GROTTA (dal gr. κρύπτα; fr. grotte; sp. gruta; ted. Grotte; ingl. grotto)
Grotta o caverna è, nel linguaggio comune, una cavità a sviluppo prevalentemente orizzontale, naturale o artificiale, che si addentra nel sottosuolo o nei fianchi di un monte. Nel linguaggio scientifico, si suole per lo più restringere l'uso della voce caverna a indicare i vani semplici, mentre si estende spesso l'uso della voce grotta a indicare qualsiasi cavità sotterranea, compresi i pozzi naturali. Più difficile a stabilirsi è l'uso proprio di questo termine allorché si tratti di cavità molto piccole, o che molto poco si addentrano. Vi sono tutti i passaggi fra le semplici nicchie di erosione e le grotte, sia per la dimensione dei vani, sia per la loro profondità; e così fra le piccolissime geodi delle rocce cristalline e quelle cavità maggiori, accessibili all'uomo, tappezzate di cristalli, che sono tra le meraviglie di certi massicci soprattutto granitici.
Lo studio delle grotte naturali e di tutti i fenomeni fisici, biologici e antropici che a esse si connettono, è oggetto della speleologia. Riservando a questa voce ciò che si riferisce allo sviluppo storico di tali conoscenze, ai metodi di ricerca e ai loro principali risultati generali, si espongono qui le principali caratteristiche delle grotte e dei fenomeni a esse relativi. Le grotte naturali hanno origini molto varie, che si possono compendiare nel prospetto seguente, utile anche a delinearne una classificazione:
Grotte di origine primaria, dovute a processi costruttivi, non distruttivi: Grotte di origine magmatica: cavità formatesi nell'irrigidimento di masse magmatiche intruse, per il raccogliersi di grandi quantità di gas e vapori. Le pareti di queste enormi bollosità si presentano, come le geodi, rivestite di cristalli di rocca (quarzo), agata, calcedonio, feldspati ecc. Grotte di scolamento lavico: si formano in grazia della proprietà che hanno le lave di raffreddarsi e irrigidirsi prontamente alla superficie, mentre, per la debolissima conducibilità termica della crosta raffreddata, le parti interne continuano a rimanere incandescenti-fluide e a scorrere anche se viene meno l'efflusso lavico dal camino vulcanico; la colata continua ad avanzare, lasciando vuota come un astuccio la sua prima crosta di consolidamento, con la volta interna per solito festonata da brandelli di lava rimastivi aderenti e poi irrigiditisi in forme pseudostalattitiche. Grotte di scogliera corallina: cavità rimaste casualmente libere durante la crescita della costruzione organogena, per solito di piccole dimensioni e con andamento molto irregolare. Grotte di deposito travertinoso: cavità rimaste casualmente durante la deposizione di calcari incrostanti, travertinosi, ecc., specialmente da cascate di acque contenenti notevoli quantità di carbonato di calcio in soluzione sotto forma di bicarbonato.
Grotte di origine secondaria, dovute cioè a fenomeni di rottura, di erosione, di dissoluzione o di fusione. Grotte di origine tettonica: dovute a litoclasi con o senza scorrimento di parti, in seguito a movimenti tettonici per spinte tangenziali (corrugamenti) o verticali (sollevamenti o abbassamenti), senza però che sia intervenuta in modo prevalente l'azione delle acque nell'allargamento dei vani. Grotte di frana: rimaste casualmente nell'accumularsi caotico di blocchi cadenti; sempre di dimensioni ridotte e di scarsa importanza. Grotte di erosione eolica: proprie delle regioni desertiche a intensa deflazione; per lo più allo stato di semigrotte o nicchie più o meno profonde. Grotte di erosione marina: scavate nelle coste rocciose entro le rocce più varie (persino nei basalti, come la famosa Grotta di Fingal) dall'azione dei flutti e della marea, massime in corrispondenza di fratture; ora chiuse a un estremo, ora in forma di gallerie con due sbocchi opposti; talora azzurre, se illuminate (come quella di Capri) da luce che abbia attraversato un notevole spessore di icqua marina. Grotte di erosione fluviale: sempre poco profonde, lungo i fiumi e torrenti. Grotte tarsiche o di corrosione: dovute cioè prevalentemente all'azione solvente delle acque d'infiltrazione nelle rocce più o meno solubili (salgemma, gessi, calcari e dolomie). Grotte glaciali o di fusione: dovute a squagliamento del ghiaccio per opera delle correnti d'acqua e d'aria circolanti nella massa di un ghiacciaio.
Interessanti senza dubbio tutti questi varî tipi, tanto singolarmente quanto per avere un quadro generale del fenomeno; ma si tenga presente che la quasi totalità delle grotte propriamente dette, e soprattutto delle maggiori, appartiene alla grande categoria delle grotte carsiche in rocce calcaree. Esse rappresentano l'effetto più manifesto di tutto quell'insieme di fenomeni che è legato alla circolazione sotterranea delle acque nelle rocce fessurate e più o meno solubili (v. carsici, fenomeni). L'allargamento delle fenditure è dovuto in massima parte all'azione solvente delle acque carbonicate sulle rocce calcaree, ma non deve negarsi anche una concomitante azione erosiva: nei periodi di piena anche i piccoli corsi d'acqua sotterranei acquistano portata notevole, e per l'irregolarità dei meati sono costretti a riempire le cavità maggiori, con rigurgiti e pressioni fortissime, che determinano energiche azioni vorticose dirette anche dal basso all'alto. Si spiega così da un lato la formazione delle lunghe gallerie praticabili, dall'altro la formazione dei vani enormi delle sale altissime, spesso paragonate a cattedrali, la cui vòlta è in certi casi elevata più di cento metri sul fondo.
La grotta più lunga che si conosca è quella del Mammut (Mammoth cave) nel Kentucky, il cui sviluppo di gallerie, stimato nel 1855 a 150 miglia (240 km. circa), in realtà pare non superi i 48 km. Segue immediatamente il sistema di grotte fra loro comunicanti e collegate di cui fanno parte le celebri Grotte di Postumia; la principale fra esse raggiunge una lunghezza complessiva di 8720 m. e lo sviluppo totale del sistema tocca i 23 km. È conosciuta per 5 km. la grotta veramente grandiosa di San Canziano, con sale alte più di 90 m., in cui si inabissa il Timavo soprano. Nell'Italia peninsulare la più lunga che si conosca è la Grotta Norce presso Castelcivita (Salerno), esplorata per 2,5 km.; non minore sembra una grotta scoperta recentemente (1931) riel Monte Pellegrino presso Palermo. Delle cavità sotterranee a sviluppo prevalentemente verticale. l'Italia possiede le otto più profonde che siano state finora esplorate nel mondo: la maggiore è la Spluga della Preta nel Veronese, che raggiunge i 637 m. di profondità. Il primato per densità di cavità carsiche è tenuto dalla Venezia Giulia, dove, tra il Quarnaro e l'Isonzo, sono state finora catalogate più di 3000 grotte.
Nello svolgersi del ciclo carsico l'andamento delle acque sotterranee finisce sempre per adeguarsi al livello di base segnato dal livello del collettore esterno in cui esse sfociano. Condizioni locali - e specialmente la presenza di più sistemi sovrapposti di fenditure nella roccia, massime se questa è nettamente stratificata e se vi è un forte dislivello iniziale - possono far sì che il raccordo con il livello di base si raggiunga soltanto attraverso lo stabilirsi di reti idrografiche sotterranee, via via abbassantisi con successivi sistemi di gallerie. Analoghi abbassamenti progressivi della rete sotterranea si hanno poi come naturale conseguenza di abbassamenti del livello di base. Tali sono le origini dei sistemi di grotte sovrapposte che sono molto frequenti nelle regioni carsiche; sistemi di cui, in regime idrico normale, soltanto l'inferiore è occupato dalle acque correnti, mentre nei superiori si hanno soltanto stillicidî. È quivi appunto che trova il massimo sviluppo la formazione delle stalattiti, depositi di calcare incrostante, per lo più alabastrino, lasciati dalle gocce d'acqua che tenevano disciolto il carbonato di calcio allo stato di bicarbonato. Dove lo stillicidio è localizzato in singoli punti, si formano, a seconda dei casi, tubicini penduli dalle volte stillanti i quali vanno man mano allungandosi e ingrossandosi, ovvero, attorno a un tubicino centrale, incrostazioni a forma di pan di zucchero, rovesciato; dove lo stillicidio ha luogo lungo tutta una fessura capillare, l'incrostazione di alabastro prende la forma di drappi o cortine. E sul pavimento si formano crostoni stalagmitici, più o meno spessi, rialzati in forma di mammelloni, pilastri o candele in corrispondenza degli stillicidî più abbondanti o più ricchi di calcare, sino a collegarsi con le sovrapposte stalattiti maggiori formando colonne nel mezzo dei vani e drappeggi scanalati sulle pareti. L'insieme, che si presenta svariatissimo nei particolari, assume assai frequentemente aspetti molteplici, non di rado con effetti di straordinaria bellezza.
Le incrostazioni presentano talvolta forme singolari, dovute a cause speciali: così le bacinelle stalagmitiche, talora disposte a gradinata; così i "confetti di grotta", concrezioni pisolitiche analoghe ai noti "confetti di Tivoli", ecc. Impurità meccaniche e chimiche dànno alle incrostazioni le loro tinte svariate. Stalattiti e stalagmiti calcaree si possono formare anche nelle grotte scavate in seno ai gessi, per il depositarsi di carbonato di calcio da una soluzione di solfato di calcio in acque carbonicate. Per l'analogia di forma, prendono il nome di stalattiti anche le produzioni consimili che si producono per l'irrigidimento di un fluido: così le stalattiti di ghiaccio, effimere ma comuni tanto nelle grotte glaciali quanto nelle grotte dei tipi più varî se la temperatura scende sotto lo zero; così le stalattiti di lava, che tappezzano le volte e le pareti delle grotte di scolamento lavico.
Oltre alle incrostazioni stalattitiche, le grotte presentano riempimenti parziali di varia natura: accumuli detritici di frana per crollo di vòlte o distacco di pareti, materiali di alterazione e degradazione quali argille, sabbie, brecce; materiali alluvionali grossi e sottili; riempimenti organici come guano di pipistrelli, ossami, relitti di vita umana, ecc. Dove le condizioni topografiche (estensione in profondità, apertura ristretta) permettono una stratificazione termica, si possono avere anche nelle medie latitudini e a non grande altezza, pozzi con neve e grotte con ghiaccio persistente, spesso vacuolare e con forme singolari di consolidamento e di fusione.
La temperatura delle grotte risente molto debolmente e lentamente le variazioni esterne; in generale restano senza influenza le variazioni diurne e solo in misura molto attenuata le stagionali. Nelle caverne meglio sottratte alle correnti d'aria e alle filtrazioni di acqua, la temperatura tende ad assumere valori stazionarî in equilibrio con quelli della roccia circostante, con oscillazioni anche inferiori a 1° nel corso dell'anno; nelle grandi gallerie percorse da fiumi sotterranei si è invece osservato che la temperatura risente notevolmente le variazioni esterne durante la stagione fredda, mentre non le risente quasi affatto nella stagione calda, durante la quale la temperatura è regolata da quella della roccia circostante. Variazioni termiche notevoli si hanno quando le variazioni di pressione generino correnti d'aria che possono essere anche assai forti (fino a m. 8,5 per secondo) nelle grotte a più uscite.
Di grande interesse è lo studio biologico delle grotte. Sono esse le sole vie che noi abbiamo per accedere all'ambiente ipogeo, il quale comprende tutti gli spazî sotterranei, fino alle più sottili fenditure, e in cui si svolge una vita terrestre e acquatica molto più intensa di quanto si potrebbe supporre. Prescindendo dagli organismi che vi si trovano comc ospiti occasionali o temporanei (trogloxeni), si sogliono distinguere negli animali cavernicoli i troglofili, capaci di vivere anche all'esterno, e i troglobî, esclusivamente ipogei, che sono i più interessanti: in essi il pronunciato adattamento all'ambiente oscuro, umido e a temperatura poco variabile si presenta spesso manifesto con perdita del pigmento e forme o strutture particolari (organi visivi spesso nulli o rudimentali, sviluppo di lunghi e sensibili organi tattili e olfattorî, allungamento delle zampe e delle antenne, riduzione o perdita delle ali, sensibilità alle oscillazioni termiche, ecc.). Fra i rappresentanti della fauna cavernicola si annoverano pipistrelli, roditori, anfibî (tra cui il famoso Proteo del Carso e altre forme affini, pure cieche, del Missouri e del Texas), pesci (di cui parecchi ciechi), molti insetti, aracnidi, miriapodi, crostacei, piccoli gasteropodi terrestri e d'acqua dolce, alcuni vermi (planarie, lombrici, ecc.), numerosi protozoi. In parte sono carnivori, in parte vivono a spese dei detriti organici in decomposizione, in parte si nutrono del contenuto organico del fango. Le piante non hanno alcun rappresentante troglobio, per quanto è noto, mentre ne hanno di troglofili: alghe, epatiche, muschi e felci si possono spingere anche nei recessi in cui l'intensità luminosa è appena una millesima (e persino una duemillesima) parte di quella che regna alla superficie; le fanerogame anche più adattabili si arrestano invece del tutto quando la luce ha un'intensità inferiore a 1/150 o 1/200 di quella esterna. Decolorazione, espansione delle lamine fogliari, allunamento dei cauli, internodî e piccioli, perdita di ogni pelosità, sostituzione della riproduzione per via vegetativa alla riproduzione sessuata, sono caratteri generali di questa povera flora. Nell'interno delle grotte, prescindendo da alghe che possono essere trasportate dalle acque, non vivono che funghi saprofiti, rari funghi parassiti (come saprolegnacee sui protei) e batterî. Importanti risultati ha dato lo studio degli avanzi paleontologici e paletnologici delle caverne. Rifugio di animali, specie di fiere, e rifugio dell'uomo, specie paleolitico e neolitico, le grotte ne hanno conservate reliquie preziose. I più antichi depositi che vi si riscontrano spettano al Diluviale o Quaternario antico: avanzi di fauna calda interglaciale (Elephas antiquus, Rhinoceros Mercki, Hippopotamus moior) e avanzi della razza umana di Neanderthal. Depositi di questo tipo furono rinvenuti in parecchie grotte della Liguria e della Sicilia. Più frequenti sono invece gli avanzi di una fauna fredda, spettante all'ultima glaciazione (Würmiana), e caratterizzata da Elephas primigenius, Rhinoceros tichorhinus, Ursus spelaeus, Felis spelaea, Gulogulo, Cervus alces, Rangifer tarandus, Bison priscus ecc., a cui si accompagnano resti dell'industria umana detta moustierana (dalle grotte di Le Moustier nel dipartimento della Dordogna) o di quelle del Paleolitico superiore (aurignaciana, da una grotta presso Aurignac nel dipartimento dell'Alta Garonna; solutreana; magdaleniana, dalle grotte La Madeleine nel dipartimento della Dordogna). Notevolissime sono le figure rupestri, incise e colorate con ocre o altre sostanze minerali, riproducenti animali, scene di caccia, di guerra ecc., che risalgono al Paleolitico superiore e che decorano le pareti e le vòlte di numerose grotte della Spagna e della Francia meridionale; in Italia se ne trovò finora soltanto un piccolo saggio in due graffiti della Grotta Romanelli in Terra d'Otranto.
I numerosi avanzi dell'uomo neolitico e della sua industria, riscontrati con frequenza nelle grotte, portarono valido contributo alla paletnologia; in Italia sono particolarmente da segnalare quelli della Liguria e del Carso, fra loro strettamente affini. Né con essi si esaurisce la serie dei depositi antropici delle caverne che sono degni di studio; anche le età del rame, del bronzo e del ferro ebbero i loro trogloditi, e anche nelle età dei metalli s' inumarono i defunti nelle grotte, come già durante l'età della pietra. Per le abitazioni in grotta v. caverna: L'uomo delle caverne.
Bibl.: v. carsici, fenomeni; speleologia.
Le grotte sacre. - Come i monti, i boschi, i fiumi, ecc., così anche le grotte, che si addentrano profonde nel seno oscuro della terra, impressionando fortemente l'animo del riguardante, sono state oggetto di venerazione fino da tempi antichissimi. Più tardi, o nella fase politeistica, e specialmente presso i popoli classici, furono considerate come abitazioni delle divinità ctonie (Demetra, le ninfe, i fauni, ecc.,), ovvero (specie se emanavano vapori fetenti e letali, da sembrare l'adito all'Ade) delle divinità infernali: e perciò dai Greci dette Plutonie. Così la grande madre Ida, la μήτηρ ὀρείη per eccellenza, in alcune incisioni sulla rupe ritrovate nella Frigia, è rappresentata abitatrice della rupe medesima, di cui apre le porte per mostrarsi con i suoi leoni ai suoi fedeli. Ma vi furono grotte sacre anche alle divinità superiori come Apollo, Dioniso e lo stesso Giove; sia perché servirono, come di abitazione agli uomini, così anche di riparo ai simulacri degli dei, sia perché le divinità maggiori, specie in Grecia, si assimilarono divinità locali anche ctonie, appropriandosene, con le qualità e gli attributi, anche i santuarî.
Fra le grotte del mondo classico sono soprattutto celebri quelle di Creta, e in specie quella nel monte Dicte dove Zeus sarebbe nato da Rea e avrebbe abitato, onde vi si vedeva a lui eretto un trono (Porphir., Vita Pythagorae, 17) e vi era stabilito un culto misterico; e un'altra non lungi da Cnosso nell'Ida (Callimaco, Inno a Giove, 8, 9; Cicerone, De natura Deorum, III, 53, ecc.), dove Zeus sarebbe stato sepolto. La grotta di Psychrós recentemente scoperta è forse diversa da entrambe, ed è piuttosto da identificare con la grotta di Lyttos, dove, secondo Esiodo, Zeus sarebbe stato condotto da Gea e educato dalle ninfe e dalle fiere. Grande venerazione godeva pure la grotta di Delfi che fu incorporata nel tempio di Apollo, e che in origine forse fu l'abitazione del Pitone, l'oracolo primitivo del luogo. Nel pendio settentrionale dell'acropoli ateniese si trovano due grotte, che furono consacrate l'una a Pan e l'altra ad Apollo. Presso Farsalo è stata recentemente scoperta una grotta consacrata a Pan e alle ninfe. Anche l'Asia Minore era ricca di grotte sacre: Pausania ricorda quella dedicata ad Apollo αὐλαιτης presso Magnesia.
Col diffondersi del culto dei misteri (v.), di Cibele, di Dioniso, ecc., nell'età ellenistica, le grotte ritornano anch'esse in onore: così il santuario dei misteri di Mitra (mitreo) consisteva in una grotta, naturale o imitata, forse per via dell'antica idea che il sole, di cui Mitra era l'incarnazione, abita, durante la notte, nella sua stanza posta nel profondo dei mari. Il passo omerico (Odyss., XIII) che parla dell'antro delle Naiadi in Itaca attrasse l'attenzione di Porfirio, che ne diede un'interpretazione allegorica.
Anche nel cristianesimo celebri santuarî, tra i primi quello di Lourdes, hanno la loro grotta sacra, e, senza tener conto della tradizione evangelica, in Palestina la tradizione locale indica a Betlemme una grotta come il luogo dove nacque Gesù Cristo, e a Nazareth un'altra come il luogo dell'Incarnazione.
V. tavv. CCIX-CCXII.
Bibl.: P. Saintyves, Les grottes dans les cultes magico-religieux, ecc., Parigi 1919; Chantepie de la Saussaye, Lehrbuch der Religionsgeschichte, 4ª ed. Tubinga 1925; O. Kern, Die Religion der Griechen, Berlino 1926.