GRICCI
Famiglia di modellatori attivi, nel XVIII secolo, nella Real Fabbrica delle porcellane di Capodimonte e in quella del Buen Retiro a Madrid.
Giuseppe, figlio di Matteo, nacque a Firenze tra il 1719 e il 1721 (Stazzi, p. 64; Musella Guida, 1983, p. 101). Nulla si sa della sua prima formazione fiorentina; tuttavia nella sua produzione più tarda si riscontrano elementi stilistici e formali che fanno supporre la conoscenza di opere, presenti in Toscana, di B. Permoser e di G. Bruschi, modellatore che lavorò nella manifattura Ginori di Doccia (González-Palacios, 1980).
Nel 1738 Giuseppe si trasferì a Napoli, dove, in qualità di scultore del re, partecipò alla fase sperimentale dell'attività della fabbrica di porcellane a Capodimonte, poi aperta ufficialmente per volontà di Carlo di Borbone (Carola Perrotti, Giuseppe Gricci…, 1986, p. 149). Insieme con il miniatore parmense G. Caselli, l'arcanista Livio Ottavio Scheppers (responsabile con il figlio Gaetano della composizione della pasta), l'intagliatore A. Di Giorgio, il miniaturista G.B. Della Torre e altri, Giuseppe figurò tra i fondatori della Real Fabbrica delle porcellane nel 1743 con la qualifica di modellatore.
Il 10 ag. 1744 sposò Maria Amadea Scheppers (Stazzi, p. 35); nello stesso anno ricevette uno stipendio di 15 ducati mensili, aumentato a 22 nel 1755 (Minieri Riccio, Gli artefici…, 1980, pp. 42, 56).
Dal 1747 Giuseppe fu affiancato dal fratello Stefano e negli anni seguenti guidò, come capo modellatore, un folto gruppo di aiutanti e allievi (nel 1755 risultano sei suoi collaboratori).
L'attività di Giuseppe, ben documentata per gli anni 1743-47, riguardava l'esecuzione sia di oggetti e di figure in porcellana sia di forme e modelli in gesso, terracotta e cera.
Agli esordi la produzione della Real Fabbrica era orientata verso la realizzazione di vasellame e utensili (Id., Delle porcellane…, 1980, p. 118). Tra le invenzioni più felici di questo periodo sono da ricordare le tabacchiere cosiddette "a frutti di mare" (esempi si trovano a Napoli nel Museo Duca di Martina, a New York nel Metropolitan Museum e in diverse altre collezioni), una tipologia menzionata per la prima volta nelle fonti nel dicembre 1743, quando Giuseppe ne eseguì un modello in cera, che deve essere considerato il prototipo di curiose rarità come le brocche e i bacili a forma di conchiglie, coralli e molluschi che caratterizzarono la produzione della Real Fabbrica di Capodimonte negli anni successivi.
Giuseppe si dedicò anche alla realizzazione di figure, singole o a gruppi, di soggetto profano o religioso, in seguito più volte replicate. Tra queste sono da ricordare, almeno, il gruppo della Pietà (Napoli, Museo Duca di Martina), il S. Giovanni (Sorrento, Museo Correale), il gruppo, firmato, con S. Giovanni e l'Addolorata (New York, Metropolitan Museum), l'Immacolata Concezione (1744-45 circa; Napoli, Museo nazionale di Capodimonte), il S. Sebastiano con s. Irene (perduto) e una Crocifissione (ubicazione ignota). Al tema religioso sono da affiancare le prime invenzioni di opere a soggetto mitologico e letterario, come la Caduta di Fetonte, menzionato dalle fonti ma oggi non identificabile, o l'opera con la figura di un guerriero presso una tomba, forse Goffredo sulla tomba di Dudone (1758-59: Museo Duca di Martina).
La produzione dei primi anni di attività della manifattura di Capodimonte comprendeva anche gruppi di putti, con e senza animali, debitori di modelli provenienti da Meissen, giunti a Napoli con la regina Maria Amalia di Sassonia che ne possedeva una preziosa collezione.
Anche le statuette e i gruppi di popolani e venditori ambulanti, i cosiddetti "gridi", sono già presenti nella prima produzione di Giuseppe e pongono il problema del loro rapporto, da un lato, con la tradizione locale dei presepi, dall'altro, con l'analoga produzione popolareggiante coeva di altre fabbriche europee e con le ideazioni di E. Bouchardon, F. Boucher, E.-M. Falconet, W. Hogarth, J.-A. Watteau, J.-B.-S. Chardin.
La variegata attività plastica di Giuseppe - cui si possono ancora aggiungere le scene a soggetto galante che trovarono il loro massimo sviluppo nel corso degli anni Cinquanta - figura così tra i più alti risultati figurativi, nell'ambito della ceramica, dell'età del rococò europeo, mettendo insieme, con la conseguente originale interpretazione, eredità culturali e figurative diverse, da quella europea a quella locale (Mottola Molfino, pp. 74 s.).
Negli ultimi anni di permanenza a Napoli, dal 1757 al 1759, Giuseppe fu impegnato nell'esecuzione del gabinetto di porcellana del palazzo reale di Portici, boudoir di gusto cinese della regina Maria Amalia di Sassonia, interamente rivestito di lastre di porcellana (trasferito a Capodimonte nel 1866, oggi nel Museo nazionale).
La decorazione del gabinetto era stata progettata dallo scenografo e pittore G.B. Natali e diretta da Giuseppe che, oltre a modellare la decorazione plastica, curò anche il montaggio delle lastre. Alla decorazione collaborarono inoltre i pittori J.S. Fischer, L. Restile, M. Gasparini, che eseguì il soffitto in stucco, G. Di Fiore (cui si deve la realizzazione delle porte), oltre a una folta schiera di artigiani. Questo ambiente rappresenta uno dei massimi esempi del gusto settecentesco per le cineserie, i cui modelli decorativi si erano diffusi in tutta Europa attraverso le incisioni di Boucher e di Watteau (Giusti, 1986, p. 49).
Nel 1759 Giuseppe partì per la Spagna, seguendo Carlo di Borbone - ora Carlo III - chiamato sul trono spagnolo. Il sovrano portò con sé la maggior parte, cinquantadue, degli artefici attivi a Capodimonte (Minieri Riccio, Gli artefici…, 1980, p. 61; Sánchez Beltrán, p. 28), insieme con i macchinari, le forme e i materiali, incluso l'impasto già pronto, al fine di trapiantare la manifattura in Spagna. La nuova fabbrica delle porcellane fu collocata in una costruzione eretta nella località del Buen Retiro, presso Madrid, su progetto dell'architetto A.C. de Borbón, che tenne conto anche dei consigli di Giuseppe.
Nella Real Fábrica del Buen Retiro, denominata anche "La China", Giuseppe, oltre a rivestire nuovamente la funzione di primo modellatore (anche le altre sezioni della manifattura erano dirette da artisti provenienti dalla Real Fabbrica di Capodimonte), assunse pure la direzione, incarico che avrebbe mantenuto fino alla morte. Nel 1766 fu inoltre nominato direttore per le sculture all'Accademia di S. Fernando (Ferrarino, p. 137).
Nei primi anni del suo periodo spagnolo, Giuseppe fu impegnato nella decorazione del gabinetto di porcellana di Aranjuez, firmato e datato 1763, concluso però solo nel 1765 (Sánchez Beltrán, p. 48).
Quest'opera (pasta degli Scheppers, pittura dei Della Torre) è considerata il suo capolavoro. Essa ripete l'esperienza del gabinetto di Portici ma con un'evoluzione linguistica per la quale è stata chiamata in causa un'influenza veneziana, forse dovuta a un intervento diretto di Gian Domenico Tiepolo (Honour).
Anche la decorazione di un altro gabinetto di porcellana, nel palazzo reale di Madrid, eseguita tra il 1766 circa e il 1771, fu molto probabilmente progettata da Giuseppe (Sánchez Beltrán, p. 50). In questo ambiente, pur in un impianto decorativo sostanzialmente invariato rispetto a quello di Aranjuez, la policromia assume un tono più discreto e gli elementi cinesi sono sostituiti da rilievi dedicati alla mitologia classica, in particolare al dio Pan.
Negli anni spagnoli Giuseppe e i suoi collaboratori ripresero inoltre i modelli sia di opere decorative sia di utensili già inventati a Napoli, utilizzando almeno in parte le stesse forme.
La lunga egemonia da lui esercitata sulla produzione dei modellatori di Capodimonte e su quelli del Buen Retiro, conferisce alla produzione plastica delle due manifatture una omogeneità che rende arduo distinguere le mani dei collaboratori e le diverse fasi. La mitologia e i temi letterari acquistarono comunque via via sempre maggior peso, come mostra per esempio il gruppo con Diana ed Endimione (Madrid, Museo arqueológico nacional).
Giuseppe morì a Madrid nell'ottobre del 1771 (Sánchez Beltrán, pp. 50, 97). Alla sua morte la direzione della fabbrica passò a Carlo Scheppers e alla morte di questo, nel 1783, ai figli di Giuseppe, Carlo e Filippo.
Il fratello Stefano nacque a Firenze intorno al 1723, e fu anch'egli attivo come modellatore nella Real Fabbrica di Capodimonte, dove è menzionato per la prima volta nel 1747. In quell'anno "lavorava e si perfezionava sotto la direzione del fratello", ricevendo, nell'ottobre, uno stipendio di 7 ducati che nel 1755, anno fino al quale risulta registrato tra i modellatori della Real Fabbrica, fu aumentato a 9 (Minieri Riccio, Gli artefici…, 1980, pp. 51, 56; Musella Guida, 1993, p. 17).
Secondo Morazzoni (1935) e Romano (1959), Stefano era, a Capodimonte, lo specialista per le figure di animali e potrebbe essere stato lui a modellare le scimmie nel gabinetto di Portici. Gli è stato attribuito, inoltre, un Leopardo conservato nel Museo Correale di Sorrento.
Un "Esteban Gricci, modelador" figura tra i cinquantadue membri della fabbrica napoletana giunti al seguito di Carlo III in Spagna (Sánchez Beltrán, p. 28). In Spagna Stefano è documentato fino al 1764, quando viene menzionato come modellatore in un elenco di membri della manifattura della Real Fábrica del Buen Retiro (Pérez Villamil, pp. 139-142).
Carlo, figlio di Giuseppe e Maria Amadea Scheppers, nacque a Napoli, dove fu battezzato il 1° marzo 1747 (Stazzi, pp. 37, 151). Giunse in Spagna nel 1759 insieme con il padre e altri membri della famiglia, compreso già, a questa data, nella lista degli operai della Real Fabbrica di Capodimonte che si erano trasferiti al seguito di Carlo III (Sánchez Beltrán, p. 28). Nel 1769 risultava come secondo maestro modellatore della Real Fábrica del Buen Retiro.
Dopo la morte di Carlo Scheppers, alla fine del 1783, il re chiese a Carlo e a Sebastiano Scheppers di cercare nuove formule per ottenere una pasta più candida e resistente. Grazie alla nuova composizione (Sánchez Beltrán, p. 78), e all'appoggio del nuovo intendente D. Bonicelli, Carlo fu nominato, nel marzo 1784, nuovo direttore della Real Fábrica, carica che mantenne fino alla morte.
Morì, con ogni probabilità a Madrid, il 21 marzo 1795.
Filippo, fratello di Carlo, venne battezzato a Napoli il 6 dic. 1754. Insieme con il resto della famiglia anch'egli si trasferì in Spagna nel 1759. Probabilmente sin da giovane fu attivo nella Real Fábrica del Buen Retiro, dove ricoprì nel 1785 il posto di primo modellatore. Dopo la scomparsa del fratello, ne assunse la direzione fino alla morte, tranne un breve intervallo quando venne affidata a S. Scheppers.
Filippo morì a Madrid il 2 sett. 1803.
Sotto la guida dei due fratelli la produzione della Real Fábrica si avvicinò alle nuove tendenze classiciste, in particolare dopo l'ascesa al trono di Carlo IV. Tale mutamento si espresse in forme più sobrie e regolari, in una cromia meno estrosa, nell'aumento di soggetti mitologici e allegorici. Ne sono esempi il gruppo Mentore e Telemaco e alcune serie, più volte riprodotte, con temi come le Stagioni dell'anno o Le Virtù (Madrid, Museo arqueológico nacional). A quell'epoca data anche una serie di vasi con forme e decoro neoclassico, come quello con la presentazione di una Menade (Madrid, palazzo reale) firmato da Filippo. Le opere di questo periodo mostrano un'evidente influenza delle porcellane di Sèvres e, soprattutto, dello stile Wedgwood. La nuova tendenza trovò la sua massima espressione nella sala di porcellana della "casita" del principe nel palazzo dell'Escorial, decorata con 234 lastre di diverse forme e dimensioni, con bassorilievi bianchi, su fondo azzurro chiaro, raffiguranti tematiche riprese dall'antichità (Sánchez Beltrán, p. 61).
Fonti e Bibl.: C. Minieri Riccio, Gli artefici ed i miniatori della Real Fabbrica della porcellana di Napoli (1878), in Storia delle porcellane in Napoli e sue vicende (ristampa anastatica), Sala Bolognese 1980, pp. 41 s., 46 s., 51, 53, 56, 59, 61; Id., Delle porcellane della Real Fabbrica di Napoli: delle vendite fattene e delle loro tariffe (1878), ibid., pp. 118-126, 135; L. De La Ville Sur-Yellon, La Real Fabbrica di porcellane in Capodimonte durante il regno di Carlo III, in Napoli nobilissima, III (1894), 9, pp. 133-136; M. Pérez-Villamil, Artes é industrias del Buen Retiro. La Fábrica de la China. El laboratorio de piedras duras y mosaico. Obradores de bronce y marfiles, Madrid 1904, passim; G. Morazzoni, Le porcellane italiane, Milano-Roma 1935, pp. 81-93; E. Romano, La porcellana di Capodimonte. Storia della manifattura borbonica, Napoli 1959, ad indicem; H. Honour, G.D. Tiepolo and the Aranjuez porcelain room, in The Connoisseur, CXLVI (1960), 589, pp. 183-185; A. Carola Perrotti, La porcellana delle fabbriche borboniche, in Storia di Napoli, VIII, Napoli 1971, pp. 610, 612, 618, 620-626, 628; F. Stazzi, L'arte della ceramica. Capodimonte, Milano 1972, ad indicem; B. Martínez Caviró, Porcelana del Buen Retiro. Escultura, Madrid 1973, pp. 12-36 passim; A. Mottola Molfino, L'arte della porcellana in Italia. Il Piemonte, Roma e Napoli, Busto Arsizio 1977, pp. 70-72, 74-76, 78 s.; A. González-Palacios, Le arti decorative e l'arredamento alla corte di Napoli: 1734-1805, in Civiltà del '700 a Napoli 1734-1799 (catal., Napoli), II, Firenze 1980, pp. 93 s.; V. De Martini - A. González-Palacios, Porcellana, ibid., pp. 107-125 passim; N. Spinosa, Le porcellane di Capodimonte, Milano 1983, passim; S. Musella Guida, La Real Fabbrica della porcellana di Capodimonte: la sperimentazione, la struttura produttiva, la commercializzazione del prodotto, in Manifatture in Campania. Dalla produzione artigiana alla grande industria, Napoli 1983, pp. 82, 97, 101, 113; A. Carola Perrotti, Capodimonte rivisitata, in Le porcellane dei Borbone di Napoli. Capodimonte e Real Fabrica ferdinandea 1743-1806, a cura di A. Carola Perrotti, Napoli 1986, pp. 25 s., 31; S. Musella Guida, Vita e vicissitudini di una attività durante un regno: la Real Manifattura delle porcellane a Capodimonte, ibid., pp. 41 s.; P. Giusti, Il salottino di porcellana di Portici, ibid., pp. 48-50; A. Perrotti, Giuseppe G. e la produzione plastica di Capodimonte, ibid., pp. 149-232; S. Musella Guida, La manifattura di Capodimonte. Storie, produzione e fonti documentarie, in Porcellane di Capodimonte. La Real Fabbrica di Carlo di Borbone 1743-1759, Napoli 1993, pp. 9-22 passim; P. Giusti, La manifattura di Capodimonte. Caratteri e tipologie della produzione, ibid., pp. 23-30; Id., Le arti decorative, in Storia e civiltà della Campania. Il Settecento, a cura di G. Pugliese Carratelli, Napoli 1994, pp. 92, 94; M.J. Sánchez Beltrán, La porcelana de la Real Fábrica del Buen Retiro, Madrid 2000, pp. 23, 26-30, 32-36, 45-66, 78, 97; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XV, pp. 20 s.; L.A. Bogner, The Dictionary of world pottery and porcelain, New York 1971, p. 137; L. Ferrarino, Diz. degli artisti italiani in Spagna, Madrid 1977, pp. 137 s.; TheArt Dictionary, XIII, p. 646.