NUCLEARE, GUERRA
. I riflessi dell'esplosivo nucleare sulla prassi bellica. - La svolta più decisa imposta dall'esplosivo nucleare alla prassi bellica e attraverso questa alla concezione operativa contemporanea si deve attribuire alla riaffermazione del concetto e del fatto di distruzione totale, che le armi nucleari hanno resa attuale. L'affermazione delle armi da fuoco e l'azione distante e poi lontana che esse avevano gradualmente reso possibile avevano fatto passare in secondo piano il tema "annientamento dell'avversario" in campo, che era stato di consueta applicazione nelle lotte combattute coll'arma bianca sin dai tempi più remoti, terminate invariabilmente con la carneficina finale dei vinti. Nelle battaglie moderne l'entità delle masse in azione, l'estensione dei campi di battaglia, la durata delle operazioni, l'alto livello d'organizzazione raggiunto dai dispositivi operanti avevano portato a sostituire a grado a grado all'annientamento l'esigenza e la pratica della disorganizzazione profonda, attraverso processi di distruzione e di neutralizzazione rivolti a raggiungere l'inabilitazione (inefficienza operativa) dell'avversario. La parte soccombente, resa incapace di continuare a combattere, era costretta ad abbassare le armi. Tale concezione di guerra, in specie dal 1917, si era ulteriormente tradotta in azioni massicce contro le popolazioni civili, con l'obiettivo di incidere drasticamente sui flussi materiali e spirituali, che sono alimento essenziale per le forze in campo. E questa conclusione resta valida anche se nelle due guerre mondiali, attraverso azioni di fuoco potenti e complesse, sono stati conseguiti su vasta scala effetti di distruzione e sono state inferte perdite estremamente cruente.
L'esplosivo nucleare e l'arsenale in formazione delle armi atomiche hanno imposto la revisione dello stato di fatto accennato. L'annientamento, mediante la distruzione totale, estesa all'occorrenza ad aree di grandi dimensioni sino a coinvolgere le parti vitali d'interi Stati, è non solo una possibilità, ma una realtà operante, ancor prima di essere tentata. Per di più, concorrendo altri fattori, essenzialmente l'accesso allo spazio aereo ed i progressi straordinarî realizzati nel campo míssilistico, l'azione di distruzione totale può essere esercitata in modo così immediato, una volta organizzata, da autorizzare a considerarla in facoltà di entrambe le parti in procinto di scendere in campo.
In questi stessi termini, una guerra atomica non ammette né vincitori né vinti, ma soltanto sopravvissuti in un mondo in rovina. Le alee, sempre state inerenti ad iniziative belliche, sono divenute estremamente pesanti, con riflessi di ordine psicologico e materiale, di reciproca influenza, d'innegabile rilievo.
Il periodo attuale come periodo di transizione. - Si deve riconoscere che le circostanze citate, per quanto fondate e inoppugnabili, non hanno ancora dimostrata tutta l'operatività che è necessario attribuire loro. Il fatto deve ascriversi all'effetto sconvolgente anche nel campo delle idee determinato dal nuovo processo, oltre che in quello delle attività pratiche. Si è quindi in presenza di un periodo di transizione, nel quale idee e fatti sono portati a sedimentarsi: si assiste ad un graduale adattamento alle idee nuove e ad una graduale trasformazione di organismi esistenti, in conformità dei dettami di una nuova realtà bellica.
L'armamento atomico è stato considerato all'inizio, con riguardo alla sua qualità, come un nuovo tipo di armi, del quale si è riconosciuta senza contrasto una potenza straordinariamente superiore a quella esplicata dalle armi preesistenti. Il risultato di questa impostazione è stato che si sono indagate le ripercussioni dell'armamento atomico sulla tattica e sulla strategia militare prima di valutarne le ripercussioni nel campo della strategia politica e delle relazioni internazionali. Inoltre si è cercato di stabilire in qual modo ed in qual misura l'arma atomica incidesse negli ordinamenti militari esistenti e negli ordini d'idee che si erano formati intorno ad essi, con una naturale predisposizione a riconoscere che le modificazioni corrispondenti erano più di modo che di merito, in altre parole che i criterî e gli ordinamenti in vigore continuavano a restare validi, sotto condizione di adottare convenienti modalità d'azione. A queste si doveva richiedere di ridurre al minimo i danni che era di stretto dovere attribuire agli effetti di ordigni nucleari; in pari tempo si doveva prendere atto dei vantaggi operativi derivanti dalla disponibilità di un mezzo di distruzione totale, che poneva in condizione di superare le più tenaci resistenze, opposte da un avversario deciso e combattivo, d'altronde insuperabili o comunque superabili con eccessivo dispendio.
In verità le deduzioni da fare sono ben difformi, poiché esse convergono alla conclusione che l'arma nucleare, con la sua sola presenza, ha sgomberato il campo di gran parte della Prassi operativa tradizionale, ed ha imposto di conseguenza una revisione dalle fondamenta di fatti essenziali, facendo tabula rasa di un passato pur dotato di prestigio. In questa necessaria revisione non si deve perdere di vista un'eventualità concreta, che cioè le armi atomiche non vengano impiegate, o per accordi internazionali o per evitarne le ingiurie a proprio danno. In entrambi i casi, e sempre che non si possa escludere il ricorso alla guerra, le operazioni belliche resterebbero limitate in quadri di tipo convenzionale.
S'impone quindi la necessità di unire alla prospettiva di una guerra atomica quella di una guerra convenzionale in era atomica, quindi sotto la minaccia immanente e permanente di trasformazione della guerra convenzionale in guerra atomica: naturalmente occorrerà non perdere di vista la funzione inibitrice indotta dalla consapevolezza dei rischi insiti nella guerra nucleare, per effetto della quale i conflitti armati sono da presumere improbabili tra potenze dotate di armi nucleari e da ritenere limitati a potenze di secondaria importanza, le potenze atomiche restando spettatrici distanti più o meno interessate. Le crisi internazionali dovrebbero quindi essere affrontate e risolte seguendo procedimenti diversi da quelli d'esperienza corrente, procedimenti dei quali la guerra fredda, la guerra economica, la guerra delle opposte propagande, le aggressioni indirette e le sovversioni interne costituiscono una tipologia estesa, che le circostanze contingenti non mancheranno di moltiplicare, variando caso per caso modi, mezzi ed obiettivi immediati. Inoltre, si può prevedere la generalizzazione di forme spurie, non convenzionali, di conflitti internazionali. Quest'ultime, come riflesso indiretto delle armi atomiche, oltre che per una loro intrinseca efficacia risolutiva, verrebbero a costituire gli agenti predominanti nella dinamica delle relazioni internazionali del prossimo futuro.
La nuova congiuntura, già apparsa col progresso degli armamenti convenzionali, si è accentuata in modo singolare dopo l'inizio dell'era atomica. Al giorno d'oggi la guerra vuole portati all'acme estrema tutti i fattori di potenza dei popoli, compito che diviene sempre più opera di uomini di governo piuttosto che incombenza di capi militari, poiché implica uno sforzo globale e totale. Inoltre oggi, più che in ogni altro momento della storia, la guerra è vinta dalla preparazione adeguata, opera lunga e impegnativa dei periodi di pace. Si avverta che il fenomeno bellico presenterà una complicazione assai più considerevole di quella già sperimentata nel recente passato, soprattutto in termini d'organizzazione generale in vista dell'emergenza, alla quale è da contrapporre la sconcertante linearità delle operazioni propriamente dette, se queste si sintetizzano nel colpire un certo numero di obiettivi con proiettili a testata nucleare: un attacco atomico e non una guerra atomica (Einstein).
Sotto molti aspetti, concreti anche se da valutare con grande prudenza, nei termini precedenti si delinea la visione della guerra che uccide la guerra, una visione alla quale l'esplosivo nucleare sembrerebbe destinato a portare un suo valido contributo. È una circostanza che se non è promessa certa di pace, è peraltro pegno che le peggiori emergenze saranno procrastinate a lungo e che senza dubbio sarà compiuto ogni sforzo per evitare decisioni gravi, promessa di sciagure per tutti.
Tattica e strategia dell'era atomica. - In prima ed affrettata approssimazione, una deduzione è stata ritenuta emergesse dalle nuove situazioni operative, in dipendenza delle armi atomiche, quella che la straordinaria potenza di distruzione che ne è attributo specifico importasse in definitiva soltanto il perfezionamento, magari spinto al massimo, delle provvidenze già di prescrizione in presenza di concentramenti di fuoco convenzionali. Queste consistono nel diradamento degli schieramenti e nella dispersione delle unità, rivolti ad evitare la presentazione di obiettivi costituiti da complessi importanti di forze, che sarebbero messi in breve tempo fuori combattimento dalla convergenza improvvisa d'ingenti fuochi terrestri ed aerei.
Se è vero che il diradamento e la dispersione sono facilitati dalla motorizzazione e meccanizzazione delle unità operanti (guerra terrestre), non è men certo che esistono limiti ben definiti per la loro applicazione, di carattere tattico e di carattere organico, e che d'altra parte diradamento e dispersione, mentre dànno luogo a risposte sempre meno effìcaci in presenza di aree di distruzione totale sempre più vaste, introducono a loro volta nuovi problemi di soluzione indispensabile, non risolubili se non mediante nuove disposizioni di carattere organico e tattico. In altre parole si è venuta ad accentuare in modo cospicuo l'esigenza d'indirizzare le unità operanti e, in un quadro più esteso, tutta l'organizzazione delle forze armate, verso concezioni organiche e d'impiego aggiornate, che preludono evidentemente a nuove norme d'impiego delle forze atomiche.
Le nuove norme si presentano con un contenuto positivo, costituito da una precettistica d'osservanza obbligatoria, e con un contenuto negativo, rivolto a proscrivere precetti seguiti sino al recente passato, ma divenuti nettamente controproducenti. Tra i precetti positivi emerge la facoltà di avere ragione di qualsiasi resistenza avversaria, per quanto strenua; tra i negativi, l'inconsistenza correlativa di qualsiasi difesa ad oltranza, per quanto questa sia il tema di fondo di molte dottrine tattiche ufficiali.
In realtà la discussione dei lineamenti di una tattica specifica appropriata alla guerra atomica è un nonsenso: per quanto si sia infatti provveduto, e con buon esito, a creare armi atomiche tattiche, gli effetti straordinarî della nuova arma si rivelano tali, in campo strategico, da infirmare qualsiasi sviluppo tattico quand'anche non giungano ad interdirlo del tutto. È da riconoscere che le armi a testata nucleare esercitano la loro azione più efficace in termini d'interdizione di linee e di assi d'operazione, cioè al di fuori di quadri tattici, col risultato di rendere problematici i corrispondenti sviluppi e del tutto aleatorie fasi tattiche successive.
Valutazioni analoghe si possono fare quando si Passi a considerare una strategia "politica" fondata sul possesso d'armi nucleari, col risultato, in questo caso, di vedere assolutamente negata la possibilità di qualsiasi strategia militare su basi atomiche. È quindi da ritenere fondata la conclusione che l'arma atomica è strumento di strategia politica.
In conclusione, l'esplosivo nucleare segna una netta impronta nella preparazione e nella condotta della guerra, sia che esso venga effettivamente usato o che il suo uso resti solo una concreta eventualità; esso influisce egualmente, ove si prescinda da una guerra guerreggiata, sul decorso più verosimile di crisi internazionali gravi, suscettibili di degenerare in conflitti armati. In ogni circostanza emergono la sua azione preventiva e quella di coercizione di effetti nei riguardi dell'armamento convenzionale.
La funzione preventiva delle armi atomiche. - La precisazione di alcune idee fondamentali sull'uso delle armi atomiche e delle armi convenzionali porta a concludere sulla funzione essenzialmente preventiva delle prime e di sicurezza interna ed esterna delle seconde, in connessione con guerre limitate tra potenze in sottordine, che siano cioè sprovviste di armi atomiche, o con aggressioni indirette, promosse da interessi esterni in collusione con situazioni locali. La conclusione circa una funzione essenzialmente preventiva delle armi atomiche riposa, fondamentalmente, sul costituirsi, per virtù loro, di un'elevata capacità di ritorsione contro un atto di aggressione grave, con qualsiasi mezzo tentato, tale da sconsigliare l'aggressione.
In base a tale concezione, la funzione delle armi atomiche può identificarsi con una funzione potenziale, suscettibile di essere operante prima ancora di essere effettivamente esercitata: funzione indicata con l'espressione deterrente atomico o, più in breve, deterrente.
Il deterrente si basa su ordigni atomici e sui loro vettori a grande distanza, missili ed aerei supersonici, cioè su dispositivi dotati di straordinaria efficacia d'azione per ogni singolo colpo e di ridottissimi tempi d'intervento. Nel campo operativo essi lasciano prevedere azioni perentorie ed immediate, sinora praticamente non intercettabili, sotto condizione di un lavoro d'organizzazione di considerevole impegno. Le operazioni da prevedere sono di tipo del tutto nuovo: atti d'estrema violenza, realizzati con un numero molto limitato di colpi, eventualmente anche con uno solo. In tali circostanze non ha importanza la disponibilità di dieci o di mille proiettili a testata nucleare, ciascuno dell'ordine di più megaton, perché enorme sarebbe la rovina provocata da uno solo di essi.
Si svuota anche di senso ogni nuova corsa d'armamenti atomici (ma non una corsa al maggiore progresso scientifico e tecnologico). Un deterrente contro il quale non esiste difesa passiva diretta diviene, per la parte soggetta al pericolo di aggressione, lo strumento d'elezione di un'efficace difesa attiva indiretta. In apparente contrasto colla violenza ineguagliata dell'esplosione nucleare, ma in logico nesso di premesse e di conseguenze, il deterrente atomico segna l'inizio di una fase di difesa prevalente, perché elimina gli incentivi a vincere e quindi a promuovere una guerra che si concluderebbe con la cancellazione di un divario sostanziale tra vincitori e vinti, in un mondo in rovina.
La funzione delle forze armate convenzionali. - Occorre fare riferimento all'entità piuttosto che al genere degli armamenti; si vedrà allora che mentre non ha costrutto una valutazione quantitativa di armamenti atomici, dati gli effetti anche di un solo colpo, il volume degli armamenti convenzionali è determinante per un giudizio centrato circa gli scopi perseguiti da chi li ammassa. I disegni di egemonia mondiale sono rivelati ancor oggi dalla messa in cantiere di armamenti convenzionali massicci, atti ad assicurare alle corrispondenti macchine belliche facoltà operative di portata intercontinentale: motorizzazione e meccanizzazione di armi terrestri, congrui mezzi di trasporto aerei e marittimi, forze aeree e navali per la protezione dei trasporti. Sta il fatto che le guerre d'aggressione si concludono con l'invasione e con la conquista dei centri nei quali pulsa più viva la vita dell'aggredito. Invasione e conquista sono compito prevalente e forse esclusivo di massicci armamenti convenzionali, nei quali s'inseriscono a questo fine, oltre che gli strumenti del potere aereo e marittimo, i più solidi strumenti del potere terrestre, l'unico in possesso delle prerogative di conquista e di conservazione degli obiettivi prefissi.
D'altra parte il più forte armamento convenzionale è tenuto in scacco e relegato su piani subordinati dalla potenza e dal deterrente atomici. Perciò è pacifico che, se le armi atomiche dànno sostanza al pericolo di una guerra nucleare, di conseguenze catastrofiche, che sarà interesse di tutti evitare, esse offrono anche uno scudo efficace contro le mire di prepotere, sostenute dai grandi armamenti convenzionali. Esiste tuttavia una condizione "sine qua non" perché la previsione risulti valida: che resti esclusa l'eventualità di un attacco atomico improvviso e tale da superare le facoltà d'incasso e di reazione dell'aggredito. È da ritenere che l'eliminazione di un evento del genere costituisca il problema centrale, seppure assai complesso, di qualsiasi preparazione difensiva aggiornata dell'epoca atomica.
La guerra radiologica. - Realizzata mediante la disseminazione di materiali radioattivi, agenti attraverso un'intensa irradiazione di radiazioni ionizzanti, la guerra radiologica (ingl. radiological warfare) si deve considerare come alternativa o come azione parallela della guerra atomica propriamente detta. Provvista di particolare efficacia, se debitamente posta in essere, essa manca degli aspetti spettacolari proprî della guerra atomica propriamente detta. Inoltre, per quanto capace di esplicarsi con azioni aggressive particolarmente insidiose e spietate (avvelenamento radioattivo di territorî avversarî), rivela possibilità importanti di carattere difensivo (zone rese inaccessibili per contaminazione radioattiva). La concezione dell'impiego aggressivo di veleni radioattivi risale al primo rapporto pubblico sull'energia atomica, redatto nel 1945 (H. De Wolf Smyth), che li qualifica "una forma particolarmente perversa di aggressivi chimici", escludendone in pari tempo l'utilizzazione bellica.
In linea concettuale esso si concreterebbe colla disseminazione programmata di sostanze attive sino a raggiungere su aree prestabilite livelli d'irradiazione intollerabili per esseri viventi. È da tener presente che in pratica non esiste facoltà di decontaminazione, quando la contaminazione abbia luogo su superfici estese, di materiali incoerenti o scarsamente coerenti (terreni naturali). L'unico processo di bonifica consiste nel decadimento radioattivo delle materie attive impiegate, cioè nella trasformazione spontanea e non modificabile di elementi instabili in elementi stabili, inattivi.
Bibl.: H. De Wolf Smyth, Atomic energy for military purposes, Princeton 1945; Norris E. Branbury, The effects of the atomic weapons, Washington 1950; P. Supino, Esplosivo nucleare e impiego di forze armate terrestri, in Rivista Militare, 155, n. 6, 7, 8; S. Glasstone, Sourcebook of nuclear energy, Londra 1956; P. Supino, La guerra radiologica, in Rivista Militare, 1958, n. 4.