l'ordine di chiudere le chiese ai cardinali riuniti per il concilio.
Non fu tuttavia sufficiente la protezione di Giulio II per avviare il C. ad una carriera ecclesiastica e diplomatica di maggior rilievo. Il pesantissimo, iterato, giudizio che di lui dette quel Francesco Guicciardini, in genere abbastanza moderato nel presentare i suoi contemporanei, corrisponde probabilmente a realtà, e spiega come al C. non si sia mai dato eccessivo spazio: e uomo bestiale e temerario" (p.305), "dinatura e cervello bestiale" (p. 320).Già nell'anno 1483, ad esempio, due nobili pisani, sia pure con formule consuete, avevano ricusato il C. come loro procuratore, dando la preferenza al futuro cardinale Lorenzo Pucci, "quia dictus Guillielmus non est ydoneus vel aptus ad... mandata exercere, sed male regit et gubernat ea ad que constitutus est" (Arch. di Stato di Firenze, Not. Antecos., B 1063, IV., cc. 155v-156).I giudizi del Guicciardini sono espressi in occasione del racconto d'una manovra messa in atto nel dicembre del 1507 dal C. per cercare di succedere sulla cattedra arcivescovile di Firenze a Rinaldo Orsini; il C. per ottenere il suo intento si era avvalso della mediazione del cardinale de' Medici (il futuro Leone X) sebbene, come al resto della famiglia Medici, egli fosse "inimicissimo e, ma per questo gli era diventato amico" (Guicciardini, p. 305).Ostacolò la pratica con estrema decisione il gonfaloniere Pier Soderini che si sospettava intendesse riservare l'arcivescovato fiorentino al fratello Francesco, vescovo di Volterra; fu così che la Signoria fiorentina all'inizio del 1508si pronunciò pubblicamente contro il C. costringendo Giulio II, "per non volere... dispiacere alla città" (ibid., p. 306), a rinunciare ad appoggiare il Capponi. L'anno dopo il Soderini fece creare arcivescovo di Firenze Cosimo de' Pazzi per dimostrare di non aver agito per ragioni personali, ma a detta del Guicciardini, sebbene ostentasse soddisfazione, "pareva da credere che e' si pentisse" d'aver tolto l'arcivescovato "al Cappone, el quale se bene gli era inimico, era di natura e cervello sì bestiale, e fattone sì poco conto, che il gonfaloniere non aveva da stimarlo" (ibid., p. 320).
La diocesi di Cortona, dove il C. (che risulta già eletto il 25 maggio 1505) aveva fatto il suo solenne ingresso l'11 dic. 1505, venne quasi sempre governata da lontano e attraverso i vicari, in particolare Bernardino Gramignoli e Giovanni di Zaccaria Braccioli; fu quest'ultimo, ad esempio, a presiedere l'adunanza sinodale del 27 nov. 1512 e a dover intervenire per riformare il monastero di S. Michelangelo dove la nomina a badessa della nuora, vedova, di Luca Signorelli, aveva provocato vivo risentimento. Si deve al C. la traslazione della cattedrale dalla vecchia sede della chiesa periferica di S. Vincenzo alla pieve di S. Maria situata all'interno della città, che venne all'uopo restaurata, e dove venne trasferito il fonte battesimale marmoreo costruito per S. Vincenzo nel 1476: la cerimonia della traslazione, presente il C., avvenne il 14 giugno 1507.
Vi è incertezza sulla data di morte del C.; mentre alcune fonti lo ritengono morto fra il 1515 e il 1516, il Mirri lo crede morto fin dal 1513: in effetti il C. prese parte, il 10 maggio e il 17 maggio del 1512 alle prime sessioni del concilio lateranense, era ancora vescovo di Cortona il 14 genn. 1513 quando scriveva al vicario Brancoli, ma non risulta presente alla sessione del concilio del 16 febbr. 1513, e il 30 giugno seguente appare sostituito in sede vacante da un vicario.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Carte Strozziane, s. 1, f. 137, c. 99 (Giovanni Ridolfi al C., 1479); f. 336, c. 140 (il C. a Francesco Valori, 1495), c. 254 (il C. a Bartolomeo Valori, 1505); Mediceo avanti il Principato, fCXXXVIII, n. 172 (il C. a Piero di Lorenzo de' Medici da Pisa, 1º giugno 1494); f CXLVIII, n. 40 (il C. concede beni in affitto a Lorenzo de' Medici nel Volterrano); Notarile Antecosimiano, B 1063, III, cc. 54v-55; IV, cc.155v-156; p211 (1482), cc.46, 54, 76, 89, 109, 132, 239; Firenze, Biblioteca nazionale, Poligrafo Gargani, n. 486; Firenze, Biblioteca Riccardiana, mss Palagi, n. 27, ins. 17 ("Ricordi della Magione di S. Jacopo dell'Altopascio"); n. 51 (filza di 431 lettere al C. e al suo segretario); Archivio di Stato di Pisa, Gabella dei contratti, n. 20, c. 171 (1480, ser Pietro del Pitta); Delizie degli eruditi toscani, XXII(1786), p. 199; M. Sanuto, Diarii, III, Venezia 1880, coll. 651, 745; I. Burchardi Liber notarum, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XXXII, 2, a cura di E. Celani, pp. 428, 434; F. Guicciardini, Storie fiorentine, a cura di R. Palmarocchi, Bari 1931, pp. 268, 305 s., 319 s.; I. Nardi, Istorie della città di Firenze, Firenze 1858, I, p. 36; N. Machiavelli, Legazioni e Commissarii, a cura di S. Bertelli, Milano 1964, pp. 130, 641, 785, 1401 ss. 1408, 1411, 1414, 1454; C. Guasti, Delle relaz. diplom. tra la Toscana e la Francia, in Arch. stor. ital., n. s., XIV (1861), pt. II, p. 60; F. Muciaccia, I Cavalieri dell'Altopascio, in Studi storici, VIII(1899), pp. 364-67, 373, 385-90; A. Della Torre, Storia dell'Accademia platonica, Firenze 1902, p. 826; C. Stiavelli, I Cavalieri dell'Altopascio, in Bull. stor. pistoiese, V(1903), 1, pp. 11, 13; M. Del Piazzo, I protocolli del carteggio di Lorenzo il Magnifico, Firenze 1956, pp. 208, 288, 298, 349, 394, 416, 422; V. R. Giustiniani, L'orazione di Lorenzo Lippi per l'apertura dell'Università di Pisa in Rinascimento, IV(1964), p. 265; A. Molho: The Florentine "Tassa dei Traffichi" of 1451, in Studies in the Renaissance, XVII (1970), pp. 100, 103, 106; G. Mirri, Ivescovi di Cortona dalla istituz. della diocesi, a cura di G. Mirri, Cortona 1972, pp. 149-153; F. A. Verde, Lo Studio fiorentino. 1473-1503..., II, Firenze 1973, pp. 321, 657; M. Luzzati, Una guerra di popolo..., Pisa 1973, p. 276; G. Gulik-C. Eubel, Hierarchia catholica, III, Monasterii 1910, p. 179; P. Litta, Le fam. cel. ital., s. v. Capponi, tavv. V, VIII.