GRÅBERG DI HEMSÖ, Jacob
Nacque a Gannarve, nell'isola svedese di Gotland, il 7 maggio 1776 da Christian e Magdalena Tofftén. Avviato agli studi dal padre, giudice provinciale dell'isola, apprese da lui le prime nozioni della lingua materna, quindi latino, greco, tedesco, francese e inglese. Sotto la guida paterna percorse le discipline fondamentali del sapere: storia, geografia, matematica, logica, scienze naturali, architettura, meccanica, astronomia, scienza nautica.
Nel 1792, sedicenne, si imbarcò come marinaio su un mercantile e compì il primo lungo viaggio, che lo portò fino alle coste americane, toccando Plymouth e Stonehouse in Inghilterra, poi Lisbona; da Baltimora, dopo scali alle Bermude e a Terceira, tornò a Lisbona, dove rimase 4 mesi, per giungere nel maggio dell'anno dopo a Marsiglia e infine a Genova. Qui entrò al servizio della Marina inglese, sotto l'ammiraglio lord Samuel Hood, ed ebbe modo di conoscere Livorno, Lucca, Pisa e Firenze. Da Genova la squadra navale inglese si spostò a Tolone, ma poco tempo dopo dovette lasciare il porto francese e fare base in Corsica. Dall'isola il G. fece viaggi a Livorno, Gibilterra e Algeri; nel luglio 1794 partecipò alla presa del forte di Calvi da parte della marina inglese. Poco tempo dopo, però, in seguito a un duello con un ufficiale, decise di lasciare il servizio dell'Inghilterra. Successivamente mise a frutto la conoscenza acquisita in questo periodo compilando un dizionario tascabile di marina in italiano e inglese (A Marine pocket dictionary Italian and English, and English and Italian), pubblicato a Genova nel 1815 e ristampato a Livorno (1818), Venezia (1820) e Firenze (1824).
Abbandonata definitivamente la carriera militare, scelse di stabilirsi a Genova, dove fu prima istitutore, poi contabile presso un commerciante, F. Ponzio. Grazie alla padronanza delle lingue e alla vasta erudizione fu nominato interprete e traduttore dell'incaricato degli Affari esteri. Appoggiato da J.C. Lagersvärd, ministro del re di Svezia a Genova, che aveva avuto occasione di frequentare (un anno dopo ne sposò la cognata, Maria Luisa Hugues, con la quale divise la cura di due figlie adottive: Eleonora e Aurora), nel 1800 il G. entrò nella legazione di Svezia dapprima come copista, poi come segretario particolare del ministro.
A Genova, dove rimase fino al 1815, iniziò ricerche e studi nei campi che più lo appassionavano: la geografia e la statistica. Nel 1802 intraprese la pubblicazione di un periodico, gli Annali di geografia e di statistica, di cui uscirono solo i primi 8 fascicoli rilegati in due volumi, corredati di carte, illustrazioni e tabelle statistiche; nel suo intento l'opera, che presentava uno studio storico della geografia e dava notizia di lavori e pubblicazioni stranieri recenti, doveva avvicinare il pubblico italiano agli studi geografici e alla statistica, ma non incontrò il favore del pubblico, forse per la "natura dei tempi" e la "poca diffusione di quelle idee, che oggi circolano generalmente", come ebbe a scrivere molto più tardi A. Ranuzzi, promotore nel 1838 di annali di geografia cui il G. avrebbe dovuto collaborare (lettera del 13 apr. 1838: Firenze, Bibl. Marucelliana, B.V.30, VI). Dopo quell'esperimento interrotto sul nascere, altri articoli sulla geografia e sulla statistica videro la luce in quegli anni di studi giovanili: Lettera al dottor Luigi Targioni sulla condizione attuale degli studii geografici, e statistici in Europa,e segnatamente in Italia; Statistica dell'Impero di Giappone (in Magazzino di letteratura, scienze, arti, economia, politica e commercio [Firenze], 1805, nn. 9-12).
Soppressa la legazione svedese nel settembre 1805, per l'inclusione di Genova nell'Impero francese, il G. fu prima precettore delle figlie del marchese Cesare Doria, poi segretario di Giacomo Saluzzo. Con quest'ultimo fece un viaggio di sei mesi attraversando Piemonte, Lombardia e Veneto fino a Vienna e all'Ungheria. Nel soggiorno viennese compose una grammatica tascabile per l'apprendimento rapido della lingua tedesca (Nouvelle grammaire de poche à l'usage des voyageurs pour apprendre la langue allemande sans maître, Vienna-Baden-Trieste 1806). Rientrato a Genova (ottobre 1806) il G. riprese a scrivere, producendo una miriade di articoli, interventi, recensioni non solo su geografia e statistica, ma anche su lingue antiche e moderne, etnografia, storia.
Quando, nel 1811, venne nominato viceconsole di Svezia a Genova (carica tenuta fino al 1815), aveva già al suo attivo lavori in riviste italiane ed estere: Remarques sur le dialecte génois (in Le Courrier de la 28e division militaire de l'Empire français, 1807, n. 5); Recherches historiques sur les Skaldes, ou anciens poètes scandinaves (in Le Courrier…, 1807, nn. 33-35, 38-39); Lettre sur les Huns franciques et les Huns du Nord (in Annales de géographie, de voyages etc. [Paris], 1809, n. 9); Notice sur les Annales de géographie et de statistique, rédigées et publiées en italien, 1802, par J. G. (nel parigino Magasin encyclopédique, diretto da A.-L. Millin, 1810, n. 3); Estratto d'una dissertazione sulla dea Nehalennia, del sig. Carlo Giuseppe Pougens (in Giornale enciclopedico [Firenze], 1810, n. 21). Nel 1810 era uscito a Firenze un altro lavoro etnografico, i Doutes etconjectures sur les Huns du Nord et sur les Huns franciques, cui seguì il Saggio istorico sugliScaldi, o antichi poeti scandinavi (Pisa 1811), volto a far conoscere alle nazioni dell'Europa meridionale la poesia, la mitologia, i costumi di questi nordici poeti del Medioevo, a torto creduti barbari e selvaggi. Ancora durante il soggiorno genovese pubblicò le Leçons élémentaires de cosmographie, géographie et statistique, à l'usage des jeunes personnes et des maisons d'éducation (Genova 1813), corredate di tavole statistiche e lessico etimologico (una seconda edizione corretta e ampliata uscì l'anno successivo); a giudizio di G. de Bardi, ciambellano della granduchessa Elisa, esse potevano essere adottate "per l'uso degl'Instituti di Pubblica Instruzione del Suo Principato" (lettera da Pisa, 1° genn. 1813: Firenze, Biblioteca nazionale, Carteggi vari 90, 120).
Nel febbraio 1815 il G. fu nominato segretario del consolato di Svezia e Norvegia a Tangeri, e l'anno seguente vi si recò. In Marocco studiò l'arabo, per conoscere la cultura e i costumi di un popolo lontano dal mondo europeo, rivolgendosi per aiuto e consigli all'amico S. de Sacy, che gli fece pervenire a Tripoli, tramite il cancelliere del consolato, la sua Chrestomathie arabe, informandolo nel contempo di non aver notizia di alcun dizionario arabo-francese, utile per i suoi studi (lettera del 26 ott. 1816: Firenze, Biblioteca nazionale, Carteggi vari 94, 114). Nel soggiorno a Tangeri raccolse una vasta messe di dati su commercio, letteratura e origini dei popoli del Marocco, cui attinse per lavori che apparvero più tardi in Italia, non trascurando le ricerche nelle discipline preferite, pubblicate a Genova negli anni seguenti: è il caso delle Lezioni elementari di cosmografia, geografia e statistica (Genova 1819) e della Théorie de la statistique (ibid. 1821). Testimone oculare della peste che infierì a Tangeri dal 1818, il G. la descrisse in una lunga Lettera al dottore Luigi Grossi sulla peste di Tangeri negli anni 1818-1819, pubblicata a Genova e a Tangeri nel 1820, la cui redazione manoscritta si conserva nella Biblioteca nazionale di Firenze (Nuove accessioni 784, 10).
L'avanzamento nella carriera consolare, da segretario a viceconsole e a proconsole, gli permise di approfondire le sue conoscenze di etnografia, geografia, statistica del Marocco, che poi convogliò in una serie di articoli usciti negli Atti dell'Accademia deiGeorgofili di Firenze e nell'Antologia di G.P. Vieusseux. Allontanato dal consolato nel 1822, per un malinteso col sultano Mūlāy Sulaimān in merito a una fornitura di cannoni, risiedette per un anno a Gibilterra, finché nel febbraio 1823 fu nominato console generale del re di Svezia a Tripoli. Il cambio di residenza e i nuovi impegni di lavoro non distolsero il G. dai suoi studi: già corrispondente e membro delle più importanti accademie scientifiche e letterarie italiane e straniere, continuò a inviare in Europa ragguagli e notizie scientifiche, molti dei quali apparvero nel Bulletin de la Société de géographie di Parigi tra 1825 e 1827 e nella Antologia di Firenze. Iniziò infatti negli anni del soggiorno a Tripoli la collaborazione col Vieusseux, direttore del Gabinetto letterario fiorentino, col quale il G. instaurò un rapporto di lavoro e di amicizia durato oltre vent'anni (dal 1824 al 1847). In risposta a una richiesta del direttore dell'Antologia, che gli chiedeva qualche lavoro da pubblicare nella rivista, in una lettera da Tripoli del 12 luglio 1825 il G. affermò di avere pronto solo un Prospetto del commercio di Tripoli di Ponente, tanto interno quanto marittimo. Ebbe così inizio la collaborazione con l'editore fiorentino, quanto mai interessato a ospitare nel suo giornale relazioni di viaggi e notizie di prima mano su territori e popolazioni di cui si conosceva ben poco in Italia. Al Vieusseux mancava, per sua stessa ammissione, "un collaborateur pour les sciences géographiques" (lettera del 14 apr. 1825: Firenze, Biblioteca nazionale, Vieusseux 42, 129), cosicché il Prospetto comparve sulla Antologia, suddiviso in tre parti, tra il 1827 e il 1830, primo dei 27 articoli pubblicati dal G. nella rivista tra 1827 e 1832. Ancora da Tripoli, nel corso del 1828, egli aveva inviato note sul dialetto marocchino (Du dialecte arabe du Mogrib-el Aqsà) e sull'opera storica del filosofo Ibn Khaldūn, di cui in Europa mancavano codici col testo completo (Lettre au baron Silvestre de Sacy sur le grand ouvrage d'Ibnou Khaldoun et sur le seul exemplaire complet existant à Tripoli), entrambe pubblicate nel Nouveau Journal asiatique di Parigi tramite il de Sacy. Il lavoro sulla lingua del Marocco, che denotava una conoscenza imperfetta dei dialetti arabi, suscitò numerose critiche nell'ambiente della Société asiatique parigina, centro degli studi di filologia orientale; pure qualche perplessità destò l'edizione che il G. dette del manoscritto, individuato a Tripoli dopo lunghe e laboriose ricerche.
Nell'agosto 1828, richiamato dal governo svedese, non contento della mediazione condotta con il pascià di Tripoli, il G. lasciò l'Africa dopo un soggiorno di 13 anni. Messo in disponibilità, decise di stabilirsi a Firenze; mentre era ancora in quarantena nel lazzaretto di S. Rocco a Livorno scrisse al Vieusseux (25 ag. 1828), aggiornandolo sulla sua condizione (Firenze, Biblioteca nazionale, Vieusseux 42, 133). Il sodalizio del G. con l'editore fiorentino poté quindi consolidarsi e divenire poco dopo frequentazione assidua, come testimonia il loro carteggio dal 1824 al 1847 (142 lettere, in Firenze, Biblioteca nazionale, Vieusseux 42, 129-210; 43, 1-59). Al Vieusseux egli si appoggiò per la consultazione quotidiana di periodici (Revue encyclopédique, Nouvelles Annales de voyages, Biblioteca italiana, Annali universali di statistica, The British Review ecc.), volumi e atlanti necessari per i suoi articoli, oltre che per commissioni librarie entro e fuori la Toscana e per i rapporti con librai ed editori.
Nel periodo fiorentino il G. collaborò a riviste e accademie italiane e straniere con recensioni, memorie e scritti prevalentemente di geografia e statistica, corredati di documentazione ampia e aggiornata, frutto della conoscenza di ben otto lingue e di una fitta rete di relazioni con studiosi, viaggiatori, accademie scientifiche e istituti culturali. Documentazione significativa degli scambi epistolari con accademici e studiosi del tempo è conservata a Firenze, nella Bibl. Marucelliana (B.VI.43, 1-30). Favorito dalla conoscenza diretta delle condizioni geografiche, economiche ed etnografiche dei territori dell'Africa settentrionale, il G. recensì con impegno quanto veniva pubblicato sui viaggi di esplorazione in Africa in numerosi articoli nell'Antologia: Dubitazioni e conghiettureintorno a Tombuctù (1829); una recensione della carta dell'Africa settentrionale di Girolamo Segato (1830); Cenni geografici e statistici della reggenza di Algeri (1830), per citare solo alcuni esempi. Convinto assertore dell'utilità dello studio della statistica, che gli scienziati svedesi applicavano già da tempo, il G. si adoperò a introdurre questo metodo d'indagine nella cultura italiana, a suo parere non ricettiva, incoraggiando quei pochi che ne facevano uso: nel ringraziare G. Gargiolli per l'invio dell'opuscolo Statistiche dei vicariati di Fivizzano e Casola, notava con soddisfazione che l'autore aveva "dato principio a far uso della divisione sistematica, che da più di trent'anni io credo, e sempre crederò la più opportuna e la più confacente per classare i dati, i ragguagli, e le più minute particolarità delle Statistiche descrittiva, espositiva, cioè della Corografia, e dell'Etnografia" (Firenze, 7 genn. 1834, in Firenze, Biblioteca nazionale, Carteggi vari 1, 157). Fornì importanti contributi alla divulgazione della "geografia statistica" tra i lettori italiani con innumerevoli rassegne bibliografiche, prima fra tutte quella nell'Antologia del 1832 (Progressi dellageografia e della sua letteratura, nel triennio 1829-31), redatte per offrire notizie e quadri statistici utili allo sfruttamento delle risorse naturali di territori e all'incremento degli scambi commerciali fra Europa e Italia e fra i paesi europei e l'Africa settentrionale. Ai saggi critici sulle scoperte contemporanee il G. alternò una serie di articoli sul Marocco e sulla Mauritania apparsi tra 1829 e 1833 negli Atti dell'Accademia dei Georgofili di Firenze (Alcuni cenni dell'agricoltura nell'Impero di Marocco; Descrizione dell'aratro dei Mauri nell'Impero di Marocco; Alcuni cenni della pastorizianell'Impero di Marocco; Prospetto del commerciodell'Impero di Marocco, e delle sue relazioni con quello deipopoli d'Italia), ricchi di osservazioni raccolte nel soggiorno a Tangeri, nei quali mise in luce con acutezza le condizioni di arretratezza dell'economia locale, basata su sistemi arcaici e improduttivi. Interessato agli studi di storia delle esplorazioni e dei viaggi, ne trattò in numerose recensioni e opere di carattere storico-geografico, quali Sul famoso mappamondo di fra Mauro Camaldolese del secolo decimo quinto… (in Antologia, 1831) e la recensione al Viaggio al Capo Nord fatto l'anno 1799 dal sig. cav. Giuseppe Acerbi (in Antologia, 1832). Fra gli scritti di storia delle esplorazioni va citato il contributo (in Nuovo Giornale ligustico, 1831) sul navigatore genovese Antonio da Noli (Antoniotto Usodimare).
L'amore per la patria, che negli anni giovanili gli aveva fatto scrivere il Saggio sui poeti scandinavi e nel 1822 un altro lavoro sulla Scandinavia preistorica (La Scandinavie vengée de l'accusation d'avoir produit les peuples barbares qui détruisirent l'Empire de Rome), lo indusse nel 1832 a compilare per l'Antologia un articolo sulla letteratura svedese (Sunto della letteraturasvezzese nei tre ultimi anni 1829-1830 e 1831), che a suo parere avrebbe messo in buona luce la rivista "devant les yeux des Étrangers, qui le regardent déjà comme le meilleur de l'Italie et l'un des plus judicieux et des accomplis de l'Europe" (lettera del 18 dic. [1832] in Firenze, Biblioteca nazionale, Vieusseux 42, 142). Impedita la pubblicazione dalla soppressione della rivista fiorentina, l'opuscolo fu stampato a parte nel 1833. L'anno successivo videro la luce due opere particolarmente care al G.: l'opuscolo relativo agli scritti di Ibn Khaldūn (Notizia intorno alla famosa opera istorica d'Ibnu Khaldùn…, Firenze 1834), per il quale chiese a F. Del Furia il prestito dei caratteri arabi della Biblioteca Laurenziana (lettera da Firenze, 9 genn. 1834, in Firenze, Biblioteca nazionale, Palat. DelFuria 82, 137, 5), e un lavoro che l'aveva occupato per 16 anni, lo Specchio geografico, e statistico dell'Impero di Marocco (Genova 1834), nel quale confluirono i precedenti scritti apparsi nell'Antologia e negli Atti dei Georgofili. Dedicato al granduca Leopoldo II, questo secondo volume offriva un quadro completo della regione settentrionale dell'Africa negli aspetti geografico, etnografico, agricolo e commerciale, ed era corredato d'una aggiornata carta geografica di G. Segato. La predilezione che il G. ebbe sempre per la statistica e la geografia è documentata, oltre che dagli scritti già citati, da aggiornamenti periodici (Dell'attuale condizione della scienza statistica in Italia…) apparsi sul Progresso di Napoli (1834) e sul Nuovo Giornale dei letterati di Pisa (1837), oltre che da relazioni ai congressi degli scienziati italiani, ai quali partecipò sempre, dal primo (1839) alla morte; queste (Degli ultimiprogressi della geografia…, e altre), pubblicate nelle riviste più quotate, informavano dettagliatamente sulle opere geografiche, sulla produzione cartografica e sui viaggi di esplorazione in atto nei vari continenti.
Di fondamentale importanza per la stesura di tali lavori fu per il G., oltre al materiale di cui poteva disporre presso il Gabinetto Vieusseux, la "libreria di circa seimila volumi", che affermò di possedere (lettera dell'aprile 1839 al tipografo fiorentino V. Batelli, in Firenze, Biblioteca nazionale, Carteggi vari 284, 65). Nel 1854, dopo la sua morte, la figlia adottiva Eleonora donò alla Biblioteca Palatina i manoscritti da lui posseduti: 46 arabi, dei secc. XVI-XVIII, e 37 relativi alla storia genovese dei secc. XVI-XIX. Tra quelli arabi, acquistati probabilmente durante il soggiorno in Africa, e descritti nel 1885 da L. Buonazia, figurano raccolte di preghiere, poesie, scritti di giurisprudenza e compendi grammaticali.
Apprezzato divulgatore, membro di importanti accademie italiane e straniere, di vasta cultura e in grado di colloquiare con studiosi di ogni parte d'Europa per la conoscenza delle lingue, nel febbraio 1841 il G. fu chiamato dal granduca Leopoldo II a reggere la Biblioteca Palatina, affiancato da I. Giampieri: la nomina arrivò "de la manière la plus inattendue, mais la plus honorable et satisfaisante", come confidò al Vieusseux in una lettera del marzo successivo (Firenze, Biblioteca nazionale, Vieusseux 43, 30). Come bibliotecario agevolò gli studi di quanti si rivolgevano a lui per informazioni e per ottenere l'accesso alla biblioteca di corte, concesso soltanto dal granduca e solo a studiosi di qualche merito. Nei sette anni in cui resse la Palatina il patrimonio librario si accrebbe con l'acquisto di riviste e volumi in gran parte stranieri; fra le acquisizioni di manoscritti e rari sono da menzionare una raccolta di 975 carte geografiche appartenuta a G. Baillou, acquistata nel 1842 (non rintracciabile nei fondi attuali della Biblioteca), e una collezione di 163 edizioni elzeviriane acquistata nel febbraio 1843 insieme con G. Molini, ex bibliotecario della Palatina.
Infaticabile, anche negli ultimi anni il G. continuò i suoi lavori di ricerca: sono del 1847 due scritti sull'industria mineraria, in Africa (Cenni sull'agricoltura e l'industria dell'Affrica francese, e sulla condizione attuale delle sue miniere, in Atti dell'Accademia dei Georgofili) e in Toscana (Cenni storici, iponomici e statistici sulle miniere di rame della cava di Caporciano presso il castello di Monte-Catini in Val di Cecina, in Giornale agrario toscano). In entrambi i lavori, come sempre, i dati ottenuti dall'osservazione in loco vengono rielaborati per giungere a suggerimenti sul miglior sfruttamento delle ricchezze naturali dei due stati.
Il G. morì a Firenze il 29 nov. 1847 e fu sepolto nella chiesa di S. Croce.
Fonti e Bibl.: A. Reumont, Necrologia di J. G. de H., in Arch. storico italiano, App. V (1847), pp. 267-280; F. Parlatore, Elogio di J. G. de H., in Atti dell'AccademiadeiGeorgofili, XXVI (1848), pp. 290-314; H. Rosman, J. G. afH., Stockholm 1936. Lettere del G. sono conservate a Firenze, nella Biblioteca nazionale, fondi Carteggi vari, Vieusseux, Gonnelli, Lambruschini, Tordi, G. Capponi, Palatino Del Furia, Nuove accessioni; nella Bibl. Marucelliana (B.V.30, VI); nella Bibl. Moreniana (fondo Palagi); e nell'Arch. storico dell'Accademia dei Georgofili (buste 25-29); 17 sue o a lui dirette, degli anni 1807-40, sono a Roma, Biblioteca nazionale, Autografi, A.8.28 e A.177, nn. 42-65. Opere manoscritte del G. sono a Firenze nella Biblioteca nazionale (Nuove accessioni 784; II.VII.63), nella Marucelliana (B.VI.43, 1-30; B.VI.44, 1-34) e nell'Arch. dell'Accademia dei Georgofili (buste 70-78). Le carte dell'attività come bibliotecario palatino sono nella Bibl. nazionale di Firenze (Archivio Palatino, Lettere 1839-1847, tomi V-VII) e nell'Arch. di Stato di Firenze (Imperiale e reale corte, 5400-5401). Per il rapporto con Vieusseux vedi i contributi della giornata di studio sul G. tenuta il 10 nov. 1995 presso il Gabinetto G.P. Vieusseux: M. Bossi, G. e Vieusseux, argomenti di un carteggio, in Medioevo e Rinascimento, n.s., VII (1996), pp. 297-319; C. Greppi, G. e l'Africa, a proposito di alcune collaborazioni sull'Antologiadi Vieusseux, ibid., pp. 253-270; G. Galardi - L. Rombai, J. G. di H. geografo e statistico a Firenze(1828-1847), ibid., pp. 271-296; nello stesso fascicolo interessano anche i contributi di: C. Cipriani, G. e l'industriamineraria toscana nell'Ottocento, pp. 321-360; L. Gambi, Le relazioni di G. ai congressi degliscienziati, pp. 445-451; M. Beretta, Le relazioni scientificheitalo-svedesi tra Sette e Ottocento, pp. 227-240; F. Ferrari, J. G. e la Svezia, pp. 241-252; S. Rotta, G. arabista, pp. 361-398; P. Innocenti, J. G. bibliotecario nella Biblioteca Palatinadi Firenze, 1841-1847, pp. 399-429; L.E. Funaro, "Rintracciare, raccogliere, ordinare". Cenni sulla corrispondenza di G. d'H., pp. 431-444. Sul rapporto con C. Cattaneo: Carteggi di C. Cattaneo, s. I, Lettere di Cattaneo, I, 1820 - 15 marzo 1848, a cura di M. Cancarini Petroboni - M. Fugazza, Firenze-Bellinzona 2001, ad indicem.