GUALTIERO di Modica
Non si hanno notizie certe sulle origini di G.; la sua nascita è probabilmente da collocare nel quarto o nel quinto decennio del XII secolo dato che nel 1168, anno in cui è menzionato per la prima volta dalle fonti, già appare in una posizione di notevole rilievo politico, pur se non ancora investito di un alto ruolo amministrativo.
Filadelfo Mugnos, che nel Seicento ebbe modo di utilizzare documenti oggi perduti, afferma che la sua famiglia traeva origine da un Gualtiero "cavalier francese" che, per le prodezze compiute, ottenne dal re Ruggero la signoria di Modica; inoltre, secondo Mugnos, G. nacque da Anselmo, figlio di quel primo Gualtiero; G. sarebbe quindi di stirpe normanna. In ogni caso, il toponimico che accompagna il suo nome induce a ritenere che egli sia nato o, almeno, abbia fissato il centro dei suoi interessi nella contea di Modica (Moac o Mohac), importantissima in epoca normanna.
Nel 1168 G., considerato uno dei capi della fazione che si opponeva al cancelliere del Regno e arcivescovo di Palermo, Stefano di Perche, fu accusato ufficialmente di tradimento.
Stefano, chiamato in Sicilia dalla cugina Margherita di Navarra, che reggeva il Regno durante la minorità del figlio Guglielmo II, per due anni tenne le leve del potere, anche se non riuscì mai a superare l'opposizione feudale. Nella narrazione degli eventi che segnarono quel periodo di conflitti, lo Pseudo Falcando ci dice che, costretto ad abbandonare Palermo per sfuggire a un complotto favorito dalla popolazione araba, Stefano si rifugiò, nell'inverno del 1167-68, a Messina, da dove avrebbe potuto più facilmente procedere contro i suoi oppositori.
G. affermò la propria innocenza e si dichiarò pronto a provarla con un duello. Lo Pseudo Falcando non ci parla dell'ulteriore evolversi dei fatti, né degli incarichi amministrativi che G. ricoprì in seguito. In ogni caso, nell'aprile del 1171 troviamo nuovamente il suo nome tra quelli dei sottoscrittori di un documento (Cartulaire) del castellano del palazzo reale, in cui appare come "regie private masnade magister comestabularius": tale titolo è significativo del favore acquisito presso la corte, e sembra preludere ai successivi e più alti incarichi militari.
Infatti nel 1177, nell'elenco dei grandi ufficiali del Regno, che compare nel diploma con cui Guglielmo II stabilisce la dote concessa alla sua sposa Giovanna, figlia di Enrico II d'Inghilterra, troviamo G. insignito del titolo di "regi fortunati stolii amiratus".
Il titolo di amiratus, se in precedenza era stato per lo più legato a una funzione amministrativa e fiscale, in quest'occasione appare per la prima volta utilizzato con una connotazione del tutto particolare. Come risulta dagli studi di Ménager, è con G. che, in connessione con il ravvivarsi dell'aggressiva politica mediterranea di Guglielmo II, viene creato un ufficio specificamente deputato al comando militare delle navi regie: "amiratus regi stolii", dunque, assume il preciso significato di "emiro", ovvero capo della flotta regia.
Questo non significa che G. non potesse ricoprire anche altri incarichi di diversa natura. Infatti, negli anni 1178-79 si incontra più volte il suo nome accompagnato dal titolo di "regi fortunati stolii amiratus et magister regie duane de secretis et duane baronum". Così appare titolato, infatti, in un mandato inviato da Salerno il 6 maggio 1178 a Romualdo Marchisanus, balivo di Sarno, perché amministrasse bene la giustizia a Fuscandina e Oddolina di Sarno (Haskins); in un mandato inviato da Terracina nel giugno del 1178, con cui si riuniva a Terracina una corte di giustizia per dirimere le controversie tra la popolazione di Amalfi e quella di Ravello (Camera); in un mandato, datato Barletta 13 febbr. 1179, in cui, con l'intermediazione di Gioacchino da Fiore, abate di S. Maria di Corazzo, si chiedeva di determinare i confini delle terre concesse a quel monastero (Pometti, n. 4 pp. 275-277); in un documento dell'11 giugno 1179, poi, G. viene chiamato "regius ammiratus et regiarum subaduatiarum magister", e per suo mandato Ugo di Belmesia, camerario regio della Val di Crati, assegnava al monastero di S. Maria di Corazzo alcune terre nella regione di Decollatura (ibid., n. 5 pp. 278 s.). Dunque G., pur essendo titolare dello specifico ufficio di amiratus regi stolii, fu anche molto occupato nell'amministrazione fiscale di Calabria e di Puglia ricoprendo alcune cariche finanziarie, come quella di magister regie duane baronum et de secretis; non è segnalata, invece, una sua simile attività in Sicilia. In questa sua carica egli diede anche ordini agli altri magistri duane baronum et de secretis, il che ci fa capire che egli vantava una posizione gerarchica superiore a quella dei colleghi; non è possibile, tuttavia, definire con certezza se essa dipendesse dall'unione, nella sua persona, con l'ufficio di amiratus.
Del resto l'alta posizione e la notevole influenza di G. possono essere dedotte anche da un episodio narrato da Romualdo Salernitano (p. 296). A conclusione delle lunghe trattative intercorse tra l'imperatore Federico Barbarossa e Guglielmo II, i messi imperiali Ugolino Boni Comiti e Rodegario, di ritorno da Palermo, dove avevano ricevuto un privilegio regio, furono assaliti e derubati dai rustici di Lagonegro. Essi allora, nel settembre del 1178, si recarono a Salerno e si lamentarono dell'accaduto non con i giustizieri - che poi furono incaricati da re Guglielmo di punire i colpevoli - ma proprio con G. e con l'arcivescovo Romualdo.
L'apice della carriera politica e amministrativa, comunque, venne raggiunto da G. nel 1180-81, quando gli fu affidato il comando della sfortunata spedizione navale contro gli Arabi delle Baleari, dalle quali il loro signore Ishāq ibn Muḥammad organizzava continui atti di pirateria. Guglielmo II preparò una grandissima flotta che giunse in Liguria e trascorse tutto l'inverno a Vado. I Genovesi, infatti, avrebbero dovuto partecipare alla spedizione, ma un'epidemia, probabilmente, li distolse dall'impresa e li spinse a stipulare un trattato decennale col signore di Maiorca. L'anno successivo fu ripresa la spedizione, con ancora maggiore impegno: ma neanche questa volta le navi siciliane giunsero alle Baleari, perché furono disperse da una tempesta e in gran parte affondate.
Dopo questa vicenda non si hanno notizie certe sulla vita di G., del quale ignoriamo luogo e data di morte.
Un diploma perduto (di cui ci parla Mugnos), emanato dalla regina Costanza in nome di suo figlio Federico, databile al 1198, concede ad Arnaldo di Moac, figlio di G., la baronia di Sortino, con tutte le pertinenze, per compensare il feudo di Modica, confiscato a suo padre per il sostegno offerto a Tancredi, conte di Lecce e re di Sicilia (DieUrkunden der Kaiserin). Il diploma, dunque, sembrerebbe testimoniare l'atteggiamento di G. riguardo alla guerra che Tancredi di Lecce (eletto re a Palermo nel 1190) combatté fino alla sua morte, avvenuta nel 1194, contro l'imperatore Enrico VI, che rivendicava il trono siciliano in virtù del suo matrimonio con Costanza d'Altavilla. Quindi G. potrebbe essersi schierato, come gran parte della nobiltà normanna, dalla parte di Tancredi. Mugnos, però, potrebbe aver riportato una notizia inesatta, oppure potrebbe averla desunta da un diploma falsificato: e questo non solo perché non è confermata da altre fonti, ma anche perché, durante il regno di Tancredi, l'ufficio di ammiraglio fu affidato a Margarito di Brindisi, e la cosa non sembra conciliarsi con l'eventuale adesione di G. al partito tancredino.
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