guazzo
Vocabolo occorrente due volte, nella prima cantica, in rima: Poi si rivolse e ripassossi 'l guazzo (If XII 139); mi vien riprezzo, / e verrà sempre, de' gelati guazzi (XXXII 72). La maggior parte degl'interpreti attribuisce a g. il senso letterale di " guado " per il primo passo e quello estensivo di " acque " in genere, per il secondo. E incerto se g. sia forma popolare di ‛ guado ', come credeva il Torraca, e sembra piuttosto che debba essere ritenuto derivato dal latino aquatio, oppure dal latino volgare aquatia.
Non c'è dubbio che la scelta che D. opera del vocabolo sia legata in parte alla rima e alla ricerca di voci aspre e chiocce; ma è anche vero che il valore diretto del termine non è quello di " guado ", ma di " tratto di acqua bassa ", " stagno ", " acquitrino " (Sapegno): tale è il Flegetonte, bulicame di sangue, nel punto più basso; tale è lo stagno (If XIV 119) gelato di Cocito, o qualsiasi specchio d'acqua ghiacciata. Questa spiegazione è anche linguisticamente la più esatta. A conferma si possono citare non solo i continuatori popolari toscani odierni di g. per " pozzanghera " e simili, ma alcuni esempi antichi: in un sonetto del perugino Neri Moscoli (Non me pòi spaventar 2) si legge: " ch'io son pur volto / verso de te come germane a guazze ", cioè " come anatre verso l'acqua degli stagni "; la parola ripete in Boccaccio il significato di " stagno ": " e fatti venire i suoi falconi, ad un guazzo vicin gli menò, e mostrò loro come essi volassero " (Dec. X 9 21). La nozione di " guado ", dunque, ricavata per deduzione, è secondaria, e se può avere un senso per il primo esempio dantesco, non ne ha alcuno per il secondo.
In ogni caso, il passo del c. XXXII si presta a due spiegazioni diverse: intendendo i gelati guazzi le acque ghiacciate del Cocito, ne deriva l'idea che il loro ricordo fa rabbrividire e inorridire il poeta ogni volta che ci pensa; oppure, dando a g. il senso di " acque gelate " in genere, ne risulta che la vista di esse fa provare a D. lo stesso brivido che sentì nel vedere la ghiaccia del Cocito. La prima spiegazione è più semplice e più conforme al modo d'immaginare del poeta: che nel pensier rinova la paura (If I 6); lo cui rossore ancor mi raccapriccia (XIV 78).
Il Vandelli, mantenendo il significato di " guadi ", spiegava: " orrore che, provato laggiù... gli si rinnova sempre alla vista di guadi gelati su cui egli abbia a passare "; ma questa interpretazione, raccolta ancora da qualche altro commentatore (Chimenz), non appare probabile.