GROPPO, Domenico, detto Groppino
Non si conosce la data di nascita di questo capomastro e architetto lombardo - era originario di Musso nel Comasco -, figlio di maestro Antonio e attivo a Vicenza nella seconda metà del XVI secolo, spesso in collaborazione con A. Palladio.
Gli studiosi si dividono tra chi lo considera "il maggiore rappresentante dell'architettura minore, emulo ed imitatore del Palladio" (Zorzi, 1963, p. 135, al quale si fa riferimento dove non altrimenti indicato) e chi invece lo relega al ruolo di "collaboratore in sottordine" del maestro (Cevese, 1980, p. 545). In realtà il suo percorso sembra essere stato più complesso, da studiare nell'ambito dei rapporti esistenti tra Palladio, i suoi numerosi committenti e i suoi collaboratori.
Non si sa in quale momento il G. giunse in città; nel 1545 risulta già iscritto alla fraglia dei muratori e scalpellini di Vicenza. Al 1550 risale la prima notizia riguardante la sua attività di capomastro impegnato in una serie di lavori da effettuare nel monastero di S. Domenico. Il 30 apr. 1554, insieme con G. Venturini da Venezia, si impegnò a costruire per il conte P. Capra una fabbrica a S. Pietro Engù.
Tale costruzione, realizzata inglobando una preesistente struttura, è stata sostanzialmente trasformata nel Seicento. Il contratto comunque testimonia come già a questa data il G. si dedicasse anche all'attività di progettazione.
Nel 1556 egli risultava iscritto all'Accademia Olimpica al cui interno, insieme con l'amico pittore G.A. Fasolo, ricopriva il ruolo di conservatore alle leggi.
Al novembre del 1560 risale la stesura del suo primo testamento, dal quale si ricava che era residente in contrada S. Corona, sposato con la lombarda Maddalena Bruni, e privo di prole; inoltre, la cospicua entità dei suoi lasciti dimostra il suo stato di agiatezza.
Dall'elenco dei crediti elencati nel testamento si ricava che entro il sesto decennio egli aveva realizzato, in collaborazione con il cognato A. Bruni, la fabbrica per il conte P. Da Porto, che è stata localizzata a Vivaro di Dueville e corrisponderebbe al corpo centrale dell'attuale villa Cicogna (Dalla Pozza, p. 162). La costruzione realizzata dal G. per Paolina Da Porto è stata invece riconosciuta da Zorzi nella villa Porto a Torri di Quartesolo; mentre la fabbrica che l'architetto affermò di aver condotto a termine per Vincenzo Poiana si dovrebbe identificare con la casa Poiana situata in via di S. Caterina a Vicenza. Qui, secondo pareri pressoché unanimi, il G. rivestì il solo ruolo di esecutore materiale dell'opera di certa matrice palladiana (Barbieri, 1987, pp. 96 s.).
Tra il 1555 e il 1560 partecipò alla realizzazione della villa di G. Chiericati (ora Rigo) a Vancimuglio.
Sebbene nessun documento lo precisi in modo inequivocabile, la critica sembra essere concorde nell'attribuirne il progetto a Palladio e nel relegare il G. al ruolo di mero esecutore; tuttavia alcune incertezze rilevabili nei prospetti e i documentati rapporti tra la committenza e il G. porterebbero a supporre un ruolo meno diretto di Palladio che forse si limitò a inviare i suoi disegni nelle linee essenziali, lasciandone poi la scelta e l'esecuzione al suo collaboratore (Dalla Pozza, pp. 162-164).
Tra il 1561 e l'anno seguente il Consiglio comunale affidò al G. la manutenzione dei palazzi pubblici della città, per la durata di un quinquennio, e la selciatura delle principali strade cittadine (Mantese, 1974, p. 663). Nel contempo fu incaricato, in collaborazione con A. Sbari, di ideare e ricostruire la scala del palazzo del Podestà.
Intorno al 1563 egli collaborava, su probabile direttiva di Palladio, alla costruzione del palazzetto Da Schio in contrada S. Marco (Zaupa, pp. 232 s.). Nei primi mesi del 1566 fu impegnato nella ristrutturazione della sede del Collegio dei notai vicentini e probabilmente nel corso dello stesso anno, rimasto vedovo, sposò Caterina di Maffeo Serpa. Il 28 apr. 1567 le suore del monastero di S. Domenico stipularono un accordo con il G. per la realizzazione di una serie di modifiche e di ampliamenti che riguardò in particolare il chiostro dove egli ricostruì due lati del portico riproponendo le stesse forme delle parti originali.
Parallelamente l'architetto, il cui aumentato prestigio fu sottolineato dalla sua nomina a "gastaldo" della fraglia dei mastri murari, continuò a svolgere la funzione di perito in questioni di edilizia per conto dell'amministrazione comunale e dei notabili della città.
Ancora nel 1572 egli fu invitato a fare la stima e la divisione del consistente patrimonio dei conti Thiene del ramo dell'Aquila. La frequentazione della nobile famiglia ha portato a ipotizzare che il G. possa essere stato l'artefice della coeva costruzione della facciata del palazzo di E. Thiene sul corso di Vicenza, andato distrutto durante l'ultima guerra. Un'evidente analogia stilistica con questa facciata ha suggerito di assegnare al G., seppure con qualche riserva, anche l'ideazione e l'esecuzione del palazzo Garzadori in contrada di Piancoli (Puppi, p. 304). A questi anni dovrebbe pure risalire la costruzione del palazzo di B. Poiana in contrada S. Tommaso in cui probabilmente il G. rivestì il ruolo di semplice esecutore di un progetto riconducibile a Palladio (Barbieri, 1987, pp. 96 s.).
Nel 1579 l'architetto fu impegnato in lavori di consolidamento al ponte di Torri di Quartesolo, la cui ricostruzione era stata già ordinata a Palladio nel 1559.
All'inizio del nono decennio il G. fece di nuovo testamento nominando erede universale la seconda moglie Caterina. Nello stesso periodo giunse a compimento la costruzione della palazzina di B. Da Monte a S. Corona.
Si tratta di un'altra architettura sulla cui attribuzione si è molto discusso. Parte della critica ha affermato la paternità di Palladio sul progetto; ma l'analisi compositiva della facciata del palazzo mostra numerose imprecisioni e scorrettezze che farebbero supporre un intervento del Groppo. Sono del resto ampiamente documentati i suoi buoni rapporti con la famiglia Da Monte, senza dimenticare che in qualità di esecutore di alcuni progetti palladiani egli aveva probabilmente a disposizione alcuni disegni del maestro (Morresi, pp. 117-119).
Sono stati attribuiti al G. (Arslan, p. 138) l'esecuzione del progetto, e forse anche la paternità, per la chiesa di S. Maria Nuova a Vicenza, architettura di ispirazione palladiana costruita tra il 1585 e il 1590.
L'ultimo decennio del secolo vide l'anziano architetto ancora impegnato in alcuni lavori per il monastero di S. Pietro e forse anche nella costruzione della facciata della relativa chiesa, completata nel 1597 (Dalla Pozza, p. 159). Al medesimo anno risale la stesura dell'ultimo testamento del G. dalla cui lettura si apprende che, morta la seconda moglie, egli si era risposato con una tale Polissena, dalla quale aveva avuto due figli.
Il G. morì a Vicenza nel 1597 (Mantese, 1967, pp. 427 s.).
Fonti e Bibl.: A. Magrini, Memorie intorno la vita e le opere di A. Palladio, Padova 1845, pp. 39-41; A.M. Dalla Pozza, Palladio, Vicenza 1943, pp. 156-167, 173 s., 208-210, 215-217; F. Barbieri - R. Cevese - L. Magagnato, Guida di Vicenza, Vicenza 1953, pp. 80, 152, 194, 328, 349; E. Arslan, Vicenza. Le chiese, Roma 1956, pp. 74, 138, 142; G. Zorzi, Domenico Groppino di Musso, in Arte lombarda, VIII (1963), pp. 114-146; G. Mantese, Memorie storiche della Chiesa vicentina, III, Vicenza 1964, pp. 988, 1004; Id., La cappella maggiore della chiesa di S. Michele, opera di D. Groppino, in Studi in onore di Antonio Bardella, a cura di M. Bardella, Vicenza 1964, pp. 246 s.; G. Zorzi, Le opere pubbliche e i palazzi privati di Andrea Palladio, Vicenza 1965, pp. 228, 233, 256, 281; G. Mantese, Ancora sul palazzo Dal Monte a S. Corona, in Boll. del Centro internazionale di studi di architettura Andrea Palladio, IX (1967), pp. 425-428; G. Zorzi, Le chiese e i ponti di Andrea Palladio, Vicenza 1967, pp. 179, 192, 209; Id., Le ville e i teatri di Andrea Palladio, Vicenza 1968, pp. 157-159, 226; G. Mantese, Memorie storiche della Chiesa vicentina, IV, Vicenza 1974, pp. 663, 666, 1076, 1242; L. Puppi, Andrea Palladio, Milano 1977, pp. 242, 249, 261, 296, 304, 326, 336 s., 351, 425, 427; A. Canova - G. Mantese, I castelli medievali del Vicentino, Vicenza 1979, pp. 46 s.; D. Battilotti, Vicenza al tempo di Andrea Palladio attraverso i libri di estimo del 1563-1564, Vicenza 1980, pp. 47, 57, 71 s., 92, 148 s., 157, 215; R. Cevese, Ville della provincia di Vicenza, Milano 1980, pp. 358-360, 441, 545; F. Barbieri, Vicenza città di palazzi, Milano 1987, pp. 50, 64, 96-98, 100, 102; M. Morresi, Un apocrifo palladiano: palazzo da Monte-Migliorini a Vicenza, in Andrea Palladio: nuovi contributi, a cura di A. Chastel - R. Cevese, Vicenza 1989, pp. 112-119; G. Zaupa, Andrea Palladio e la sua committenza. Denaro e architettura nella Vicenza del Cinquecento, Roma 1990, pp. 89, 99, 201, 232 s., 235, 239 s.; F. Barbieri, Architetture palladiane. Dalla pratica del cantiere alle immagini del Trattato, Vicenza 1992, pp. 45, 119, 168, 231.