PRETI, Gregorio
– Nacque nel 1603 circa a Taverna, in Calabria, da Cesare e da Innocenza Schipani (De Dominici, 1745, 2008, p. 590 s.). La sua figura di pittore è rimasta a lungo nell’ombra di quella del più celebre fratello minore Mattia.
Giovanni Vecchio de’ Vecchi da Fabriano lo dice «allievo dello Spagnoletto e poi di Domenichino, maestro di Giacinto Brandi e di Mattia suo fratello» (Spike, 1997, p. 15). Ne consegue che, se è lui quel «Gregorio dello Preti napoletano» censito nel 1624 a Roma (G. P. calabrese, 2004, p. 21), qui sarebbe giunto in tempo per frequentare l'«Accademia di Domenichino» prima che quest’ultimo partisse per Napoli nel 1630 (Pampalone, 2009).
Dal 1632, e per oltre quarant’anni, fece parte dell’Accademia di S. Luca e della Congregazione dei Virtuosi al Pantheon (G. P. calabrese, 2004, pp. 97-101).
A Roma, facilitato verosimilmente dalla protezione degli Aldobrandini, titolari in Calabria del feudo di Rossano, strinse rapporti con influenti collezionisti (F. Curti, Committenza, collezionismo e mercato dell’arte tra Roma e Bologna nel Seicento. La quadreria di Cristiana Duglioli Angelelli, Roma 2007, pp. 34-42). Fu così che nei confronti del fratello Mattia, che lo avrebbe raggiunto nel 1632 e con il quale abitò sino al 1636, svolse il ruolo di apripista più che di maestro, riducendosi, a suo dire, «a strapassar l’arte per allevare il fratello alla virtù» e dipingendo «per bottegai che allora erano ricchi e famosi e facevano lavorare» (P.J. Mariette, Abecedario… (ante 1742), IV, Parigi 1857-1858, p. 207). Ciò spiegherebbe i quadri da stanza a lui attribuiti (quattro ovati, Ariccia, palazzo Chigi; Concerto, coll. privata (Spike, 2003, p. 34); Gesù che disputa con i dottori, Londra, National Gallery; Scena in una taverna, Roma, Circolo ufficiali delle forze armate d’Italia, palazzo Barberini; quattro tele per la collezione Gabrielli, ora a Roma, palazzo Taverna), nei quali oscilla tra l’attenzione classicista e il tentativo di adeguarsi ai dettami caravaggeschi, interpretati con maggior forza dal promettente fratello. Da quest’ultimo fu aiutato negli stessi anni in opere quali il Matrimonio della Vergine (Grosio, S. Giuseppe, 1642-44), l’Apostolato (incompleto e smembrato tra l’episcopio di Nepi e la cattedrale di S. Maria Assunta a Sutri), Pilato che si lava le mani (Roma, Centro congressi Rospigliosi), la Flagellazione di Cristo (Roma, ospedale S. Giovanni Calibita), la Madonna della Purità (Taverna, S. Domenico). Fu invece autonomo nella Madonna della Provvidenza (Taverna, S. Domenico, 1632 circa) e a Roma, nelle stesse sedi in cui, in una sorta d’impresa familiare, era contemporaneamente impegnato anche Mattia: a S. Pantaleo realizzò un S. Flaviano, ora disperso (G. P. calabrese, 2004, p. 98), e a S. Carlo ai Catinari, sulla controfacciata destra, S. Carlo che fa l’elemosina (1652). Un riflesso del sodalizio si rintraccia, inoltre, nei conti di Marcantonio Colonna, che registrano un pagamento (1651) a favore di entrambi i Preti (G. P. da Taverna a Roma…, 2003, pp. 165-180) per un gruppo di tele, di cui otto del solo Gregorio; tra queste i Ratti di Europa, di Proserpina e di Ganimede (Roma, Galleria Pallavicini).
Partito il fratello da Roma, Gregorio restò fedele alla matrice idealizzante di Domenichino e, nella seconda metà del Seicento, eseguì un David e Golia e il Ritorno del figliol prodigo per la cattedrale di Fabriano, e un S. Nicola in estasi e il Miracolo di s. Nicola per la chiesa di S. Nicolò nella stessa città; per Taverna dipinse inoltre l’Estasi di s. Teresa d’Avila e S. Martino vescovo e quattro santi (rispettivamente nelle chiese di S. Barbara e di S. Martino). Infine, secondo Filippo Titi (1674, p. 429) fece a Roma un S. Antonio di Padova con Gesù Bambino nella chiesa di S. Rocco a Ripetta, rinnovata nel 1663.
Sposò nel 1668 Santa Duchetti, vedova aquilana (Pampalone, 2009, p. 96), avendo come testimone il pittore Giacinto Brandi.
Morì a Roma il 25 gennaio 1672 (Spike, 2003, pp. 102 s.).
Pur lontano dai risultati raggiunti dal fratello, riuscì un «pittore di buon nome» (De Dominici, 1745, 2008, p. 590), guadagnandosi uno spazio tra i sostenitori della poetica classicista.
Fonti e Bibl.: F. Titi, Studio di pittura, scoltura et architettura nelle chiese di Roma (1674-1763), a cura di B. Contardi - S. Romano, I, Firenze 1987, pp. 57, 429; B. De Dominici, Vite de’ pittori, scultori ed architetti napoletani, III (1745), a cura di F. Sricchia Santoro - A. Zezza, III, Napoli 2008, pp. 590-595, 603-607; J.T. Spike, Mattia e G. P. a Taverna. Catalogo completo delle opere. Museo Civico di Taverna, Firenze 1997; G. P. da Taverna a Roma 1603-1672. Un pittore riscoperto e l’ambiente artistico nella Presila tra ’500 e ’700, a cura di C. Carlino, Reggio Calabria 2003 (in particolare N. Gozzano, G. e Mattia Preti nella collezione di Marcantonio V Colonna, pp. 165-180); J.T. Spike, G. P.: i dipinti, i documenti, Firenze 2003; G. P. calabrese (1603-1672): un problema aperto, a cura di R. Vodret - G. Leone (catal., Cosenza), Milano 2004 (in particolare S. Corradini, Regesto e edizione di documenti su G. P., pp. 97-101; R. Vodret, 'Gregorio dello Prete' a Roma nel 1624, pp. 21-24); Francesco Cozza, G. e Mattia Preti: dalla Calabria a Roma, a cura di Iid. (catal., Catanzaro 2008-2009), Soveria Mannelli 2008; A. Pampalone, Ipotesi per una 'Accademia' di Domenichino intorno al 1630: Francesco Cozza, G. P., Antonio Barbalonga, in Francesco Cozza e il suo tempo. Atti del convegno…, Valmontone… 2008, Soveria Mannelli 2009, pp. 91-113; G. Porzio, Per una rivalutazione di G. P., in ArtItalies, XVIII (2012), pp. 39-45.