CORINZIA, GUERRA
. La guerra corinzia (così chiamata forse perché a Corinto sedette il consiglio supremo degli alleati) provoca la fine dell'autonomia della vita greca di fronte all'Oriente e sottopone i Greci a quel predominio persiano da cui la spedizione di Alessandro Magno in Persia fu il tentativo riuscito di liberazione. Essa fu l'opera d'una coalizione di stati malcontenti contro Sparta che, distrutta la potenza marittima ateniese, aveva affermato la sua egemonia in Grecia; e l'irritazione sfruttata dall'oro persiano poté esplodere quando Agesilao si era portato in Asia per colpire il nemico nel suo stesso territorio. Corinto, che era stata sempre l'alleata di Sparta per oltre un secolo, rimasta insoddisfatta dell'esito finale della grande guerra, non nascose la sua avversione a Sparta negandole il concorso del suo esercito per una spedizione contro l'Elide. Ma quando Conone, nel 397, a capo d'una flotta cipria incrociò nelle acque della Doride Asiatica (Cauno), in Atene la parte democratica cominciò ad agitarsi per un'alleanza con la Persia; ma la parte che stava al governo indietreggiò davanti all'idea d'una guerra, essendo Atene senza flotta e sprovvista di mezzi. Quando poi nel 396 Rodi passò dalla parte di Conone, il partito della guerra rialzò la testa, e da parte della Persia vennero i due cittadini rodî, Dorieo della stirpe dei Diagoridi e Timocrate. Dorieo venne arrestato dagli Spartani e condannato a morte, Timocrate scampò e profuse l'oro persiano, specialmente a Tebe, dove il persianeggiante Ismenia era insieme con i suoi partigiani al potere. Una questione di confine tra Focesi e Locresi orientali determinò lo scoppio della guerra; gli ottimati tebani corrotti dall'oro persiano spinsero i Focesi a fare una scorreria nella Locride, e Tebe dovette intervenire in questo conflitto in favore dei Locresi; Sparta avrebbe voluto un arbitrato, ma la guerra fu inevitabile, e Lisandro, che si era recato in Asia con la spedizione di Agesilao, fu richiamato, ed invase la Beozia. Lisandro doveva agire di concerto col re Pausania, col quale si doveva congiungere ad Aliarto (395), dove si sperava di sollevare le città beotiche. Ma Pausania non giunse in tempo, e Lisandro cadde combattendo. Allora in Atene il partito della guerra trionfò, e si concluse una lega offensiva e difensiva con la Beozia. L'esempio di Atene fu seguito da Corinto, dove s'instaurò un sinedrio di delegati, dalle sue colonie Leucade e Ambracia, e da Argo. I Focesi rimasero fedeli a Sparta.
Pausania fu accusato di tradimento, e si sottrasse al giudizio andando in volontario esilio. Aristodamo, tutore del minorenne Agesipolide, figlio di Pausania, affrontò gli alleati presso il torrente Nemea ed ebbe, in seguito ad una sanguinosa battaglia, piena vittoria. L'esercito alleato però non fu distrutto e si fortificò a Corinto (394). Intanto Agesilao, richiamato dall'Asia, conseguì la splendida quanto infeconda vittoria di Coronea. Quasi contemporaneamente, forse qualche giorno prima della battaglia di Coronea, Farnabazo e Conone a capo d'una flotta fenicia avevano distrutto la flotta spartana sotto il comando di Pisandro, cognato di Agesilao, presso Cnido. A tutte le città greche fu promessa la libertà, e a Sparta rimasero fedeli fra le città marittime solo Abido e Sesto; Dercilida aveva posto dei presidî a Bisanzio. Conone nel 393 giunto ad Atene, ricostruì, valendosi del personale della flotta e dell'oro persiano, le lunghe mura, abbattute dopo il disastro di Egospotami: le cleruchie di Lemno, d'Imbro e Sciro furono ricongiunte ad Atene, la quale concluse trattati d'alleanza con Chio, Mitilene e Cnido. Intanto nel Peloponneso la situazione degli Spartani era stazionaria. In Corinto, in cui tenevano il governo sempre gli ottimati, avvenne una rivoluzione democratica, certamente perché negli ottimati si era rinnovato il filolaconismo, e Corinto si annullò come potenza autonoma, unendosi ad Argo (392). I fuorusciti di Corinto, essendo stati amnistiati e riammessi in città, se ne approfittarono, facendo entrare gli Spartani che si affrettarono a distruggere le lunghe mura di Corinto fino al mare. Le sorti degli alleati furono alquanto rialzate per l'intervento del giovane stratega ateniese Ificrate; gli Ateniesi riguadagnarono il Lecheo e ricostruirono le lunghe mura di Corinto.
Gli Spartani mandarono Antalcida a Sardi presso il satrapo Tiribazo per trattare la pace, offrendogli l'abbandono di tutti i Greci di terraferma nell'Asia, e si tenne un congresso a Sparta (392). Ma le trattative fallirono e la guerra continuò. Sparta (391) riprese l'offensiva nella Grecia centrale, ma non tardò a essere paralizzata, grazie soprattutto a un successo di Ificrate. Più fortunata fu l'azione militare spartana nell'Asia Minore. Tibrone riuscì a trarre dalla parte spartana Efeso, Priene, Magnesia al Sipilo, e faceva scorrerie, ma in una di queste fu preso e sconfitto da Struta, lasciandovi la vita. Le città però rimasero alleate di Sparta alla quale accedette anche Cnido. Una controrivoluzione a Rodi non ebbe altro effetto che di dare al partito aristocratico solo una parte dell'isola. Si ebbero successi militari contro Struta, per opera di Difrida con i resti dell'esercito di Tibrone, mentre il navarca spartano Ecdico riusciva a facilitare il passaggio di Samo dalla parte spartana.
Intanto l'alleanza fra Atene e la Persia si andava allentando; in Atene le classi possidenti erano stanche della guerra. Trasibulo, deposto per una deliberazione popolare, periva poco dopo ucciso ad Aspendo. Quando le relazioni fra Atene e la Persia furono giunte allo stato acuto, parve giunto il momento propizio per ritentare da parte di Sparta l'inizio di trattative di pace, e fu di nuovo mandato Antalcida nel 387-86. Con la pace di Antalcida, Tebe veniva a perder l'egemonia sulla Beozia, Atene si vedeva distrutto il sogno di restaurare l'impero marittimo, Argo perdeva nell'Argolide la posizione di stato sovrano. Date tali condizioni, pareva che la guerra dovesse continuare. Ma Tiribazo e Ariobarzane, succeduti a Farnabazo nella Frigia, rinforzarono la flotta spartana e Dionisio di Siracusa mandò il suo cognato Polisseno con una flotta in soccorso di Sparta: il re Agesipolide invase l'Argolide. Così l'adattamento alla pace fu inevitabile (inverno 387-86).
La più avvantaggiata tra le potenze alleate fu Atene; in condizioni molto peggiori ebbero a trovarsi Argo e Tebe. Ma la pace segnava l'asservimento della Grecia al regno di Persia, e lo sconfitto di Salamina, di Platea e di Micale era diventato arbitro delle sorti del vincitore. La responsabilità immediata l'ebbero i Greci che si valsero dell'oro persiano per fiaccare Sparta; la responsabilità remota era del particolarismo greco.
Bibl.: E. Meyer, Geschichte des Altertums, V, pp. 180, 273; J. Beloch, Griech. Geschichte, 2ª ed., III, i, Berlino e Lipsia 1922, pp. 61-94.