guerra civile
L'esperienza più terribile nella vita di uno Stato
Si ha una condizione di guerra civile quando, all'interno di uno Stato in crisi, forze interne si scontrano con le armi in nome di interessi contrapposti, in molti casi per conquistare il potere politico. La storia dell'umanità è costellata da guerre civili: nell'antichità, nel Medioevo e nell'età contemporanea. Quando scoppia una guerra civile la società piomba in una condizione di disordine dalla quale uscirà soltanto al termine di uno scontro violento e sanguinoso "intestino", come diceva lo scrittore latino Cicerone per segnalare la drammaticità e il senso della profonda ferita interna inferta al corpo sociale
La guerra civile rappresenta la più terribile sciagura che a uno Stato possa capitare, perché significa che esso è in via di dissolvimento o si è dissolto a causa dell'incapacità di svolgere la sua funzione di mediatore al di sopra delle parti (delle fazioni, come si diceva un tempo, o dei partiti politici e delle parti sociali, come diciamo oggi) tra i rappresentanti di interessi inconciliabili e contrapposti.
Molte sono state le guerre civili della storia. Una delle più devastanti è stata la guerra di Secessione americana, combattuta negli Stati Uniti tra il 1861 e il 1865 tra nordisti (appartenenti all'Unione) e sudisti (i confederati): la vittoria andò ai primi dopo violenti scontri. Questa guerra fu combattuta tra concittadini divisi nel giudizio sulle modalità migliori per guidare lo sviluppo economico e sociale del paese, con particolare riferimento all'abolizione o meno della schiavitù.
Dopo circa mezzo secolo un'altra grande guerra civile (1917-20) ebbe invece alla sua origine la rivoluzione dei bolscevichi (rivoluzioni russe) capeggiati da Vladimir I. Lenin, che, guidati da ideali socialisti e aventi lo scopo di dare vita a una società di tipo comunista, conquistarono e consolidarono il loro potere in Russia schiacciando le forze avverse.
Nel 1936 in Spagna un'altra violentissima guerra civile vide lo scontro tra i rappresentanti della repubblica parlamentare regolarmente eletti e i ribelli guidati dal generale Francisco Franco che, nel 1939, sarebbe riuscito a imporre alla Spagna un regime di tipo fascista, durato fino al 1975.
Un'altra guerra civile iniziò nell'Italia del 1943, dopo la caduta di Mussolini e la spaccatura del paese tra il Nord ancora nelle mani dei fascisti sorretti dai Tedeschi e il Sud occupato dagli Angloamericani. I partiti raccolti nel Comitato di liberazione nazionale coordinarono le attività militari dei partigiani che combatterono, con modalità analoghe a quelle della guerra di guerriglia, per liberare l'Italia dal nazifascismo (Resistenza), nel corso di scontri armati tra Italiani, talvolta divisi dalle opposte passioni politiche all'interno delle stesse famiglie.
Nel corso del Novecento la guerra civile è ricomparsa nell'Europa balcanica con la disgregazione della Iugoslavia dopo la fine del bipolarismo (con la caduta simbolica del Muro di Berlino, 9 novembre 1989) e il crollo dei regimi comunisti diffusi nell'Europa centro-orientale. L'esito fu la formazione di diverse nuove entità statali (Serbia e Montenegro, Slovenia, Croazia, Bosnia ed Erzegovina) al termine di un conflitto conclusosi soltanto nel 1995 dopo che, a seguito della trasformazione della guerra civile in un conflitto internazionale, la NATO, su mandato dell'ONU, intervenne per bloccare gli scontri.
Le guerre civili possono dunque essere esclusivamente interne, cioè combattute dentro il territorio di un solo Stato e tra concittadini (guerra di Spagna), oppure svilupparsi da un contesto di guerra internazionale (e così una stessa popolazione potrà trovarsi a combattere sia contro uno Stato nemico sia contro dei concittadini che considera nemici, come nella guerra di liberazione in Italia), oppure ancora, al contrario, derivare da una crisi interna a uno Stato e trasformarsi in una guerra internazionale (è il caso iugoslavo). La mescolanza tra dimensioni interne e internazionali le rende particolarmente temibili: nel Vietnam degli anni Sessanta e Settanta Vietnamiti del Nord e Vietnamiti del Sud si combatterono aspramente, anche grazie agli aiuti militari e al sostegno diplomatico che ai primi venivano dalla Cina e ai secondi dagli Stati Uniti, che dei territori del Sud avevano preso il controllo.
In tutti questi casi si verifica il cedimento di un potere politico centrale sottoposto a contestazioni e forme di disobbedienza violenta che gli fanno mancare la prerogativa fondamentale: il monopolio della violenza nelle mani dello Stato. Il potere legale si degrada e diventa così oggetto della competizione violenta tra due o più parti in lotta in cui, come in ogni conflitto fratricida, gli eccessi finiscono per apparire giustificati proprio dall'estrema eccezionalità della situazione.
Ma il vero grande problema della guerra civile riguarda la difficoltà di comprenderne le motivazioni, e rende necessario esaminarla in sede storica con serenità analitica, perché altrimenti si rischia di venire coinvolti nelle stesse passioni di quanti ne sono stati tragicamente implicati. Si tratta in effetti di un momento nel quale nessuna regola riesce più a frenare le parti. Lo testimoniano mirabilmente anche molte opere letterarie, tra le quali si ricorderanno per la letteratura italiana i romanzi Uomini e no (1945) di Elio Vittorini, Il sentiero dei nidi di ragno (1947) di Italo Calvino, Il partigiano Johnny (1959) di Beppe Fenoglio. Nulla può più del diritto, neppure quello cosiddetto dei conflitti armati, che dopo la Seconda guerra mondiale ha fatto importanti e significativi progressi, ma che in queste situazioni trova estremamente complesso stabilire chi sia effettivamente legittimato a combattere. Fino a ora l'unica soluzione trovata è stata la costituzione di appositi tribunali ad hoc, come quello per i crimini nella ex Iugoslavia o in Ruanda, che tuttavia sono stati insediati soltanto al termine delle ostilità.
Un'altra manifestazione particolarmente significativa e grave delle guerre civili è quella dello sterminio di popoli o di genocidio in nome della preservazione dell'integrità dello Stato dalle minacce di disgregazione. Così fu all'inizio del 20° secolo nel caso della popolazione armena, massacrata dai Turchi, o quella curda, alla quale lungo tutto il Novecento (quando ormai molte parti del dissolto Impero ottomano avevano raggiunto la sovranità) è stata negata violentemente l'indipendenza. Così anche è stato nel caso del Kosovo ‒ una regione della Serbia a maggioranza etnica albanese ‒, alla fine dello stesso secolo: gli Stati occidentali, intenzionati a strappare la regione al capo serbo S. Milošević ‒ che considerava le violenze contro i Kosovari una questione di politica interna ‒, hanno intrapreso una guerra definita umanitaria, divenuta oggetto di molte polemiche.
Come abbiamo visto, la guerra civile è stata molto sovente la conseguenza non voluta di una crisi del potere politico. Si può quindi ritenere che, quando compare, essa metta in luce uno stato di eccezione nel quale lo scontro è estremo, come in effetti apparve nel periodo del Terrore instaurato nella Francia rivoluzionaria dai giacobini, i quali si giustificavano proprio con il riferimento all'eccezionalità della condizione di guerra civile nella quale il paese, una volta caduta la monarchia, si era venuto a trovare.
D'altra parte è sempre molto difficile stabilire esattamente il contesto di un conflitto. Sotto un certo profilo si potrebbe considerare anche il Risorgimento italiano come un momento della storia delle guerre civili, dal momento che i diversi Stati che componevano l'Italia alla metà del 19° secolo combatterono tra loro prima di essere unificati dallo Stato dei Savoia, che da molti erano considerati conquistatori più che compatrioti.
Nella scienza politica contemporanea, la guerra civile è stata considerata da alcuni studiosi addirittura come la matrice della crisi della centralità dell'Europa, che è passata dall'età del dominio mondiale a quella del suo assoggettamento alle due superpotenze sorte dopo la Seconda guerra mondiale (Stati Uniti e Unione Sovietica), passando, nel periodo tra le due guerre mondiali, attraverso una sorta di autodistruttiva guerra civile europea, determinata dallo scontro tra comunismo, fascismo, democrazia.