GUADAGNINI
Famiglia di liutai operante tra Piacenza, Milano, Parma e Torino, la cui discendenza, grazie alla trasmissione del mestiere di padre in figlio, ha mantenuto una linea costante di attività tra il 1740 e la metà del XX secolo. Il primo membro della famiglia di cui si ha notizia è un Giuseppe, forse attivo a Brescia nel 1697, come risulterebbe dall'etichetta di un violino a lui attribuito (cfr. Lütgendorff), ma di lui non si è trovata altra traccia, né il suo nome è contemplato in alcuna fra le biografie relative alla storia della liuteria bresciana.
Capostipite è invece generalmente considerato Lorenzo, che nacque a Cerignale (nel Piacentino) da Tomasino e Agostina, e fu battezzato il 22 dic. 1685. Non si hanno notizie certe sulla sua formazione, né sulla sua vita, fino al 1735, data a partire dalla quale egli risulta aver esercitato le attività di droghiere ed erborista a Bilegno, nel Piacentino. Nel 1740 si trasferì definitivamente a Piacenza, fissando la propria residenza in una casa nella parrocchia di S. Giovanni in Canale, dove morì il 15 giugno 1746.
Considerato oggi uno dei più importanti liutai italiani, Lorenzo si dedicò in modo pressoché esclusivo alla costruzione di strumenti ad arco. Rari sono i lavori ancora esistenti e di attribuzione certa: l'elenco stilato da Doring nel 1949 annovera dodici violini e una viola, tutti costruiti tra il 1740 e il 1745 durante il periodo trascorso a Piacenza. Nonostante sulle etichette di tali strumenti compaiano la dicitura "alumnus Antonij Stradivarij" e, saltuariamente, l'indicazione "Cremonae", non è fondata l'ipotesi che egli abbia lavorato come apprendista presso la bottega di A. Stradivari, né è accertata alcuna traccia di una sua presenza a Cremona. Nello stile di Lorenzo si ravvisa piuttosto l'influsso di altri maestri cremonesi, quali C. Bergonzi e, più ancora, G. Guarneri figlio di Andrea, in particolare nella forma a punta data spesso al taglio delle "effe". Caratteristiche peculiari della sua produzione sono invece la linea ardita dei modelli, il dorso largo del riccio e l'uso di una vernice a olio leggera e friabile, dal colore rosso acceso su fondo ambrato. Oltre all'accuratezza del disegno e della costruzione, negli strumenti di Lorenzo sono apprezzate, e universalmente riconosciute, la voce sonora e corposa e la stabilità dell'intonazione.
Nell'etichetta di un violino costruito a Torino nel 1750 (cfr. Grillet) compare il nome di un altro G., Giovanni Antonio, figura discussa e dai contorni poco definiti, la cui esistenza sembra tuttavia trovare riscontro - seppure non definitivo - in una lettera inviata nel 1827 dal conte I.A. Cozio di Salabue, nella quale il mecenate offre a Gaetano (II) "un violino del fu Antonio Guadagnini".
Diretto continuatore dell'opera di Lorenzo fu il figlio Giovanni Battista, oggi ritenuto l'esponente più rappresentativo della famiglia, la cui copiosissima produzione fu rivolta sostanzialmente alla realizzazione di strumenti ad arco (Doring menziona 218 violini, 9 viole e 21 violoncelli). Battezzato a Bilegno il 23 giugno 1711, si sposò tre volte: con Cecilia Coccardi, morta nel 1746, con Teresa Opici, morta nel febbraio del 1747 e infine, nel medesimo anno, con Anna Vitali. Dal 1740 al 1749 lavorò presso la bottega del padre a Piacenza, costruendo strumenti su suo modello, ma rivelando sin da principio tratti personali; la sua mano è infatti già evidente in alcuni lavori sulle cui etichette compare il nome di Lorenzo.
In questi anni egli mostra di prediligere le sagome delicate del disegno stradivariano e, per la verniciatura, una gamma di colori che va dal rosso bruno al giallo dorato con sfumature aranciate. Le etichette relative ai lavori piacentini presentano ben presto il tipico monogramma identificativo "GBG" sormontato da una croce spesso con l'aggiunta della dicitura "filius Laurentii".
Nel settembre 1749, Giovanni Battista si trasferì a Milano, dove fu attivo fino al 1758.
Agli anni milanesi appartengono alcuni tra i suoi strumenti più belli: i legni impiegati sono sempre di primissima qualità, come dimostrano le venature perfette dell'acero usato per i fondi; l'assetto è tendenzialmente piatto e le "effe" sono caratterizzate da originali linee piriformi; la vernice, sempre densa e particolarmente brillante, assume sfumature di colore che variano generalmente dal rosso bruno al rosso arancio; il suono, infine, risulta potente e corposo, anche se manca di ricchezza timbrica.
Nelle etichette degli strumenti milanesi non compare più l'indicazione "filius Laurentii". Giovanni Battista lasciò il capoluogo lombardo durante il 1758 per dirigersi a Cremona, dove però si trattenne solo pochi mesi. Di questo breve periodo restano alcuni violini e un violoncello, che mantengono sostanzialmente inalterate le caratteristiche degli strumenti prodotti a Milano. Fu probabilmente l'offerta di lavoro avanzata dalla corte ducale di Parma che spinse Giovanni Battista a lasciare definitivamente Cremona nel 1759, per passare al servizio del duca Filippo di Borbone e poi del suo successore Ferdinando. A Parma egli rimase fino al maggio 1771, quando si trovò senza commissioni a causa della decisione del governo locale di revocare le pensioni a tutti i musicisti.
La produzione del periodo parmense segna, salvo poche eccezioni relative ai primi tempi, un momento d'involuzione, che si manifesta tanto nella minor cura dei dettagli quanto nell'impiego di una vernice particolarmente scialba, che assume spesso sfumature giallastro-brune, ed essendo piuttosto leggera, resinosa, tende a scheggiarsi. Gli strumenti appartenenti a questo periodo sono riconoscibili anche per il legno particolare usato per i fondi, un acero dalle venature sottili di provenienza locale. Sulle etichette dei lavori parmensi, oltre all'indicazione "Parmae serviens C.S.R." (dove la sigla rappresenta il sigillo ducale), appare per la prima volta la dicitura "Cremonensis", adottata per evidenti ragioni di prestigio, e che sostituirà definitivamente la precedente "Placentinus".
Lasciata Parma, Giovanni Battista si stabilì definitivamente a Torino, dove dal 1772 al 1776 fu al servizio del conte Cozio di Salabue, allora appena diciassettenne e già appassionato collezionista di strumenti ad arco. Presso il nobile piemontese Giovanni Battista svolse mansioni di restauratore e conservatore della collezione (fu il principale tramite tra il Cozio e Paolo Stradivari, figlio di Antonio, per l'acquisto nel 1775-76 dell'intero corpus di strumenti e cimeli stradivariani), ma poté anche, grazie alla protezione ottenuta, continuare la propria attività di liutaio.
L'amore di Cozio per Stradivari ispirò, con ogni probabilità, alcune delle innovazioni che Giovanni Battista introdusse nella manifattura dei suoi violini: definitiva fu, per esempio, l'adozione del disegno stradivariano, con particolare riguardo per la linea arrotondata delle "effe". L'ultima produzione mostra, oltre all'impiego di ottimi legni, un'evidente predilezione per il modello piatto. Peculiare è l'uso di un magnifico impasto di vernice trasparente e brillante, ottenuto secondo i principî classici della scuola cremonese e adottato per l'ultima volta proprio da Giovanni Battista, prima di cadere in disuso. Significativa appare, nelle etichette degli anni Ottanta, l'aggiunta dell'indicazione "alumnus Antonij Stradivarij", cui, ovviamente, si deve dare esclusivo valore simbolico.
Giovanni Battista morì nella sua abitazione torinese, nel quartiere di S. Mattia alla Casa del Morro, il 18 sett. 1786.
A partire dalla sua discendenza diretta, la tradizione della famiglia G. si arricchì di un gran numero di esponenti, di alcuni dei quali si è molto discusso e, in qualche caso, si discute ancora, in merito all'effettiva esistenza, alla posizione all'interno della genealogia, alle date e ai luoghi di nascita e di morte. Quattro dei figli di Giovanni Battista continuarono, a vario titolo, l'attività paterna: Giuseppe detto il Soldato, Gaetano (I), Filippo e Carlo. A questi va forse aggiunto un Lorenzo (II), cui sono stati attribuiti due violini datati 1790 e 1793, pur sulla base di etichette di dubbia autenticità.
Giuseppe il Soldato, nato a Milano il 18 apr. 1753, lavorò in diverse città. Le etichette dei violini, pur problematicamente attribuitigli (Doring ne elenca nove), attestano la sua presenza a Como (1780), dove risiedeva in contrada della Porta, Milano (1780), Torino (1781, 1782), Parma (1793) e Pavia (1788, 1801), dove si ritiene abbia a lungo soggiornato e dove morì il 28 ag. 1805. Costruì strumenti di ampie dimensioni, sui modelli di Stradivari e Guarnieri; usò talvolta la doppia filettatura. La sua arte non è paragonabile a quella paterna, né per disegno né per verniciatura, sebbene gli strumenti da lui realizzati posseggano una buona sonorità.
Gaetano (I), nato a Milano il 1° giugno 1750, lavorò a lungo con il padre (del quale terminò alcuni strumenti lasciati incompiuti) e ne imitò fedelmente lo stile, tanto nell'accuratezza delle linee quanto nella scelta dei legni e nella qualità della vernice. Attivo a Torino, fu costruttore di chitarre oltre che di violini, e si dedicò anche al restauro. La sua produzione di strumenti ad arco fu alquanto limitata, ma la sua arte ha aperto la strada a due importanti esponenti della scuola torinese dell'Ottocento: G.F. Pressenda e A. D'Espine. Sposò Anna Maria Cima. Morì a Torino nella sua abitazione in contrada della Palma il 5 febbr. 1817.
L'esistenza di Filippo è documentata soltanto dal carteggio di Cozio di Salabue, che ce lo mostra attivo a Torino nel febbraio del 1827 come mercante di strumenti ad arco.
Carlo, nato a Parma il 3 nov. 1768, svolse prevalentemente la sua attività a Torino, dedicandosi alla costruzione di violini, mandolini e, soprattutto, chitarre.
Realizzò strumenti di pregio, ed è oggi considerato il capostipite della moderna scuola costruttiva della chitarra: le misure da lui adottate (cfr. Gazzelloni, che ne dà un prospetto completo) e le sue intuizioni sul potenziamento della sonorità anticipano quelle di numerosi liutai del suo tempo e del secolo successivo, quali R.-F. Lacôte e A. Torres.
Carlo sposò Giovanna Maina e morì a Torino, in contrada della Palma, il 20 nov. 1816. Suoi figli e allievi furono: Felice, che svolse la sua attività a Torino fino al 1838, costruendo violini di buona fattura secondo la tradizione familiare; Gioacchino, attivo nel 1827 a Parigi come venditore di strumenti ad arco (cfr. Cozio di Salabue, Carteggio); Gaetano (II), che nacque a Torino il 30 nov. 1796, e vi lavorò fino alla morte (2 marzo 1852), costruendo violini di buona qualità e alcune chitarre, i cui modelli si discostavano in parte da quelli del padre per una maggiore larghezza delle casse e per la leggera centinatura dei bordi.
A continuare l'opera di Gaetano (II) fu il figlio Antonio, nato a Torino il 19 ag. 1831, e ivi morto il 31 dic. 1881. Liutaio dalla spiccata personalità, ha lasciato una produzione non numerosa ma apprezzata, ed è stato fornitore e riparatore titolare del Liceo musicale torinese. Il figlio Francesco, nato a Torino il 27 luglio 1863 e ivi morto il 15 dic. 1948, rilevò la ditta paterna di via S. Teresa nel 1883, nella quale lavorò fino al 1903 anche il fratello Giuseppe (III). I suoi lavori sono oggi considerati tra i migliori della moderna liuteria, tanto per la scelta dei materiali quanto per l'accuratezza dei disegni. L'eccellente vernice da lui impiegata, per la sua fiammante tonalità rosso-bruna e per la sua fattura, ricorda la migliore tradizione della famiglia. Nel 1942 un bombardamento distrusse il laboratorio di Francesco, costringendolo a ritirarsi. Il 29 marzo dello stesso anno l'affondamento della nave "Galilea", nel Mediterraneo, interruppe la promettente carriera del figlio Paolo, nato a Torino il 2 maggio 1908.
Fonti e Bibl.: L. Grillet, Les ancêtres du violon et du violoncelle. Lesluthiers et les fabricants d'archets, II, Paris 1901, p. 200 (per Giovanni Antonio); E.N. Doring, The G. family of violin makers, Chicago 1949; I.A. Cozio di Salabue, Carteggio, a cura di R. Bacchetta - G. Iviglia, Milano 1950, ad ind.; K. Jalovec, Italienische Geigenbauer, Prag 1957, ad ind.; U. Azzolina, Liuteria italiana dell'Ottocento e delNovecento, Milano [1964], pp. 37 s., tavv. 40-42 (per Gaetano I, Carlo, Felice, Antonio e Francesco); G. Gazzelloni, G.: insigne famigliadi liutai, in Notiziario tecnico-professionale dell'Accademia di chitarraclassica, VIII (1977), pp. 39 s. (per Carlo); Die Geigenbauer derG.-Familie. Die Turiner Schule, a cura di A.H. König, Frankfurt a.M. 1981, pp. 25-29 (per Lorenzo), 33-117 (per Giovanni Battista), 121-133 (per Giuseppe il Soldato), 137-141 (per Gaetano I), 145-149 (per Carlo), 153 (per Gaetano II), 157 (per Felice); G. Fiori, Documenti biografici di artisti e personaggi piacentini dal '600 all'800 nell'Archivio vescovile di Piacenza, in Strenna piacentina, 1994, pp. 67-111; D. Rosengard, G.B. G., Haddonfield, NJ, 2000; W. Henley, Universal Dictionary of violin and bow makers, II, Brighton 1960, pp. 243-245 (per Antonio, Francesco, Gaetano I, Gaetano II, Gioacchino, Giuseppe il Soldato); Die Geigen undLautenmacher vom Mittelalter bis zur Gegenwart, II, a cura di W.L. von Lütgendorff, Frankfurt a.M. 1975, p. 183 (per Giuseppe); III, a cura di Th. Trescher, ibid. 1990, pp. 218 s.; R. Vannes, Dict. universel des luthiers, I, Bruxelles 1981, pp. 139 s.; G. Antonioni, Diz. deicostruttori di strumenti a pizzico, Cremona 1996, pp. 70 s.; The New Grove Dictionary of music and musicians (ed. 2001), X, pp. 469-471.