GUGLIELMA di Milano, detta la Boema
Dell'esistenza di G. abbiamo notizia principalmente da processi inquisitoriali che si svolsero a Milano nel 1300. Nonostante la natura e la frammentarietà della documentazione superstite, si può affermare che G., negli atti del 1300 qualificata con il termine di domina, fosse arrivata a Milano con un figlio e qui abbia vissuto fino al 1281 o 1282. Per la sua esistenza esemplare divenne un riferimento evangelicamente forte per uomini e donne, laici e religiosi, in particolare per coloro che risultavano collegati all'abbazia cistercense di Chiaravalle Milanese e alla domus umiliata di Biassono in Milano. Dopo la sua morte, intorno a lei nacque un culto promosso da un gruppo eterogeneo di individui, appartenenti anche a prestigiose famiglie cittadine che, nel 1300, gli inquisitori sottoposero a procedure repressive.
La prima peculiarità di questa vicenda è l'emergere in controluce, attraverso gli atti inquisitoriali, dell'immagine di una santa. Pur apparendo destinata alla santità, G. divenne famosa come eretica. Proprio la sua identità ereticale ha condizionato ogni tentativo di ricostruzione biografica. Eruditi e storici hanno piegato quanto ricavabile dalla fonte inquisitoriale al potenziamento e al sovradimensionamento della figura di G., proiettandola in una dimensione tra l'immaginifico e il folclorico.
La credenza di alcuni inquisiti circa l'origine boema e l'appartenenza alla stirpe regia dei Premislidi è stata privilegiata tanto da diventare dato biografico certo, a tal punto che si è affermata comunemente la denominazione "la Boema". L'attributo di origine è retaggio secentesco (Puricelli). Il legame di G. con la famiglia regia boema è un dato che muove dai processi milanesi, e la derivante tradizione si è cementata attraverso una catena di citazioni reciproche.
A Milano G. visse prima nella contrada di Bregogna, poi presso la Pusterla Nuova e, dal 1274, in una casa nella parrocchia di S. Pietro all'Orto.
Al 1274 risale l'atto di vendita di un hospitium da parte di Rogeria "Miracapitis" ad Andrea Saramita che agisce in qualità di nunzio e sindaco dell'abate di Chiaravalle: è l'attestazione più antica che lega G., Andrea Saramita, l'abbazia di Chiaravalle Milanese e altri uomini e donne che scelsero di vivere in case cittadine concesse loro dal monastero cistercense. Contratti di vitalizio con l'ente monastico vennero stipulati dalle coppie Giovanni e Allegranza Perusio, Carabella e Amizone Toscano nel 1277, da Marchisio Secco nel 1291 e due anni dopo da Dionese da Novate (Biscaro, 1906): legati a Chiaravalle, da oltre venti anni devoti di G., nel 1300 furono sottoposti a inchieste inquisitoriali dai frati predicatori di S. Eustorgio di Milano. I testamenti di Amizone Toscano del 1292 e di Allegranza Perusio del 1307, attraverso la pluridirezionalità di lasciti nei confronti di enti religiosi e assistenziali, dimostrano che gli individui legati a Chiaravalle e a G. non appartenevano a gruppi chiusi e non esprimevano una religiosità settaria. Anzi, mostrano una netta contrapposizione alla stereotipa immagine ereticale che intendono tramandare i processi e che è stata assunta da tanta storiografia.
G. morì il 24 ag. 1281 o 1282, giorno di S. Bartolomeo, nell'hospitium della parrocchia di S. Pietro all'Orto.
Secondo un consolidato modello agiografico, con lei si trovavano molte persone: tra gli altri, Allegranza Perusio, Carabella Toscano, Andrea Saramita e ser Danisio Cotta, appartenente a una prestigiosa famiglia dell'aristocrazia capitaneale legata al monastero di S. Ambrogio. Dapprima il suo corpo fu sepolto nel cimitero della parrocchia di S. Pietro all'Orto. Nel frattempo Andrea Saramita e Danisio Cotta si recarono da Guglielmo VII marchese di Monferrato, allora signore di Milano, a chiedere una scorta per eseguire la traslazione al monastero di Chiaravalle, compiendo così la volontà di G. che aveva scelto di essere là sepolta. La richiesta di ausilio armato si giustificava in quanto era in corso una guerra tra Lodi e Milano, databile al 1281-82; dunque la morte di G. è collocabile in quel biennio. Il corpo fu trasferito al monastero di Chiaravalle, nella chiesa dei frati conversi, dove alla presenza, tra gli altri, di Andrea Saramita e di prete Mirano da Garbagnate venne lavato con acqua e vino e infine sepolto.
Senza dubbio, il rito di abluzione sancisce post mortem un legame speciale e sacrale tra G. e il monastero. Il liquido residuo della lavatura fu portato nella domus milanese delle umiliate di Biassono e deposto su un altare, indicando così un secondo riferimento devozionale che doveva essere già solido. Lì viveva soror Maifreda da Pirovano, promotrice con Andrea di una trasmutazione del culto che privilegiava la manifestazione dello Spirito Santo. La data di morte e di traslazione divennero festività di un nascente calendario celebrativo. L'abbazia di Chiaravalle divenne polo di attrazione: al sepolcro si dirigevano pellegrinaggi, avvennero apparizioni e si parlò di miracoli a favore dei monaci e dei devoti. Il centro dinamico della ritualità era costituito dalle celebrazioni del 24 agosto, quando da Milano partiva un pellegrinaggio diretto a Chiaravalle, dove si tenevano un convivio collettivo e la predica dei monaci. Dalle loro parole G., per adesione imitativa, assume la forma di altri modelli agiografici: all'esposizione di exempla di altri santi segue l'adattamento a G. così che potessero diventare suoi, oppure, secondo un altro diffuso modello agiografico, G. è paragonata alla luce e alle stelle. I monaci inoltre raccomandano G., la sua testimonianza cristiana e la sua congregazione, riconoscendo non solo in lei una santa, ma anche un gruppo di fedeli che ritualmente promuove e apertamente diffonde una devozione. Il gruppo produsse testi e scritture. Nelle lettere in cui il chierico Francesco da Garbagnate si rivolge alla sua familia, e in particolar modo ad Andrea, questi viene definito "primus unigenitus", secondo un'espressione scelta da G. stessa, mentre soror Maifreda sarebbe "dominus vicarius", ossia vicario di G. in terra, oppure ancora "domina Dei gratia" (Milano 1300, p. 254).
La progettualità dei cistercensi intorno al culto di G. è evidente ma non esclusiva. Il consolidamento della santità appare ben avviato e dilatato in realtà religiose policentriche: a casa dei devoti si svolgevano banchetti in onore di G.; in alcune importanti chiese cittadine si diffuse un programma di affreschi in cui G. è rappresentata con le sembianze di s. Caterina d'Alessandria (Benedetti, 1999, pp. 37-39); nella domus delle umiliate di Biassono si trovava pure un panno raffigurante G. nell'atto di liberare dal carcere ebrei e saraceni (con ogni evidenza una rappresentazione programmatica di un ambizioso progetto di salvezza dell'umanità). Soror Maifreda da Pirovano predicava, spiegava il Vangelo e le Epistole o parlava degli apostoli, di miracoli e di santi. Il gruppo assunse una ritualità, esterna e interna, di tipo latamente confraternale: i banchetti annuali, le processioni, le vesti uniformi, i testi devozionali indicano un'identità confermata anche dai termini definitori congregatio e familia.
Se i devoti e le devote avevano questa specificità aggregativa, G. è fissata nella documentazione giudiziario-inquisitoriale in dimensioni contraddittorie. Una dimensione aderisce mimeticamente alla vicenda di Cristo: caratterizzata dall'origine regale, dalla presenza nel suo corpo delle stimmate, dall'attesa della sua resurrezione, dall'ascesa in cielo, da apparizioni post mortem ai devoti, dal compimento di miracoli sia in vita sia post mortem. Un'altra dimensione, complessa e teologicamente contraddittoria, identifica G. con lo Spirito Santo, proiettando un'esperienza religiosa senza dubbio eccezionale al di là di canoni agiografici o cristomimetici. L'originale identificazione di G. con lo Spirito Santo diventa non solo l'accusa alla quale dovranno rispondere gli inquisiti, ma anche lo slogan che alimenta una fortuna storiografica. L'anomala prospettiva non può non derivare in parte anche dalla pressione della mentalità giuridico-dogmatica dei frati giudici che deve dimostrare e quindi produrre documentazione in forme teologicamente rigorose. Senza dubbio, i devoti mostrano sensibilità verso questo tema: alcuni non esitano a battezzare i loro figli "Paraclitolus", oppure "Filixollus" e "Filixolla" - quest'ultimo nome deriva dalla risemantizzazione di G. in quanto "Felix" - o a scrivere e cantare canzoni in cui G. era chiamata Spirito Santo. Il carisma di G. è innegabile anche se appare indebito presupporne o dedurne una dottrina teologicamente articolata e coerente.
Della vita di G. non si conoscono azioni o gesti, ma solo poche parole che mostrano come un'interpretazione spirituale della sua esistenza circolasse con lei ancora in vita. A coloro che volevano essere alleviati da dolori, ella avrebbe risposto di allontanarsi poiché non era Dio; ad altri dava consigli di amore cristiano e moralità evangelica. Al momento della morte G. avrebbe detto: "Amatevi ed onoratevi gli uni gli altri" (Giovanni, 13, 34); avrebbe pronunciato espressioni profetiche ("Per un poco non mi vedrete e poi per un poco ancora e mi vedrete", Id., 16, 16) e avrebbe messo in guardia i devoti che cercavano le stimmate nel suo corpo ("Voi credevate di vedere ciò che non vedrete a causa della vostra incredulità"). G. risponde duramente, con ira o con risentimento, a coloro che la identificano nello Spirito Santo, dicendo di essere di carne e ossa, di aver condotto a Milano anche un figlio e di non essere "ciò che essi credevano": "se non avessero fatto penitenza per quelle parole sarebbero finiti all'inferno". Si autodefiniva "una vile donna e un vile verme", richiamando il salmo 21 al versetto 7, oppure affermava in modo incontrovertibile: "Voi che dite di me e credete ciò che non è, siete fatui. Io sono nata da un uomo e da una donna".
Alcune di queste voci dovettero giungere all'inquisitore, che pare avesse convocato G. davanti all'officium inquisitionis milanese. L'assimilazione di G. allo Spirito Santo diventa l'accusa che, depotenziando un'immagine santa, la trasforma giudiziariamente e teologicamente in eretica. Sembra che esista uno scarto tra l'identità che i devoti attribuiscono a G. e i livelli di autocoscienza che ella esprime di se stessa; è certo comunque che Andrea Saramita e soror Maifreda da Pirovano risultano gli ideatori di un nuovo culto - quello dell'incarnazione al femminile dello Spirito Santo - e i propagatori di un illusorio "sogno spirituale" (Merlo, 1989, pp. 114 s.).
I frati predicatori di S. Eustorgio attivarono la loro azione repressiva - dapprima frammentaria nel 1284 e 1296, poi continuativa dal luglio al dicembre del 1300 - nei confronti di questo ambiente religioso e devozionale. Nell'anno del giubileo di Bonifacio VIII ricominciarono gli interrogatori. Li inaugurò Lanfranco "de Amiciis" da Bergamo, stretto collaboratore di frater Guido da Cocconato, titolare dell'officium fidei della Lombardia superiore, che condusse le inchieste con frater Rainerio da Pirovano. Non è possibile dire quale grado di parentela vi sia tra l'inquisitore e la principale inquisita, entrambi di famiglia da Pirovano, né vi è certezza sulla parentela della soror umiliata con Matteo Visconti, allora signore di Milano (una parentela "certa" solo per i giudici ecclesiastici dei processi contro Matteo Visconti degli anni Venti del sec. XIV, dove compaiono non pochi devoti di G. e, tra gli imputati principali, Francesco da Garbagnate). Degno di nota è che nell'azione giudiziaria del 1300 risultino coinvolti membri delle più influenti casate cittadine: i Cotta, i da Pirovano, i da Novate, addirittura i da Garbagnate - si noti che Gaspare da Garbagnate era strettissimo collaboratore di Matteo Visconti - con conseguenze politiche e ripercussioni giudiziarie che si dilatano nel tempo giungendo fino ai processi antiviscontei di età avignonese.
L'azione inquisitoriale milanese si concluse con l'esumazione dei resti di G., la morte di Andrea Saramita e, come risulterebbe dai successivi processi del 1322, di soror Maifreda da Pirovano. Nei processi fino al 2 sett. 1300 si legge che G. "è" sepolta presso il monastero di Chiaravalle; dopo il 9 settembre si dice che "era" sepolta; ad indicare una probabile, ma non documentata, condanna. Non si esaurì invece la vitalità del mito. Accanto alla G. degli atti degli inquisitori, altre Guglielme prendono corpo agiografico e letterario in un complesso rapporto di elaborazioni metamorfiche. Il nodo identificativo polisemico è intricato. Assai presto in ambiente milanese nacque e circolò una tradizione orgiastica che raffigurava G. a capo di un gruppo di uomini e di donne che si ritrovavano e si accoppiavano in incontri notturni (Bossi). Diffusione ebbe la notizia della presenza a Milano di una donna identificata con lo Spirito Santo e di provenienza inglese (Annales Colmarienses); un'altra divaricazione identificativa prende corpo intrecciandosi nella vicenda della papessa Giovanna (Boureau). Accanto a queste elaborazioni si snoda una linea agiografica di cui troviamo espressione devozionale nella parrocchia di Brunate presso Como dove tuttora si venera una "santa Guglielma": si tratta di una santa che troverà spazio nelle forme teatrali della sacra rappresentazione.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Milano, Arch. diplomatico, Pergamene per fondi, Chiaravalle, cartt. 567, doc. 12 ag. 1307; 563, doc. 11 marzo 1292; 578, f. 24, cc. 19-20, 23; Milano, Biblioteca Ambrosiana, A.227 inf.; C.1 inf.: G.P. Puricelli, De G. Boema vulgo Guilelmina deque secta ipsius fidelis et verax dissertatio; A.256 sup.: I.B. Carisius, De Guillelma sive Guillelmina heretica; Padova, Biblioteca universitaria, Mss., 2011: Vita di s. G.; Annales Colmarienses maiores, a cura di Ph. Jaffé, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, XVII, Hannoverae 1861, p. 226; D. Bossi, Chronica…, Mediolani 1492, ad annum 1300; Sancta G. imperatrice di Roma, Roma [1500]; A. Ferrari, Breve relazione della vita di s. G., Como 1642; D. Bernini, Historia di tutte le eresie, III, Roma 1711, p. 412; L.A. Muratori, Antiquitates Italicae Medii Aevi, V, Mediolani 1741, coll. 13, 90-93; P. Bayle, Dictionnaire historique et critique, Paris 1759, pp. 1335 s.; G. Giulini, Memorie spettanti alla storia… di Milano nei secoli bassi, I, Mediolani 1760, pp. 349-353; G. Tiraboschi, Vetera humiliatorum monumenta, I, Milano 1766, pp. 353-363; P. Verri, Storia di Milano, I, Milano 1783, p. 282; C. Amoretti, Discorso storico sulle vicende di G. Boema, in Mem. dell'I. R. Ist. lombardo-veneto di scienze, lettere ed arti, s. 2, I (1812), p. 18; F. Palacký, Literarische Reise nach Italien im Jahre 1837, in Aufsuchung von Quellen der böhmischen und mährischen Geschichte, Prag 1838, pp. 72-75, 91-96; M. Caffi, Dell'abbazia di Chiaravalle in Lombardia. Aggiuntavi la storia dell'eretica Guglielmina Boema, Milano 1843; M. Fabi, Corografia d'Italia, I, Milano 1854, p. 65; F. Palacký, Dějiny národu českého v Čechách a na Moravě (Storia della nazione ceca in Boemia e in Moravia), Prag 1848-64, p. 580; [P. Tamburini], Storia generale dell'Inquisizione…, Milano 1862, I, pp. 587-592; II, pp. 1-72; C. Cantù, Gli eretici d'Italia, I, Torino 1866, p. 115; Id., Su la Guglielmina Boema e su Pietro Tamburini, in Rend. del R. Ist. lombardo di scienze e lettere, IV (1867), pp. 140-144; A. Ogniben, I guglielmiti del secolo XIII, Perugia 1867; Vite di s. G. e s. Eufrasia, a cura di A. Bonfadini, Bologna 1878, pp. 1-67; H.-Ch. Lea, A history of the Inquisition in the Middle Ages, New York 1887-88, ad ind.; C. Molinier, Rapport à m. le ministre de l'Instruction publique…, in Archives des missions scientifiques et littéraires, s. 12, XIV (1888), pp. 133-336; F. Tocco, Il processo dei guglielmiti, in Rend. della R. Acc. dei Lincei, Atti della classe di scienze morali, s. 5, VIII (1899), pp. 309-342, 351-384, 407-432, 437-469; Id., G. Boema e i guglielmiti, in Mem. della Acc. dei Lincei, s. 5, VIII (1900), pp. 1-32 (rec. di C. Molinier, in Revue historique, LXXXV [1904], pp. 388-397); G. Zamorei, Sermones super virtutibus, in M. Vattasso, Del Petrarca e di alcuni suoi amici, Roma 1904, pp. 52 s.; G. Biscaro, Il contratto di vitalizio nelle carte milanesi del secolo XIII, in Riv. italiana per le scienze giuridiche, XVI (1906), pp. 1-32; J. Mabillon, Museum Italicum, I, Paris 1924, pp. 19 s.; G. Biscaro, G.laBoemaeiguglielmiti, in Arch. stor. lombardo, s. 6, VII (1930), pp. 1-67; P. Mariani, G. lo Spirito Santo, Milano 1968; S. Rowbotham, Donne, resistenza, rivoluzione, Torino 1976, p. 15; S. Wessley, The thirteenth-century Guglielmites: salvation through women, in Medieval Women, a cura di D. Baker, Oxford 1978, pp. 289-303; M. Goodich, Vita perfecta. The ideal of sainthood in the thirteenth century, Stuttgart 1982, pp. 198-205; R. Manselli, L'Inquisizione e la mistica femminile trecentesca, in Temi e problemi nella mistica femminile trecentesca. Atti del Convegno del Centro di studi sulla spiritualità medievale, Todi… 1979, Todi 1983, pp. 208-226; S. Wessley, James of Milan and the Guglielmites…, in Collectanea Franciscana, LIV (1984), pp. 5-20; P.M. Costa, G. la Boema. L'"eretica" di Chiaravalle, Milano 1985; L. Muraro, G. e Maifreda. Storia di un'eresia femminista, Milano 1985, pp. 11 s., 194 s.; A. Molnár, Anežka Česká, Viléma Česká (Agnese di Boemia, G. di Boemia), in Kostniché jiskry (Le Scintille di Kostnice), LXXVII (1987), p. 25; L. Muraro, Vilemina und Mayfreda. Die Geschichte einer feministischen Häresie, Freiburg 1987 (rec. di P. Dinzelbacher in Mediaevistik, III [1990], pp. 394-396); G.G. Merlo, Eretici ed eresie medievali, Bologna 1989, pp. 113-118; D. Müller, Beginenmystik als ketzerische Frauentheologie?, in Auf der Suche nach der Frau im Mittelalter, a cura di B. Lundt, München 1989, pp. 213-232; B. Lundt, Wege der historischen Frauenforschung, in Historische Mitteilungen, VIII (1990), pp. 260-269; A. Valerio, Cristianesimo al femminile, Napoli 1990, pp. 113-125; A. Boureau, La papessa Giovanna, Torino 1991, pp. 263-273; A. Marini - P. Ungarelli, Agnese di Boemia, a cura di C. Cargnoni, Roma 1991, pp. 133-141; P. Dinzelbacher, Mittelalterliche Frauenmystik, Paderborn 1992, pp. 72-74; R. Orioli, I guglielmiti: un singolare processo di "normalizzazione" postcelestiniana in Lombardia, in Aspetti della spiritualità ai tempi di Celestino V. Atti dei Convegni, Ferentino… 1992, Casamari 1993, pp. 111-159; Mariano da Alatri, G. la Boema, non eretica ma santa, in Studi e materiali di storia delle religioni, VI (1995), pp. 203-207; B. Newman, From virile woman to woman Christ…, Philadelphia 1995, pp. 183-223; P. L'Hermite-Leclercq, Historiographie d'une hérésie: les guillelmites de Milan (1300), in Revue Mabillon, n.s., LXX (1998), pp. 73-96; M. Benedetti, Io non sono Dio. G. di M. e i figli dello Spirito Santo, Milano 1998, pp. 21-29, 141-145; Milano 1300. I processi inquisitoriali contro le devote e i devoti di s. G., a cura di M. Benedetti, con un saggio di G.G. Merlo, Milano 1999; M. Benedetti, Personaggi e luoghi di un'eresia milanese, ibid., pp. 31-48; D. Falvay, Santa G., regina d'Ungheria. Culto di una pseudo-santa d'Ungheria in Italia, in Nuova Corvina, IX (2001), pp. 116-122; L. Muraro, Le amiche di Dio, Napoli 2001, pp. 17-20, 43-57, 82-95; Dictionnaire de théologie catholique, VI, coll. 1982-1988.