guerra santa
Jihad: una parola con più significati
Tra la fine del 20° secolo e i primi anni del 21° l'espressione guerra santa ha conquistato spesso le prime pagine dei giornali: terroristi fanatici di matrice islamica, responsabili di terribili attentati, si presentano come i promotori di una guerra santa contro l'Occidente, una battaglia senza esclusione di colpi che colpisce indiscriminatamente i civili. Ma guerra santa è un'espressione con una storia molto antica, che affonda le sue radici nel messaggio originario dell'Islam, e che ha ben poco a che vedere con le tesi di queste organizzazioni terroristiche
In Occidente abbiamo a lungo tradotto la parola araba jihad con "guerra santa". Si tratta di una traduzione fuorviante, che ci ha spinto spesso a equivocare l'esatto significato del termine. Letteralmente jihad significa "sforzo", individua lo slancio per raggiungere un dato obiettivo e può fare riferimento allo sforzo spirituale del singolo individuo per migliorare sé stesso. Ma jihad è anche un'azione armata che ha come obbiettivo l'espansione dell'Islam o la sua difesa: è in questo caso che si parla di guerra santa. Molti interpreti dei testi sacri dell'Islam considerano questa come il "piccolo jihad", mentre giudicano lo sforzo spirituale di trasformazione di sé stessi il "grande jihad". Anche in questo caso, infatti, si tratta di una guerra, ma è una guerra che il musulmano combatte dentro di sé, contro i suoi istinti più materiali e le tentazioni di una vita pagana, senza fede. Prevalentemente, però, il termine jihad è stato interpretato come la guerra santa contro gli infedeli, lo strumento armato per la diffusione dell'Islam.
Il Corano e i trattati di diritto islamico prevedono che la guerra santa venga condotta solo contro gli infedeli (pagani e politeisti) e che l'azione armata debba essere preceduta da un esplicito invito a convertirsi all'Islam: solo di fronte a un rifiuto si deve procedere alla guerra. In caso di guerra santa ebrei e cristiani non sono obbligati alla conversione, ma devono sottostare al pagamento di un tributo e accettare la protezione dell'Islam. L'obbligo di partecipare al jihad non è esteso a ogni singolo musulmano: basta che ad assolvere questo compito sia un numero adeguato di membri della comunità. In guerra è vietato uccidere donne, bambini, vecchi e ammalati; è anche vietato impadronirsi personalmente di beni di un certo valore a meno che non sia cibo per il proprio sostentamento.
Il jihad non ha nulla a che vedere con le azioni violente di terroristi di matrice fondamentalista (fondamentalismo) che minacciano chiunque, in Europa, negli Stati Uniti e negli stessi paesi arabi, sostenendo di aver lanciato la guerra santa contro l'Occidente e i suoi alleati. Come è avvenuto in Algeria negli anni Novanta, quando vennero trucidati interi villaggi di civili innocenti, o nei terribili attentati suicidi in Israele, a New York (2001), Istanbul (2003), Madrid (2004), Londra (2005).
Il jihad non è un pilastro dell'Islam (come la professione di fede, la preghiera, l'elemosina, il pellegrinaggio e il digiuno durante il Ramadan), ma è un dovere, prescritto da Dio attraverso il suo profeta Maometto. Nel Corano e in altri testi il termine jihad è spesso seguito dall'espressione fi sabil Allah "nel sentiero di Dio". Un musulmano dedica tutto sé stesso al jihad, allo stesso modo di un monaco che dedica la sua esistenza al servizio di Dio. Per il Corano, inoltre, il jihad è uno dei cancelli del Paradiso: a chi combatte per l'Islam il Corano spalanca le porte della beatitudine celeste, e chi muore nel compimento della guerra santa è un martire della fede. Questo accostamento tra vita monastica e vita del mujiahid ("colui che compie il jihad") potrà sembrare un po' forzato, irriverente, ma serve a spiegare l'enfasi religiosa, la devozione assoluta, l'atto di sottomissione a Dio di un musulmano impegnato nel jihad.
Ai nostri giorni in molti paesi musulmani si è fatto sempre più forte il richiamo a un'interpretazione rigida delle scritture. In questo clima di diffusa ostilità verso il mondo occidentale i terroristi cercano di strumentalizzare il linguaggio religioso e politico dell'Islam, cavalcando tesi estremiste che stravolgono il significato del jihad così come enunciato dal Corano. Uno degli obbiettivi dei terroristi è accentuare le contrapposizioni tra Occidente e Islam, negando la possibilità di una pacifica convivenza che è quanto invece la nostra storia comune ci ha insegnato.