gridare [gride, in rima, II singol. pres. indic.]
Appartengono in gran parte alla Commedia le molte attestazioni di questo verbo, che ricorre quasi sempre nell'accezione comune di " parlare ad alta voce ", " dire, esclamare con tono di particolare forza "; poche le occorrenze nelle altre opere e nel Fiore; nessuna nel Detto. Abbastanza frequente il costrutto transitivo e quello assoluto; solo in due casi g. è seguito da proposizione introdotta da ‛ che ', e una volta è sostantivato. Raro anche l'uso del verbo accompagnato da avverbi o locuzioni (alto, forte, a vòto). Sovente i copisti alternano arbitrariamente il verbo con ‛ dire ' (ad es. in If XIII 35 ricominciò a gridar in luogo di ricominciò a dir), per lo più per influsso di luoghi vicini.
In assoluta prevalenza le occorrenze della prima cantica: l'Inferno è dunque il luogo in cui spesso, più che ‛ parlare ', le ombre (in un clima di perenne concitazione) gridano, non soltanto nel minacciare - Guai a voi, anime prave!, III 84; A Filippo Argenti!, VIII 61 - ma anche nel porre una semplice domanda, o nell'esprimere una constatazione, o nel chiedere di ottenere qualcosa: A qual martiro / venite voi...?, XII 61; XXV 37; Lano, sì non furo accorte / le gambe tue...!, XIII 120; XIV 51, XXI 48; O anime crudeli / ... levatemi dal viso i duri veli, XXXIII 110; Sòstati tu, XVI 7 (e cfr. anche Pg V 48); XXIII 77. Sovente il ‛ gridare ' è determinato da un moto ben preciso dell'animo, sia esso d'irritazione (Che hai tu, Bocca? / non ti basta sonar con le mascelle, / se tu non latri?, XXXII 106), o di sorpresa (Se' tu già costì ritto? / se' tu già costì ritto, Bonifazio?, XIX 52; e così Pg XXIII 42 [Forese] gridò forte: " Qual grazia m'è questa? "), che nella domanda di Cavalcante assume un tono di particolare, dolorosa intensità (X 67), o di stupore (Omè, Agnel, come ti muti!, XXV 68; XV 24; vedi anche Pg V 4, VIII 65). E si noti ancora la sfida di Vanni Fucci (XXV 3), e l'icastico Or se' giunta, anima fella! di Flegiàs, prontamente ripreso da Virgilio (VIII 18 e 19; cfr. anche XXII 126), e l'accorato Perché mi schiante? di Pier della Vigna (XIII 33), o il ‛ gridare ' di Pier da Medicina e di Mosca Lamberti, crudelmente ‛ accismati ' (XXVIII 96 e 106). Cfr. ancora VII 30, XVII 72, XXI 72 e 76, XXII 42, XXXI 68.
Un valore particolare sembra avere il Perché pur gride? (V 21) di Virgilio a Minosse, che aveva solo ‛ detto ' a D.: O tu che vieni al doloroso ospizio / ... guarda com'entri e di cui tu ti fide...! (vv. 16-19). Qui dunque il verbo allude al tenore minaccioso delle parole del demonio (" Ben si può riprendere lo demonio di gridare: imperò che gridare è parlare con ira, contra ragione ", Buti) piuttosto che al tono della sua voce. Ma accanto al ‛ gridare ' dei dannati e dei custodi dei cerchi - le Furie, anzi, gridavan si alto, / ch'i' mi strinsi al poeta per sospetto, IX 50; e anche, alle porte di Dite, il nocchier forte / " Usciteci ", gridò: " qui è l'intrata ", VIII 81 - vanno segnalati i luoghi in cui a gridare sono Virgilio (solo di rado, per rintuzzare l'ira del Minotauro oper indurre D. ad agire prontamente: cfr. XII 16 e 26, e così Pg II 28; ma anche il suo ‛ parlare ' di forza a Capaneo è certo un ‛ gridare ': cfr. If XIV 61) o D. stesso, quest'ultimo per denunciare in tono di particolare solennità, ai tre nobili Fiorentini, la causa dei mali che affliggono Firenze: " La gente nuova e i sùbiti guadagni / orgoglio e dismisura han generata, / Fiorenza, in te, sì che tu già ten piagni ". / Così gridai con la faccia levata (XVI 76; " Questo [la faccia levata] fu segno di cruccio e d'indegnazione insieme col grido ", Buti. Anche in altri casi, alcuni dei quali già visti, g. segue, anziché precedere, le parole ‛ gridate '). Più che ‛ gridare ' è piuttosto un " implorare " quello di D. per invocare l'aiuto di Virgilio (I 65, ripreso al v. 94); si ricordi anche che al mossi la voce (V 80) corrisponde direttamente l'affettüoso grido del v. 87.
Soltanto in qualche caso il verbo introduce parole pronunciate da personaggi che non agiscono direttamente nel poema: vedi a cui / s'aperse a li occhi d'i Teban la terra; / perch'ei gridavan tutti: " Dove rui, / Anfïarao?... ", XX 33; XVII 111, XXX 7. Qualche situazione di questo genere anche nel Purgatorio: nella rievocazione del ‛ contrasto ' per l'anima di Bonconte e in quella della sfida di Sapia (V 105, XIII 122), nella rappresentazione del martirio di s. Stefano (XV 108: per il costrutto, v. oltre), o nell'ironico I' mi sobbarco! del popolo fiorentino (VI 135).
Nel ‛ gridare ' dei penitenti, talvolta sotto la spinta di un sentimento, sono impliciti il desiderio pieno di carità di soddisfare una richiesta, per cui quell'anime [dei negligenti] ad una / gridaro a noi: " Qui è vostro dimando " (Pg IV 18; cfr. III 76), o l'esultanza, anch'essa indice di carità, per il fatto che un'anima monda / sentesi, sì che surga o che si mova / per salir sù (XXI 36; cfr. I vv. 58-60, XX 133 [dove il Buti commenta: " questo fu lo grido de li spiriti, che per allegressa di colui, ch'era purgato del suo peccato, cantavano tutti "] e 138); si ricordi anche il severo ammonimento di Catone (II 120).
Accanto allo spirito di carità, è il desiderio di purificazione che soprattutto occupa l'animo dei penitenti; per questo sono ‛ gridati ' molti degli ‛ esempi ' di virtù che accompagnano, di girone in girone, il farsi belle (Il 75) delle anime: I' sono Oreste (XIII 33); Maria corse con fretta a la montagna (XVIII 99); Di questo cibo avrete caro (XXII 141; sarà probabilmente qualche altro ammonimento di sobrietà il non so che che D. sente gridar... verso le fronde dell'albero dei golosi: XXIV 107); Virum non cognosco (XXV 128: anche qui, gridavano alto); e così XXV 134 (con costrutto transitivo, per cui v. oltre), XVIII 104, XXVI 79 (cfr. anche il v. 39, dove ricorre la forma sopragridar), XX 116 (nella forma impersonale), XXV 130. A questa specie di ‛ grida ' si riferisce anche l'unico esempio di infinito sostantivato (XXVI 48). Nel corso della processione del Paradiso terrestre è ‛ gridato ' in segno di esultanza il versetto del Cantico (4, 8) con cui è accolta Beatrice (XXX 12) e la solenne lode al grifone (XXXII 47) che non ‛ discinde ' l'albero della Scienza; situazione in certo senso analoga a questa, in cui cioè il g. suggella e rafforza l'enunciazione di una verità, è quella, già vista, di If XVI 76; cfr. anche Pd XXI 140 (ripreso al v. 12 del canto successivo: è un grido " che sapremo... essere di santo sdegno e insieme di preghiera a Dio ", Scartazzini-Vandelli), e alcuni passi del Convivio, in cui D. fa riferimento a lo testo delle sue stesse canzoni: III XIV 9 E però è manifesto che la divina virtù... ne li uomini discende. E per dare esperienza di ciò, grida... lo testo: E qual donna gentil... (cfr. Amor che ne la mente 39-40); IV XXIX 1 grida lo testo a la gente... e dice: ‛ O voi che udito m'avete... ' (cfr. Le dolci rime 140); I 9; oppure: Contra questi cotali [i denigratori del volgare] grida Tullio nel principio d'un suo libro (I XI 14). Seguito da proposizione vale " ordinare " (gridando a la gente che la seguiti, III XV 13), analogamente a Fiore XXVII 3, dove significa " bandire ", come spiega il Petronio. È invece determinato dalla passione amorosa il g. del poeta in Rime CIII 37 Amore, a cui io grido / merzé chiamando (in rima con Dido, per cui cfr. Contini, ad l.) e 61. Da considerare a parte Cv IV X 6 avvegna che [Federico II], secondo la fama che di lui grida [" gira ", " è diffusa "]... fosse loico e clerico grande.
Da notare alcuni casi in cui il grido consiste nella replicazione di una parola: Cristo, Cristo! (Pd XIX 106); Mora, mora! (VIII 75, analogo al Moia, moia di Vn XV 5 8); Martira, martira! (Pg XV 108). Il modulo, di carattere ovviamente esclamativo, si trova anche in Fiore XXXII 10 Guarda, guarda! Altri esempi di esclamazione in Vn XXIII 25 61 li angeli... / gridavan tutti: Osanna, e Cv I XI 8, per cui cfr. la nota di Busnelli-Vandelli; esclamazione e insieme richiesta di aiuto è il soccorso! di Fiore CCVIII 14. Senza particolare risalto alcuni esempi del Fiore, con costrutto assoluto (XXIII 12, LI 8, LXIX 9 [g. per il dolore], CCIV 2), mentre il gridando di Cv I XI 10, detto del pastore che vede le sue pecore in uno pozzo saltare per una che dentro vi saltò, acquista rilievo, oltre che dal contesto, dal piangendo che lo precede.
Come transitivo, il verbo assume diversi significati: da ‛ celebrare pubblicamente ' (Chimenz, in Pg VIII 125 La fama che la vostra casa onora / grida i segnori e grida la contrada; e cfr. ‛ grido ' nel senso di " fama ", in Pg XI 95 e XXVI 125. Ma il Lana intende diversamente il costrutto: " la fama de la deta Casada è cridada sì da' signuri come etiamdeo dalla contrada ") a " rivelare ", in un passo che il riferimento alle Scritture rende particolarmente solenne (l'alto preconio [il Vangelo o l'Apocalisse] che grida l'arcano / di qui là giù sovra ogne altro bando, Pd XXVI 44: " idest, proclamat secretum ", Benvenuto) e, analogamente, " affermare ", ancora detto delle Scritture (Cv IV XII 8; cfr. ancora Questo grida il desire / che mi combatte [Rime LXVII 52] che riprende il grida del v. 49; si tratta per converso di un'‛ affermazione ' ironicamente solenne in Pd XXIX 105, col ‛ si ' passivante: Non ha Fiorenza tanti Lapi e Bindi / quante sì fatte favole per anno / in pergamo si gridan quinci e quindi); a " consigliare ", " indurre a " (Se mala cupidigia altro vi grida, / uomini siate e non pecore matte, Pd V 79; si noti anche qui il tono solenne che al verbo conferisce la gravità dell'esortazione); a " invocare " (Vn XIX 7 21 Lo cielo... al suo segnor la [Beatrice] chiede, / e ciascun santo ne grida merzede; Fiore CCV 13; analoghi a questo passo, per il costrutto e per il significato, i due luoghi di Pg XIII 50 e 51); al semplice " pronunciare ad alta voce " già visto (è infatti l'ontoso metro degli avari e prodighi, If VII 33; la forma è qui riflessiva reciproca). Ancora, ma con costrutto intransitivo, " invocare " (la morte dell'anima, la dannazione), secondo i più, nel discusso passo di If I 117 a la seconda morte ciascun [dannato] grida: " Adomandano dunque la seconda, credendo per quella le pene, che sentono, non dovere poscia sentire " (Boccaccio; e analogamente Benvenuto, Buti, Anonimo, Landino, Scartazzini-Vandelli, Casini-Barbi, Pagliaro [Ulisse 65], ecc.; e cfr. If XIII 118); tuttavia codici anche antichi ed edizioni anche moderne leggono senza preposizione: cfr. Petrocchi, ad locum. ma per altri commentatori g. vale qui " attestare ": " ciascuno... attesta, proclama, in sé la morte dell'anima; ‛ seconda morte ', quale è, posteriore a quella del corpo, la dannazione " (Del Lungo; così Chimenz, Mattalia, F. Mazzoni, che riporta a conferma passi delle Scritture e di s. Agostino: cfr. Saggio di un nuovo commento alla D.C., Firenze 1967, 145).