FONTANA, Gregorio
Figlio di Burningo, menzionato in un privilegio che Enrico II avrebbe concesso ai quattro fratelli del "Vicus de Vallengaria" il 31 maggio 1005, è legato alle origini storicamente accertate della famiglia piacentina dei Fontana, anche se l'autenticità del documento solleva alcune perplessità. Il privilegio riservava ai quattro fratelli, Antonio, Burningo, Azzone e Teodaldo, i diritti di teloneo sulla metà delle rive del fiume Po che lambivano i loro possedimenti.
Risale al 1051, anno in cui divenne vescovo di Vercelli., la prima menzione del Fontana. Da quel momento egli non smise mai di essere coinvolto nelle vicende del Regno d'Italia, e soprattutto negli episodi più decisivi della lotta tra Gregorio VII e Enrico IV. Era un tipico rappresentante di quei vescovi italiani dell'XI secolo, i cui costumi lasciavano molto a desiderare. Ignoriamo se avesse ottenuto per via simoniaca la cattedra vescovile, ma, nel 1051, accusato di adulterio, fu scomunicato dal sinodo riunito da Leone IX. Non appena venne a conoscenza della sentenza emessa contro di lui, accorse a Roma per gettarsi ai piedi del papa al fine di ottenerne il perdono e conservare la sua carica episcopale. Secondo lo storico locale Campi avrebbe allora fondato una cappella in onore di S. Gregorio, nelle terre del feudo paterno di Fontana Pradosa, dato messo in dubbio da un altro storico del sec. XVIII, il Poggiali.
Assolto dalla scomunica e recuperata nel frattempo la diocesi di Vercelli, il F. ricoprì un ruolo non limpido nell'elezione dell'antipapa Onorio Il nel 1061. La corte tedesca confidava infatti nella designazione a papa del vescovo di Parma, Cadalo; ma la reggente imperiale Agnese, madre di Enrico IV, venuta a conoscenza dell'elezione da parte dei cardinali del vescovo di Lucca Anselmo da Baggio che prese il nome di Alessandro II, fece convocare un concilio a Basilea, a cui prese parte il F., nel quale Cadalo venne eletto papa con il nome di Onorio II. L'iniziativa del concilio di Basilea, alla quale si era associato il F., era sostenuta da una buona parte dei vescovi lombardi dei Regno, guidati dall'arcivescovo di Ravenna, Guiberto; lo scisma che ne scaturì non poteva non provocare un arresto nell'opera di riforma avviata dalla Chiesa. Il ruolo ricoperto dal F. in questa occasione non fu senza dubbio secondario, se si pensa che poco dopo poté fregiarsi del titolo di cancelliere del Regno d'Italia, titolo che avrebbe continuamente ricordato nella sua corrispondenza e nei suoi documenti.
Pur esercitando la carica di vescovo a Vercelli, il F. si dimostrò generoso verso le istituzioni religiose della città natale. Gli stretti rapporti con il vescovo di Piacenza, Dionisio, anche lui molto legato alla corte regia, non possono essere stati estranei a tale atteggiamento. Il 2 genn. 1062 il F., che utilizzò forse per la prima volta in questa occasione il titolo di cancelliere, cedette al monastero di S. Savino la "curtis" di Fontana Pradosa, ereditata dalla famiglia, unitamente alla sua parte del castello e alla cappella eretta in onore di S. Gregorio. Come unica condizione richiedeva di non alienare alcunché, pena la devoluzione dei suoi beni alla diocesi di Piacenza. Il vescovo Dionisio dovette ratificare e riconoscere solennemente tale donazione il 1° luglio 1065 in presenza dei giudici regi e degli alti dignitari del Regno e della città di Piacenza. Dotando così generosamente il monastero di S. Savino, il F. non faceva altro che inserire la politica familiare dei Fontana in un piano di protezione e di devozione nei confronti del monastero.
Una volta appianato lo scisma di Onorio II (1064) le tracce del F. si perdono per un certo periodo. Quando venne eletto papa Gregorio VII (1073)., il F., in veste di cancelliere, ne informò Enrico IV e la sua corte. Gli episodi che portarono alla rottura tra il pontefice ed il sovrano tedesco - decreto sulle investiture laiche, crisi tra Gregorio VII e Enrico IV e scomunica di quest'ultimo - sono ben noti. Il F. tentò di dissuadere Enrico IV dal recarsi a Canossa, ben conscio dell'umiliazione che si profilava per il sovrano: gli eventi del 31 genn. 1077 gli dettero parzialmente ragione, anche se Enrico poté in tal modo salvare la corona. Il F. compare fra i firmatari che sottoscrissero, a fianco del sovrano, le promesse alle quali questi si dovette impegnare al fine di ottenere dal papa il perdono sperato.
Il ruolo del F. in qualità di partigiano di Enrico IV non smise da allora di affermarsi. Una volta ottenuto il perdono, Enrico IV organizzò la controffensiva nei confronti del pontefice; il 17 febbr. 1077 tenne una Dieta nei pressi di Piacenza: nel testo del documento conclusivo, nel quale il sovrano prendeva sotto la sua protezione i beni della cattedrale della città e quelli della basilica di S. Antonino, il F. figura in qualità di vescovo di Vercelli e cancelliere del Regno, a fianco dei vescovi di Pavia e di Torino, di conti e grandi dignitari del Regno. Il documento delinea chiaramente i contorni del partito imperiale, in cui il F. compare come uno dei ferventi sostenitori di Enrico IV.
Il F. si preparava a partecipare alla dieta, indetta a Roncaglia per il maggio 1078 al fine di proclamare la deposizione di Gregorio VII, quando venne colpito da un male del quale ignoriamo la diagnosi precisa. Il cronista Bertoldo deplora la sua morte, avvenuta prima che egli si fosse riconciliato con la Chiesa di Roma.
Il giudizio degli storici piacentini sul F. è alquanto sfumato: tutti concordano nel sottolineare gli sconvolgimenti che egli recò alla Chiesa per la sua condotta scandalosa e il sostegno recato a Enrico IV, ma non dimenticano la generosità mostrata dal F. nei confronti della Chiesa piacentina, in particolare a favore del monastero di S. Savino. Poco dopo la sua morte la sorella Adelaide, conformemente alle disposizioni contenute nella lettera che le aveva indirizzato il F. a guisa di testamento, cedeva allo stesso monastero 50 iugeri delle terre site presso S. Giorgio Parpanese: "pro anirnabus nostris mercedis suprascripti fratris Gregorii, qui fuit episcopus Vercellensis". Nella stessa lettera il F. disponeva la divisione dei suoi beni tra i servitori e l'affrancamento di alcuni servi.
Fonti e Bibl.: Registrum Gregorii VII papae, a cura di Ph. Jaffè, in Bibliotheca Rerum Gennanicarum, I, Berolini 1864, p. 12; Die Register Gregors VII., a cura di E. Caspar, in Mon. Genn. Hist., Epist. selectae, I, Berolini 1920, pp. 311-314; Bertholdus Augiensis, Chronicon, a cura di G. Waitz, ibid., Scriptores, V, Hannoverae 1884, p. 291; Bernoldus S. Blasii, Chronicon, a cura dello stesso, ibid., p. 400; Heinrici IV Diplomata, ibid., Dipl. regum et imperatorum, Hannoverae 1978, ad Ind.; P.M. Campi, Dell'istoria eccles. di Piacenza, I, Piacenza 1654, pp. 517 s., 520 s.; K. Stumpf, Die Reichskanzler vornehmlich des X. -XI. -XII. Jahrhunderts, II, Innsbruck 1883, pp. 209, 233; C. Poggiali, Memorie stor. della città di Piacenza, III, Piacenza 1757, pp. 328-331, 345, s., 351, 355, 361, 367; G.V. Boselli, Delle storie piacentine..., I, Piacenza 1793, pp. 65-68; E. Steindorff; Jahrbücher der deutschen Geschichte unter Heinrich III., II, Leipzig 1874, pp. 132, 161, 261, 285, 401 ss.; G. Meyer von Knonau, Jahrbücher des deutschen Reiches unter Heinrich IV., I-III, Leipzig 1890-1900, passim; G. Schwartz, Die Besetzung der Bistümer Reichsitaliens..., Leipzig 1913, pp. 137 s.; A. Savio, Gli antichi vescovi d'Italia, II, Piemonte, Torino 1898, pp. 466 ss.; A. Fliche, La Réforme grégorienne, I, Louvain 1924, p. 151; II, ibid. 1926, pp. 81, 87 s., 278, 305; Lexikon des Mittelalters, IV, col. 1682.