CINO-GIAPPONESE, GUERRA (App. I, p. 433)
Al principio del 1938 operavano in Cina due armate giapponesi: nel nord, quella al comando del generale H. Terauchi, poi sostituito dal generale G. Sugiyama; nella valle dello Yang-tze kiang, quella del generale I. Matsui (poi del generale S. Hata). Nell'ottobre, quando venne invaso il Kwang-tung e occupata Canton, si aggiunse una terza armata, al comando del generale Furusho (poi del generale R. Ando).
I Giapponesi completarono nei mesi di febbraio e marzo 1938 la conquista della provincia dello Shan-si, spingendosi fino al grande gomito che il Fiume Giallo (Hwangho) fa nei pressi di Pu-chow; da allora nello Shan-si non si ebbero più grandi operazioni, ma solo attività, spesso assai vivace, di guerriglia. Le forze nipponiche iniziarono subito dopo la battaglia per Su-chow, importante nodo ferroviario nel Kiang-si, la cui conquista richiese ben due mesi e mezzo; nel frattempo, nelle provincie orientali e sud-orientali della Cina si svolgevano combattimenti slegati e di carattere locale, dei quali riesce difficile stabilire l'andamento, tanto contradditorî erano i comunicati delle due parti. Comunque si può asserire che, se ai Giapponesi riuscì di estendere la loro occupazione, i Cinesi sfuggirono quasi sempre alla presa, si rifugiarono nelle montagne, ricorsero alla guerriglia, resero assai dura la vita agli invasori.
Su-chow fu conquistata il 10 maggio in seguito ad ampia manovra aggirante. Tuttavia la vittoria nipponica, anche se importantissima, poiché, per il numero dei combattenti (si calcola che solo da parte cinese vi abbiano partecipato almeno 21 divisioni) fu la più grande battaglia di quel teatro d'operazioni, non fu decisiva né militarmente, né politicamente: nell'immenso spazio cinese ogni grande battaglia ben presto si riduceva alle proporzioni di un episodio e la guerra continuava.
I Giapponesi, ora che disponevano di tutta la ferrovia da Shanghai al Mar Giallo, si spinsero rapidamente verso occidente e mossero alla conquista di Han-k'ow, la capitale di guerra della Cina, marciando su tre direttrici: al centro, lungo il Fiume Azzurro (Yang tze kiang), a nord, attraverso le propaggini meridionali dell'Ho-nan; a sud, a cavallo della ferrovia Kiu-kiang, Nan-ch'ang, Siang-tan. Speravano di occupare la grande città in poche settimane e ne ebbero, invece, per oltre quattro mesi e mezzo, poiché la nuova capitale non fu presa che il 25 ottobre, quando la colonna a nord sboccando a Sian-yang minacciò di tagliare ogni via di rifornimento ai suoi difensori. I Cinesi ebbero perdite altissime e Ch'ang Kai-shek ricorse all'estrema, gravissima misura di far rompere, nel mese di giugno, le dighe del Fiume Giallo, provocando inondazioni di bibliche proporzioni; ma ancora una volta il grosso delle truppe cinesi sfuggì all'annientamento e il generalissimo ebbe il tempo di far evacuare dalla città circa 350 impianti industriali sicché fu possibile far risorgere nuove industrie nell'interno della Cina, con l'impiego di maestranze che erano fuggite dalle provincie invase.
Allo scopo di integrare le operazioni di diretta conquista col soffocamento economico, i Giapponesi occuparono poco alla volta i principali porti e molte località della costa cinese: il 10 maggio Amoy; il 23 ottobre Canton; il 9 febbraio 1939 l'isola di Hai-nan; il 21 giugno sbarcarono a Swa-tow nel Kwang-tung, proseguirono fino a Ch'ao-chow e si impadronirono di numerose isolette, utili per combattere il contrabbando di armi e munizioni. Alla Cina nazionale rimase ancora aperto il flusso regolare di rifornimento attraverso la strada della Birmania, che, però, era insufficiente ai bisogni dell'immensa repubblica.
Il 10 aprile 1939, Ch'ang Kai-shek sferrò, nel Che-kiang e nell'An-hwei, un'offensiva che aveva scopi politici più che militari volendo mostrare al mondo la vitalità e la capacità reattiva della Cina e sollevare all'interno il morale dei soldati e delle popolazioni. I successi territoriali furono assai modesti, ma i Giapponesi dovettero allentare la loro pressione nell'Hu-peh.
Nel settembre 1939, mentre la guerra si accendeva in Europa, le forze nipponiche, partendo proprio dall'Hu-peh, tentarono la conquista di Ch'ang-Sha, che già in passato avevano invano cercato di raggiungere ed anche questa volta, una controffensiva cinese dal Kiang-si e nell'Hu-nan fece fallire il tentativo e costrinse gli attaccanti a ripiegare sulle posizioni di partenza. Le operazioni furono allora estese nel Kwang-si, per tagliare la Cina dall'Indocina. Ma anche in quel settore i Giapponesi conseguirono scarsi successi, anche perché si trovarono inaspettatamente di fronte a colonne modernamente motorizzate, che agendo con rapidità e decisione riaprirono, nel successivo marzo, le comunicazioni col Tonchino.
Il primo semestre del 1940 passò in azioni di guerriglia finché la capitolazione della Francia permise al Giappone di imporre all'Indocina un effettivo controllo che gli consentì di abbandonare il Kwang-si meridionale. Ripresero nella Cina centrale, lungo lo Yang-tze kiang, le operazioni verso Ch'ung-k'ing, e i Giapponesi riuscirono a progredire alquanto, impadronendosi, il 12 giugno di I-ch'ang, a circa 400 km. dalla nuova capitale, che bombardarono ripetutamente dall'aria.
Nel 1941 si sforzarono di mantenere la libera disponibilità della grande ferrovia Pechino-Han-k'ow e accentuarono la guerra ai rifornimenti, effettuando spedizioni distruttive nelle zone risifere al momento del raccolto ed estendendo l'occupazione dei porti; il 24 marzo si impadronirono di Swa-tow, il 22 aprile di Fu-chow nel Fu-kien, il 19 aprile sbarcarono di sorpresa in varî punti nei pressi di Ning-po nel Che-kiang e subito dopo si avvicinarono ad Hong-kong. Quando la partecipazione del Giappone alla guerra contro le potenze occidentali apparve imminente, la Cina nazionale sentì pesare sul suo territorio una grave minaccia dal sud (per lo sviluppo ulteriore delle operazioni si veda cina, in questa Appendice).
Bibl.: ISPI, Annuario di politica internazionale 1938 e 1939, Milano 1940; The China war book 1939, Shangai 1940; R. La Bruyère, La guerre du Pacifique, Parigi 1945; C. Zoli, L'ultimo conflitto cino-giapponese, Firenze 1940; C. Martinez de Campos y Serrano, Las campañas del Pacífico y de Extremo Oriente (v. VIII della Historia de la segunda guerra mundial), Madrid 1946.