grave (greve; grieve)
Prevale di gran lunga la forma ‛ grave ', anche in rima (cinque presenze, contro le tre di ‛ greve '; al plurale, in rima e fuori rima, sempre ‛ gravi '). All'interno del verso si notano nei codici frequenti oscillazioni: " Può accadere che, perfino in rima -eve, qualche codice porti grave (ad es. il bolognese Rb a Purg. XII 118), ciò che ovviamente parla in generale per la forma più volgare " (Petrocchi, Introduzione 420; e v. anche Barbi, Vita Nuova, p. CCLXXXI); grieve si legge in Fiore CCXVIII 11, in rima con trieve e brieve.
Il significato più generico del termine, evidente quando esso è attributo di ‛ cosa ', è " che ha peso ": lo mio corpo... si movea come cosa grave inanimata (Vn XI 3); ché, perché noi volessimo che le cose gravi salissero per natura suso... non sarebbe (Cv IV IX 6); cantando vanio / come per acqua cupa cosa grave (Pd III 123); Maestro, dì, qual cosa greve / levata s'è da me, che nulla quasi / per me fatica, andando, si riceve? (Pg XII 118).
Di solito però g. mette in evidenza la grandezza del peso: Di fuor [le cappe degl'ipocriti] dorate son, sì ch'elli abbaglia; / ma dentro tutte piombo, e gravi tanto, / che Federigo le mettea di paglia (If XXIII 65: si noti la funzione rafforzativa dell'avverbio; del tutto simile l'occorrenza del successivo v. 90); la grave mora (Pg III 129) insiste sul peso del cumulo di pietre gettate dai soldati sulle ossa di Manfredi; grave corpo di If XXIV 54 indica " l'inerzia stupida della materia " (Torraca) che talora si oppone alla risolutezza, allo slancio generoso dell'animo verso il bene; Briareo, fitto dal telo / celestïal, giace grave a la terra per lo mortal gelo (Pg XII 30), preme cioè la terra col suo peso smisurato: il verso " condensa nell'espressione il gelo e l'abbandono grave della morte " (Porena); ma una certa tradizione esegetica (Daniello, Venturi, Lombardi), dato che i titani erano figli della Terra, intende g. come " molesto ", " doloroso ".
Un rapporto di opposizione può illuminare il senso di Pd XXI 132 Or voglion quinti e quindi chi rincalzi / li moderni pastori e chi li meni, / tanto son gravi, e chi di rietro li alzi, quando si riporti l'immagine dei prelati moderni " pingui ", " corpulenti ", a quella di Pietro e Paolo, magri e scalzi (v. 128), elemosinanti il cibo da qualunque ostello: qualche commentatore collega l'attributo a una mordente intenzione ironica, scorgendo accoppiate e dissonanti nella sua pregnanza evocativa le notazioni della pesantezza e della solennità; per grave idropesì di If XXX 52 sarà da intendere idropisia " che appesantisce il corpo ": " quia reddit hominem gravem, ita ut moveri non possit " (Benvenuto); in questo senso soccorre il probante riscontro con le membra legate del v. 81 e più ancora con i vv. 82 (S'io fossi pur di tanto ancor leggero...) e 107 (Ancor che mi sia tolto / lo muover per le membra che son gravi, / ho io il. braccio a tal mestiere sciolto).
In dittologia sinonimica con tardi a indicare la lentezza del movimento, in If IV 112 occhi tardi e gravi, da interpretarsi in chiave morale: " Dimostrasi molto nel muover degli occhi delle qualità dell'animo per ciò che coloro, li quali muovono la luce dell'occhio soavemente e con tardità, e con le palpebre quasi gravi in parte gli cuoprono, dimostrano l'animo loro esser pesato ne' consigli e non corrente nelle deliberazioni " (Boccaccio; cfr. Pg VI 63 anima lombarda / ... nel mover de li occhi onesta e tarda, che fa corrispondere g. a onesta); affine l'immagine di Pd V 73 Siate, Cristiani, a muovervi più gravi, che acquista il suo preciso colorito semantico se vista a fronte con l'esortazione immediatamente successiva non siate come penna ad ogne vento (v. 74). La compostezza nel parlare, la gravità nei movimenti, che può giungere sino all'immobilità, sono caratteristiche per D. dell'uomo superiore.
Il vocabolo, unito a ‛ peso ', ‛ carco ' e simili, porta con sé il valore proprio anche quando si trova inserito in un discorso figurato, come in If VI 71, dove i gravi pesi sotto i quali la Parte dei Neri tenne l'avversa Parte dei Bianchi alludono a esilii, confische, esclusioni da cariche pubbliche; o in Pg XXXI 19, dove il grave carco che opprime D. sino a farlo piangere è costituito dalla confusione e paura insieme miste, di cui al v. 13; sul grave giogo (Pd XI 48) sotto il quale soffrono Nocera e Gualdo, v. GIOGO.
In un'occasione particolare g. corrisponde a " gravida ": mia madre... / s'allevïò di me ond'era grave (Pd XVI 36).
Procedendo verso la zona dei valori traslati, troviamo il greve truono di If IV 2, un tuono cioè così " forte e cupo " da dar la sensazione di un peso massiccio che si abbatta sulla testa di D. ‛ rompendovi ' l'alto sonno.
Decisamente figurato è l'uso di g. come " difficile da sopportare ", " molesto ", " fastidioso ", " acerbo ", " doloroso ", " angoscioso ": s'elli è dolore alcun, quanto 'l mio, grave (Vn VII 3 3); Maestro, che è tanto greve / a lor che lamentar li fa sì forte? (If III 43); Questa montagna è tale, / che sempre al cominciar di sotto è grave, " faticosa a salire " (Pg IV 89); Tosto sarà ch'a veder queste cose / non ti fia grave (XV 32); ancor fia grave il memorar presente (XXIII 117); dette mi fuor di mia vita futura / parole gravi (Pd XVII 23: le dure parole che adombravano l'esilio di D.); tenta costui di punti lievi e gravi, / come ti piace, intorno de la fede (XXIV 37: di " ardui " punti dottrinali; si noti l'accostamento antitetico a lievi, come in Rime CVI 56 costrutto / più lieve, sì che men grave s'intenda, dove l'aggettivo ha funzione avverbiale; CIV 84, Pg XX 77); quei che vide tutti i tempi gravi (Pd XXXII 127): s. Giovanni, che profetizzò nell'Apocalisse le calamità della Chiesa; troppo gli parea l'attender grieve (Fiore CCXVIII 11). Di tal tipo sono le occorrenze in Vn XIII 3, XXXI 13 44 (il pensero ne la mente grave / mi reca quella che m'ha 'l cor diviso, dove g. meglio si riferisce a mente che a pensero); Rime dubbie XV 2, If III 80, VI 8 (la piova / etterna, maladetta, fredda e greve, che dà tormento che opprime e fiacca: cfr. poco dopo il v. 35 Noi passavam su per l'ombre che adona / la greve pioggia), XIX 103, Pg X 115, XIII 57, Pd X 135, XVII 108, XXIII 6, Fiore VIII 5.
Si connette con la dottrina della diversa gravità dei peccati - per cui v. Tomm. Sum. theol. I II 100 7c - l'occorrenza di Pg V 72 ti priego... / che tu mi sie di tuoi prieghi cortese / in Fano, sì che ben per me s'adori / pur ch'i' possa purgar le gravi offese (analogamente grave usura, in Pd XXII 79); uguale discorso sembra richiedere If VIII 69 Omai, figliuolo, / s'appressa la città c'ha nome Dite, / coi gravi cittadin, col grande stuolo: l'interpretazione di gravi cittadin come " diavoli che molestano i dannati " (Castelvetro, Andreoli) è rimasta isolata di fronte all'altra che fonde insieme l'allusione alla gravità del peccato commesso con quella alla gravezza della pena spettante alle nuove anime, più duramente colpite che non i rei d'incontinenza: " idest sceleratis qui graviter peccaverunt, ita quod pondus peccatorum demersit eos in profundum " (Benvenuto). Chiosa il Sapegno: " gravi: qui sta per ‛ gravati di pene '; ma tutta l'espressione gravi cittadin, che è un modulo fisso (dove gravi vale ‛ seri, pensosi '), serve qui a conferire all'epiteto un valore ambiguo e insieme denso ".
In due occasioni (riferito a ‛ ragione ' o ad ‛ argomento '), vale " importante ", " serio ", " valido a persuadere ": queste due oppinioni... due gravissime ragioni pare che abbiano in aiuto (Cv IV III 9; è l'unico caso di superlativo assoluto); allor mi pinser li argomenti gravi (If XXVII 106). v. GRAVARE.