LEAGROS, Gruppo di
Più che un gruppo nel senso consueto, in questo caso si tratta di un'intera sezione della ceramografia attica a figure nere sull'ultimo venticinquennio del VI sec., che viene ad essere organizzata sotto questa etichetta da J. D. Beazley. Ne risulta un nucleo di estrema importanza per il numero di opere e l'alto livello medio della produzione: inoltre personalità ben definite, e anche di un certo rilievo, si trovano ad essere inserite in questo complesso. Dovrà quindi trattarsi di un atelier di notevole importanza in cui i legami del lavoro comune e l'intreccio delle dipendenze, degli incontri e delle filiazioni vengono a predominare su tutti gli altri caratteri. Gli artisti che è stato possibile isolare non sono necessariamente i maggiori e neppure, apparentemente, le personalità dominanti del gruppo. Accanto a quelli chiaramente individuati - a quelli ricordati sotto possono aggiungersi i Pittori di Nikoxenos e di Eucharides, più noti per la loro attività nella tecnica a figure rosse - J. D. Beazley costituisce un gruppo di circa trecento vasi che dovrebbero costituire "il cuore del gruppo". A sua volta anche in questo nucleo è possibile distinguere mani abbastanza bene individuate, quali il Pittore A, il Pittore S, il Pittore di Chiusi, il Pittore e il Gruppo di Antiope. Prevalgono tuttavia, al di sopra della definizione delle singole personalità e oltre l'incrociarsi di modi e di tendenze, certi caratteri comuni estremamente precisi e ben formulati. Nel Gruppo di L. si hanno in generale grandi vasi, hydrìai o anfore con figurazioni di carattere eroico, spesso tratte dai poemi omerici. Le imprese di Eracle e più raramente di Teseo, le lotte degli eroi sotto Troia, le contese per le armi di Achille o per imprecisati eventi durante la spedizione dei Sette contro Tebe, vengono evocate con un tono scabro e virile e con una semplice efficacia che non si attarda in raffinamenti formali o compiacimenti estetici. Sotto questo aspetto i pittori del Gruppo di L. rappresentano l'antitesi più decisa a quei maestri del puro contorno, del graffito delicatamente cesellato che trovano le massime espressioni nell'opera del Pittore di Rycroft o di Psiax.
Cronologicamente l'attività del Gruppo di L. si svolge parallelamente a quella della prima generazione di artisti a figure rosse. Lo stesso nome di Leagros ci è tanto più familiare dall'opera di Euphronios e del Pittore di Panaitios in cui s'incontra con tanta frequenza. Inoltre, come è stato già ricordato, pittori che si sono espressi principalmente nella tecnica a figure rosse, quali i Pittori di Nikoxenos e di Eucharides, rientrano in qualche modo nello sviluppo del Gruppo di Leagros. Tanto più singolare quindi che appunto per effetto del carattere rude e tradizionalista di questa tradizione artistica non venga fatto di scorgere neppure una traccia di indebolimento o di compromesso verso la nuova tecnica, i suoi problemi e le sue possibilità: che anzi le figurazioni dense e affollate, la violenza dei gesti, i corpi massicci con pochi ritocchi bianchi vengono a comporre, come osserva J. D. Beazley, le pitture più nere che siano state mai prodotte nella vecchia tecnica a figure nere. Un esempio di composizione vasta, affollata e armonicamente distribuita tra molte altre può vedersi nella hydrìa di Monaco 1700, dove il grande campo principale è riservato alla scena centrale, l'uccisione di Troilo presso l'altare da parte di Achille, mentre lo spazio sulle spalle del vaso raffigura le mura di Troia con gli spalti da dove i guerrieri minacciano e le donne si protendono a lamentare il brutale eccidio del giovinetto.
H. Bloesch ha pure rilevato l'attività di alcuni vasai riconosciblli nell'ambito del Gruppo di Leagros.
Bibl.: E. Buschor, in Furtwängler-Reichhold, III, p. 229; J. D. Beazley, Black-fig., 1928, pp. 26; 43; C. H. E. Haspels, Attic Black-figured Lekythoi, Parigi 1937, p. 52; H. R. W. Smith, C. V. A., San Francisco, p. 27; J. D. Beazley, Red-fig., p. 929, 940; id., Development, pp. 81; 115; id., Black-fig., 1956, p. 356; H. Bloesch, in Journ. Hell. Stud., LXXVI, 1956, p. 33.