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Gravitazione

di Bruno Bertotti - Enciclopedia Italiana - VI Appendice (2000)
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Gravitazione

Bruno Bertotti

(XVII, p. 770; App. V, ii, p. 506)

Nella voce gravitazione del vol. XVII dell'Enciclopedia Italiana sono presentate le idee che i fisici prenewtoniani avevano sulla g. e, subito dopo, quella che si può chiamare la teoria gravitazionale di Newton, seguita dall'esposizione dei primi tentativi, inefficaci, di rappresentare il campo gravitazionale basandosi, secondo le idee di I. Newton, sul punto materiale gravitante come elemento di base; la voce si chiude con un cenno alla prima teoria tensoriale e relativistica della g., elaborata da A. Einstein. A quest'ultima teoria è dedicata la voce della App. V (ii, p. 506), che a sua volta chiude con un cenno alla g. quantistica, cioè alla trattazione in termini di meccanica quantistica della teoria della gravitazione. Si può considerare tuttora valida la considerazione, in quella sede enunciata, che la trattazione quantistica, nonostante le varie formalizzazioni proposte, è ancora lontana da una sistemazione unitaria e coerente.  *

Gravitazione e relatività

di Bruno Bertotti

Lo spazio-tempo e la teoria della relatività di Einstein ('ristretta', in assenza di campo gravitazionale, e 'generale', che include quest'ultimo), costituiscono oggi l'arena e lo strumento incontrastato per l'interpretazione dei fenomeni che riguardano i corpi macroscopici. Spazio e tempo sono indissolubilmente connessi in uno spazio a quattro dimensioni, in cui sono rappresentati contemporaneamente tutti gli eventi accaduti in ogni luogo e in ogni istante. L'insieme delle direzioni in ciascun evento ha una struttura che le divide in due classi: quelle temporali - dirette verso il futuro o il passato - e quelle spaziali, che connettono due eventi vicini simultanei rispetto a un osservatore. Queste due classi sono separate dalle direzioni nulle, che caratterizzano il moto dei fotoni. La g. induce sullo spazio-tempo una ricchissima struttura geometrica, in cui non valgono le leggi della geometria euclidea ordinaria (per es., la somma degli angoli interni di un triangolo non è 180°); essa è caratterizzata da una curvatura e, a livello globale, da una topologia che può essere diversa da quella dello spazio ordinario. Secondo la teoria della relatività generale, il moto di un punto materiale in un campo gravitazionale ha natura geometrica e non dinamica: in altre parole, esso non dipende dalla natura del corpo, ma solo dalla struttura geometrica dello spazio-tempo.

Dubbi e perplessità circa la validità della relatività generale in laboratorio e nel sistema solare sono ormai divenuti poco interessanti: come hanno messo in evidenza E. Amaldi e G. Testa (v. gravitazione, App. V), anche in seguito a grandi programmi sperimentali condotti a termine negli anni Settanta e Ottanta, praticamente tutte le teorie alternative a quella di Einstein sono state dimostrate false o inconsistenti. Si può dire che oggi essa, almeno quando il campo gravitazionale è debole, è diventata uno strumento standard per affrontare applicazioni anche complesse, in maniera simile all'uso corrente della teoria di J.C. Maxwell per la descrizione dei fenomeni elettrici e magnetici; inoltre, con l'aumento dell'accuratezza strumentale accessibile, le correzioni relativistiche sono oggi parte integrante delle scienze spaziali (per es., il Global Positioning System per l'identificazione della posizione di un punto mediante satelliti artificiali, che ha importanti applicazioni anche commerciali, non potrebbe funzionare adeguatamente se non vi fossero state incorporate le opportune correzioni relativistiche). A maggior ragione, anche la relatività ristretta, che governa la dinamica di corpi che si muovono con velocità prossime a quella della luce, viene usata senza alcuna perplessità e costituisce il fondamento progettuale per le costose macchine acceleratrici di particelle. Sarebbe però scorretto escludere condizioni e precisioni estreme, in cui la teoria della relatività non è valida. I progressi recenti in questo campo riguardano piuttosto i sistemi dove il campo gravitazionale è intenso, quando cioè l'energia gravitazionale di un corpo non è piccola rispetto alla sua energia di riposo. Tali progressi si possono raggruppare in tre aree: lo studio delle proprietà straordinarie dei sistemi con campo gravitazionale intenso e la loro dinamica; il problema dell'unificazione tra relatività generale e teoria delle particelle elementari; l'astrofisica relativistica (v. astrofisica: Astrofisica relativistica, in questa Appendice). La trattazione si limiterà quindi alle prime due aree.

Campi gravitazionali intensi

Nel sistema solare (e, a maggior ragione, in laboratorio), l'energia gravitazionale di un corpo è assai piccola (raggiunge il massimo di 2 milionesimi dell'energia connessa alla massa a riposo sulla superficie del Sole) e, quindi, le correzioni indotte dalla teoria della relatività generale alla dinamica newtoniana e all'elettromagnetismo sono di poco conto e, in ogni caso, non cambiano le caratteristiche qualitative del fenomeno. In caso contrario, come avviene nei corpi celesti collassati e all'origine dell'Universo, insorgono fatti completamente nuovi. La topologia dello spazio-tempo può cambiare e si possono avere Universi senza limite, ma finiti, come una sfera. Possono insorgere caratteristiche qualitativamente nuove nelle traiettorie delle particelle e dei fotoni; per es., orizzonti (cioè superfici chiuse attraversabili solo nel verso dall'esterno all'interno) e linee temporali chiuse, che comportano 'macchine del tempo' e violazioni della causalità: in presenza di linee temporali chiuse un corpo materiale può ritornare a un suo evento anteriore e, pertanto, non è più valido il tradizionale punto di vista di P.-S. de Laplace, secondo cui il passato determina il futuro. Sono possibili punti singolari, dove la curvatura dello spazio-tempo (e anche la densità della materia e dell'energia) è infinita. La g. non obbedisce al principio di sovrapposizione: per es., il campo gravitazionale prodotto da due masse non è la somma dei campi gravitazionali prodotti dai singoli corpi; la struttura matematica delle leggi relativistiche della g. è quindi assai complessa.

Come nella teoria newtoniana della g. il punto di partenza è il concetto di punto materiale gravitante, così in relatività generale abbiamo la geometria di R.P. Kerr (1963), che rappresenta il campo gravitazionale di un punto materiale con massa M e momento della quantità di moto L. Essa ha una singolarità nell'origine, straordinarie proprietà dinamiche e una complessa topologia, in particolare per quanto riguarda la regione interna all'orizzonte. Quando L ⟨ L₀ = GM²/c, con G costante della g. universale e c velocità della luce nel vuoto, la singolarità non è accessibile dall'esterno: abbiamo allora a che fare con un buco nero. Nel caso opposto, L > L₀, la singolarità è nuda: non essendo circondata da un orizzonte, è accessibile da lontano; inoltre la causalità è violata e la soluzione viene di solito trascurata. È interessante notare che il valore critico L₀ ha rilevanza astrofisica: per es., il momento della quantità di moto del Sole è circa un quinto di L₀. Il caso L = 0 rappresenta un sistema con simmetria sferica e corrisponde alla soluzione di Schwarzschild, nota da tempo: tutto ciò che sta entro l'orizzonte non è osservabile. Nel caso sferico esso è una sfera con il raggio 2GM/c² (numericamente eguale, in km, a 3 per la massa del Sole). È importante notare che, a differenza del caso newtoniano, in cui il campo gravitazionale di un corpo isolato dipende dagli infiniti parametri che caratterizzano tutti i suoi momenti di massa, che misurano lo scostamento dalla simmetria sferica, in relatività generale la soluzione di Kerr è l'unica che soddisfa al criterio di essere euclidea all'infinito e di avere un orizzonte; in qualche maniera, quindi, quando un corpo ordinario collassa e genera un buco nero, la varietà infinita della sua forma si riduce a quella caratterizzata solo da due parametri, massa e momento della quantità di moto. Sulla geometria di Kerr è basata l'astrofisica dei buchi neri.

L'insorgenza di singolarità nella dinamica di un campo gravitazionale è governata da un importante teorema dovuto a S.W. Hawking, R. Penrose e R.P. Geroch (intorno al 1965). Esso asserisce che, sotto ipotesi fisicamente ragionevoli, ogni sistema gravitazionale ha, nel passato o nel futuro, uno stato in cui la curvatura dello spazio-tempo (e, anche, in generale, la densità di materia) è infinita. L'esempio più importante è l'Universo stesso, che inizia con il Big Bang, ma il teorema si applica anche a tutti i sistemi materiali isolati, sufficientemente massivi e legati dalla g. (come i grandi corpi celesti) e afferma che, alla fine, l'attrazione inevitabilmente prevale e conduce a un collasso il cui stato finale è un buco nero.

Attende ancora una soluzione completa l'analogo relativistico del problema del moto newtoniano di due corpi puntiformi. In relatività generale è importante conoscere il moto di due buchi neri generici di Kerr. A differenza del caso newtoniano, il problema relativistico non conserva l'energia totale, per l'emissione di onde gravitazionali che ne diminuiscono sempre più rapidamente la distanza sino alla fusione finale; tale fusione richiede come conseguenza anche un mutamento della topologia. La soluzione di questo problema è quindi cruciale per stimare la radiazione gravitazionale emessa da un sistema binario di due buchi neri, una classe primaria di sorgenti a cui mirano i rivelatori in funzione o in costruzione. Nell'assenza di adeguati strumenti analitici, oggi il problema viene affrontato anche con complessi metodi numerici e grandi elaboratori; a esso è dedicato un grande progetto internazionale chiamato Grand challenge.

Relatività generale e particelle elementari

Per la descrizione del mondo fisico oggi sono usati due diversi schemi teorici: per oggetti macroscopici sono sufficienti la teoria della relatività generale e l'elettromagnetismo; per atomi e particelle elementari occorre invece la meccanica quantistica, che comporta un assetto epistemologico completamente diverso, in cui ciò che si evolve non sono campi classici come il campo gravitazionale, ma la cosiddetta funzione di stato del sistema, che descrive simultaneamente le infinite possibilità di realizzazione del sistema. L'unificazione tra questi due schemi è un compito primario della fisica teorica.

Ci si potrebbe attendere che per i buchi neri - oggetti macroscopici - gli effetti quantistici caratteristici non abbiano alcuna rilevanza e sia sufficiente per la loro descrizione la teoria della relatività generale. Nel 1974 Hawking ha mostrato che ciò è falso. In precedenza era stato notato che la dinamica dei buchi neri, inclusa la loro fusione, obbedisce a leggi assai simili alle leggi della termodinamica ed è possibile definire per ciascuno di essi una temperatura T, inversamente proporzionale alla massa. Per le masse tipiche dei corpi celesti essa è assai piccola: appena un decimilionesimo al di sopra dello zero assoluto per la massa del Sole; ma per buchi neri di 10¹² kg, per es., tale temperatura raggiunge mille miliardi di gradi. Ora, nella meccanica quantistica il vuoto ha una complessa struttura ed è popolato da coppie di particelle e antiparticelle che però non vengono normalmente rivelate, a meno di agire sul vuoto con energie almeno uguali all'energia di riposo della coppia. Hawking ha scoperto che il buco nero è in grado di estrarre dal vuoto quantistico coppie di particelle e fotoni, e ha mostrato che esse vengono emesse con la stessa intensità e la stessa distribuzione spettrale corrispondente a un corpo ordinario con la temperatura T precedentemente introdotta. I buchi neri quindi perdono continuamente energia e massa e, alla fine, scompaiono; nel passato dell'Universo questa evaporazione ha un effetto trascurabile per masse stellari, ma può essere importante per masse più piccole (i cosiddetti minibuchi neri).

Non conosciamo ancora la teoria unificata della gravità e delle particelle elementari, e ci si può chiedere se l'assetto epistemologico della teoria finale sia quello della geometria nello spazio-tempo o quello della meccanica quantistica. I tentativi di Einstein ed E. Schrödinger negli anni Quaranta di ricondurre la seconda alla prima sono stati ormai abbandonati: la teoria unitaria, si ritiene, sarà una teoria quantistica. È probabile che in essa lo spazio-tempo appaia come un fenomeno derivato e secondario e che la dinamica vera di un sistema si svolga in strutture geometriche assai più complesse - quali le stringhe - e con un numero maggiore di dimensioni. Lo spazio-tempo stesso sarà quantizzato e anche diverse topologie saranno descritte non da un'evoluzione deterministica, ma da una funzione di stato che ne rappresenta simultaneamente la varietà e dà un peso preciso a ciascuno dei suoi modi di manifestarsi. Questa teoria unificata, si pensa, non avrà conseguenze di rilievo per i corpi ordinari e le particelle elementari, ma costituirà lo strumento essenziale per descrivere la fase iniziale dell'Universo. In ambito non quantistico l'inizio dell'Universo corrisponde a una singolarità della curvatura dello spazio-tempo, e pertanto non permette una descrizione fisica con la teoria della relatività generale, ma quando la curvatura diventa sufficientemente grande, intervengono effetti quantistici che impediscono il formarsi della singolarità. Occorre quindi una teoria unitaria.

bibliografia

K.S. Thorne, R.H. Price, D.A. Macdonald, Black holes. The membrane paradigm, New Haven (Conn.) 1986.

A.D. Linde, Inflation and quantum cosmology, Boston 1990.

K.S. Joshi, Global aspects in gravitation and cosmology, Oxford 1994.

I. Ciufolini, J.A. Wheeler, Gravitation and inertia, Princeton 1995.

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