MANCINI, Grazia
Nacque a Napoli il 16 maggio 1841 da Pasquale Stanislao e da Laura Beatrice Oliva. Fu la prima di undici figli (alcuni dei quali morti in tenera età).
La famiglia paterna era di antica nobiltà. La casa dei Mancini fu, negli anni che precedettero il 1848, luogo d'incontro di intellettuali e artisti meridionali (anche grazie alla nonna paterna, Grazia Maria Riola). La madre si affermò, giovanissima, come autrice di versi patriottici.
Nel 1850 la M. si trasferì con la famiglia a Torino, dove il padre si era rifugiato nel marzo 1849 per sfuggire alla condanna inflittagli dalle autorità borboniche. A Torino la M. frequentò dapprima la scuola dei coniugi Desnisard, poi il convitto della signora Elliott dove, tra il 1852 e il 1856, fu allieva di F. De Sanctis, con il quale rimase in contatto epistolare anche dopo il trasferimento del suo maestro a Zurigo. La M. stessa narra la sua adolescenza in Impressioni e ricordi. Giornale di una giovinetta, diario relativo agli anni 1856-64, pubblicato a puntate in Nuova Antologia tra febbraio e agosto del 1907 e raccolto in volume (Milano 1908) per volontà del figlio Riccardo.
Dal diario emerge la vita degli esuli meridionali che in casa Mancini si riunivano quasi ogni sera: tra gli altri G. Pisanelli, E. Cosenz, C. Mezzacapo, G. Nicotera, G. Pallavicino, G. Milli: "Mentre gli uomini discorrono e fanno disegni per l'avvenire e leggono lettere venute di là dove si soffre e si spera, noi donne facciamo ad essi corona, perché, come loro, sentiamo altamente l'amor di patria" (ed. 1908, p. 61).
Formatasi attraverso la lettura di autori quali A. Manzoni, G. Gozzi, C. Grossi, M. Visconti, S. Pellico, T. Tasso, W. Scott, la M. frequentò i teatri con i genitori, apprezzando in modo particolare le opere di G. Rossini e la drammatizzazione dei testi di A. Dumas. Esordì come scrittrice con commediole e poesie da recitare in famiglia. Nel 1859, a 16 anni, si trovò immersa nei preparativi per la seconda guerra d'indipendenza: i Mancini accolsero C. Poerio, S. Spaventa e L. Settembrini, reduci da un avventuroso sbarco in territorio britannico, e ricevettero volontari garibaldini. La M. partecipò con la madre al comitato femminile di sostegno ai patrioti, coordinato dalla marchesa Anna Pallavicino Trivulzio.
Dopo lo sbarco dei Mille a Marsala molti giovani ufficiali abbandonarono l'esercito borbonico e ripararono in Piemonte: tra questi, la M. incontrò Adelchi Pierantoni, fratello del suo futuro marito. In quel periodo alcuni commenti politici della M., attenta ascoltatrice dei discorsi che si svolgevano nella sua casa, furono pubblicati anonimi da un giornale napoletano.
Ritornata con il padre a Napoli liberata, la M. lo accompagnò a Caserta per incontrare Garibaldi. A Napoli i Mancini ritrovarono amici come De Sanctis, P. Scura, Pisanelli, N. Fabrizi, C. Poerio, A. Ranieri con la sorella Paolina, G. Ricciardi, Milli, L. Colet. Riabbracciarono la nonna paterna, alla quale la M. fu sempre profondamente legata e di cui curò la pubblicazione di massime e riflessioni morali dedicate al figlio (Il manoscritto della nonna, Roma 1879).
Tornata a Torino al seguito del padre, nel 1865 con il resto della famiglia lo seguì a Firenze, nuova capitale del Regno d'Italia, dove incontrò Augusto Pierantoni, che sposò nel 1868. Dal loro matrimonio nacquero Beatrice, Riccardo e Dora.
Esponente di una cospicua famiglia abruzzese, a 25 anni Pierantoni era già professore di diritto presso l'Università di Modena. Partecipò come volontario alla terza guerra d'indipendenza. In seguito insegnò all'Università di Roma e dal 1874 fu deputato, poi senatore. Collaborò a diversi periodici, tra cui la Rivista contemporanea.
Il matrimonio aprì per la M. una fase di intensa attività, durata più di trentacinque anni: collaborò a Rivista europea, Nouvelle Revue, Vita italiana, Roma letteraria, La Donna, La Nouvelle Rome, La Revue du monde latin, Natura e arte, La Tavola rotonda e, soprattutto, alla Nuova Antologia.
Si distinse come traduttrice di testi (Il grillo del focolare di Ch. Dickens, Milano 1869) e poesie (Poesie straniere tradotte dal francese, dall'inglese e dal provenzale, ibid. 1876; Poesie straniere, Rocca San Casciano 1898; nonché Saviniano di Cyrano de Bergerac poeta e filosofo, in Nuova Antologia, 16 nov. 1898, pp. 316-339; 1( dic. 1898, pp. 487-511). Curò altresì la 3ª ed. del volume di versi di C. Errico, Convolvoli (Foligno 1894).
Al periodo fiorentino risalgono numerose novelle (Racconti, Milano 1876; La casa nasconde, ma non ruba, ibid. 1876; Dora e altri racconti, ibid. 1876; Novelle umili, ibid. 1878; Valentina. Fiori appassiti, ibid. 1879). La M. scrisse inoltre commedie: Commedie d'infanzia (Napoli 1874); Teatro per le fanciulle (ibid. 1874); Marito e avvocato (Roma 1892); notevole fu anche la sua produzione in versi: Poesie (Bologna 1879); Matilde di Canossa: rappresentazione storica (Milano 1882); Nuove poesie (Caserta 1898); e, infine, Poesie (Torino-Roma 1905).
Nel 1875 ebbe inizio la collaborazione, che proseguì per tutta la sua vita professionale, con Nuova Antologia, a cominciare dai racconti Treccia bionda (marzo 1875, pp. 672-683), Dora (novembre 1875, pp. 565-606; dicembre 1875, pp. 770-817), Fiori appassiti (aprile 1877, pp. 781-799), Valentina. Dai ricordi di un pittore (16 maggio 1878, pp. 282-305; 1( giugno 1878, pp. 503-518; 16 giugno 1878, pp. 726-745), Lidia (16 ag. 1879, pp. 684-705; 1( sett. 1879, pp. 79-109; 16 sett. 1879, pp. 276-308) e dalla "leggenda in versi" La miniera di Faluna (1( febbr. 1879, pp. 550-559).
Lo stile della M. era diretto, semplice, schietto, come in molta parte della letteratura femminile tra fine Ottocento e primo Novecento. I temi erano quelli più vicini alla sua sensibilità e alla sua esperienza: vicende amorose travagliate e a volte drammatiche, storie familiari, storie d'infanzia; ai contesti borghesi si affiancavano quelli di operai, contadini, minatori, nei ritratti dei quali si rivela quella simpatia e quel senso di solidarietà che avrebbe spinto la M. a impegnarsi nella filantropia; i profili psicologici dei personaggi sono tratteggiati con cura; l'intento pedagogico, comune alla maggior parte delle scrittrici dell'Italia liberale, non toglie freschezza alle narrazioni. Scrisse M. Berio (La Donna, 5 ott. 1913): "ella narra, svolge e concreta il fatto con stile piano, semplice e scorrevole, che appunto trae la maggiore efficacia dalla totale assenza di effetti ricercati". Una vena più malinconica si rivela nelle poesie, in cui temi frequenti furono la memoria di persone care scomparse, la morte prematura, la caducità delle umane illusioni.
Verso il 1880 la M. si trasferì con il marito a Roma, dove la loro casa, in una palazzina di via Magenta, divenne punto d'incontro di intellettuali di ogni nazione. Era ormai una nota e affermata scrittrice: accanto a Giannina Milli e a Teresa Filangieri Ravaschieri, fu tra le rare donne accolte nell'Accademia Pontaniana di Napoli, di cui già aveva fatto parte la madre. Molti dei suoi lavori furono tradotti (in francese, tedesco, inglese, svedese e rumeno) e recensiti favorevolmente, in Italia e all'estero. A Roma si impegnò sul piano filantropico ed educativo.
Fu tra le fondatrici della Società per la coltura della donna, presieduta dalla regina Margherita; fu nominata ispettrice delle scuole femminili di Roma; fu tra i promotori dell'Istituto per le ragazze disoccupate, dell'Istituto pe' minorenni condannati, dell'Associazione Soccorso e lavoro. Il ministero della Pubblica Istruzione le conferì la medaglia d'argento di benemerita dell'istruzione popolare. Una medaglia d'oro le fu attribuita anche da Carlo I di Romania per i suoi meriti verso quella nazione. A Centurano, villaggio del Casertano nel quale i Pierantoni stabilirono la loro casa di villeggiatura dal 1880, la M. fondò un asilo e scuola di lavoro femminile e un ricreatorio musicale destinati a sopravviverle grazie all'impegno della figlia Dora.
Nei suoi scritti del lungo periodo romano, che coincise con la rapida espansione del movimento per i diritti femminili, sostenne attivamente l'istruzione e il ruolo delle donne, anche se non risparmiò critiche al femminismo più radicale. Sul piano politico l'appello alle riforme sociali si coniugò con la devozione alla casa regnante, che aveva accolto la sua famiglia negli anni dell'esilio. Nelle pagine della Nuova Antologia pubblicò racconti e romanzi, quasi tutti poi raccolti in volume, a volte in più edizioni, fra cui: Dalla finestra (Napoli 1881); Sul Tevere (Roma 1884), considerato da alcuni critici il suo romanzo migliore; Tardi (Torino-Roma 1907). Altre opere narrative di questi anni sono: Dal Capo Bianco al Marocco (Città di Castello 1892); La signora Tilberti (Torino 1896); Racconti e novelle (Città di Castello 1901).
Alcuni lavori della M. furono dedicati alla memoria dei genitori: Una pagina di storia (1848-1849), in Nuova Antologia (16 maggio 1898, pp. 276-309), è un ricordo del ruolo da protagonista svolto dal padre in quella fase cruciale. Al padre dedicò anche la pubblicazione di Alcune lettere di P.S. Mancini (ibid., 16 marzo 1900, pp. 313-331); curò una nuova edizione del dramma della madre Cristoforo Colombo: 1846 (Genova 1892).
I suoi rapporti con la cultura europea sono ben visibili dalle relazioni epistolari e dall'attenzione che le dedicarono, all'estero, critici e letterati.
L'ultimo decennio della sua vita fu segnato da una serie di lutti e da un progressivo distacco dalla scena letteraria. La figlia Bice morì nel 1906, lasciando il marito e un figlioletto. Riccardo, studioso di letteratura e autore di novelle, si ammalò di una lunga malattia che lo portò a morte precoce. Augusto morì nel 1911.
La M. cercò rifugio a Centurano, confortata da Dora e dalla fida cameriera Mena, dove scrisse gli ultimi versi. Lontana dall'esaltazione bellicista di molte intellettuali del suo tempo, guardò all'invasione del Belgio con tale angoscia da non sopportare la lettura dei giornali. Trascorse gli ultimi due mesi della sua vita a Roma, dove morì il 12 maggio 1915.
Fonti e Bibl.: Un ricco fondo archivistico di carteggi e opere manoscritte della M. è conservato presso l'Archivio del Museo centrale del Risorgimento di Roma. Nel fondo sono conservati anche recensioni e articoli a stampa sulle sue opere e la sua vita. Fra le recensioni: Il manoscritto della nonna, pubbl. per cura della nipote G. Pierantoni M., in Nuova Antologia, 15 apr. 1878, pp. 586 s.; Poesie di G. Pierantoni M., ibid., 15 maggio 1879, pp. 364-366. Sulla figura della M. si vedano: O. Roux, Infanzia e giovinezza di illustri italiani, Firenze 1909, pp. 339-360; S. Montuori, F. De Sanctis nei ricordi di G. Pierantoni M., in Il Roma, 26 febbr. 1910; F. Zampini Salazar, G. Pierantoni M., in Nuova Antologia, 16 giugno 1915, pp. 563-570; A. Drago, Sognava d'essere Giovanna d'Arco, in Tempo, 30 giugno 1965; A. Arslan, Dame, galline e regine: la scrittura femminile italiana fra '800 e '900, Milano 1998, p. 156; M.T. Mori, Salotti e sociabilità delle élite nell'Italia dell'Ottocento, prefazione di M. Meriggi, Roma 2000, pp. 121 s., 163; A. Santoro, Piccola antologia di scrittrici campane, Napoli 2001, pp. 23-27, 147; C. Villani, Stelle femminili. Diz. bio-bibliografico, Napoli-Roma-Milano 1915, pp. 533-535. A. De Gubernatis, Diz. biografico degli scrittori contemporanei, Firenze 1879, pp. 677 s.; T. Rovito, Letterati e giornalisti italiani contemporanei. Diz. bio-bibliografico, Napoli 1922, p. 312; Enc. biografica e bibliografica "Italiana", M. Bandini Buti, Poetesse e scrittrici, I, pp. 371 s.; A. Russo, G. M., in Il Risorgimento invisibile. Presenze femminili nell'Ottocento meridionale, a cura di L. Guidi, www.storia.unina.it/donne/invisi; A. Santoro, G. Mancini Pierantoni in Dominae, www.arabafelice.it.