CAPELLO, Guarino
Assai scarse le notizie biografiche su questo continuatore della maniera folenghiana, autore del poemetto in esametri Guarini Capelli Sarsinatis Macharonea in Cabrinum Gagamagoge regem composita multum delectabilis ad legendum, di cui si conosce una sola edizione, stampata a Rimini da Gerolamo Soncino e datata 16 dic. 1526. Da notare che con questa stampa cessa l'attività a Rimini del Soncino, che l'anno successivo opererà a Fano: il fatto contribuisce forse a spiegare l'estrema rarità dell'opera.
Capello è nome di famiglia diffuso nella Valle del Savio: ricerche nell'Archivio vescovile di Sarsina, già danneggiato da un incendio nei primi anni del sec. XVII (cfr. G. Mazzatinti, Gli Archivi della storia d'Italia, I, Rocca di San Casciano 1897-98, p. 64), e in gran parte distrutto durante l'ultima guerra, hanno messo in luce un gruppo di personaggi coevi che portano questo nome, tra i quali spiccano, per presumibile vicinanza al C., un Blasius Capellus in un documento del 1529, e un Benedictus Capellus, notaio, in un atto del 1543. In calce a due altri documenti dello stesso Archivio, del 1503 e del 3 febbr. 1523 (doc. 5017), compare il nome di Mariotto: a un amico dello stesso nome il C. aveva indirizzato l'epistola dedicatoria, in prosa maccheronica, premessa all'opera (Guarinus Capellus Sarsinas Mariotto / suo compagno grandissimo / S.P.D.). A parte ciò, non si conosce, attorno alla figura storica del C., alcun dato certo che non sia deducibile dalla sua opera.
Qualche notizia ci viene solo da G. Fantini, che lo dice appunto vissuto in Sarsina "nell'anno 1527 incirca". Lo stesso Fantini è l'unico testimone di una produzione italiana del C. (oltre al poemetto maccheronico afferma di aver visto "alcuni suoi sonetti manoscritti, canzoni, e due satire italiane sul metro, e sul gusto di quelle famose dell'Ariosto e del Rosa") di cui non restano tracce. Il poema è invece noto da più fonti, tra cui ricorderemo le opere del Bidermann, del Genthe e del Brunet; ampi estratti ne fornisce O. Delepierre (Macaronéana, pp. 91 ss.).
Nella Macharonea (di circa 1600 versi, distribuiti in sei libri) si narra la vicenda di Cabrino, che tenta di riconquistare il regno dell'avo Margutte contro Galafronte re di Granata. Perduto l'esercito in un naufragio, Cabrino si salva solo e approda al regno della regina Filomena, esperta nelle arti magiche, che lo sposa. Esortata da lui, la regina evoca le Furie e da esse fa condurre alla sua reggia Galafronte, del quale, però, si innamora. Cabrino si batte in duello col rivale, e ne viene sconfitto; per di più, tornato al suo regno, lo trova usurpato da Cassandro. Ottenuti dal re Galante nuovi soldati, Guarino muove contro l'usurpatore; nello scontro i due condottieri si uccidono a vicenda e i soldati, rimasti senza capo, eleggono re il poeta Forlino, che ha narrato i fatti.
L'opera di Guarino si colloca nella scia delle due prime edizioni folenghiane (Paganini 1517, 1520; Toscolana 1521), ed è legata a modelli linguistici da cui l'autore del Baldus andrà staccandosi nella progressiva revisione del suo poema (ma sui modi e i tempi di questa maturazione stilistica il lavoro è in gran parte da fare). Tra le caratteristiche più salienti della lingua del C. si possono indicare: la consistenza statistica del più elementare tra i processi di "immaccheronimento" (l'aggiunta di una desinenza latina direttamente al tema volgare: Bisognat squadris capitanus, I, 66); la frequenza dei versi bilingui (Tantum que de grando non uscire palazo, III, 36), in uso presso i prefolenghiani ed attentamente evitati, invece, dal Folengo; l'abbondanza dei versi completamente latini, che Folengo andrà riducendo col progredire attraverso le quattro redazioni; la presenza di particolarità nel trattamento prosodico delle parole latine (ad es., la penultima irregolarmente lunga in muliärem,-äres,-ärum)riscontrabili nelle due prime redazioni del Baldus ed eliminate a partire dall'edizione Cipadense (1539-40). Quanto infine alla caratterizzazione dialettale, è da osservare la moderazione con cui il C. utilizza il dialetto nei suoi aspetti esclusivi, non solo fonetici ma anche lessicali; tra questi ultimi si possono tuttavia indicare, accanto a settentrionalismi generici, anche tratti specificamente romagnoli (ad es., in burdellum, IV, 111: "bambino"; manfrigos II, 89: "semolini", ecc.).
Fonti e Bibl.: Sarsina, Archivio vescovile, Crim. 1547-1598,Instrumenta 1503-1550; J. G. Bidermann, Otia litteraria vari argumenti, Lipsiae 1751, p. 78; Erudita memoria del signor dottore Giuseppe Fantini sull'antica Sarsina, in append. a F. Antonini, Delle antichità di Sarsina, Faenza 1769, p. LV n. 1; F. W. Genthe, Geschichte der macaronischen Poesie, Leipzig 1836, pp. 112 ss.; O. Delepierre, Macaronéana,ou Mélanges de littérature macaronique des différents peuples de l'Europe, Paris 1852, pp. 110 ss.; O. Delepierre, Macaronéana andra,overum Nouveaux mélanges de littérature macaronique, Londres 1862, pp. 88 ss.; L. Testi, I due amici e l'antichissima città di Sarsina, Gatteo 1892, p. 13; A. Luzio, Studi folenghiani, Firenze 1899, p. 1 n. 1; P. Macrelli, Un poeta maccheronico romagnolo, G. C., in La piê, VII (1926), maggio, pp. 5 s. (segnalato in Giorn. stor. d. lett. ital., XC[1926], p. 400; C. Brunet, Manuel du libraire, Paris 1860, I, s. v. Capelli.