GROSSETO
(Grossetum nei docc. medievali)
Città della Toscana meridionale posta al centro del territorio maremmano, nella pianura alluvionale dell'Ombrone, poco discosta dalla sponda destra del fiume, a breve distanza dal mar Tirreno.Un primitivo stanziamento dovette svilupparsi nell'Alto Medioevo al convergere del percorso costiero - peraltro pressoché abbandonato - nel tratto tra l'attraversamento dell'Ombrone e gli impaludamenti del lago Prile, e di uno degli antichi tracciati di penetrazione verso l'interno, in corrispondenza della città di Roselle, di fondazione etrusca.Del primo nucleo di G., con una chiesa di S. Giorgio - ancora esistente alla fine del sec. 12° -, si ha notizia per la prima volta da un documento dell'803 (Repetti, 1845), sebbene una successiva menzione della pianura grossetana genericamente come terra sancti Laurentii, dal nome della cattedrale rosellana, in un diploma di Ludovico il Pio dell'815 o 830 (Repetti, 1835), renda ragione dell'esiguità del primitivo stanziamento di G. e della limitata notorietà del toponimo.Tuttavia, nei secoli successivi, al progressivo spopolamento di Roselle dovette far riscontro un lento ma costante sviluppo urbanistico di G.; questo fenomeno speculare portò allo spostamento a G. della sede vescovile, attuato per ordine di Innocenzo II nel 1138. Alla fortuna della città tra i secc. 10° e 13° ha certamente contribuito la presenza della potente famiglia degli Aldobrandeschi, feudatari imperiali della Maremma, che signoreggiavano sul vasto territorio oggi corrispondente a grandi linee alla provincia di G.; essi fecero di questo comodo centro di pianura una delle loro abituali residenze, come dimostra un'abbondante documentazione, lasciando a famiglie satelliti il dominio su ciascuno dei piccoli abitati della zona. In equilibrio con il potere feudale fu quello vescovile, a cui pure facevano capo alcuni importanti centri fortificati strategicamente situati nei dintorni, mentre, a partire in particolare dalla fine del sec. 12°, si andarono costituendo le rappresentanze comunali, destinate peraltro a un ruolo di maggiore rilievo tra il Duecento e la prima metà del secolo successivo.La repubblica di Siena, grazie alla sua preponderanza militare ed economica, riuscì ben presto a imporre, gradualmente ma inesorabilmente, il suo potere sulla regione maremmana, imponendo tributi e reclutando truppe (già dal 1151), e rivalendosi con azioni militari nel caso di ribellioni o dinieghi da parte grossetana. Malgrado la riconferma ai conti Aldobrandeschi dei diritti sulla città da parte di Federico II nel 1221 e la conseguente concessione da loro effettuata delle libertà comunali nell'anno successivo - evidentemente con il proposito di ingraziarsi la popolazione che avrebbe dovuto difenderli da eventuali attacchi dei Senesi, nominali alleati -, con un colpo di mano la repubblica di Siena, in cerca di uno sbocco sul mare, conquistò la città nel 1224 distruggendone le fortificazioni, esigendo donativi e dichiarazioni di asservimento. Lo stesso imperatore svevo, che visitò la città nel 1243, la dichiarò nel 1250 direttamente dipendente dalla ghibellina Siena e a nulla valse - una volta in declino la potenza imperiale - alla troppo debole popolazione grossetana la ribellione del 1259, perché, anzi, la repubblica senese, particolarmente forte alla vigilia di Montaperti, decise la costruzione del primo cassero, con funzione di presidio militare e dissuasione da ulteriori dimostrazioni.A parte il periodo tra il 1310 e il 1336, quando il potere fu esercitato localmente dalla famiglia degli Abati, resisi in certa misura indipendenti dalla repubblica senese per poi venirne sconfitti, G., pur ribelle ancora nel 1355, restò saldo possesso dei Senesi, del cui stato costituì, peraltro, un importante e ben munito avamposto verso meridione e verso la costa, al punto da venire proposta, ma senza esito, nel 1559, come estremo possibile baluardo dell'indipendenza senese alla vigilia della completa conquista medicea.Le vicende urbanistiche di G. seguirono da vicino quelle storiche: le fortificazioni di età feudale vennero ricostruite e potenziate una prima volta alla metà del Duecento, mentre nel corso del Trecento la repubblica senese eresse uno dopo l'altro i quattro casseri di S. Pietro, del Sale, di porta Cittadina e di porta Senese, affidandone i lavori a vari architetti, tra cui Guido di Pace e Agnolo di Ventura. Tali strutture dovevano formare i cardini di un nucleo fortificato, a grandi linee quadrangolare, serrato da cortine di mura e aperto da tre o quattro porte; la città murata era incentrata sui percorsi urbani della via Aurelia e della ortogonale direttrice senese, ricalcati tuttora dai maggiori assi del centro urbano. La possente cerchia bastionata granducale del tardo Cinquecento ha solo in piccola parte riutilizzato questo sistema di fortificazioni. Rimane riconoscibile il notevole cassero della porta, inglobato nella fortezza medicea, a doppio corpo di fabbrica: mastio e recinto della porta, sia pure letteralmente sezionato dalle coperture dei bastioni rinascimentali. Ne emerge, chiaramente visibile nella sua netta volumetria, la parte superiore. Vi si scorge tra l'altro la faccia esterna di porta Senese, in travertino, del tipo ad arco acuto sbarrato, comune al Trecento senese, ancora recante la 'balzana senese', l'insegna bianconera dello stato committente. L'opera risale agli anni 1344-1345, come prova l'epigrafe che vi si trova, ed è da avvicinarsi ad altre fortificazioni coeve innalzate dai Senesi in patria e in Maremma, quali quelle di porta Romana e porta Pìspini, nel primo caso, o di Paganico, quest'ultima eseguita da Lando di Pietro nel 1334 (Archeologia e storia, 1980).Il cassero di porta Senese, recentemente restaurato, è stato oggetto negli scorsi decenni di scavi archeologici, che hanno restituito maiolica arcaica, in particolare boccali di fabbricazione pisana o senese, forme aperte talora di provenienza umbra e laziale e, negli strati inferiori, vetri a gocce duecenteschi probabilmente centroitaliani (Archeologia e storia, 1980). I reperti sono conservati al locale Mus. Archeologico e d'Arte della Maremma.Di un altro cassero senese, quello del Sale, non direttamente inserito nel tracciato cinquecentesco, resta un corpo di fabbrica rettangolare, in seguito rimaneggiato, presso l'od. porta Vecchia, struttura a sua volta ottenuta dal riadattamento della trecentesca porta Cittadina.La piazza maggiore del nucleo murato di G. (od. piazza Dante) ha sempre costituito il centro politico e religioso della vita cittadina. Il lato meridionale, ad andamento spezzato, caratterizzato da portici probabilmente eredi di un porticato due-trecentesco sul tipo di quello di cui si vedono i resti nella vicina via Aldobrandeschi (Garzelli, 1967), corrispondeva, con il lato orientale, al nucleo fortificato della corte comitale aldobrandesca, di origine altomedievale, a cavaliere del percorso della via Aurelia. Non è possibile tuttavia individuare parti delle attuali strutture che risalgano al Medioevo, se si eccettua lo scheletro volumetrico dell'od. palazzo della Provincia. Questo, un edificio di aspetto neogotico ricostruito nell'Ottocento e restaurato dopo la seconda guerra mondiale, insiste sui resti della residenza degli Aldobrandeschi e, poi, dei podestà, di cui riprende i muri d'ambito sino all'altezza del secondo piano, l'armatura delle bifore, la base della torre e dello scalone.Sul lato settentrionale della piazza, di fronte allo scomparso palazzo dei Priori, di origine gotica, si trova la cattedrale di S. Lorenzo, dedicazione ereditata da quella della cattedrale di Roselle, che la presente sostituì come sede episcopale. La pieve che vi sorgeva in epoca anteriore era invece consacrata alla Vergine.Il complesso edificio odierno, seppure di aspetto gotico, costituisce un interessante e articolato caso di completamento in stile di un monumento medievale, attuato a più riprese attraverso i secoli. Resta impossibile valutare con precisione la fase originaria della totale ricostruzione della fabbrica, avviata dall'architetto senese Sozio (o Sozzo) di Rustichino nel 1294, secondo quanto si apprende dall'epigrafe sul fianco meridionale; non è da escludere che in un primo momento ci si limitasse a fissare la posizione dei muri perimetrali del corpo longitudinale dell'edificio e a dare inizio alla facciata, mentre di verosimili interventi intorno al coro e all'altare maggiore non resta traccia, in assenza di saggi di scavo, dopo gli estensivi lavori di ricostruzione cinquecenteschi. A una seconda, vasta campagna edilizia, pienamente trecentesca e forse successiva alla nuova sottomissione a Siena del 1338 (Garzelli, 1967), sono da far risalire i fianchi del corpo longitudinale e la parte inferiore della facciata. In particolare il fianco meridionale, meno stravolto dai ripristini ottocenteschi, mostra, entro un parato murario a marmi bicromi bianchi e rosa, due finestroni archiacuti riccamente decorati, tra i quali un'edicola ospita una statua del patrono s. Lorenzo. Il portale del fianco, originale nella parte inferiore e reintegrato nel tardo Ottocento a partire dalla lunetta, comprende un corredo scultoreo di cui fa parte l'architrave con Redentore tra evangelisti, che, al pari degli altri elementi originali del fianco, richiama da vicino esperienze senesi della fine della prima metà del Trecento, come la decorazione del duomo Nuovo e del coro del duomo Vecchio, operate perlopiù dalla bottega familiare degli Agostini. Al linguaggio stilistico senese si rifanno altresì le parti autenticamente trecentesche della facciata e della controfacciata della cattedrale grossetana, peraltro maggiormente dipendenti da modelli della scuola di Giovanni Pisano e dunque arcaizzanti rispetto al fianco, come il portale minore sinistro, i simboli degli evangelisti, alcuni elementi della loggetta, il timpano di controfacciata e i vicini sostegni a muro inglobanti semicolonne, unico resto dell'interno della chiesa secondo il progetto della metà del Trecento. Quanto rimane della parte inferiore della facciata è il risultato della pulitura e sostituzione delle parti originali attuate nel Cinquecento e in differenti campagne di lavori nell'Ottocento (1816; 1837-1855).Il corpo longitudinale della chiesa al suo interno mostra una struttura a tre navate su pilastri cruciformi che, sebbene in ritmo contrastante con le spaziature delle aperture e delle decorazioni esterne, è verosimilmente opera di una fase costruttiva tardotrecentesca, più che della pur estesa ricostruzione cinquecentesca di Anton Maria Lari, come spesso supposto (Garzelli, 1967). Ne sono prova, oltre alla forma del pilastro, che ricalca anche nelle proporzioni esperienze mendicanti e cistercensi, la presenza della suppellettile e delle vetrate quattrocentesche e il solo ritrovamento, durante lavori di ripavimentazione, di un colonnato semplice (Garzelli, 1967), a evidenza quello della sottostante pieve romanica. I lavori cinquecenteschi, pagati come rifacimento di 'muraglie', sono piuttosto da riconoscersi relativi alla parte superiore dello stesso corpo longitudinale, al di sopra delle arcate, all'ordine superiore della facciata e al transetto e coro, del tutto ricostruiti. Ancora posteriori, della fine del secolo, sono le volte dell'intera costruzione e la cupoletta centrale. Nell'Ottocento all'intera chiesa è stata data una veste neogotica, con il rifacimento dei capitelli e la realizzazione di uno strato di rivestimento bicromo a scagliola, elementi imitanti le parti decorate nel Trecento. All'esterno, appartengono all'Ottocento il rosone e il coronamento della facciata, il rinnovamento delle superfici marmoree e il completamento del fianco meridionale. Il campanile tardogotico, del 1402, è stato anch'esso fortemente restaurato nel corso dei lavori ottocenteschi.All'interno di G. si trovano altri due edifici religiosi medievali. La chiesa romanica di S. Pietro conserva del tardo sec. 11° l'abside spartita da semicolonne e coronata da archetti su mensole, con lunghe monofore strombate, e il basamento della facciata e del campanile. Tre lastre riquadrate con linearistici animali e motivi vegetali a rilievo piatto, inserite sulla fronte, sembrano opera non anteriore allo stesso 11° secolo.La chiesa di S. Francesco fu ricostruita durante la seconda metà del Duecento sul luogo del monastero benedettino di S. Fortunato. Si tratta di un edificio in cotto fortemente restaurato, a navata unica priva di transetto, con cappella terminale quadrata. La facciata mostra un basamento marmoreo che la accomuna al S. Francesco di Pisa, opera di Giovanni di Simone (v.); la copertura, rinnovata, è a capriate. Gli edifici conventuali furono pressoché integralmente rifatti a partire dal Rinascimento. Sull'altare maggiore si trova una croce dipinta databile all'ottavo o nono decennio del Duecento, di mano e concezione estetica senese ma palesemente influenzata dall'opera di Cimabue, attribuita, sulla base anche della notevole qualità dell'esecuzione (Carli, 1965), all'attività giovanile di Duccio di Buoninsegna (v.).Nel Mus. Archeologico e d'Arte della Maremma si trovano, oltre a frammenti scultorei altomedievali provenienti da edifici religiosi scomparsi di Roselle e ai reperti di scavo del cassero di porta Senese, tavole dipinte, tra le quali un Giudizio universale di artista senese prossimo a Guido da Siena, una Madonna con il Bambino di Segna di Bonaventura, una tavola cuspidata dello stesso soggetto attribuita al Maestro della Madonna Straus, un S. Michele di Ugolino di Nerio e la Madonna delle ciliegie di Stefano di Giovanni, detto il Sassetta.Nel territorio suburbano sorgono alcuni interessanti centri minori e monumenti isolati. Tra questi si segnala il nucleo fortificato di Istia d'Ombrone, formato da un incastellamento altomedievale protetto da mura, di cui restano brevi tratti, a blocchi giganteschi di calcare, a imitazione delle mura etrusche della vicina Roselle, ma di forma irregolare, sommariamente sbozzati e legati da abbondante malta. All'esterno di tale struttura, che conserva ruderi degli edifici religiosi e residenziali che vi sorgevano, in primis la residenza dei vescovi di G., si trova l'abitato tardomedievale, con il palazzetto pretorio addossato alla seconda cerchia di mura, forse della metà del Duecento, presso la porta Grossetana. Sul lato opposto si trova la Portaccia, porta urbica in laterizio a due piani, interessante manufatto in precario stato di conservazione, vera e propria riduzione dimensionale del grandioso modello senese comune all'inizio del Trecento. La parrocchiale di S. Salvatore, di antica origine, si offre in una ricostruzione tardogotica che parrebbe risalire alla metà circa del Quattrocento. Vi si trova un capitello romanico a teste angolari riutilizzato come acquasantiera.Sulle colline dove sorgeva l'antica Roselle nulla appare oggi chiaramente ravvisabile come resto delle costruzioni medievali che la città possedeva, come la stessa cattedrale, dalla quale peraltro provengono frammenti di architravi o di recinzioni presbiteriali a girali a intreccio abitati, forse di tardo sec. 8°, conservati nel Mus. Archeologico e d'Arte della Maremma (Ciampoltrini, 1991), coerenti a quelli murati su una parete duecentesca della pieve di S. Martino nella vicina Batignano, paese in cui, sempre nel Duecento, si montò una rustica loggetta civica con colonne e capitelli di spoglio ancora razziati a Roselle. Su un poggio dell'acropoli rosellana resta la grande fortificazione nota come Tino di Moscona, cinta murata di forma ovale, con tracce di costruzioni all'interno, probabilmente edificata nel tardo sec. 12° in vista di un arroccamento, non attuato, della residenza vescovile (I castelli del Senese, 1985).Su un'altura del massiccio dell'Uccellina, quasi a picco sul Tirreno, sorge l'abbazia di S. Rabano all'Alberese, originariamente intitolata a S. Maria, monastero benedettino di cui si ignora la data di fondazione, gradualmente ricostruito a partire dall'inizio del 1100, a pianta a T con navata unica e tre absidi, nelle forme semplici del Romanico locale, con tiburio ottagonale su base quadrata di tipo lombardo e bracci del transetto voltati a botte, precedendo in ciò importanti edifici della regione, come il duomo di Sovana, risalente alla seconda metà del secolo (Ascani, 1992). La navata è stata voltata a crociera e affiancata da un campanile a ordini di aperture, forse alla fine del secolo. Al centro di aspre rivendicazioni di possesso, l'abbazia, trasformata in commenda prima del 1303, passò più volte di mano tra i Frati Ospedalieri, la famiglia degli Abati e il Comune di G. prima e quello di Siena poi, ricevendo - anteriormente al 1336, quando venne definita domus seu fortilitium, e dunque negli anni del potere degli Abati (Giordano, 1965-1966; Maioli Urbini, 1984) - un coronamento merlato e opere di fortificazione in parte ancora visibili malgrado la semidistruzione del complesso, definitivamente abbandonato nel Cinquecento.Un ultimo centro suburbano di qualche interesse nel panorama locale dell'arte medievale è Montepescali, la cui cinta fortificata, la torre civica e alcune delle chiese risalgono al 12°-13° secolo. Passato alle dipendenze dello Spedale senese di S. Maria della Scala, che possedeva nei pressi una grangia fortificata, il paese ha vissuto una stagione di particolare fervore artistico alla fine del Trecento, epoca a cui risalgono il rifacimento di numerose costruzioni e la realizzazione degli affreschi con Storie della Vergine nella chiesa di S. Niccolò.
Bibl.: E. Repetti, s.v. Grosseto, in Dizionario geografico, fisico, storico della Toscana, II, Firenze 1835, pp. 525-555; suppl., Firenze 1845, p. 116 (rist. anast. Roma 1963); E. Chiarini, Del Duomo di Grosseto, Grosseto 1893; A. Ademollo, Monumenti medioevali e moderni della provincia di Grosseto, Grosseto 1894; A. Cappelli, Il palazzo provinciale di Grosseto, Grosseto 1903; A. Canestrelli, Arte antica sanese, Siena 1904; Venturi, Storia, IV, 1906, p. 386; Toesca, Medioevo, 1927, p. 573; M. Salmi, L'architettura romanica in Toscana, Milano-Roma [1926], p. 50; id., La scultura romanica in Toscana, Firenze 1928, pp. 30-32; G. Vigni, L'architettura del duomo di Grosseto, RivA 20, 1938, pp. 49-59; E. Fedi, L'abbazia di S. Maria dell'Alberese presso Grosseto, Napoli 1942; M. Moretti, L'architettura romanica religiosa nel territorio dell'antica Repubblica senese, Parma 1962; E. Carli, Ricuperi e restauri senesi. I. Nella cerchia di Duccio, BArte, s. V, 50, 1965, pp. 94-99; A.M. Giordano, S. Rabano, un monumento romanico nella campagna grossetana, Bollettino della Società storica maremmana, 1965, 11, pp. 5-16; 12, pp. 5-24; 1966, 13-14, pp. 23-47; A. Garzelli, Il Duomo di Grosseto, Firenze 1967; Archeologia e storia di un monumento mediceo. Gli scavi nel 'cassero' senese della fortezza di Grosseto, a cura di R. Francovich, S. Gelichi, Bari 1980; I. Moretti, R. Stopani, Romanico senese, Firenze 1981; M. Maioli Urbini, San Rabano: chiesa, monastero e torre dell'Uccellina, Grosseto 1984; I castelli del Senese. Strutture fortificate dell'area senese-grossetana, a cura di A. Della Valle, Milano 1985, pp. 316-Bibl.: 320; S. Bueti, L'archivio vescovile di Grosseto, Grosseto 1988; Le fortificazioni di Grosseto. Premesse per un recupero, a cura di L. Pescatori Ciappi, Firenze 1989; Le mura di Grosseto. Rilievi e studi per il recupero, a cura di M. Bini, Firenze 1990; Torri e castelli della provincia di Grosseto, a cura di G. Guerrini, Siena 1990; G. Ciampoltrini, Annotazioni sulla scultura di età carolingia in Toscana, Prospettiva 1991, 62, pp. 59-66; V. Ascani, Architettura e scultura architettonica, in Il duomo di Sovana, a cura di F. Salviati, Roma 1992, pp. 39-67; M. Maioli Urbini, I monumenti del parco naturale della Maremma, Siena 1994, pp. 77-101; Guida storico-artistica alla Maremma. Itinerari culturali nella provincia di Grosseto, a cura di B. Santi, Siena 1995, pp. 119-146.V. Ascani