GRAZIANO da Pisa
Nato verosimilmente nel quarto decennio del secolo XII, era nipote di papa Eugenio III e, come lui, proveniva da Pisa, da una famiglia di cui nulla si conosce.
Forse (ma la notizia è dubbia) si tratterebbe della nobile famiglia dei Paganelli di Montemagno di Camaiore, alla quale sarebbe appartenuto, secondo una tradizione diffusasi nel Cinquecento, anche il papa suo zio; tuttavia oggi si ritiene che lo stesso Eugenio III fosse di origine umile.
G. si mosse da giovanissimo al seguito del pontefice, che si occupò direttamente della sua prima educazione conducendolo con sé nei numerosi spostamenti per le terre del Patrimonio di S. Pietro. Negli anni Sessanta perfezionò gli studi di diritto a Bologna, avendo come compagno Stefano di Tournai e seguendo i corsi del famoso giurista Bulgaro, fino a conseguire il titolo di magister.
È poco verosimile che egli sia l'autore di alcune glosse al Decreto di Graziano, che sono state trasmesse sotto il nome di "Cardinalis" e che gli furono attribuite nell'Ottocento; infatti, al tempo della loro redazione (primi anni Sessanta del secolo XII), egli non era ancora insignito del titolo cardinalizio.
Rientrato in Curia, fu creato suddiacono di Santa Romana Chiesa da Alessandro III, che gli affidò la direzione dei notai del sacro palazzo lateranense: dal 21 marzo 1168 al 7 febbr. 1178, con alcune piccole interruzioni, egli rilasciò i diplomi della Cancelleria pontificia. Facendo parte del personale del cancelliere (carica che per molti anni fu ritenuta personalmente dallo stesso pontefice Alessandro III), G. fu inviato in alcune missioni diplomatiche. Nel 1169 si recò in Normandia alla corte di Enrico II re d'Inghilterra, per tentare la riconciliazione tra Tommaso Becket arcivescovo di Canterbury e il sovrano, che erano giunti a un grado esasperato di tensione. I legati giunsero a Vézelay il 22 luglio, attesi con impazienza da entrambe le parti, e furono ricevuti da Giovanni di Salisbury.
Si recarono successivamente a Sens, dove aspettarono l'arrivo del re, conferendo più volte con Tommaso Becket. A quanto sembra, questi stimò molto G., preferendolo all'altro legato (Viviano arcidiacono d'Orvieto) e ammirandone la capacità dialettica. I legati pontifici incontrarono il re d'Inghilterra durante la seconda metà d'agosto e i primi giorni di settembre, seguendo la corte nei suoi spostamenti per la Normandia. Il clima, tuttavia, si fece subito pesante, perché il re, in preda a frequenti accessi d'ira e senza lesinare minacce, intendeva dare inizio al negoziato ottenendo subito alcune assoluzioni; al che il legato, secondo alcune fonti, avrebbe risposto con alterigia che non temeva le minacce del re poiché apparteneva a una corte che aveva per costume quello di comandare ai re e agli imperatori.
Dopo lunghe trattative, il re accettò di cedere in parte, ma a condizione che fosse inserita nell'accordo una clausola di generica salvaguardia dei diritti del Regno. Poiché tale clausola, se interpretata con larghezza, avrebbe consentito di travalicare tutte le altre, G. domandò che ne fosse inserita un'altra analoga, che garantisse il rispetto della libertà ecclesiastica; questa richiesta scatenò un crisi di collera nel sovrano. G., indignato, abbandonò la corte e tornò a Roma, lasciando l'altro legato a tentare di raggiungere un'impossibile intesa. I legati non ottennero nulla, soprattutto perché il pontefice non intendeva calcare la mano in misura eccessiva. Appoggiando troppo apertamente l'arcivescovo di Canterbury e denunciando senza remissione l'operato del re, il papa avrebbe infatti rischiato un pericoloso avvicinamento tra quest'ultimo e l'imperatore Federico Barbarossa.
Anche per il fatto che la missione era fallita completamente, il rapporto tra G. e Tommaso, che in principio era stato molto buono, dovette in qualche modo deteriorarsi. Tuttavia i monaci di Canterbury avrebbero serbato un buon legame con G. anche dopo che questi era divenuto cardinale, diversi anni dopo l'uccisione del loro arcivescovo.
A parte brevi parentesi, la funzione ricoperta da G., che curava tra l'altro la confezione materiale dei privilegi, gli impose di operare continuativamente a fianco del pontefice. È infondata, pertanto, la notizia tramandata da Roger Howden, secondo il quale lui e Viviano d'Orvieto sarebbero stati inviati nuovamente come legati presso Enrico II nel 1171 (Chronica).
In ricompensa dei servigi resi per un decennio, Alessandro III, il sabato delle quattro tempora di primavera del 1178 (3 marzo), ordinò G. cardinale diacono della diaconia dei Ss. Cosma e Damiano. Insignito di tale titolo, egli prese a sottoscrivere i diplomi pontifici a partire dal 28 marzo successivo. Da quel momento i suoi incarichi in Curia mutarono considerevolmente. Reputato incorruttibile e onesto, oltre che molto esperto nelle questioni di diritto canonico, G. fu spesso designato come giudice in liti che vedevano contrapposti grandi enti ecclesiastici: tra il 1178 e il 1181 era in Toscana, per definire una controversia tra le diocesi di Siena e di Arezzo relativa ai diritti su diciotto pievi; nel 1181 gli venne poi affidata la risoluzione di una causa tra il vescovo di Palestrina e l'abate di Subiaco.
Sotto il pontificato di Clemente III G. fu inviato come giudice e legato in Italia settentrionale, con l'incarico di far riconoscere i diritti pontifici: tra il 1187 e il 1188 si mosse tra Ferrara, Piacenza e Padova, dove risolse alcune questioni che vedevano coinvolti, tra gli altri, i vescovi di Modena e Trieste e il patriarca d'Aquileia. Successivamente, infastidito dal fatto che il papa, romano di nascita, perseguiva una politica di salda alleanza con la nobiltà dell'Urbe e aveva già proceduto alla nomina di alcuni cardinali appartenenti alle famiglie romane, G. si allontanò dalla Curia per un certo periodo. Ritornò a operare (o forse fu riabilitato) solamente durante il pontificato del successore di Clemente III, Celestino III, che durante l'estate del 1195 si servì di lui come inviato nella Marca d'Ancona, insieme con Pietro cardinale di S. Cecilia, per negoziare con l'imperatore Enrico VI i termini della sua partecipazione alla crociata.
Alla morte di Celestino III (1198) si pensò che G. avesse buone possibilità di divenire papa, ma Lotario di Segni fu eletto quasi subito. Poco dopo l'ascesa di Innocenzo III, G. fu inviato a Pisa e a Genova, ancora una volta insieme con Pietro di S. Cecilia, con il delicato compito di concludere la pace tra le due città, di ottenere garanzie di fedeltà al nuovo papa e di organizzare la crociata. Dopo di allora, egli rimase quasi sempre in Curia, sottoscrivendo regolarmente le bolle pontificie fino al 30 maggio 1205.
La sua morte deve risalire a poco tempo dopo: il 25 febbr. 1206 conosciamo il nome di un altro cardinale dei Ss. Cosma e Damiano.
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