CAPELLO (Capelo, Chapelo, Capellus, Cappello, Cappelli, Cappellus), Guglielmo
Nacque ad Auletta (prov. di Salerno) da un medico di nome Goffredo, probabilmente negli ultimi anni del sec. XIV. Non sappiamo dove il C. abbia compiuto gli studi primari e superiori; certo è che intorno al 1420, quando Niccolò III d'Este lo chiamò a Ferrara come precettore di suo figlio Borso, il C. doveva già esser abbastanza noto.
La più antica testimonianza della presenza del C. in casa d'Este si trova alla data del 1º dic. 1421, quando il C. finì di copiare un manoscritto della Pharsalia con numerosissime glosse marginali. Questa data è probabilmente anche la prima testimonianza della sua attività, nonostante che G. Valentinelli (Bibl. Manuscripta ad S. Marci Venetiarum, VI, Venetiis 1873, pp. 29 s.) dia come data del cod. Marciano Zan. lat. 380 [ = 1908] - si tratta di un commento di Benvenuto da Imola a Valerio Massimo copiato dal C. - 18 dic. 1406; data che sembra improbabile per diversi motivi. Anche la supposizione di R. Sabbadini (Epistolario di Guarino, III, p. 247) secondo cui il C. sarebbe stato intorno al 1427 precettore in casa di Alberto Costabile, a Modena, sembra inaccettabile perché il C. viveva a quell'epoca alla corte estense. Né più convincente risulta l'argomento addotto da G. Corsi (p. 224), secondo cui il C. sarebbe stato a Ferrara già nel 1413: il C. chiama a testimone nel suo commento al Dittamondo un ser Uguzo Berti che nel 1413 era "consolo de' lanaroli" a Ferrara, ma solo per sottolineare l'attendibilità di un aneddoto sull'imperatore Venceslao. La supposizione poi del Sabbadini (cit., p. 357), secondo cui il C. sarebbe stato già precettore di Lionello d'Este, nato il 21 nov. 1407, non è confortata da prove e contraddice anche l'affermazione di Michele Savonarola nell'operetta De felici progressu illustrissimi Borsii Estensis ad marchionatum Ferrariae, Mutinae et Regii ducatum comitatumque Rodigii (cod. Est. lat. 215 [α W.2. 15., c. 2r]), cioè che il C. fu chiamato a Ferrara proprio per educare Borso.
Nel 1429 Guarino da Verona si trasferì definitivamente a Ferrara, dove divenne presto amico del C., come dimostrano il comune lavoro scientifico ed una lettera del 1439. Nel 1431, per desiderio di Niccolò III, il C. dovette lasciare l'incarico di precettore del giovane Borso a Giovanni Toscanella, chiamato su consiglio di Guarino; per assicurargli il sostentamento gli furono quindi attribuite varie cariche pubbliche. Nel 1435 fu funzionario delle imposte ("officiale alle bollette"); nel 1438, durante la peste, ebbe un incarico di ufficiale sanitario ("sorveglianza sulla salute pubblica"). Non cessò intanto la sua collaborazione con Guarino, con cui nell'agosto 1433 terminò di trascrivere un manoscritto dell'Historia naturalis di Plinio il Vecchio (codice Ambros. D 531 inf.); né gli venne meno la stima degli Este, della cui biblioteca si servì ripetutamente, come risulta dalle note di prestito. Anzi, a partire dal 1436 egli poté disporre nel loro palazzo di una propria stanza e, per il suo lavoro, di un amanuense di formazione umanistica, Tommaso da Vicenza. Più tardi, verso il 1441, il C. ebbe l'incarico di provvedere, insieme con un certo Francesco Pisano, all'educazione dei fratelli minori di Borso, Ercole e Sigismondo; a corte era perciò chiamato il "maistro di putti".
Il C. morì dopo il 5 sett. 1459, data in cui il suo nome compare, per l'ultima volta, su una nuova copia dell'Historia naturalis che Guarino, insoddisfatto della precedente, aveva portato a termine insieme a lui e a Tommaso da Vicenza ("per Guarinum Veronensem et Thomam de Vicentia Guilelmo Capello coadiuvante": codice Monac. lat. 11301).
Del C. non ci restano che commenti: quello a Valerio Massimo nel cod. Marciano Zan. lat. 380; una redazione della Pharsalia di Lucano con glosse (pubbl. da C. F. Weber in M. A. Lucani Pharsalia, III, Lipsiae 1831, p. XXXII) nel codice Rehdigeranus della Biblioteca universitaria di Breslavia; le citate copie dell'Historia naturalis, nella prima delle quali (codice Ambrosiano) le glosse geografiche appartengono forse al Capello. Il suo scritto più noto ed importante è il commento al Dittamondo diFazio degli Uberti, steso su commissione di Niccolò III d'Este tra il 1435 e il 6 sett. 1437, quando Leonello d'Este lo diede a trascrivere. L'opera, ancora in massima parte inedita, ci è stata tramandata in quattro redazioni (Modena, Biblioteca Estense, cod. P. 4. 7;Parigi, Biblioteca nazionale, cod. Ital. 81;Torino, Biblioteca nazionale, cod. N. I. 5;Venezia, Bibl. naz. Marciana, cod. Ital. IX, 40 [=6901]). Il commento, l'unico esistente di quella difficile opera, dimostra non solo la grande erudizione storica e geografica dell'autore, ma anche le sue preferenze e la sua formazione culturale: buon conoscitore dei classici, come è evidente del resto anche negli altri suoi scritti, il C. ignorò quasi del tutto la letteratura cavalleresca francese, che disprezzava come favolosa e fantastica. Pur contribuendo poco all'odierna comprensione del Dittamondo, il commento del C. costituisce un'eloquente testimonianza della cultura della corte di Ferrara al tempo di Niccolò III; un breve saggio ne è stato pubblicato da G. Rotondi, Ilcanto IV del libro III del Dittamondo col commento inedito di G. C., in Arch. stor. lomb., s. 6, VIII (1931), pp. 348-353 (il testo è edito dal cod. cit. Marciano Ital. IX, 40, cc. 353-358).Inoltre una delle prime raccolte di traduzioni latine delle Vite parallele di Plutarco, il voluminoso codice Vat. lat. 1877, dell'inizio del 1436, deve al C. la sua origine (cfr. Codices Vaticani latini, III [Codices 1461-2059], a cura di B. Nogara, Romae 1912, pp. 321-325; G. Resta, Le Epitomi di Plutarco nel Quattrocento, Padova 1962, pp. 11 s.).
Fonti e Bibl.: Guarino Veronese, Epistolario, a cura di R. Sabbadini, III, Venezia 1919, ad Indicem;R. Renier, Liriche edite e inedite di Fazio degli Uberti, Firenze 1883, p. CLI n. 2; R. Sabbadini, La scuola e gli studi di Guarino Veronese, Catania 1896, p. 96 n. 1; G. Nicoluzzi, Alcuni versi tedeschi nel "Dittamondo", in Giornale storico della letteratura italiana, XXXII (1898), p. 123 n. 3; G. Bertoni, La Biblioteca Estense e la coltura ferrarese ai tempi del duca Ercole I (1471-1505), Torino 1903, pp. 70, 96; G. Pardi, Leonello d'Este marchese di Ferrara, Bologna 1904, p. 24 (importante, per le notizie sul C., la recensione di G. Bertoni sul Giorn. stor. della letter. ital., XLV [1905], pp. 371-83); G. Bertoni, I maestri degli Estensi nel Quattrocento, in Archivum Romanicum, I (1917), pp. 58-72; Id., Guarino da Verona fra letterati e cortigiani a Ferrara, Ginevra 1921, pp. 60-61; G. Corsi, Il commento di G. C., in Fazio degli Uberti, Il Dittamondo e le Rime, II, Bari 1952, pp. 223-245.