GRAFITE (XVII, p. 639)
Grafite artificiale. - Il consumo di g. si è largamente accresciuto per l'esteso uso di essa fatto dalle industrie metallurgiche e chimiche. Riscaldando a temperature dell'ordine di 1000-1800 °C sostanze carboniose (coke di petrolio, antracite, carbone di legna, ecc.) si forma una massa di carbone amorfo che per ulteriore trattamento termico, ad oltre 2000 °C, si trasforma prevalentemente in un materiale grafitoso (o elettrografite).
Il largo consumo di questo prodotto si ha nella preparazione di elettrodi (per forni elettrometallurgici, per celle d'elettrolisi nella preparazione dell'alluminio, della soda caustica, ecc.) e come materiale da costruzione nell'industria chimica. La g. accoppia infatti ad una buona conducibilità elettrica e termica, una marcata resistenza alla corrosione, una buona inerzia agli sbalzi di temperatura, leggerezza, facilità di lavorazione, ecc. La preparazione dei manufatti in g. viene eseguita impastando il materiale od i materiali carboniosi di partenza con un legante (per lo più catrame, pece, ecc.), riscaldando la massa che allo stato plastico può essere estrusa o può essere foggiata in presse idrauliche; successivamente il materiale subisce una prima cottura (in forni a gas, elettrici, ecc.) dove la temperatura raggiunge di solito i 1000 °C lentamente (in alcuni giorni od in qualche settimana). Il prodotto così ottenuto è spesso troppo duro, abrasivo e di non buona conducibilità elettrica,; queste sue proprietà migliorano per grafitizzazione, sottoponendolo ad un nuovo riscaldamento in forni elettrici a resistenza dove il carbonio amorfo da convertire in g. viene posto fra gli elettrodi. La temperatura sale, nel corso di 2-3 giorni, al valore massimo, 2200-2400 °C, e poi scende lentamente in altri 8-10 giorni. La grafitizzazione del miateriale ne aumenta la conducibilità elettrica ed anche la purezza, in seguito alla volatilizzazione delle ceneri.
Per gli usi chimici la g. risulta troppo porosa; oggi pero si producono delle varietà impermeabilizzate particolarmente resistenti all'azione corrosiva di molti agenti chimici (acidi, alcali, ecc.). L'impermeabilizzazione si ottiene impregnando, sotto pressione, i manufatti in g. con resine (fenoliche, furfuroliche, ecc.) che vengono fatte polimerizzare a caldo così da riempire i pori e dare prodotti di elevata impermeabilità usati nella costruzione di scambiatori a fascio tubiero, a pioggia, a piastra, apparecchi diluitori per acido solforico, pompe centrifughe per liquidi corrosivi, camere di combustione ed assorbitori per acido cloridrico, ecc.
Grafite per usi nucleari. - Negli ultimi dieci anni, la tecnologia della g. si è notevolmente sviluppata, in seguito all'applicazione, che questo materiale ha trovato come moderatore nei reattori nucleari di tipo eterogeneo. La g. si presta a tale impiego, oltre che per il suo ridotto peso atomico e la piccola sezione di cattura per neutroni termici (σc = 0,003-0,004 barn), anche per il fatto che è solida e quindi può partecipare strutturalmente alla costituzione di un reattore.
Il cristallo di g. ha struttura lamellare a piani paralleli; gli atomi di carbonio sono ordinati su detti piani secondo un reticolo a maglia esagonale. I piani risultano notevolmente distanziati fra loro (3,37 Å), e questo fatto, unitamente al forte legame planare, fa sì che anche piccole sollecitazioni inducano facilmente disordine reticolare. Si può quindi comprendere come, in seguito al bombardamento dei neutroni in fase di rallentamento, insorgano nella struttura difetti di varia natura. In tal modo, si induce nel reticolo uno stato di metastabilità, che lo porta ad un livello energetico maggiore di quello minimo di stabilità. Le principali caratteristiche di questi difetti sono la notevole disuniformità della loro distribuzione e il fatto che essi tendono a scomparire al crescere della temperatura, per un effetto di ricottura, noto comunemente col nome di effetto Wigner.
Come conseguenza della irradiazione, la suscettività magnetica e la resistività della grafite diminuiscono; cresce, invece, con andamento asintotico, la resistività elettrica, che peraltro tende a diminuire al crescere della temperatura di esposizione. Andamento irregolare, cioè crescente bruscamente per basse esposizioni e poi lentamente decrescente all'aumentare dell'irradiazione, mostrano la resistenza a trazione e la resistenza a compressione. Una brusca diminuzione presenta la lavorabilità della g. dopo una modesta irradiazione; successivamente, essa rimane in pratica inalterata. La conduttività termica aumenta con l'aumentare della temperatura di esposizione, ed è tanto maggiore quanto minore è il valore del flusso integrato. Si è inoltre accertato sperimentalmente che le variazioni più rilevanti della conduttività termica in un campione irradiato si riscontrano vicino alla temperatura ambiente.
La g., che solitamente viene utilizzata per usi nucleari, è quella artificiale (v. sopra). La g., così ottenuta, viene quindi portata in presenza di alogeni, per l'eliminazione delle impurezze, tipo vanadio, magnesio, boro, titanio, silicio e terre rare, che non sono state eliminate durante la lunga cottura e che rappresenterebbero un veleno, data la loro elevata sezione di cattura per neutroni termici. Si formano in tal modo dei composti alogenati, più volatili degli elementi da eliminare; essi facilmente si liberano, data l'elevata temperatura. Un'idea della purezza ottenibile per tale via può aversi, pensando che le impurità sono dell'ordine di alcune decine di parti per milione. Per l'eliminazione dei gas occlusi, si opera un riscaldamento sotto vuoto, intorno ai 1000 °C. La g. ottenuta con tale procedimento presenta un certo grado di porosità.
Dal punto di vista chimico, la g. può interagire con l'aria o l'anidride carbonica, con cui viene a contatto entro il reattore; inoltre, la presenza di specie chimiche attivate per l'alto flusso dei neutroni e delle radiazioni gamma altera inevitabilmente le previsioni, che potrebbero esser fatte sulla base degli studî tradizionali di O.-L. Boudouard. Pertanto, solo l'esperienza ha potuto fornire ai ricercatori le informazioni necessarie. L'interazione fra la g. ed il gas refrigerante è stata perciò uno dei primì problemi affrontati dagli Inglesi in particolare, i quali, come è noto, hanno indirizzato i loro sforzi nel campo dei reattori del tipo a grafite-gas. In realtà, si è constatato che l'entità di tale fenomeno non è eccessivamente rilevante nelle normali condizioni di esercizio. Comunque, una delle soluzioni adottate in certi prototipi è stata la protezione dello strato superficiale di grafite con la deposizione di un rivestimento costituito in genere da uno strato di g. ad alta densità, depositata per piroscissione di un idrocarburo gassoso.