BELLANTE, Gualtieri di
Appartenente ad una famiglia baronale abruzzese, che prese il nome dal castello di Bellante vicino a Teramo di cui era infeudata, il B. nacque in data non precisata nella prima metà del sec. XIII da Bartolomeo, di cui doveva essere il primogemto, se nel 1276, dopo la sua morte, gli fu affidata la tutela dei fratelli.
Il suo nome è collegato anzitutto alla rivolta dei baroni abruzzesi di tradizione ghibellina, scoppiata in Abruzzo appena vi arrivò la notizia della morte di Carlo I d'Angiò, avvenuta nel gennaio del 1285.
La famiglia dei Bellante, un membro della quale, Vinciguerra di Bellante, viene ricordato nel 1238 come capitano e vicario di Federico II in Lombardia, restò fedele agli Hohenstaufen anche dopo l'insediamento degli Angioini nel Regno e, non dovette sottomettersi mai completamente al nuovo sovrano angioino. Assai significativo in questo senso il fatto che nel 1276 il B. risulta fra i feudatari abruzzesi che non avevano prestato il servizio militare dovuto, provocando un'inchiesta di Carlo I d'Angiò sui loro feudi. Il 3 apr. 1281 il B. fu invitato, insieme con feudatari abruzzesi, a recarsi presso il re a Orvieto per prestare il servizio militare.
Nella rivolta abruzzese del 1285 capeggiata da Corrado d'Antiochia, nipote dell'imperatore Federico II di Holienstaufen, che papa Martino IV, reggente del Regno di Sicilia, riuscì a soffocare solo a stento, il B. ebbe parte di primo piano. Certo uno dei più tenaci e battaglieri fra i capi del baronaggio abruzzese in rivolta, il B. non si sottomise neanche dopo l'espulsione di Corrado d'Antiochia dal Regno avvenuta nell'estate del 1285.
Il 26 dic. 1285 il legato pontificio Gherardo da Parma scrisse infatti al giustiziere di Abruzzo di aver saputo che il B. provocava ancora disordini in Abruzzo e gli ordinò di convocare i feudatari abruzzesi per organizzare una spedizione contro di lui. Il B. nel frattempo, approfittando dei contrasti fra gli abitanti di "Tarenii" e di Campli, ottenne l'elezione a capitano da questi ultimi e s'impadronì della roccaforte di Campli. Essendo sfuggito il B. ancora nel 1286 alla cattura, il giustiziere d'Abruzzo il 10 maggio 1286 fu invitato un'altra volta a raccogliere le milizie feudali della provincia sotto il comando di Pietro Braida per dare la caccia al B., ribelle e nemico pubblico, e ai suoi complici. Purtroppo non è noto l'esito di queste misure. Pare però che il B. sia riuscito a rifugiarsi in Sicilia, se con lui può identificarsi quel milite Gualtieri Bellanti che insieme col giudice Nicoloso de Brignali si recò, nel luglio del 1290, in ambasceria a Genova per conto di Giacomo d'Aragona.
Forse con il B. è da identificare il Gualtieri de Bellando, ricordato dal cronista Nicolò Speciale fra i congiurati che nel 1301 intendevano attentare, alla vita di Federico III d'Aragona. La congiura, i cui motivi e finalità politiche sono rimasti ancora dei tutto oscuri, fu scoperta e stroncata sul nascere e il Bellando fu bandito dalla Sicilia.
Nel 1306 il B., in virtù di una clausola del trattato di Caltabellotta, fu reintegrato nei suoi feudi abruzzesi. Dopo tale data non si hanno più notizie.
Fonti e Bibl.: Nicolai Specialis Historia Sicula, a cura di R. Gregorio, in Bibliotheca scriptorum qui res in Sicilia gestas sub Aragonum imperio retulere, I, Panormi 1791, p. 437; C. Minieri Riccio, Saggio di Codice diplomatico, I, Napoli 1878, p. 193; Codice diplomatico dei re aragonesi di Sicilia, a cura di G. La Mantia, I, Palermo 1917, pp. 480 s.; I registri della cancelleria angioina, a cura di R. Filangieri, IV, Napoli 1952, p. 8; IX, ibid. 1957, pp. 177, 182; XI, ibid. 1958, p. 33; XII, ibid. 1959, p. 205; XIII, ibid. 1959, pp. 37, 124; XIV, ibid. 1961, p. 135; M. Amari, La guerra del Vespro siciliano, Milano 1886, II, pp. 441 s.; L. Cadier, Essai sur l'admin. du royaume de Sicile sous Charles I er Charles II d'Aniou, Paris 1891, pp. 116-119; E. Haberkern, Der Kampf um Sizilien in den -Jahren 1302-1337, Berlin u. Leipzig 1921, p. 167.