GREGORIO di Tuscolo
Figlio della senatrice Marozia (II) e di Teofilatto vestararius, tramite la madre era legato alla famiglia del princeps Alberico e quindi al gruppo parentale dei Teofilatti. G. fu il primo all'interno del suo gruppo familiare ad assumere la denominazione de Tusculana, de Tusculo, probabilmente perché nella zona intorno al castrum di Tuscolo erano situate le proprietà principali della famiglia e G. è generalmente considerato come il capostipite dei conti di Tuscolo.
Non si conosce la data della sua nascita né è facile ricostruire con sicurezza le sue vicende a causa della penuria di fonti per il periodo nel quale egli fu attivo, che può essere fissato nella seconda metà del X secolo e nei primi anni dell'XI. G. sposò una certa Maria ed è menzionato in più occasioni in documenti del periodo del pontificato di Benedetto VII. In un documento del 980 è ricordato come rettore del monastero di S. Andrea apostolo e S. Lucia: "Gregorius illustrimo viro, filius Maroze senatrix, per apostolica preceptione rectorem monasterii sancti Andree apostoli et sancte Lucie, qui appellatur Renati" (Il Regesto sublacense del secolo XI).
Al tempo dell'imperatore Ottone III G. ricopriva una posizione di primo piano nel panorama politico romano. In un documento dell'anno 999 del regesto farfense relativo al placito imperiale nel quale vennero riconosciuti al monastero di Farfa i diritti sulla cella di S. Maria in Minione, G. era citato tra i personaggi più eminenti presenti al cospetto dell'imperatore per giudicare la causa che opponeva l'abate farfense Ugo (I) all'abate Gregorio del monastero dei Ss. Cosma e Damiano in Mica Aurea. Nel documento, in cui è stilato un elenco preciso di coloro che si trovavano nel palazzo accanto all'imperatore che chiedeva "consilium de hoc qui faciendum est", G. è definito "excellentissimus vir qui vocatur de Tusculana" e "prefectus navalis" (Il Regesto di Farfa). Il documento farfense, oltre a testimoniare il ruolo di primo piano che G. ricopriva negli ultimi anni del X secolo all'interno dell'aristocrazia cittadina, lascia presupporre rapporti di fiducia e considerazione da parte di Ottone III. Tali rapporti trovano testimonianza e conferma anche in un documento dell'anno 1000 di papa Silvestro II, che utilizzò G. come uomo di fiducia per la delicata ambasceria all'imperatore sul malanimo dei Romani contro di lui. L'atteggiamento di fedeltà all'imperatore così come le strategie politiche di G. registrarono un radicale cambiamento di rotta in occasione della rivolta romana del 1001 contro Ottone III. In questa circostanza G. fu uno dei capi, se non il principale ispiratore, dell'insurrezione che costrinse l'imperatore ad allontanarsi dalla città. Nella sua cronaca Thietmar di Merseburgo sottolinea nella descrizione degli avvenimenti il voltafaccia di G.: "Post haec Gregorius, qui cesari valde carus erat, dolo eum capere nisus occultas tendebat insidias […] et vulgus numquam suis contentum dominis malum huic pro ineffabili pietate restituit". Dietro al comportamento di G. non si deve però ravvisare un passaggio dalla fazione proimperiale a quella antimperiale, poiché non si può parlare per quell'epoca di partiti filo o antimperiali; al contrario, nello svolgersi dei fatti e nel comportamento di G. si può invece scorgere l'instabilità e la volubilità dei raggruppamenti che si formarono in seguito alla venuta o all'assenza dell'imperatore e del suo esercito e a cui non erano estranei sentimenti di ostilità nei confronti degli stranieri.
La spregiudicatezza politica e comportamentale di G. trova un'ulteriore conferma anche nel ritratto che ne tratteggia l'autore della Vitas. Nili che, pur ricordando la generosità del G. per aver concesso a Nilo e ai suoi monaci di installarsi nelle sue proprietà fondando quella che poi diverrà la celebre abbazia di S. Nilo a Grottaferrata, non ne fornisce un ritratto "agiografico". G. viene infatti descritto come uomo scaltro, pragmatico e intelligente: "Porro autem illius oppidi dominus Gregorius nomine, tyrannide quidem et nequitia insignis, sed sagacitate ornatus et prudentia". Nel decennio di governo di Giovanni di Crescenzio successivo all'allontanamento di Ottone III da Roma non si hanno notizie su G. anche se le sue strategie politiche diedero frutti alla sua discendenza dinastica in quanto dal 1012 al 1044 si succedettero sul soglio pontificio due suoi figli, Teofilatto con il nome di Benedetto VIII (1012-24) e Romano con il nome di Giovanni XIX (1024-32) e un suo nipote, Teofilatto, con il nome di Benedetto IX (1032-44).
Con ogni probabilità G. morì qualche tempo prima del 1013. A questa data il suo nome compare in un documento con il quale Benedetto VIII compiva una donazione al monastero di Farfa "pro remedio animae" del padre e della madre: "domnus autem Benedictus papa contulit in hoc monasterio ex propria substantia pro animabus domni Gregorii atque Marie genitorum suorum quasdam res in territorio Collinensi in fundo Flaiano" (Chronicon Farfense).
Fonti e Bibl.: Thietmarus episcopus Merseburgensis, Chronicon, a cura di R. Holtzmann, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, n.s., IX, Berolini 1935, pp. 186 s.; Vita s. Nili, in Acta sanctorumSeptembris, VII, Parisiis-Romae 1867, pp. 317b, 318c; Neilou tou neou, a cura di P.G. Giovanelli, Grottaferrata 1972, pp. 132 s., 135; Il Chronicon Farfense di Gregorio di Catino: precedono la Constructio Farfensis e gli scritti di Ugo di Farfa, a cura di U. Balzani, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], XXXIV, Roma 1903, p. 96; Il Regesto sublacense del secolo XI, a cura di L. Allodi - G. Levi, Roma 1885, p. 155; Il Regesto di Farfa compilato da Gregorio di Catino, a cura di I. Giorgi - U. Balzani, III, Roma 1883, p. 150; J.F. Böhmer, Regesta Imperii, II, 5, Papstregesten 911-1024, a cura di H. Zimmermann, Wien-Köln-Graz 1969, pp. 214 n. 533, 361 s. n. 911, 425 n. 1075, 462 n. 1175; G. Bossi, I Crescenzi. Contributo alla storia di Roma e dintorni dal 900 al 1012, Roma 1915, pp. 61 s.; F. Gregorovius, Storia della città di Roma nel Medioevo, V, Roma 1940, pp. 239, 245; P. Brezzi, Roma e l'Impero medievale (774-1252), Bologna 1947, pp. 155, 175, 191 s.; P. Toubert, Les structures du Latium médiéval. Le Latium méridional et la Sabine du IXe à la fin du XIIe siècle, Roma 1973, pp. 1013 n. 3, 1086; G. Arnaldi, Rinascita, fine, reincarnazione e successive metamorfosi del Senato romano (secoli V-XII), in Arch. della Società romana di storia patria, CV (1982), pp. 5-56; C. Colonna, Una dinastia romana dei secoli bui (IX-XII sec.), Roma 1988, pp. 49-58; T. Di Carpegna Falconieri, Le trasformazioni onomastiche e antroponimiche dei ceti dominanti a Roma nei secoli IX-XII, in Mélanges de l'École française de Rome, Antiquité - Moyen-Âge, CVI (1994), 2, pp. 626 s., 640; G. Savio, Monumenta onomastica Romana Medii Aevi (X-XII sec.), II, Roma 1999, pp. 693 s.; F. Marazzi, Aristocrazia e società (secoli VI-XI), in Roma medievale, a cura di A. Vauchez, Roma-Bari 2001, p. 67; T. di Carpegna Falconieri, Giovanni di Crescenzio, in Diz. biogr. degli Italiani, LVI (2001), pp. 1-4.