SACRE, GUERRE
. Guerra sacra definivano i Greci, come apprendiamo da uno scoliasta delle Vespe aristofanee, che attinge all'attidografo Filocoro (fram. 88 Müller), ogni guerra la quale mirasse a garantire l'incolumità, o provvedesse a vendicare, se violato, il santuario di Apollo Delfico. La potestà di promulgare una guerra sacra spettava al concilio che due volte l'anno (a primavera e in autunno) riuniva i rappresentanti delegati delle città greche partecipi dell'anfizionia.
Per convenzione, possiamo ripartire le guerre sacre (o, almeno, le maggiori tra esse) in quattro guerre: prima guerra sacra, o guerra di Crisa, seconda guerra sacra, o guerra per l'autonomia di Delfi; terza guerra sacra, o guerra focese; quarta guerra sacra, o guerra di Anfissa.
Sulla prima guerra sacra manca ogni documentazione attendibile. La tradizione si formò assai più tardi, su materiale genealogico e ricalcando o anticipando eventi della guerra focese. Fu combattuta approssimativamente nel primo decennio del sec. VI a. C.; ne ignoriamo le cause e gli accadimenti, anche se non difettino di verisimiglianza le notizie date da Eschine. Il conflitto sarebbe nato per le velleità d'autonomia comunale dimostrate dagli abitanti di Delfi, che mal sopportavano di vedersi soggetti alla giurisdizione di Crisa, capoluogo della Focide. Crisa era l'approdo obbligato dei pellegrini che da ogni parte del mondo greco venivano a Delfi; e dunque ne traeva lucri copiosi, anche perché i Crisei pare non rifuggissero dal taglieggiare i forestieri o, almeno, dal sottopporli a gravi dazî di passaggio. Certo si è, che i Delfî riuscirono a procurarsi, contro i Crisei, l'appoggio delle popolazioni anfizioniche, capeggiate dagli Alevadi della Tessaglia, ben lieti di estendere il loro potere di qua dalle Termopile.
Alla guerra partecipò anche Clistene di Sicione; ma certo si esagerò il valore di questo intervento (fantasticando perfino di una risolutiva azione navale), a meglio celebrare i meriti verso Apollo Delfico degli Alcmeonidi ateniesi, che a mezzo il secolo VI riedificarono il tempio distrutto da un incendio e per via di donne discendevano dal tiranno sicionio. Alla medesima fonte risale l'altra notizia che il contingente ateniese fu capeggiato da Alcmeone, figlio di Megacle; mancano di ogni attendibilità gli aneddoti sulla partecipazione alla guerra del legislatore ateniese Solone. Resta che, al termine d'una lunga azione (Callistene, per imitazione omerica, o perché adattasse alla prima la durata della terza guerra sacra, la disse decennale e immaginò, anzi, a causa della guerra un ratto, che facesse il paio col ratto di Elena), Crisa fu espugnata e spianata: Dopo il massacro della popolazione tutta quanta, si decretò solennemente che la piana cirrea, su cui la città di Crisa era sorta, dovesse rimanere desolata e deserta in perpetuo. Se alcuno, violando il dogma, avesse osato coltivare quel suolo o costruire in quella terra, gli anfizioni avrebbero solidalmente proceduto contro di lui. A memoria e consacrazione si istituirono a Delfi (e, sembra, furono regolarmente celebrati a partirc dall'anno 582) i giuochi pitici.
La seconda guerra sacra non pare originata da motivo religioso; fu, semplicemente, la conseguenza di quello spostamento di alleanze e d'influenze, che nella Grecia centrale provocò la vittoria degli Ateniesi a Enofita (457). Ne seguì, difatti, il passaggio della Focide all'amicizia ateniese e gli Ateniesi concessero ai nuovi alleati autorità e giurisdizione sul tempio di Apollo, mentre (a quel che pare, in virtù di una delle clausole della pace che terminò la prima guerra sacra) i Delfî dovevano essere autonomi. Perciò, quando gli Ateniesi, gravemente indeboliti dalla disfatta in Egitto, segnarono con gli Spartani una tregua di cinque anni (451), era naturale che i loro nemici ne profittassero per restaurare nella Focide l'ordine antico (449). Invano Pericle intervenne a rivendicare i diritti dei Focesi, ché la sconfitta ateniese a Coronea (447) segnò il crollo delle democrazie nella Grecia centrale. Con la pace del 446 gli Ateniesi accettarono lo status quo e ne uscì riconfermata l'autonomia di Delfi, riconosciuta pure, nel 421, dalla pace di Nicia.
La terza guerra sacra (356-346) fu guerra sacra solo perché ebbe a promotori e a capi uomini della Focide e s'iniziò con l'occupazione del tempio da parte di Filomelo e di Onomarco; in realtà fu l'espressione del più compatto movimento che la Grecia tentò per abbattere l'egemonia tebana. Già prima di Mantinea (alla battaglia, del resto, i Focesi non avevano voluto partecipare) il partito filoateniese di Asticrate era stato vinto e bandito. Nel 356, quando il consiglio anfizionico, dove Tebe primeggiava, impose una multa gravissima ai Focesi, minacciandoli di trattarli da sacrileghi, Filomelo occupò il tempio, si alleò con Sparta e Atene, e assoldò schiere di mercenarî, tanto più numerosi, quanto meno si ebbe ritegno a impadronirsi (con atto che la coscienza etica del tempo ritenne sacrilego) dei tesori apollinei. L'occupazione e l'alleanza con Atene cadono indubbiamente nella buona stagione del 356, e ad Atene tanto più si fu inclini all'accordo con i Focesi (e un democratico intransigente, Egesippo, dettò il testo dell'alleanza), in quanto, impegnati nella guerra sociale e pronti a una campagna marittima che si poteva ragionevolmente supporre vittoriosa, gli Ateniesi dovettero salutar lietamente l'inizio d'una nuova guerra, che paralizzava le forze di Tebe nella Grecia centrale, e a un tempo la escludeva dalla Tessaglia (perché Filomelo occupava frattanto i passi montani) e dal Peloponneso, dove Sparta riprendeva la sua azione contro l'Arcadia. Sulla personalità e i meriti individuali dei tiranni focesi non siamo in grado di recare nessun giudizio, ma il favore che i re macedoni e Aristotele dimostrarono a Mnasone, figlio di Mnasea e congiunto dei capi focesi, spiega quanto sia nel torto la tradizione, e una parte della moderna storiografia, a condannare solidalmente i "sacrileghi".
Ai successi contro i Locresi nelle prime campagne tosto seguì l'invasione tebana della Focide; a Neon, Filomelo fu battuto e cadde nella fuga (355). Il comando passò ad Onomarco e a suo fratello Faillo. Onomarco vinse i Tebani e i loro alleati nella Beozia, occupando Orcomeno e Coronea; vinse Filippo in Tessaglia (354), ma ne fu disfatto ai campi di Croco e restò sul terreno con la maggior parte dei suoi (353). Faillo provvide a difendere la linea delle Termopile, vigorosamente coadiuvato da milizie ateniesi e spartane, e proseguì poi, fino al 352-1, la guerriglia in Beozia e nella Grecia centrale con alterna fortuna, mentre i Tebani potevano varcare l'Istmo e scendere nel Peloponneso a difesa di Megalopoli. Atene era stata sollecitata ad intervenire contro Sparta, e Demostene si adoperò in questo senso, recitando il discorso per i Megalopoliti, ma non riuscì a vincere le pregiudiziali filolaconiche e antitebane dei concittadini. Così nel Peloponneso fu sostanzialmente restaurato lo status quo favorevole a Tebe, a danno di Argo, che perse il possedimento di Ornea. A Faillo successe il figliuolo giovanetto Faleco, prima sotto la tutela del congiunto Mnasea, poi, quando costui cadde in un'imboscata, da solo. Faleco, mentre Atene era più e più impedita dagli avvenimenti dell'Eubea e della Calcidica, proseguì le ostilità antibeotiche e non rifuggì neanche dall'aiutare di mercenarî l'Eubea contro Atene. E del suo animo diede prova anche nel 347-6, quando riuscì a riguadagnare il potere, perduto a favore di un triumvirato filoateniese, e ad impedire che la difesa delle Termopile fosse affidata, come i triumviri desideravano, alle milizie ateniesi. Sostanzialmente abbandonato da Atene, che nella primavera del 346 concluse con Filippo (alleato di Tebe e capo della lega tessalica, e, perciò, nemico aperto dei Focesi) la pace di Filocrate, Faleco patteggiò la resa, facendosi garantire l'incolumità sua e dei suoi mercenarî, e nel luglio del 346 i passi delle Termopile furono occupati da Filippo. Convocato il consiglio anfizionico, e respinta la proposta dei Locresi Etei di passare per le armi tutti i Focesi, si convenne di cacciare i Focesi dall'anfizionia (e i due voti passarono così mediatamente a Filippo), di smantellarne le città, di trucidare o bandire i più compromessi e di obbligare la Focide a pagare sessanta talentí annui fino a sciogliere il debito sacrilegamente contratto col santuario.
La quarta guerra sacra (340-338). Alla seduta anfizionica dell'autunno 340, mentre il rappresentante locrese chiedeva sanzioni contro l'illegalità commessa da Atene alleandosi contro i Tebani con i Focesi, il rappresentante (πυλαγόρας) ateniese Eschine, indubbiamente d'accordo con Filippo, o, quanto meno, col netto proposito di favorirne la politica, ritorcendo l'accusa contro la capitale della Locride, Anfissa, ottenne che, avendo gli Anfissei contravvenuto all'obbligo di lasciare incolta la piana di Crisa si dichiarassero sacrileghi e si convocasse, prima dell'assemblea anfizionica della primavera 339, un'assemblea straordinaria, per fissare le modalità dell'ammenda da infliggere agli Anfissei. La macchinazione di Filippo era congegnata in modo che, se era accolta la proposta locrese, Tebe, notoriamente favorevole ad Anfissa, avrebbe combattuto Atene; e, se era accolta la proposta di Eschine, Tebe si sarebbe trovata parimenti contro Atene. A Demostene riuscì, tuttavia, d'impedire l'invio dei delegati ateniesi all'assemblea straordinaria, cui non comparvero neanche i delegati di Tebe, che nel frattempo occupava Nicea, cacciandone il presidio macedonico. L'azione contro Anfissa non portò quindi a nessun risultato, se non a quello che, non avendo gli Anfissei soddisfatto i loro obblighi verso il dio, gli anfizioni, tra cui adesso primeggiavano agenti e mercenarî di Filippo, nell'assemblea autunnale del 339 defferirono al re macedone il comando confederale contro Anfissa, che in effetti fu espugnata e distrutta nella successiva primavera. Frattanto, l'occupazione di Elatea nella Focide e il favore che Filippo mostrava ai Focesi (cui concesse la ricostituzione della lega e una forte riduzione della multa anfizionica) mutavano completamente il carattere della guerra sacra. E, come la terza guerra sacra finiva in una guerra tra Filippo e Atene e terminava con la pace di Filocrate, così la quarta guerra sacra diveniva la guerra dei Greci coalizzati per la difesa della loro libertà contro la pretesa egemonica del re di Macedonia e terminava con la vittoria di Cheronea (1° settembre 338), che garantiva a Filippo la signoria su tutta la Grecia.
Da allora, guerre sacre non furono, a quel che pare, combattute più. E invero non sapremmo dare tal nome, benché nelle aspirazioni e nel programma fosse in realtà una guerra sacra, alla guerra che il 291-290 Demetrio Poliorcete decise, e il 289 condusse, contro gli Etoli, che occupavano Delfi e minacciavano Atene e Tebe. E non era più, questa, una guerra sacra, non soltanto perché Demetrio combatteva unicamente nel proprio interesse, ma anche perché l'itifallo ateniese in onore del re, venerandolo come ultimo praesens deus, testimoniava l'estinguersi nella coscienza associata ellenica del simbolo religioso di Apollo Delfico: e, dunque, insieme testimoniava l'instaurarsi, e nella politica e nella religione, di una nuova realtà, che è l'Ellenismo.
E, invero, guerra tipicamente ellenistica e politica, se pur coonestata col pretesto di punire gli Etoli e di affrancare il santuario delfico dalla prostasia etolica, fu la guerra che, a capo di una coalizione di città greche, probabilmente d'accordo con Antioco di Siria e Tolomeo Cerauno, condusse, contro gli alleati di Antigono Gonata, Areo I di Sparta (280-279 a. C.). Il motivo religioso, dunque, giovava unicamente a un fine di propaganda antietolica e antimacedone. Gli Etoli, del resto, riuscirono a battere agevolmente gli Spartani ad Aracava presso la via sacra di Delfi, e la guerra medesima di Areo I si alterò nel giuoco oscuro e diverso delle guerre che in quel torno di tempo i sovrani ellenistici combattevano per meglio garantirsi la signoria sulla Grecia e la preponderanza egemonica su le poleis.
Fonti: Notizie ordinate e sistematiche si hanno solo per la terza (Diod., XVI, 23 segg.) e per la quarta guerra sacra (Aesch., III, 107 segg.; Dem., XVIII, 143 segg.). L'itifallo ateniese presso Duride, framm. 130 cit. da Athen., VI, 253. Per la guerra di Areo, cfr. Iust., XXIV, 1, 2 segg.
Bibl.: Oltre, naturalmente, le storie generali della Grecia e i manuali di antichità pubbliche, cfr. sulla prima guerra sacra: G. De Sanctis, 'Ατϑίς, 2ª ed., Torino 1912, p. 261 segg.; Pieske, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XI, coll. 1887-1892 (anche per la posizione geografica di Crisa). Per la seconda guerra: K. J. Beloch, Griech. Gesch., 2ª ed., II, i, pp. 178-179; H. Schäfer, Staatsform u. Politik, Lipsia 1932, pp. 260-261. Per la terza e la quarta, le storie dell'età demostenica, spec. A. Schäfer, Demosthenes u. seine Zeit, 2ª ed., I-II, Lipsia 1885; P. Cloché, La politique étrangère d'Athènes de 404 à 338 av. J. Chr., Parigi 1934, pp. 167 segg., 292 segg.; A. Momigliano, Filippo il Macedone, Firenze 1934, pp. 96 segg., 155 segg. - Per le origini della guerra, H. Pomtow, Eine delphische ατάσις im J. 363, in Klio, VI (1906), pp. 89 segg., 400 segg. Per le fonti e la cronologia, U. Kahrstedt, Forschungen z. Gesch. d. ausgehenden V. u. d. IV. Jahrh., Berlino 1910; P. Cloché, Étude chronologique sur la troisième guerre sacrée, Parigi 1915; K. J. Beloch, op. cit., III, ii, p. 262 segg.; A. Momigliano, in Rend. R. Ist. lomb., LXV (1932), p. 535 segg. Per le iscrizioni delfiche, É. Bourguet, L'administration financière du sanctuaire pythique, Parigi 1905; P. Cloché, Les naopes de Delphes et la politique hellénique, in Bull. corr. hell., 1916, p. 82 segg. - Sulla guerra d'Anfissa, H. Koechly, Philol. Schriften, II, Lipsia 1882, p. 258 segg.; G. De Sanctis, Eschine e la guerra contro Anfissa, in Riv. di filol., XXV (1897), p. 215 segg.; G. Glotz, Philippe et la surprise d'Élatée, in Bull. corr. hell., XXXIII (1909), pp. 526-546; K. I. Beloch, op. cit., III, ii, pp. 295-299. - Per la guerra sacra di Demetrio Poliorcete, R. Flacelière, in Bull. corr. hell., LIV (1930), p. 88 segg.; V. Ehrenberg, Athenischer Hymnus auf Demetrios Poliorketes, in Die Antike, VII, (1931), pp. 279-297. Per la guerra di Areo, cfr. H. Pomtow, in Gött. gel. Anz., 1913, p. 152; W. W. Tarn, in Cambridge anc. history, VII, pp. 99-100; K. J. Beloch, op. cit., IV, i, pp. 249-250.