GORTINA
(XVII, p. 564)
Dal 1978 l'indagine su G. è divenuta uno degli impegni principali della Scuola archeologica italiana di Atene. Grazie alla realizzazione di 19 tavole a scala 1:500 e di una nuova pianta d'insieme 1:2000, oggi sappiamo che la città − necropoli comprese − arrivò a occupare un'area di almeno 400 ha. La città ebbe origine, nel 7° secolo, dal sinecismo dei nuclei che in età geometrica occuparono non solo la collina di Haghios Ioannis, che costituì poi l'acropoli cittadina, ma anche le balze meridionali di Profitis Ilias (scavi 1987-88). Nel corso del 7° secolo la città orientalizzante, frutto di un processo di aggregazione degli antichi poli geometrici, si stese in piano, mentre l'acropoli di H. Ioannis rimase sede del culto poliade, quello di Atena, di ascendenza addirittura micenea. Che già dal 7° secolo G. dominasse l'ampia pianura del Leteo fino a Festo e al mare ci è suggerito da alcuni versi della Telemachia nell'Odissea (iii, 293-96).
Sulla cresta e le balze più alte di Pervolopetra-Armì-H. Ioannis fra il 1981 e il 1986 sono state rinvenute e scavate le fortificazioni che, in età ellenistica, coprirono G. da nord: due cinte murarie costruite in momenti diversi, ma in parte sullo stesso tracciato, poste a controllo della via che sboccava nella pianura passando nella gola del fiume Mitropolianós, fra la collina dell'acropoli e quella di Pervolopetra.
Il muro più antico si data fra il 3° e il 2° secolo, ed è probabile che si tratti della cinta che, secondo Strabone (x, 4,11), Tolomeo iv Filopatore aveva regalato ai Gortinii e che sarebbe rimasta incompleta, essendone stati realizzati solo 8 stadi. La seconda cinta seguiva un percorso più ristretto ed era costituita da due circuiti separati da un diateichisma nord-sud sul versante orientale di Pervolopetra. La costruzione di questa seconda cinta si data a partire dagli anni 85-82 e l'abbandono dovette avvenire verso il 31-30 a.C., in seguito a un violento terremoto che la distrusse durante lavori di rifacimenti parziali o di rafforzamento.
Il forte interro pluristratificato che copre le fasi più antiche di G. ha impedito di raggiungere l'abitato classico e tanto meno quello arcaico, ma di quello ellenistico oggi si può dire qualcosa, ché gli scavi di emergenza del 1978 e del 1979 ne hanno fatto ritrovare significative testimonianze. All'altezza e a sud dell'odierno villaggio di Mitropolis abitazioni sparse vissero fra il 3° e il 2°-1° secolo a.C. Un abitato continuo è stato individuato circa 600 m a sud dello stradale Haghii Deka-Mires ed è stato saggiato per una lunghezza di circa 250 metri. Alla piena età ellenistica va attribuito pure il lembo di necropoli scavato nel 1975 dall'Eforia classica di Iraklion, a ovest della città romana − la quale non superò mai di molto il Mitropolianós − nei campi del locale Istituto agrario.
Più numerose le scoperte riguardanti la città romana. G., che aveva parteggiato per Ottaviano contro Cnosso legata a Cleopatra e Antonio, si arricchì di nuovi quartieri al di là del torrente che limitava l'area davanti al Pythion e che, colmato e ridotto a strada, servì a regolarizzare da ovest l'area stessa. A conclusione della vecchia città restava il veneratissimo Pythion, ad apertura della nuova il grandioso Pretorio, la residenza del proconsole della provincia di Creta e Cirene, che, all'origine, dovette ospitare anche un tribunal e un'edicola per il culto imperiale. Ai margini dello sviluppo programmato della città imperiale sorsero fra il 2° e il 3° secolo i tre più grandi edifici comunitari, da nord a sud: un anfiteatro, un grandioso teatro e il circo.
Nell'abitato stesso di Haghii Deka è stato identificato l'anfiteatro il cui muro di circuito settentrionale è tuttora utilizzato dalle case del villaggio. Uno scavo d'emergenza dell'Eforia bizantina presso la chiesa dei SS. Dieci (1985) ha portato alla luce le fondazioni − assai distrutte − di un cuneo dell'edificio, e la chiesetta appare sorta sull'asse maggiore (nordovest-sudest) dell'arena.
Più vicino all'abitato, del quale doveva costituire il margine orientale, fu costruito, forse proprio sotto Antonino Pio, una cui statua colossale ornava la frontescena volta a occidente, un grandioso teatro: si tratta dell'edificio che, sulla base di un'incerta tradizione antiquaria e di un rilievo sommario e impreciso, è stato finora a torto ritenuto un anfiteatro. Ancora circa 300 m verso sud si sono potuti identificare i carceres del circo, del quale è stato messo parzialmente in luce il lato lungo nord-occidentale (1986-87).
Quanto, infine, al pretorio, oggi è noto che esso e le terme dette Megali Porta stanno su una stessa striga orientata nordest-sudovest (i prospetti settentrionali dei due edifici distano fra loro circa m 410) e, al momento, sembra che abbiano fatto parte di isolati larghi intorno ai 93 m e di taglio all'incirca quadrati. Mentre il complesso della Megali Porta nacque fin dall'inizio (2° secolo?) come il maggior complesso termale di G., posto a chiudere da ovest la più grande piazza della città romana (un vero e proprio foro, sul cui lato nord sorsero due piccoli edifici pubblici pressoché gemelli e nel quale fu poi costruita una basilica cristiana), nel pretorio, col finire del 1° secolo o all'inizio del 2°, avvennero profonde trasformazioni.
Sulle rovine del pretorio di 1° secolo, costruito tutto in bei blocchi lapidei attorno a un grandioso cortile a peristilio aperto a sud e distrutto da un terremoto, sorsero tre edifici: a ovest un'ampia basilica giudiziaria (il ''Pretorio'' delle epigrafi), a est un tempio su alto podio preceduto da un'ampia corte e, fra i due, delle terme imponenti che durarono, con numerose modifiche e rifacimenti, fino alla ricostruzione della città a opera di Eraclio dopo un violentissimo sisma che devastò fra il 618 e il 620 non solo G. ma anche Cnosso e forse l'intera isola. Eraclio appare in realtà come l'ultimo evergete di G., ma se il complesso del pretorio, sia pure solo parzialmente restaurato, appare aver ricevuto le sue cure, il suo impegno maggiore lo esplicò nella ricostruzione della rete idrica della città e dei monumenti cristiani.
La città cristiana ebbe il suo focus in una grandiosa basilica rinvenuta e parzialmente scavata (1979-80) a metà strada fra Mitropolis a sud e San Tito a nord. La basilica scoperta − larga m 30 e lunga più di 50 − ebbe due fasi e in entrambe occupava un intero isolato fra due strade basolate provenienti da ovest-nordovest (di cui una larga m 6,60), le quali ricalcavano ancora i tracciati della città greco-romana. La prima basilica, a tre navate con ali (?), è attribuibile a età tardogiustinianea, la seconda è posteriore al 618-620. Come tutta la città, anche questa basilica fu distrutta da un potente sisma negli ultimi anni di regno di Costante ii o i primi di Costantino iv, intorno al 670.
Evidenze di questo sisma si hanno da tutta l'area della città e soprattutto dal quartiere di artigiani che, dopo il terremoto del 365 d.C., venne a occupare la piazza fra Pythion e pretorio (scavi 1983-89). Attraverso almeno 6 fasi esso visse fino alla distruzione del 670, e uno dei forni di ceramisti in esso trovato produceva ancora un particolare tipo di ceramica dipinta, che ora sappiamo prodotta in loco dal volgere del 6° secolo e che appare la ceramica fine imperante a G. durante almeno tutto il 7° secolo.
Dopo il 670, spezzata per sempre l'unità cittadina, un nucleo di artigiani rioccupò parzialmente il quartiere e s'installò anche fra le rovine del complesso monumentale del vicino pretorio; ma a parte questo, e qualche altro nucleo rimasto abbarbicato qua e là fra le rovine dell'antica città per qualche decennio ancora, la popolazione ritornò sull'antica acropoli, circondata da mura possenti probabilmente da Eraclio. A quest'ultimo va, infine, certamente attribuita la ricostruzione del ninfeo del pretorio e la costruzione per lo meno di gran parte delle circa 40 cisterne-fontane che diedero acqua ai vari quartieri nell'ultima fase di vita cittadina.
Bibl.: Notizie dei nuovi scavi e bibliografia relativa in A. Di Vita, Atti della Scuola, in Annuario della Scuola archeologica di Atene, voll. lv-lviii e lxii-lxiii (relativi agli anni 1977-85), e AA. VV., Creta antica. Cento anni di archeologia italiana (1884-1984), Roma 1984, specie pp. 69-116. Negli stessi Annuari, studi riguardanti capitelli (M. A. Rizzo), sculture (L. Guerrini, F. Ghedini), sarcofagi (E. Ghisellini), ceramiche (A. Dello Preite) dall'area della città. Gli scavi del 1978 sono stati pubblicati in edizione definitiva in Gortina i (Monografie della Scuola archeologica italiana di Atene iii), Roma 1988, a cura di A. Di Vita (pp. 142-49 per la ceramica bizantina dipinta).