CARAFA, Gregorio (al secolo Carlo Marcello)
Nacque a Napoli nel 1588 da Marzio e da Faustina di Fabrizio Sanimarco, barone di Rocca d'Evandrio. Compì l'iter scolastico proprio della sua condizione sociale, dedicandosi allo studio della teologia e della filosofia in cui prese il dottorato. Deciso ad intraprendere la carriera ecclesiastica, fu accolto fra i teatini nella casa di S. Paolo Maggiore di Napoli dove professò il 18 nov. 1606, assumendo il nome di Gregorio. Sempre nella casa dei teatini a Napoli tenne per tre anni la cattedra di filosofia e per sei quella di teologia. Fu in questi anni che si acquistò grande fama di predicatore e dette saggio della sua varia cultura componendo quattro saggi: due teologici, De naturali concursu causae primae cum secundis (Neapoli 1632) e In primam secundae S. Thomae Disputationes theologicae (Neapoli 1628); uno sul duello, De monarchia seu duello opus theologico morale (Romae 1647), che fu occasionato da un duello avvenuto in Benevento l'anno precedente tra due patrizi napoletani, uno dei quali era nipote del C. per parte di sua sorella; infine uno sull'eruzione del Vesuvio, Epistola isagocica de novissima Vesuvii conflagratione (Neapoli 1632). La fama acquistata presso i contemporanei sia come teologo che come predicatore, la posizione della sua famiglia, l'appoggio del viceré di Napoli, e quindi l'appoggio di Filippo IV di Spagna fecero sì che il C. assurgesse alle più alte cariche del suo Ordine: fu preposito dei teatini dal 1641 al 1643 e l'anno successivo fu eletto dodicesimo preposito generale dell'Ordine.
Nello stesso capitolo generale che elesse il C. si stabilì di fare istanza al Papa per la canonizzazione di Gaetano e di Andrea Avellino; di far scrivere in latino la storia dell'Ordine, di autorizzare il generale a scegliere sempre nuovi elementi per le missioni; di non accogliere fra i teatini di Spagna chi non potesse provare di discendere, fin dal quarto grado, in linea paterna e materna da gente cristiana e non ebrea.
Nel 1646, allo scadere della carica, il C. se la vide riconfermare.
Durante la rivolta di Masaniello, la famiglia Carafa, essendo una delle più eminenti della città, svolse un ruolo assai importante in funzione filospagnola. La partecipazione del C. fu in effetti abbastanza marginale. La cronaca del Capecelatro riporta, alla data 27 nov. 1647, che il C. si rifugiò nei quartieri degli Spagnoli "fuggendo le minacce dei popolari che avevano detto volerlo torre di vita come scoverto aderente della parte Spagnola" (III, p. 286).
Nel 1648 la carriera ecclesiastica del C. ebbe un ulteriore sviluppo: il 24 agosto successe a Paolo Palombi nel vescovato di Cassano in Calabria, con una pensione di 1.200 ducati. Tra le opere da lui compiute in tale veste ricordiamo l'erezione del Monte di pietà in Cassano.
Dello stesso anno è l'intervento del C. in favore di Cosimo Granito, nato a Cassano, figlio di Costantino, medico personale del C., il quale era stato condannato a morte per aver fatto innalzare alcune forche "per farvi impiccare per la gola alcuni fedeli del Re". L'intervento del C. risultò però inutile, e il Granito venne impiccato l'anno successivo di notte nella chiesa di S. Marco "acciò non avesse potuto impedire la giustizia di Gregorio Carafa" (Capecelatro, III, p. 521).
La carriera ecclesiastica del C. culminò il 23 giugno 1664 quando Alessandro VII lo nominò arcivescovo di Salerno, e qui, nella cattedrale nella quale procedette a lavori di restauro e a migliorie, si fece erigere un elegante monumento funebre. Rigida fu la sua opera in difesa della giurisdizione ecclesiastica, tanto che la lapide posta sulla sua tomba reca un'iscrizione nella quale si afferma che il C. volle essere seppellito vicino a Gregorio VII "cui libertas ecclesiastica cordi fuit". Tra i lavori fatti eseguire nella cattedrale salernitana sono gli altari di S. Gaetano e di S. Andrea Avellino.
Dobbiamo ricordare inoltre l'opera svolta dal C. nell'ambito dell'Ordine dei teatini durante gli anni del suo generalato. Il Monti ha rintracciato in un codice della Biblioteca nazionale di Napoli sette lettere del Carafa. La prima è del 7 maggio 1644 e, scritta agli inizi del generalato del C., costituisce il suo programma di lavoro. Vi raccomanda infatti l'obbedienza assoluta, l'osservanza delle costituzioni dovute a Paolo IV e dei vari decreti capitolari successivi, il voto della povertà, l'uniformtà del vestire e del vitto, una maggiore disciplina, il massimo riserbo nel cooperare a pratiche di laici, ecc. La seconda lettera, del 21 maggio successivo, amplia la prima, raccomandando l'obbedienza e la povertà e ricordando l'applicazione delle norme sui trasferimenti e viaggi dei teatini, il controllo delle lettere, il divieto di rendere pubbliche notizie riguardanti l'Ordine e infine, dietro espresso invito di Propaganda Fide, esortando i padri dell'Ordine a partire alla volta delle missioni. Con la terza lettera, dell'8 giugno, il C. rimprovera aspramente coloro che avevano violato la corrispondenza inviata dal generale e dai consultori ai singoli padri. Le altre quattro lettere, datate 1645 e 1646, riguardano la proibizione di accedere a monasteri di monache; le disposizioni riguardanti una sua probabile visita in Lombardia; nonché l'ordine di cambiare, dopo un triennio, tutti i confessori di ogni casa. Quindi il C., come afferma egli stesso nella seconda lettera, non emanò ordini nuovi, ma rinnovò gli antichi, di cui non si stancava di raccomandare l'osservanza, specie per quanto riguardava il voto di povertà.
In qualità di responsabile di un Ordine religioso di grande importanza e di rampollo di un'illustre famiglia, il C. svolse alcuni incarichi diplomatici, con molta probabilità del tutto onorifici, di cui però non ci sono state fornite notizie più dettagliate. Sappiamo che fu legato straordinario di re Filippo IV di Spagna presso Innocenzo X, componendo un dissidio sorto fra quel regno e la Santa Sede.
Morì a Salerno il 23 febbr. 1675.
Fonti e Bibl.: Lettere al pontefice Innocenzio X sulla sommossa di Masaniello scritte dal card. Filomarino arcivescovo di Napoli, Firenze 1843, passim; F. Capecelatro, Diario delle cose avvenute nel Reame di Napoli..., a cura di A. Granito, III, Napoli 1854, pp. 152, 286, 521; G. Silos, Historiarum clericorum regolariunpars tertia, Panormi 1666, ad Indicem; A. F. Vessosi, I scrittori de' chierici regolari..., I, Roma 1780, pp. 220 ss.; G. M. Monti, Studi sulla riforma cattolica e sul papato nei secc. XVI-XVII, Trani 1941, ad Indicem; P. Litta, Le fam. celebri italiane,s. v. Carafa di Napoli, tav. XVII.