GRUBICY DE DRAGON, Vittore
Nacque a Milano il 19 ott. 1851 dal barone ungherese Alberto e dalla nobile Antonietta Mola.
Nel 1870 fu a Londra ed entrò in contatto con l'entourage delle case di vendita legate al mondo dell'arte, cominciando a intraprendere l'attività di mediazione in questo settore. Lavorò inizialmente per una ditta milanese, la Pedro Nessi & C., la cui attività è documentata tra il 1870 e il 1874, e che nel 1876, al momento dell'apertura della galleria d'arte Grubicy, sarebbe stata rilevata dal G. e dal fratello Alberto.
Sul mercato londinese il G. importò opere di artisti appartenenti al movimento della scapigliatura milanese, di cui venivano commercializzati specialmente gli acquerelli e i disegni. Il buon successo di tali operazioni lo portò a compiere un vero e proprio tour europeo nei luoghi di snodo del commercio dell'arte: Francia, Belgio, Germania e Olanda, dove sarebbe tornato tra il 1881 e il 1882, quando allacciò significativi rapporti con artisti appartenenti al cosiddetto gruppo della Scuola dell'Aia: A. Mauve, J. e I. Israels, H.W. Mesdag, B. Blommers, J. Bosboom, G. Breitner, i fratelli J. e W. Maris.
I fratelli Grubicy collaborarono sino al 1889-90 con sostanziali diversità di ruolo: Alberto investì nell'impresa i ricavati della propria attività di mediatore finanziario e immobiliare, mentre, nel periodo della gestione congiunta, spettarono al solo G. i contatti con gli artisti e le attività di promozione della galleria.
Nel 1878 il G. organizzò una mostra retrospettiva, nei locali del ridotto del teatro alla Scala, dedicata all'opera dell'amico T. Cremona, morto in quell'anno, curandone il catalogo, e introducendo la consuetudine delle esposizioni interamente dedicate alla figura di un artista, formula ben collaudata all'estero ma ancora non particolarmente diffusa in Italia. L'anno successivo entrò nell'entourage dei Grubicy, come pittore affiliato, il giovane G. Segantini.
Nel 1882, fronteggiando il deficit in cui versava il bilancio della galleria, il G. si recò in Inghilterra, cercando di far rilevare la propria impresa dalla galleria londinese di J. States Forbs. Fallito il tentativo, si dedicò con maggiori sforzi all'attività di intermediario al servizio di gallerie straniere.
Sono da questo momento ben documentati (Rovereto, Museo d'arte moderna e contemporanea, Archivio Grubicy-Benvenuti, Case di vendita) i contatti da lui avviati con case di vendita europee, che gli permisero non solo di commercializzare all'estero la pittura di Segantini, ma di intervenire nella diffusione della pittura olandese in anni in cui tale voga doveva ancora trovare risposte da parte del mercato internazionale, proseguendo tuttavia anche con la promozione della linea lombarda di tradizione tardoscapigliata o della pittura di genere della scuola veneziana del secondo Ottocento.
Nel 1883 Segantini si legò al G. attraverso un atto legale che rendeva quest'ultimo suo esclusivo rappresentante, autorizzato tramite procura a prendere per suo conto, in cambio di un vitalizio, qualsiasi decisione di carattere pubblico e privato e a disporre totalmente della sua produzione artistica (Rebora, 1995, p. 6).
Già l'anno prima si era avvicinato ai Grubicy anche il pittore E. Longoni, amico di Segantini. Stabilitisi entrambi in Brianza, i due artisti lavorarono per due anni insieme dando vita a un binomio strumentale, in quanto, come avrebbe ricordato Longoni, spesso i dipinti da lui eseguiti venivano siglati "GS" dal G., come se fossero stati realizzati da Segantini. Nel 1883 il G. si attivò per far attestare Segantini nel circuito del mercato internazionale, mediante i rapporti con la casa di vendita inglese di E. Fox White e quelli con la galleria Van Wisselingh di Amsterdam. In questa città il G. avrebbe fatto esporre Segantini presso la mostra della Società artistica "Arti et Amicitiae".
Nel 1884 il G. si avvicinò per la prima volta, da autodidatta, all'esercizio artistico, redigendo schizzi su fogli di taccuino con impressioni dal vero, brani di paesaggio e di figura, nei pressi di Laren, in Olanda.
Determinante per lo scaturire di questa sua prima attività grafica fu la vicinanza di Mauve, di cui proprio in quell'anno egli incrementò cospicuamente gli acquisti per la casa di vendite parigina Arnold & Tripp. Fu questo anche il periodo in cui il G. propose, in particolar modo a Segantini e a Longoni, lavori di Mauve e di altri artisti olandesi, dei quali avrebbe inviato in Italia numerose riproduzioni, come modelli per scelte tematiche e compositive.
Nel 1886, in occasione dell'inaugurazione a Milano della sede della Società per le belle arti ed esposizione permanente, iniziò a collaborare con la testata romana La Riforma, diretta da Primo Levi, con recensioni sugli eventi artistici in Italia e all'estero e interventi in merito a importanti vicende che animavano il mondo artistico, dove andò esprimendo le proprie convinzioni estetiche (Quinsac, pp. 225-234).
Nel 1886 era già uscito in Italia nella serie scientifica della collana dei manuali Hoepli il volumetto di G. Bellotti Luce e colori, ispirato ai testi scientifici di M.E. Chevreul e di H. von Helmholtz e ai Modern chromatics di O.N. Rood (New York 1879). Alla fine degli anni Ottanta crebbe nel G. l'esigenza di approfondire su testi di riferimento, come la Théorie scientifique des couleurs di Rood (Paris 1881), le basi della teoria scientifica sulla scomposizione dei colori per poter sperimentare una ricerca di intensificazione luminosa nella rappresentazione pittorica. La seconda versione del dipinto di Segantini Ave Maria a trasbordo (San Gallo, collezione Fischbacher), nella sua stesura divisionista, si deve proprio all'influenza esercitata sull'autore dal G., che si fece anche tramite tra A. Morbelli e Segantini per mettere al corrente quest'ultimo dei risultati delle ricerche di tecnica pittorica sperimentati dall'altro. In questo periodo, infatti, si infittì la corrispondenza con Morbelli, messo sotto contratto proprio in quell'anno. Sempre nei primi mesi del 1887 probabilmente il G. visitò le esposizioni di Parigi e di Venezia, in quanto ne pubblicò nella Riforma dettagliati ragguagli. A Venezia fu impegnato, inoltre, nell'allestimento della sala dedicata a Segantini che riscosse un notevole successo di critica.
Tra il maggio e l'ottobre 1888, con un ruolo organizzativo e progettuale che sarebbe piuttosto dovuto spettare all'Accademia di Brera, la galleria Grubicy fu investita della preparazione dell'"Italian Exhibition" alla Earl's Court a Londra.
Tramite le entrate fornite dalla vendita allo Stato del dipinto di Segantini Alla stanga (Roma, Galleria nazionale d'arte moderna), riproposto nel corso del 1888 all'Esposizione nazionale di Bologna, la galleria poté figurare nell'esposizione londinese come la casa d'arte curatrice di alcuni degli artisti italiani più significativi del momento. Un'intera sala con opere della galleria riuniva maestri come Cremona e D. Ranzoni, e giovani proposte contemporanee: il già affermato Segantini, Morbelli, insieme con A. Pusterla, S. Macchiati, A. Tominetti, E. Quadrelli, P. Trubeckoj. Un importante strumento di diffusione, voluto espressamente dal G. e da lui curato, fu il catalogo Alberto Grubicy's picture gallery. Italian exhibition in London, corredato da illustrazioni delle opere e contenente brevi profili degli artisti.
All'inizio del 1889 il G. fu impegnato nella presentazione di un cospicuo gruppo di opere di Segantini all'Esposizione universale di Parigi; cronache dell'evento vennero da lui inviate alla Riforma.
Nel corso dell'autunno del 1889 si manifestarono tra il G. e il fratello Alberto quei dissapori che portarono a un'insanabile rottura tra i due, con l'abbandono del G. della posizione di socio della galleria d'arte, da quel momento gestita dal solo Alberto. Di conseguenza venne rescisso il rapporto di procura tra il G. e Segantini, che rimase commercialmente legato ad Alberto. Da allora il G. si dedicò, con maggiore incisività e sino al 1892, alla pubblicistica (alla fine del 1889 risale la sua presentazione in catalogo della retrospettiva dedicata a Ranzoni, per la mostra che si aprì nel gennaio 1890 alla Permanente) e alla maturazione della propria espressione artistica.
Nell'opera A bordo della Magnina (Livorno, Pinacoteca civica Giovanni Fattori), si riassumono alcuni dei dati più significativi della sua ricerca sul paesaggio: dalla scelta di una porzione visiva quasi mediata dal taglio fotografico a un'impaginazione sintetica delle forme e del colore, cui molto deve aver contribuito lo studio della grafica giapponese da lui perseguito proprio negli stessi anni. L'iscrizione autografa apposta sul retro dell'opera riporta alla "sensazione", origine dell'atto creativo e dell'intenzione comunicativa dell'espressione artistica, concetto centrale per la matura concezione estetica del G. che egli derivò dalla lettura delle opere di J.-M. Guyau e P. Soriau, in particolare traendo spunto dalle pagine di Guyau riguardanti la bellezza della sensazione, dei sentimenti e dei movimenti (Damigella, pp. 98-109).
Successivamente l'attività pittorica del G. avrebbe sperimentato un più sensibile e avvertito uso della tecnica a toni divisi, secondo un divisionismo pulviscolare (Rebora), ben diverso rispetto a quanto negli stessi anni andavano sperimentando Segantini e Morbelli.
Tra le esposizioni cui partecipò in quegli anni si devono citare quella natalizia della Società per artisti e patriottica di Milano (1889), dove presentò circa venti lavori, tra olii e acquerelli, realizzati in anni precedenti, la Permanente milanese e la Promotrice torinese (1890).
Nel 1890 il G. si iscrisse al sodalizio della Famiglia artistica milanese. Contribuì a introdurre in questa sede esposizioni speciali, dedicate a singoli artisti; e collaborò attivamente a modificarne lo statuto, oltre che a trasformare la più tradizionale scuola di pittura in un atelier d'arte, liberamente animato da soci frequentatori (Rovereto, Museo d'arte moderna e contemporanea, Archivio Grubicy-Benvenuti, Famiglia artistica).
Dall'insieme di relazioni, che egli intrecciò o rinsaldò all'interno della Famiglia, vale la pena di ricordare la rete amichevole di scambi di ordine culturale ed estetico che alimentarono i rapporti già precedentemente stabiliti con figure di industriali o banchieri milanesi, i Pisa, i Della Torre, i Della Beffa, gli Zaccaria, fornendo una consulenza all'acquisto di opere di maestri italiani, della tradizione scapigliata o dei contemporanei, tra cui le proprie opere, e una guida alla formazione di alcune tra le più importanti collezioni milanesi di pittura italiana del secondo Ottocento. In questi anni avviò anche la propria collaborazione con il periodico milanese La Cronaca d'arte.
La I Esposizione triennale di belle arti, organizzata presso l'Accademia di Brera, vide impegnato il G. nella doppia veste di artista espositore e di acceso difensore, attraverso il fondamentale intervento pubblicato su Pensiero italiano del settembre 1891, Tendenze evolutive delle arti plastiche alla Prima Esposizione triennale di Brera, della linea modernista in pittura, rappresentata per il G. dal dipinto Maternità di G. Previati (Novara, Banca popolare di Novara) che veniva introducendo, attraverso il più deciso e coraggioso rifiuto del verismo nella rappresentazione, la sperimentazione di un linguaggio segnico astratto, musicale, senza cessare di essere pittorico.
A questa data il G. aveva maturato la propria riflessione sui testi del modernismo franco-belga, ipoteticamente attraverso la mediazione della rivista L'Art moderne, per desumere da F. Fénéon proprio il termine di "ideismo", utile a connotare la tendenza sintetista, antireale, abbracciata con tanta radicalità da Previati (Damigella). Si celebrava dunque per il G. il passaggio da una concezione realista dell'arte a una convinta aspirazione simbolista, convogliando in tale nuova concezione dati di tradizione e aperture a decise novità linguistiche. In serio risalto emergeva la distanza che si era su questo piano creata con Segantini, che non rappresentava più per il G. il modello cui guardare in nome del rinnovamento nella nuova battaglia per l'arte: il dipinto sostenuto dal G. perché venisse esposto al Salon dei Rose-Croix a Parigi del 1891 fu Maternità di Previati.
Nel 1892 il G. rallentò la propria attività di pubblicista, per dedicare più tempo alla pittura. Per quattro anni si ritirò nella stagione invernale a Miazzina, presso Pallanza. Il progredire di una malattia che lo aveva colpito in anni precedenti lo rese a questa data quasi del tutto sordo. Proprio nell'isolamento di Miazzina del 1892 dovette prendere avvio l'idea di dare origine a un ciclo pittorico dedicato all'inverno in montagna.
Sempre più i dipinti di questi anni affrontarono la resa emozionale del paesaggio in particolari condizioni di luce e in ore distinte del giorno, caricandosi di valenze simboliche, come nella tela a olio Quando gli uccelletti vanno a dormire (Milano, collezione privata). È di questo periodo l'abitudine di avviare il lavoro di impressione dal vero in un primo tempo, sul posto, e poi di riprendere durante i soggiorni milanesi, in studio, l'esecuzione delle opere già iniziate, compiendo vere e proprie "rivisitazioni emozionali" (Rebora) del rapporto con il brano di natura. Alcune delle opere di questo ciclo sarebbero state presentate a Venezia, in occasione della II e III Biennale, sotto forma di due trittici, entrambi dal titolo Inverno in montagna, lo stesso del polittico in otto tele presentato nel 1911 alla prima rassegna della Associazione degli acquarellisti lombardi.
Alla I Esposizione internazionale biennale di Venezia del 1895 presentò le proprie acqueforti, che aveva cominciato a realizzare tra il 1893 e il 1894, servendosi del torchio presente nella sede della Famiglia artistica, e che tanto attrassero l'interesse di D. Tumiati. L'anno successivo prese parte alla I Triennale di Torino, per il catalogo della quale firmò sei interventi critici in forma di saggio che svolgevano tematiche relative alla centralità del simbolismo nell'arte e ad aspetti del divisionismo.
Oltre che ad altre esposizioni, avrebbe partecipato anche alle successive edizioni della Biennale fino alla IX (1910). Durante il soggiorno a Venezia per quella del 1897, intensificò rapporti di amicizia con il pittore M. De Maria, cui il G. sarebbe stato molto legato, e con il critico e letterato V. Pica. Alla IV Biennale, il Municipio di Venezia gli acquistò due tele destinate alla propria Galleria d'arte moderna. Alla Biennale del 1903 si presentò con tredici opere appartenenti a momenti diversi della propria esperienza artistica, componendo il polittico Crepuscoli e notturni. In occasione dell'VIII, nel 1909, espose tre dipinti, tra cui Il mattino, che entrò nelle raccolte del parigino Musée du Luxembourg (ora al Musée d'Orsay).
A partire dal 1909 e sino alla fine della vita si dedicò, inizialmente dietro sollecitazione del pittore B. Benvenuti che lo spronava a uscire dalla depressione seguita alla morte della madre, a eseguire ritocchi o integrali ridipinture di opere realizzate in anni precedenti, sovrapponendo alla stesura originaria una rinnovata tessitura pittorica in chiave divisionista.
Nella Milano dei primi anni del Novecento si venne a creare tra il G. e alcuni giovani artisti come C. Carrà, R. Romani, R. Viviani, C. Rho e G. Camona un legame molto forte fondato sulla condivisione di uno spirito postscapigliato e antiaccademico, tendente all'innovazione (Rebora). Nel 1911 prese infatti parte con alcuni pittori futuristi all'Esposizione di arte libera a Milano, presso il padiglione Ricordi.
In quell'anno fece la conoscenza di A. Toscanini, a lui presentato probabilmente da L. Bistolfi, con il quale stabilì un rapporto di salda stima e amicizia, e che divenne suo mecenate, raccogliendo nella propria collezione oltre sessanta sue opere. Nel 1915 partecipò con le acqueforti alla Mostra dell'incisione italiana, alla Permanente di Milano, all'Internazionale di Roma e all'Esposizione di San Francisco.
Il G. morì il 4 ag. 1920 a Milano, dopo aver predisposto il lascito alla Galleria d'arte moderna di Milano della propria collezione d'arte.
Fonti e Bibl.: T. Fiori, Archivi del divisionismo, Roma 1968, ad indicem; A.-P. Quinsac, La peinture divisionniste italienne. Origines et premiers développements, 1880-1895, Paris 1972, ad indicem; A.M. Damigella, La pittura simbolista in Italia, 1885-1900, Torino 1981, ad indicem; S. Rebora, V. G. de D., pittore divisionista (1851-1920), Milano-Roma 1995; Benvenuto Benvenuti: dal vero al simbolo, 1851-1959 (catal., Livorno-Trento), a cura di S. Rebora, Milano 2001, ad indicem.