GRISSIANO
(ted. Grissian)
Località in prov. di Bolzano, nei pressi della quale sorge la piccola chiesa di S. Giacomo. L'edificio, di probabili origini altomedievali (Rasmo, 1962), sorge isolato a mezzacosta lungo il tracciato di un'antica strada di collegamento tra la conca di Merano e l'Oltradige.La chiesa, ad aula rettangolare con abside semicircolare sporgente, è stata sopraelevata e dotata di campanile verso la fine del Trecento, mentre ha riacquistato l'originario soffitto piano nel restauro del 1956, che ha provveduto a demolire la volta barocca, completando così anche lo scoprimento degli affreschi romanici della parete orientale, iniziato trenta anni prima.Nella parte inferiore del catino absidale si conserva una grande iscrizione dedicatoria che ricorda la consacrazione dell'edificio nel 1142, a opera del vescovo Artmanno, e i nomi dei donatori: Rodolfo (von Marling) e la sua consorte. L'iscrizione era stata coperta già agli inizi del Duecento da uno strato pittorico omogeneo ai dipinti romanici dell'abside, raffigurante apostoli al di sotto di arcate, strappato nel 1927 e ora conservato frammentario (Bolzano, Mus. Civ.).I dipinti romanici conservati in situ raffigurano nella conca absidale Cristo in trono inserito entro una mandorla, circondato dal Tetramorfo e dalle figure stanti della Madonna e di S. Giovanni Battista; sull'arco absidale, al di sotto di un fregio a meandro intervallato da protomi umane e mascheroni, sono raffigurati il Sacrificio di Isacco, narrato in due scene (la Salita al monte e l'Angelo che ferma Abramo), e quindi l'Offerta di Abele e di Caino a Dio.Gli affreschi, segnalati per la prima volta da Domanig (1886) con errata datazione al 1500, furono riconosciuti come romanici (Atz, Schatz, 1902-1910) e datati da Garber (1928) al 1200 circa. L'iscrizione venne letta da Gerola (1928-1929), mentre Morassi (1929; 1934) li assegnò alla stessa epoca e alla stessa scuola pittorica dei dipinti nel castello di Appiano (Schloss Hocheppan), della fine del sec. 12°, pur in un'accezione più provincializzata. Per primo Arslan (1935) diede approfondita lettura critica degli affreschi, segnalando le affinità con le miniature di Ratisbona-Prüfening, a loro volta filiazioni da Salisburgo, e minimizzandone le influenze bizantine. Per Demus (1968) gli affreschi di G. rientrano nei cicli di sintesi tra stile italo-bizantino e romanico-nordico, tesi sviluppata anche da Rasmo (1962; 1971), pur con un più esplicito riferimento all'ambiente locale influenzato in primis dal Maestro di Montemaria a Burgusio (Burgeis) e, quindi, dal ciclo di chiara impronta bizantina di S. Maria del Conforto a Maia Bassa (Untermais), presso Merano. Rasmo (1962; 1971) riconobbe due mani diverse nell'esecuzione degli affreschi, assegnando a una personalità distinta la scena con il Sacrificio di Isacco. Bertelli (1994) ha riproposto i rapporti con l'area di Ratisbona-Prüfening-Salisburgo, accanto al riconoscimento di influssi lombardi, cui rimandano il fregio a meandro figurato e l'immagine 'selvaggia' di s. Giovanni Battista; gli sfondi montuosi, già letti (Morassi, 1934; Demus, 1968; Rasmo, 1971) quale rielaborazione dell'artista del paesaggio dolomitico a conferma di una sua personale sensibilità verso la riproduzione del dato naturalistico, vanno considerati invece quale citazione tratta dal repertorio formale bizantino.I riferimenti stilistici delle pitture di G., e in primo luogo di quelle dell'arco absidale, sono in effetti molteplici: da un lato il taglio nervoso delle figure e dei panneggi rimanda all'ambiente di Ratisbona-Prüfening e prelude agli sviluppi protogotici della pittura lineare nordica, mentre gli apparati decorativi, fregi e sfondi, più che esempi di libera interpretazione, si dimostrano retaggio di cultura tardoantica - le teste nel fregio a meandro figurato sono lampanti derivazioni da mosaici tardoantichi, cui fa riferimento esplicito anche lo sfondo multicolore e puntinato -, alla quale rimandano anche i numerosi fiori che segnano il paesaggio. L'importanza del 'filtro' bizantino non può comunque essere sottovalutata, soprattutto alla luce di nuovi ritrovamenti nella zona, come per es. gli affreschi frammentari rinvenuti nei dintorni di Glorenza (Glurns), in val Venosta, che contribuiscono in maniera essenziale alla modifica del panorama finora noto del Romanico atesino, supportati anche dalle notizie (Masser, Siller, 1983) di stretti contatti documentati tra la nobiltà locale e l'ambiente di Aquileia. La datazione nei primi anni del Duecento appare tuttora la più convincente.
Bibl.: K. Domanig, Notizen, MZKomm, n. s., 12, 1886, pp. XXIII-XLII: XXXV-XXXVI; K. Atz, A. Schatz, Der deutsche Anteil des Bistums Trient, 5 voll., Bozen 1902-1910: IV, pp. 96-99; J. Garber, Die romanischen Wandgemälde Tirols, Wien 1928, pp. 83-85; G. Gerola, L'iscrizione dedicatoria della chiesa di Grissiano (1142), Atti del R. Istituto veneto di scienze, lettere e arti 87, 1928-1929, pp. 167-177; A. Morassi, Gli affreschi romanici di Grissiano, Dedalo 9, 1929, pp. 661-676; id., Storia della pittura nella Venezia Tridentina, Roma 1934, pp. 95-106; W. Arslan, A proposito degli affreschi romanici di Grissiano, Studi trentini di scienze storiche 16, 1935, pp. 157-186; N. Rasmo, La chiesa di S. Giacomo a Grissiano, Cultura atesina 16, 1962, pp. 43-55; O. Demus, Romanische Wandmalerei, München 1968 (trad. it. Pittura murale romanica, Milano 1969); N. Rasmo, Affreschi medievali atesini, Milano 1971; A. Masser, M. Siller, Der Kult des heiligen Oswald in Tirol und die ''Hirschjagd'' der Burgkapelle von Hocheppan, Der Schlern 57, 1983, pp. 55-91: 75-78; C. Bertelli, La pittura medievale in Trentino-Alto Adige, in La pittura in Italia. L'Altomedioevo, a cura di C. Bertelli, Milano 1994, pp. 90-104.S. Spada Pintarelli