CATONI (Catone), Guantino (Gantine)
Fu il principale esponente di una delle famiglie più in vista di Sassari, distintasi nelle lotte combattute da quel Comune contro l'asservimento straniero. Da un documento inedito dell'Archivio della Corona d'Aragona, in Barcellona (C.R.D., c. 37, n. 5), che lo dice sessantenne nel 1323, sideduce che nacque nel 1261,proprio nei momento in cui Pisa, in gara con Genova, intensificava gli sforzi per impadronirsi di Sassari e del Logudoro, l'unica regione che ancora le mancava per completare il suo predominio sull'intera Sardegna. Èin questo clima di contrasti e di guerre - che coinvolge, in un groviglio di cupidigie commerciali e politiche, Genova e Pisa, il Papato e l'Impero, i giudici sardi e le casate liguri e pisane dei Doria, dei Malaspina, degli Spinola, dei Gherardeschi e dei Visconti - che si snoda la tumultuosa storia di Sassari e del Catoni. Le fonti, benché insufficienti a delineare compiutamente la vita, consentono di riconoscergli il ruolo di capo, di ispiratore, e di protagonista - insieme col figlio, col fratello e con altri familiari - degli avvenimenti che dal 1294 al 1330 portarono il Comune di Sassari dalla larvata signoria pisana all'alleanza con Genova e da questa alla sovranità aragonese.
Niente si sa dell'origine della famiglia e poco della sua composizione e della condizione sociale. Nel periodo che c'interessa essa appare già radicata in Sassari, imparentata con la potente casata dei Doria e una delle più influenti e cospicue di quella classe di proprietari terrieri e mercanti che, pur scissa in parte guelfa e ghibellina, filopisana e filogenovese, costituisce la classe dominante della città. Le fonti ricordano un figlio ed un fratello del C., entrambi di nome Bartolo o Barzolo, la sorella Bianca sposata con Vinciguerra Doria, Lorenzolo, Antonio e altri dei quali non è possibile precisare l'esatto grado di parentela coi Catoni. La condizione di nobile, attribuita al C. da biografie correnti, sulla base, forse, dell'espressione "primaria nobilitate insignis" usatadal Fara (De rebus Sardois, p. 256), non è confermata da fonti coeve, nelle quali è generalmente menzionato o senza titoli o come "vir discretus" o "prudens". Peraltro nel citato documento inedito, che contiene le richieste presentate nel 1323 dai Sassaresi al re d'Aragona, si dice che "don Guantino" chiede di essere creato cavaliere insieme con i figli e il fratello Bartolo.
Agli inizi del sec. XIII Sassari non è che unoscuro villaggio del giudicato di Torres. Posta, però, nel mezzo del fertilissimo Logudoro e a ridosso del porto di Torres, diviene inbreve, grazie al costante afflusso di mercanti genovesi e pisani e al rapido intensificarsi dei traffici, il centro più popoloso e attivo del giudicato. Pisani e Genovesi se la contendono. Nel 1236la città insorge, fa scempio del decenne Barisone (II) di Torres e si proclama Comune indipendente. La rivolta, ordita da Pisa per impadronirsi della città e farne la base della sua penetrazione nel Logudoro, non riescenell'intento e segna l'inizio di un turbinoso periodo di colpi di mano, d'intrighi e di guerre durante il quale Sassari cade, sfugge e ricade sotto la larvata signoria dell'una o dell'altra delle due rivali. Pisa se ne impadronisce nel 1272 e, pur rispettandone l'ordinamento comunale, l'assoggetta ad un suo podestà; la perde nel 1278; la riconquista quattro anni dopo e la tiene - nonostante che con la pace del 1288 si sia impegnata a cederla alla rivale - fino al 1293, allorché i Sassaresi insorgono, si liberano dei Pisani, ma dopo un anno si piegano, per sfuggire alle pressioni dei Doria, ad un'impari alleanza con Genova che, come Pisa, le impone un suo podestà.
È in questo frangente che compare per la prima volta nelle fonti il nome del C.: ma di lui si sa solo che nel 1294 era a Genova per trattare dei poteri da assegnare al podestà. Aveva trentun'anni e, senza dubbio, doveva già godere, come attesta l'incarico, di una posizione di primo piano fra i concittadini che avevano organizzato la rivolta contro Pisa. Non sembra però accettabile l'etichetta di "nemico implacabile dei Pisani e aperto favoreggiatore dei Genovesi" affibbiatagli dal Tola (Diz. biogr., I, p. 215). In realtà, come le vicende successive comprovano, fu avversario di Pisa quando a opprimere la città furono i Pisani, come fu nemico di Genova e antiaragonese quando a opprimerla furono i Genovesi o gli Aragonesi, operando sempre - come del resto incidentali accenni delle fonti confermano - con realismo e accortezza, doti che lo portarono ad essere, all'atto della spedizione aragonese, il vero capo e il depositario del destino della città. Nessuna notizia si ha di lui, tuttavia, per il trentennio successivo alla sua missione a Genova.
La situazione nel Logudoro rimase esplosiva. Pisa aveva occupato la Gallura e teneva gli occhi fissi sul giudicato di Torres ormai smembrato tra i Doria, i Malaspina, gli Spinola e il giudice d'Arborea. Ad accrescere le tensioni era intervenuta nel 1297 l'infeudazione della Sardegna, data da Bonifacio VIII a Giacomo II d'Aragona. Il nuovosovrano avevapreferito tentare la via degli accordi con i singoli signori isolani, e un decennio appresso, i Doria, i Malaspina e gli Spinola avevano riconosciuto la sovranità aragonese, ottenendone in cambio la conferma dei loro domini e la promessa di ulteriori favori. Genova, che non aveva possedimenti diretti, era rimasta inattiva, e così anche Sassari, mostrando di ritenere che la cacciata dei Pisani avrebbe migliorato la sua posizione commerciale. Pisa, che col suoalleato,il giudice d'Arborea, controllava i tre quarti dell'isola, era pronta alla guerra, ma, nell'aprile del 1323, mentre l'armata aragonese s'accingeva a salpare, il giudice Ugone (II) d'Arborea, accordatosi in segreto col re, attaccò improvvisamente i Pisani e capovolse la situazione a favore degli Aragonesi. Sassari ne seguì l'esempio: scacciò i Genovesi e mandò a Barcellona un suo inviato, Michele Periz, offrendo spontanea sottomissione in cambio del rispetto dei propri statuti e di alcuni privilegi. Giacomo accettò e nel luglio i rappresentanti di Sassari giurarono fedeltà nelle mani dell'infante d'Aragona, accampato davanti a Iglesias.
L'iniziativa della cacciata e delle sottomissione è attribuita, dai biografi, al Catoni. I documenti a noi noti non lo attestano, tuttavia emerge chiaramente che, pur non rivestendo alcuna carica, il vero capo della città era il C., allora sessantenne. Fu lui che firmò le credenziali del Periz; a lui unicamente si riferì Giacomo II nel diploma col quale accettava le profferte sassaresi; a suo nome trattò il Periz, prima ancora che a nome dei rettori del Comune; ed era solo a suo favore che chiese al re di elargire particolari attestazioni di liberalità e d'onore.
Ma se il C. aveva creduto di assicurare, con la spontanea dedizione, pace e libertà ai suoi concittadini, fu presto deluso. Sei ribellioni nel giro di sei anni - sempre capeggiate dai Catoni - attestano il contrasto insanabile con gli Aragonesi. Nell'ottobre del 1324 Sassari era già in armi insieme con i Doria, ma la repressione fu immediata: Vinciguerra Doria e alcuni dei suoi vennero decapitati, Lorenzolo Catoni fu costretto a salvarsi con la fuga. Un anno dopo, Bartolo Catoni il Vecchio e Bartolo il Giovane, rispettivamente fratello e figlio del C., sollevarono la città, fecero strage degli Aragonesi e, alleatisi con i Malaspina, chiesero invano aiuto a Pisa e a Savona; otto mesi dopo, impossibilitata a resistere, Sassari si affidò alla clemenza del re e ottenne il perdono. Nel 1329 la rivolta riprese, ma fu presto sedata. Seguirono fughe ed espulsioni in massa ed un tentativo di ripopolare la città con catalano-aragonesi. Poi il rigore si attenuò. I fuorusciti vennero riammessi, esclusi però i Catoni e i loro aderenti. Un Bartolo - non si sa quale dei due -,che era stato preso e imprigionato, riuscì a fuggire e apparve come il capo dei fuorusciti, impegnato in varie iniziative miranti ad ottenere il perdono e il consenso del re per rientrare in Sassari. Ma di lui, così come di tutti gli altri membri della famiglia dei Catoni, nulla si può più dire di certo.
Del C. non si sa niente dopo il 1323. Il Tola e altri dicono che si rifugiò presso il giudice d'Arborea e che ivi morì, ma non danno né data né fonti. In effetti niente risulta da queste. Più tardi si ha notizia di un Bartolo - non si sa quale - e di un Antonio invitati a partecipare, in qualità di feudatari, al Parlamento celebrato da Pietro IV d'Aragona a Cagliari nel 1355. Il che attesta che in quel momento erano dalla parte del re. Ma la famiglia Catoni scomparve definitivamente dalla scena politica della Sardegna e di Sassari.
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