omonimi, grafie degli [prontuario]
Gli omonimi sono le parole che hanno stessa pronuncia (gli omofoni) e stessa grafia (gli ➔ omografi), ma significato diverso: riso «sorriso» e riso «cereale», calcio «gioco oppure colpo dato con il piede» e calcio «elemento chimico», danno «voce del verbo dare» e danno «perdita», partito «associazione politica» e partito «voce del verbo partire», pubblico «insieme di spettatori» e pubblico «voce del verbo pubblicare». Gli omonimi possono essere disambiguati solo dal contesto, che in genere è sufficiente.
Gli omofoni non omografi sono distinti da una diversa grafia: è il caso delle voci del verbo avere che iniziano per h diacritica in posizione iniziale, tramite la quale distinguiamo hai dalla preposizione articolata ai, ha dalla preposizione a, hanno dal nome anno (non sono però omofoni ho [ɔ] e la congiunzione o [o], che si distinguono anche per il diverso grado di apertura della vocale) (► h).
Gli omografi non omofoni, se necessario, possono essere distinti tramite l’uso di un ➔ accento (► accento grafico). Gli omografi che si differenziano per il diverso grado di apertura delle vocali e e o toniche vengono talvolta distinti con l’accento grave (è / ò) per le vocali aperte (ovvero le vocali medio-basse [ε] e [ɔ]; ➔ chiuse e aperte, vocali) e con l’accento acuto (é / ó) per le vocali chiuse (ovvero le vocali medio-alte [e] e [o]): avremo allora vènti «plurale di vento» e vénti «numero», bòtte «percosse» e bótte «contenitore di legno».
Gli omografi che si differenziano invece per la posizione dell’accento fonico possono essere distinti scrivendo l’accento sulla corretta posizione: avremo allora prìncipi «plurale di principe» e princìpi «plurale di principio», àncora «elemento della nave» e ancóra «avverbio»; se la vocale accentata è una e o una o, si terrà conto del grado di apertura e si selezionerà quindi l’accento grave o acuto, mentre le vocali a, i e u accentate devono essere sempre scritte, per convenzione, con l’accento grave (à, ì, ù).
È ormai del tutto desueto l’uso dell’accento circonflesso (➔ accento grafico) per distinguere gli omonimi più rari da quelli più comuni: subîto «voce del verbo subire» rispetto a subito «avverbio», come anche, sulla i finale, per segnalare i plurali dei nomi in -io, e distinguere così, ad es., conservatorî «plurale di conservatorio» da conservatori «plurale di conservatore». In quest’ultimo caso sarà più pratico l’uso dell’accento, grave o acuto, sulla vocale tonica (conservatòri / conservatóri).