GOTIFREDO (Goffredo, Gotefredo)
Era figlio, probabilmente secondogenito dopo Tedaldo, di Adalberto Azzo di Canossa e di Ildegarda, nobildonna la cui casata rimane incerta poiché appare improbabile la sua ipotizzata appartenenza alla famiglia dei Supponidi.
A parte la nascita illustre, nulla si sa di G. prima della sua nomina a vescovo di Brescia. Anche per la data dell'inizio dell'episcopato, tradizionalmente collocata negli anni 970-971, mancano notizie certe. I termini ante e post quem sono piuttosto distanti: il 26 maggio 969, data in cui è per l'ultima volta testimoniato, come interveniente a un sinodo milanese, Antonio (II), il predecessore di G. sulla cattedra bresciana; e il 29 dic. 975, data di una bolla di papa Benedetto VII con cui venne approvata la costruzione a Canossa della chiesa dedicata a S. Apollonio, per la cui intitolazione Adalberto Azzo fece traslare alcune reliquie del santo da Brescia, ove suo figlio era già titolare della cattedra episcopale. A chiarire quest'ultimo episodio soccorrono due fonti di diverso orientamento: secondo il De principibus Canusinis (meglio noto con il titolo di Vita Mathildis) di Donizone, le reliquie furono donate al padre dal figlio (e infatti una delle miniature del principale codice donizoniano, il Vat. lat. 4922, in parte autografo, alla c. 19r rappresenta appunto il vescovo che taglia il braccio destro al corpo del santo, mentre Adalberto Azzo sorregge la salma); diversa è la prospettiva da cui guarda l'autore anonimo del De obitu s. Apollonii (composto nella prima metà dell'XI secolo, conservato in due codici del secolo successivo: Brescia, Bibl. Queriniana, codd. A.I.8, cc. 148v-151v; A.I.12, cc. 49r-53v, ed edito parzialmente dall'Odorici), secondo il quale Adalberto Azzo, di fronte al rifiuto di G., si procurò le reliquie con la forza.
Occorre sottolineare che anche la tradizione canossana riferisce di ampie donazioni fatte alla Chiesa bresciana da Adalberto Azzo a seguito dell'episodio, come se egli intendesse risarcire un danno; la traslazione, poi, solo di alcuni organi (appunto il braccio destro e il capo) e non del corpo intero indica che dovettero esserci forti resistenze da parte del clero locale, impossibilitato comunque a impedire il furto sacro per la pressione esercitata dai Canossa, saldamente in possesso dei posti di potere. Non si dimentichi che, oltre alla sede episcopale, anche il comitatus bresciano era controllato da un Canossano, Tedaldo, fratello di G. e nonno di Matilde. Fu proprio al fine di ottenere dal papa la bolla già citata che nel 975 Adalberto mandò a Roma Tedaldo, perché la chiesa venisse consacrata in onore dei santi confessori Apollonio, Ursicino e Rusticiano e dei martiri Maurizio, Alessandro e Vittore, e affinché ivi si costituisse una comunità di dodici canonici. La neofondazione canusina divenne anche un prestigioso sacrario della famiglia.
L'unica attestazione documentaria riguardante G. è del 1° giugno 979, allorché egli sottoscrisse in Brescia una donazione di un tal Giselberto da Esine in favore delle pievi di Cividate e di Dalegno (cfr. Codex diplomaticus Langobardorum). L'editore datò il documento al 994, ma, come già avvertì lo Schwartz, le indicazioni del testo ("anni imperii eius [da riferire a Ottone II] duodecimo, mense junio, indictione septima") concordano piuttosto con l'anno 979.
L'interessante ipotesi, già dell'Ughelli e spesso riproposta, che il Canossano G. vescovo di Brescia sia da identificare con l'omonimo vescovo di Luni, attestato dal 981 al 998, manca ancora di prove irrefutabili. Lo Schwartz e il Simeoni (p. 20) la esclusero per l'impossibilità del cumulo delle cariche nella medesima persona, dato che gli stessi anni avrebbero visto G. vescovo sia a Brescia, sia a Luni, mentre il Violante pensò invece che G. si fosse trasferito da un episcopato all'altro. In effetti i dati in nostro possesso non portano alla necessaria conclusione di una coincidenza di incarichi; anzi, la corretta retrodatazione al 979 dell'unico documento del G. bresciano, di cui s'è detto, avvalora l'ipotesi del passaggio da una sede all'altra: G. non è più attestato come vescovo di Brescia dopo il giugno 979, mentre l'altro Gotifredo è attestato come vescovo di Luni dal 981 al 998. Anche questa è tuttavia pura ipotesi perché c'è un vuoto documentario per la sede bresciana tra il giugno 979 e l'aprile 996, prima attestazione del vescovo Adalberto, probabilmente il secondo successore di G. (dopo un breve episcopato di uno sconosciuto Atto), così come c'è un vuoto documentario per la Chiesa lunense tra l'autunno 968, ultima attestazione di Adalberto, e il 18 luglio 981, prima attestazione del successore Gotifredo. Non aiuta a chiarire la questione neppure il sapere da Donizone che il vescovo di Brescia, figlio di Adalberto Azzo, non fu sepolto a Canossa con i genitori e i fratelli (p. 26), dato che non ci è documentato il suo luogo di sepoltura. Il Simeoni (p. 20) non citò fonti per la sua affermazione che G. fosse stato sepolto nella cattedrale bresciana, anzi probabilmente questa notizia fu assunta acriticamente dall'Ughelli. Né è suffragata da prove l'asserzione del Violante a proposito di un'inumazione a Canossa del vescovo di Luni. Benché, poi, il trasferimento da una sede episcopale a un'altra fosse procedimento canonicamente irregolare, tale divieto era così spesso sottolineato da far intendere che fosse una pratica comune. Se si accetta l'ipotesi, si potrà pensare che, in quegli anni di ormai consolidato potere canossano nel territorio bresciano, lo spostamento di sede del figlio vescovo potesse essere più utile ai disegni politici di Adalberto Azzo. Gotifredo di Luni fu un solerte difensore dei privilegi della Chiesa locale, soprattutto contro le mire espansionistiche degli Obertenghi, la famiglia marchionale da poco dominante su quel territorio. Si potrebbe congetturare, allora, un allargamento di interessi dei Canossa appunto in questa direzione. La cura dimostrata da Gotifredo di Luni nell'accrescere e conservare alla sua Chiesa beni, terre, diritti e immunità è certificata da alcuni significativi documenti. Il 18 luglio 981 egli ricevette dall'imperatore Ottone II la conferma dei privilegi già da tempo acquisiti e, in particolare, di quella decima che il vescovo Gualcherio suo predecessore aveva ottenuto dall'imperatore Carlo il Grosso sopra alcune terre dell'abbazia di Bobbio. A distanza di quindici anni, il 25 maggio 996 un diploma di Ottone III testimonia il protrarsi da parte del vescovo lunense di una politica di protezione dei beni della diocesi, anzi di vero e proprio espansionismo territoriale, ma questa volta Engizo, abate del monastero di S. Pietro di Brugnato, ottenne ragione quando si appellò all'imperatore per difendersi dall'aggressione di G., il quale pretendeva la giurisdizione sul monastero stesso e su tutte le sue pertinenze. Il 26 luglio 998 il vescovo riacquistò alla diocesi quattro pievi che gli erano state tolte da Oberto, identificabile probabilmente con Oberto (II), il capostipite della linea Obertina, distinta cioè dalla Adalbertina, da cui avranno origine gli Estensi e i Malaspina (Ughelli - Coleti, I, coll. 838 s., con datazione errata al 986); il 14 ott. 998 egli sedò una controversia con un certo Adurando figlio di Atto (forse un altro esponente della famiglia degli Obertenghi), il quale si era indebitamente impossessato di alcune terre già episcopali, ancora una volta tenacemente difese (ibid., coll. 839 s., con datazione errata al 986).
Anche per la data di morte di G. non v'è alcuna notizia sicura. Considerate le attestazioni documentarie citate, si può affermare solo che egli morì tra il giugno 979 e l'aprile 996; se l'identificazione con l'omonimo vescovo lunense viene accettata, la sua morte deve necessariamente essere spostata più avanti, dopo il 14 ott. 998 e prima del 1016, anno in cui è già documentato il successore nella sede di Luni, Guido.
Fonti e Bibl.: Donizone, Vita Mathildis, a cura di L. Simeoni, in Rer. Ital. Script., 2a ed., V, 2, pp. 20 s., 26; Die Urkunden Ottos II., in Mon. Germ. Hist., Diplomata, II, 1, Hannoverae 1888, n. 253 pp. 287 s.; Die Urkunden Ottos III., ibid., II, 2, ibid. 1893, n. 201 pp. 609 s.; Benedetto VII, Epistolae et privilegia, in J.-P. Migne, Patr. Lat., CXXXVII, col. 325 (per la bolla di Benedetto VII, con datazione errata al 976 per cui cfr. J.F. Böhmer, Regesta Imperii, II, 5, Papstregesten 911-1024, a cura di H. Zimmermann, Wien-Köln-Graz 1969, n. 547 p. 219); F. Ughelli - N. Coleti, Italia sacra, I, Venetiis 1717, coll. 838-840; IV, ibid. 1719, coll. 537 s.; L.A. Muratori, Antiquitates Italicae Medii Aevi, V, Mediolani 1741, coll. 207 s.; F. Odorici, Storie bresciane dai primi tempi sino all'età nostra, IV, Brescia 1855, pp. 98 s.; Codex diplomaticus Langobardorum, a cura di C. Porro Lambertenghi, in Monumenta historiae patriae, Chartarum, XIII, Augustae Taurinorum 1873, n. 885 coll. 1566 s.; I placiti del "Regnum Italiae", II, 1, a cura di C. Manaresi, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], XCVI, Roma 1957, n. 206 pp. 241-252 (per il sinodo milanese del 26 maggio 969 ricordato in un placito del 18 luglio 985); G.B. Semeria, Secoli cristiani della Liguria, ossia Storia della metropolitana di Genova, delle diocesi di Sarzana, di Brugnato, Savona, Noli, Albenga e Ventimiglia, Torino 1843, pp. 31 s.; G. Schwartz, Die Besetzung der Bistümer Reichsitaliens…, Berlin 1913, p. 105; F. Gabotto, I marchesi Obertenghi fino alla pace di Luni, in Giorn. stor. della Lunigiana, IX (1918), p. 29; F. Savio, Gli antichi vescovi d'Italia dalle origini al 1300 descritti per regione, II, La Lombardia, parte 2, 1, … Brescia…, Bergamo 1929, pp. 202 s.; E. Hlawitschka, Franken, Alemannen, Bayern und Burgunder in Oberitalien, Freiburg i.Br. 1960, p. 109; C. Violante, La Chiesa bresciana nel Medioevo, in Storia di Brescia, I, Dalle origini alla caduta della Signoria viscontea (1426), Brescia 1963, pp. 1025 s.; G. Arnaldi, Brescia carolingia, ibid., p. 517; G. Volpe, Lunigiana medievale, in Id., Toscana medievale. Massa Marittima, Volterra, Sarzana, Firenze 1964, pp. 325 s., 328; P. Golinelli, Culto dei santi e monasteri nella politica dei Canossa nella pianura Padana, in Studi matildici. Atti e memorie del III Convegno di studi matildici, Modena-Reggio Emilia… 1977, Modena 1978, pp. 429-431; M.G. Bertolini, Note di genealogia e di storia canossiana, in I ceti dirigenti in Toscana nell'età precomunale. Atti del Convegno, Firenze… 1978, Pisa 1981, pp. 114 s.; R. Pauler, Das Regnum Italiae in ottonischer Zeit. Markgrafen, Grafen und Bischöfe als politische Kräfte, Tübingen 1982, pp. 47, 77 s.