CIMBRICA, GUERRA
I Cimbri, secondo gli antichi scrittori, abitavano la regione che ebbe il nome di Chersoneso Cimbrico e corrisponde all'odierno Schleswig. Accanto a loro, nell'attuale regione del Holstein, erano i Teutoni, costantemente nominati con i precedenti, coi quali ebbero sorti comuni. Già nell'antichità si discuteva sull'origine di questo popolo, che i critici moderni più accreditati credono di stirpe germanica, mentre pochi altri li credono Celti (ponendoli in relazione con i celti Cimrici del Galles). A cagione della povertà della regione, essi e altri popoli affini, fra i quali sono da Cesare (De bello mll., I, 5) nominati i Boi, nel 113 a. C. sconfinarono nelle vicine regioni danubiane, occupando in seguito anche il Norico. Il console Papirio Carbone, in qualità di amico e alleato dei Norici, assalì gl'invasori, che in un primo scontro furono vinti, per riuscire subito dopo vincitori. Più nulla consta del successivo procedere di questi invasori ad Oriente. Appiano (Celt., 13) parla per vero di ampie incursioni fatte dai Teutoni in tutta la penisola balcanica, dopo di che si sarebbero prtati nell'Elvezia, e insieme con i Tigurini, ai quali Posidonio aggiunge i Tongeni, avrebbero fatto un'irruzione nella Gallia. Questo risulta certo, che i Cimbri e i Teutoni dovunque essi siano penetrati nella Gallia, dopo aver devastato tutta la regione, come afferma Cesare (De b. g., I, 12), vennero alle prese nel 109 a. C. con Giunio Silano. A lui offersero il loro braccio in cambio di terre da abitare. La domanda non fu accolta e Silano fu sconfitto. Respinta anche dal senato la stessa domanda, i barbari, questa volta uniti coi Tigurini e coi Tongeni, devastarono nel 108 a. C. l'Aquitania. L'anno dopo il console L. Cassio Longino rimase ucciso e il suo esercito fu fatto passare sotto il giogo. Anche i Volci Tettosagi a tal punto si unirono coi Cimbri; Q. Servilio Cepione, venuto nella provincia (106 a. C.), manda M. Aurelio Scauro a vigilare le mosse dei Cimbri, egli stesso penetra tra i Volci e s'impadronisce di Tolosa e dei tesori colà accolti nel tempio di Apollo. M. Aurelio Scauro è dai Cimbri sconfitto, fatto prigioniero e poi ucciso. L'anno dopo il senato manda in Gallia il nuovo console Cn. Manlio Massimo, che si attenda col suo esercito di qua dal Rodano, mentre Cepione, al quale era stato prolungato il potere come proconsole, si accampa al di là. I barbari ripetono a Cn. Manlio la domanda di aver comoda sede in territorio romano. Gli ambasciatori furono, per errore, condotti a Cepione che li respinse, ond'essi assalirono Cepione prima e poi Manlio; ambedue furono completamente sconfitti (6 ott.) ad Arausione (Orange), e dal senato severamente puniti. Fu allora proclamato console Mario, che stava per tornare dall'Africa, mentre i barbari devastavano il territorio posto fra il Rodano e i Pirenei. I Cimbri passarono anche più oltre; tutto quell'anno e anche il seguente (103 a. C.), nel quale fu a Mario rinnovato il consolato, non si compirono imprese di qualche importanza. Non essendosi i barbari fatti vedere nemmeno l'anno che stava per spirare, Mario si recò a Roma per conseguire il quarto consolato, che ebbe di fatto avendo per collega Q. Lutazio Catulo. I Teutoni, incontratisi con i Cimbri reduci dalla Spagna, vennero con questi ad accordo, per cui i Cimbri, ripercorrendo il cammino già fatto allorché avevano valicato il Reno, decisero di percorrere coi Tigurini le Alpi, pensando, vinto l'esercito romano, di poter congiungersi nella pianura del Po. I Teutoni invece, uniti con gli Ambroni, dovevano fare un ultimo poderoso sforzo per penetrare in Italia per la via della Provincia. Essi s'imbatterono nell'esercito di Mario dove l'Isère mette nel Rodano. Ma Mario rifiutò prudentemente il combattimento e raggiunse i nemici ad Aquae Sextiae dove, validamente coadiuvato da Claudio Marcello, inflisse loro una memorabile sconfitta. Che via abbiano tenuto i Cimbri e i Tigurini per raggiungere il loro obiettivo che era l'Italia, non dicono gli scrittori. Questo solo affermano concordemente gli storici, che si trovarono a passare per la regione dei Norici (διὰ Νωρικῶν), nome generico col quale allora si designavano i popoli illirici fino all'Inn, e che a tale uopo vennero alle prese col proconsole Catulo presso l'Adige nelle Alpi Tridentine. Nella valle dell'Adige toccò ai Romani una grande sconfitta, e i Cimbri ebbero così libero passo nella Venezia, dove si diedero all'ozio e al lieto vivere, finché raggiunti al Po da Mario e da Catulo uniti insieme, furono distrutti in una località denominata Campi Raudî. Pare che l'ultimo avanzo di questi barbari riparati nelle gole Tigurine, fosse in seguito ricacciato e disperso da Silla. Senza fondamento è l'opinione che da residui dei Cimbri discenda la popolazione dell'altipiano dei Sette Comuni.
Fonti principali: Cic., Pro Arch., IX, 11 (afferma che Archia nella sua giovinezza scrisse in versi greci il trionfo di Mario sui Cimbri, res cimbricas, e fu ben accetto a Mario); Caes., De Bell. gall., I, 7; Posidon., in Strab., V, 3, 6, cfr. VII, p. 292; Liv., ep. 63: ad flumen Athesim castellum editum insederat; Mela, II, 4, 3; Plin., III, 22, 1; Iust., xXXII, 2; Tac., Germ., 37; Vell. Pat., II, 12; Frontin., Strat., I, 5,3; Appian., Celt., 13; Aur. Vict., 72,10; Plut., Mar., XI, 22,2; Syll., IV, 4; Ampel., XXXII, 35; val. Max., V, 8, 4 (dall'autobiogr. di M. Emilio Scauro: nelle Alpi Tridentine, apud Athesim flumen); Ptolem., III,1, 26; Herodian., VII, 2, 5; Flor., III, 3; Hist. Misc., IV, 34; Eutrop., IV, 25; Oros., V, 15; Obseq., 99; Amm. Marc., XXXI, 16.
Bibl.: J. Müller, Bellum Cimbricum, Zurigo 1776; R. Pallman, Die Cimbern und Teutonen, Berlino 1870; L. Mommsen, Röm. Gesch., II, 171 segg., 188; G. Oberziner, Le guerre di Augusto contro i pop. Alpini, Roma 1900, p. 221 segg.; V. De Vit, Dissert. sui Britanni e sui Cimbri, Milano 1882; E. Pais, Dalle guerre puniche a Cesare Aug., Roma 1918, II, p. 462; M. Clerc, La bataille d'Aix, Parigi 1906; M. Cerrati, La battaglia dei Campi Raudi, in Atti d. R. Acc. di Torino, XLVII (1912), pp. 499-504; C. Jullian, Histoire de la Gaule, III, Parigi 1909, p. 53 segg.