GRIGI (de Grigis), Guglielmo, detto il Bergamasco
Figlio di Giacomo, non se ne conosce la data di nascita, fissabile intorno al 1480 in considerazione dello svolgimento della sua attività sicuramente documentata.
Non vi è alcuna prova certa nemmeno del fatto che egli sia nato ad Alzano (oggi Alzano Lombardo) in Valbrembana, vicino a Bergamo, anche se da questa cittadina dichiarerà di provenire in alcuni documenti che lo riguardano. Ludwig ha, anzi, proposto di identificarlo con il Guglielmo di Giacomo che compare in due testamenti (1513 e 1520) di Giovanni di Giacomo di Miragolo, località sempre nei dintorni di Bergamo e non lontano da Alzano. I due, entrambi lapicidi, che avevano bottega a Venezia, a S. Aponal, potrebbero essere stati fratelli; comunque essi sono ancora documentati insieme nell'esecuzione del progetto del dormitorio di S. Antonio di Castello nel 1546. L'identificazione può essere rafforzata dal fatto che Silvestro di Giacomo, sicuro fratello di Giovanni, lavorava anche lui con il G. nel 1520 per l'altare di S. Antonio di Castello. Ma, se è così, nel senso che tutti e tre i figli di Giacomo abitavano e lavoravano a Venezia fin dal 1513, se ne può ricavare che il padre avesse fatto parte di quelle nutrite file di artisti e artigiani bergamaschi che si spostavano, almeno stagionalmente, per lavorare nella città lagunare. In nessun caso, comunque, è accettabile l'identificazione del G. proposta da Caffi con un lapicida, Vielmo Vielmi, attivo nella chiesa prepositurale di Alzano Maggiore, il cui patronimico è assolutamente inconciliabile con i dati disponibili.
Molto probabilmente saranno stati i legami famigliari (documentati da Caffi) con la famiglia Bon (o Bono), in particolare con il proto Bartolomeo iuniore, più vecchio del G. di circa una generazione, a spianargli la strada dei cantieri veneziani. Infatti, dopo un naturale apprendistato e dopo essersi inserito nell'ambiente veneziano abbastanza per diventare confratello della prestigiosa Scuola grande di S. Giovanni Evangelista (Paoletti), il 1° sett. 1517 il G. vinse, con un maestro Rocco (forse il lapicida Rocco da Padova), l'appalto per la costruzione delle Procuratie (Procuratie vecchie) in piazza S. Marco sotto il controllo e la direzione di Bon. Il contratto, stipulato da Antonio Grimani e Lorenzo Loredan, procuratori di S. Marco, è assai preciso ed enumera i requisiti tecnici richiesti, la qualità dei materiali, dell'intaglio e della messa in opera delle pietre, e impone di conformarsi, dal punto di vista formale, in tutto e per tutto alla parte già costruita vicino alla torre dell'Orologio. Alcuni mesi dopo, il 1° dicembre, i procuratori di S. Marco riconfermavano l'incarico al solo Grigi.
Sulla base di una supposta tradizione locale, Temanza propose di attribuire al G. l'edificazione della porta Venezia, o del Portello, sul canale del Brenta a Padova, non senza sollevare lo scetticismo degli eruditi locali. La fabbrica, che risente del tardo stile architettonico di Tullio Lombardo, è datata 1518 da un'iscrizione su entrambe le facciate e fu eretta, almeno in parte, durante la podesteria di Marco Antonio Loredan. Anche la porta S. Tommaso a Treviso, costruita nell'ambito della campagna di fortificazioni del Dominio dopo i tragici anni di Agnadello, reca la data 1518 unitamente alle armi del podestà Paolo Nani: l'attribuzione è sempre di Temanza, ma in questo caso il problema critico è ancora più intricato poiché alle fortificazioni cittadine lavorarono dalla fine del primo decennio Fra' Giocondo (Giovanni Giocondo da Verona) e Alessandro Leopardi secondo ruoli non ancora del tutto chiariti.
La prima opera che parrebbe essere stata ideata dal G. insieme con Taddeo di Bartolomeo e Silvestro di Giacomo è purtroppo andata perduta: si trattava di un altare in S. Antonio Abate di Castello per il quale rimangono i pagamenti tra il luglio del 1520 e il marzo del 1522, fatti per conto di Antonio Contarini patriarca di Venezia. L'altare, andato disperso con la distruzione della chiesa, è stato identificato con quello costruito da Ettore Ottobon, nipote del priore del convento Francesco Antonio. Vi era collocata la pala di Vittore Carpaccio con i Martiri del Monte Ararat (1515); e sarebbe stato rifatto in marmo dal G. con grande profusione di marmi colorati e dorature. Non è, invece, sicuro che sia il G. a essere stato pagato nel 1522 per lavori nella cappella presbiteriale di S. Maria Maggiore di Treviso, una fabbrica dove era coinvolto anche Tullio Lombardo.
Ben documentata è la commissione da parte dei procuratori de citra, Antonio Tron e Andrea Gussoni, dell'altare di Verde Della Scala, vedova del marchese Niccolò II d'Este, signore di Ferrara, morta in Venezia nel 1394.
Dopo aver a lungo procrastinato l'esecuzione delle volontà della testatrice, il 6 dic. 1523 veniva firmato il contratto in presenza di Bartolomeo Bon, del quale è specificata nel documento la parentela con il G., per un altare che doveva sorgere nella chiesa dei servi di Maria (ora trasportato in Ss. Giovanni e Paolo): il G. si impegnò a realizzare il disegno che aveva preparato e dal quale l'intagliatore Biagio da Faenza aveva tratto un modello. La statua centrale della Maddalena fu scolpita da Bartolomeo di Francesco Bergamasco. L'architettura dell'altare mostra alcune caratteristiche tipiche del G.: le colonne sono usate in senso eminentemente decorativo; ricchissima è la decorazione di marmi colorati; il lessico architettonico rielabora quello delle ultime realizzazioni di Mauro Codussi. Alcune delle medesime caratteristiche di stile si ritrovano nell'altare maggiore già in S. Giminiano a Venezia, certamente finito ante 1525, che, contenendo sculture di Bartolomeo Bergamasco, potrebbe ancora una volta essere frutto di una collaborazione tra i due conterranei.
Il successo dell'altare Della Scala, finito all'incirca entro l'anno seguente, deve essere stato decisivo per ottenere al G. l'incarico per l'altare del celebre diarista Gerolamo Priuli nella nuova chiesa dei canonici lateranensi di S. Salvador: il contratto risale al 15 nov. 1524.
La costruzione durò qualche anno tanto che il 4 dic. 1528 fu stipulato un altro accordo per i gradini e le ultime parti di esso; entro il marzo 1546, data del testamento di Girolamo, doveva essere al suo posto anche la statua di Tommaso Lombardo. Altre opere volute dal Priuli sono state attribuite al G., e in particolare il completamento della cappella della Croce in S. Michele a Murano, la porta della chiesa di Ognissanti e la cantoria dell'organo in S. Salvador. In quest'ultima chiesa il G. lavorò anche al ricchissimo altare maggiore destinato a contenere la pala argentea medievale, nonché la coperta con la Trasfigurazione, realizzata nei primi anni Sessanta del Cinquecento da Tiziano.
Continuando la prassi di Mauro Codussi, e poi di Giorgio Spavento, di Bartolomeo Bon, di Antonio Abbondi detto lo Scarpagnino, anche il G. sembra aver separato il mestiere di proto lapicida da quello di scultore e statuario: una scelta contraria alla tradizione veneziana del secolo precedente, ma in sintonia con l'affermarsi di una specificità professionale della res aedificatoria. Al contrario, il suo impiego nei grandi cantieri pubblici della Signoria e certe arditezze costruttive da lui messe in atto fanno ritenere che il G. fosse in possesso di una ottima capacità costruttiva e ingegneresca.
Unica scultura conservata per la quale restano prove documentarie sicure di un suo coinvolgimento è la lunetta della porta del lazzaretto Vecchio (Venezia, Civici Musei) pagata nel 1525, che raffigura S. Marco tra S. Rocco e S. Sebastiano e varie imprese araldiche. L'opera rivela un artefice non brillante, anche se aggiornato sulle tendenze della scultura lagunare. L'anno prima, sempre di maggio, era stata pagata dai procuratori di S. Marco a un Vielmo, che potrebbe ben essere il G., un'altra scultura devozionale; e ancora, tra il 1524 e il 1525 sono documentate modeste forniture di pietre intagliate certamente relative alla bottega.
Prive di basi documentarie sono le attribuzioni tradizionali dell'ornatissimo palazzo dei Camerlenghi a Rialto (Hamilton) o dell'altrettanto ricco cortile dei Senatori in palazzo ducale. Dai documenti del palazzo risulta tuttavia che il G. assunse la carica di proto dell'ufficio del Sal solo dopo la morte dello Scarpagnino nel 1549.
L'opera capitale del G. è certamente la cappella per Margherita Vettori vedova Miani (Emiliani) di una tale qualità da far supporre che vi abbia contribuito, dal punto di vista progettuale, Sebastiano Serlio.
Nel 1526 i procuratori di S. Marco de citra individuarono il sito attuale; ma la formalizzazione dell'acquisto avvenne il 14 genn. 1528 (Meneghin). Già il 7 nov. 1525 e nel gennaio dell'anno successivo fu pagato il legname per la confezione del modello, per il quale il lavoro del G. venne saldato nel settembre del 1527. All'inizio del giugno 1528 cominciarono i lavori e nel gennaio 1529 Giovanni Battista da Carona ricevette la commissione per l'arredo scultoreo. Solo nel 1543 si registra nel libretto di spese della fabbrica l'ultimo pagamento al proto.
La rara forma esagonale della cappella è certamente dovuta alla necessità di alloggiare i tre altari insieme con il tentativo di sfruttare al meglio le caratteristiche del sito, l'angolo del sagrato della chiesa codussiana ben visibile sia per chi viene da Venezia, sia per chi proviene da Murano. In tutto quanto l'edificio l'ordine architettonico (di semicolonne corinzie e colonne libere composite all'esterno), le incrostazioni marmoree, la cupola estradossata in pietra, l'apparato scultoreo mirano a ottenere, nel ridotto spazio del sacello, la più viva impressione di magnificenza e di complessità architettonica. Alcuni particolari ornamentali del rivestimento esterno della cappella si ritrovano nel portale laterale della chiesa di S. Francesco della Vigna, forse databile intorno alla metà del terzo decennio, che gli si può attribuire.
Mentre è erronea la notizia di una sua attività vicentina (Zorzi), più probabile è quella attribuita al G. fin da Temanza a Portogruaro nel quarto decennio del secolo, soprattutto per il palazzo Frattina, poi Tasca. Da questo edificio deriva la porta con colonne scanalate rimontata a Venezia, al ponte della Guerra.
Per affinità con queste opere è stato riconosciuto il suo linguaggio architettonico nella distrutta villa Priuli a Treville (1528-33). Documentata, invece, è la partecipazione del G. al concorso nel 1531 per la nuova Scuola grande della Misericordia, di certo la più importante competizione progettuale veneziana in quegli anni. I modelli furono pagati il 26 marzo, quello del G. 23 ducati, esattamente la metà di quello vincente di Sansovino.
Fin dal 1526 il G. aveva fornito materiali per il cantiere della Scuola grande di S. Rocco per la quale il 21 maggio 1537 è documentata una fornitura importante di pietre intagliate e decorate.
Nel 1539 il G. è citato in un atto di compromissione insieme con il proto Antonio di Bartolomeo come abitante in S. Cassiano. Come proto di fiducia dei canonici di S. Antonio Abate il G., insieme con Giovanni di Giacomo, firmò nel marzo del 1531 un contratto per costruire la facciata verso il canale del dormitorio secondo un progetto presentato dai due lapicidi e secondo una precisa previsione di spesa di 250 ducati; ma i lavori si interruppero fino al decennio successivo quando intervenne Iacopo Sansovino a completarla con notevoli varianti. Con un contratto del 1534 il G. fu chiamato a terminare la costruzione e la decorazione dell'attico del nuovo barco nella chiesa del medesimo cenobio: nel 1504 Sebastiano Mariani da Lugano si era infatti impegnato a costruire un barco in muratura, ma il cantiere, allungatosi oltre misura, si era interrotto con la morte di quel proto nel 1518.
La capacità imprenditoriale del G. nella fornitura di pietre e materiali per costruzione è testimoniata da un accordo societario per quattro anni, stipulato nell'aprile del 1538 con un Giacomo Grandi, forse imparentato con la nota famiglia di lapicidi e scultori di origine trentina, per gestire insieme una "apothecam lapicidariam seu statuariam". Tale contratto fu probabilmente concluso in previsione dei grandi cantieri che già erano attivi o che stavano per aprirsi in città; tra il 1541 e il 1542, infatti, il G. compare tra i fornitori di pietre per la Libreria di Iacopo Sansovino. Come ulteriore segnale della raggiunta stabilità economica, si rammenta che nel 1543 il G. costruì a spese proprie una casa di proprietà a S. Cassiano (Arch. di Stato di Venezia, PS, reg. 133, c. 34v; Giudici del piovego, 21, Misure 1, c. 18v; reg. 1589-93, c. 31).
Per tutti gli anni Quaranta, in piena affermazione della lingua moderna di Sansovino, il G. fu chiamato soprattutto per le sue qualità tecniche a dare progetti per edifici relativamente secondari o a terminare cantieri iniziati e progettati da altri. Così, tra il 1547 e il 1549, il G. fu proto al convento di S. Maria delle Vergini, impegnato soprattutto nella costruzione del barco e delle facciate. I documenti specificano che il G. forniva le sagome delle modanature e i disegni delle decorazioni e dunque è ben probabile che tutto l'intervento sia stato da lui progettato. Nel 1548 il G. fu invece coinvolto in un cantiere rilevante sul piano economico e speculativo: l'edificazione delle case di Castelforte, nei pressi della sede della Scuola grande di S. Rocco, per ospitare confratelli non abbienti. Al concorso per il progetto aveva vinto lo Scarpagnino, proto della Scuola; ma già il 29 luglio, il G. fu pagato per mettere in opera il progetto vincitore. Temanza, infine, attribuisce al G. la cappella di S. Anna nella distrutta chiesa di S. Maria della Grazia sull'isola omonima.
Il G. morì a Venezia tra l'aprile del 1550 e il marzo del 1551, probabilmente prima del 24 settembre quando la carica prestigiosa di proto dell'ufficio del Sal fu assunta da Giovanni Antonio Rosso. La sua fama sopravvisse nella città lagunare piuttosto a lungo se ancora Flaminio Corner, nel XVII secolo, rammenta il luogo della sua abitazione a S. Cassiano.
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