GORMONT e ISEMBART
Protagonisti d'una leggenda medievale, che ebbe larga diffusione e serba singolare importanza per la formazione dell'epica francese.
Attestata da Ariulfo nella sua cronaca di Saint-Riquier (composta nel 1088 e riveduta nel 1104), ci è pervenuta per tre vie, che rappresentano probabilmente tre redazioni distinte: un largo frammento d'una Chanson de geste in antico francese, che con ogni probabilità risale verso il 1130; il riassunto che ne dà Filippo Mousket nella sua cronaca rimata (versi 14.053-14.296), composta tra il 1220 e il 1243; e la redazione inserita nel romanzo Loher und Maller (1437) di Elisabetta di Lorena, che traduceva un'opera omonima francese del 1405.
Isembart, nipote del re Ludovico, figlio di Carlo, è costretto ad abbandonare la corte e peregrinare per le vie dell'esilio. Accolto da Gormont, re saraceno, rinnega la propria fede per quella pagana, e, per spirito di vendetta, spinge il suo ospite ad assalire il re di Francia. Durante l'invasione, che non rispetta né uomini né terre, è devastata l'abbazia di Saint-Riquier, che faceva parte dei dominî d'Isembart e alla quale si ricollega la leggenda. Nell'ultima battaglia il re saraceno e il cavaliere spergiuro soccombono, mentre il re di Francia non sopravvive alla vittoria che per soli trenta giorni. Negli sviluppi avventurosi e nei rilievi umani il narratore sapeva scoprire la fine e drammatica poesia dell'esilio ingiusto, dell'abbandono della patria, del re e della fede, e intuiva il dissidio morale di chi portava la guerra contro la propria gente. L'ultimo episodio guerresco ed eroico, che conclude tragicamente la leggenda, è conservato nei 661 ottosillabi assonanzati della Chanson de geste: c'è in essa espressa la cupa fatalità che sospinge all'odio, alla strage e alla morte i protagonisti, immemori dei valori umani ed etici; cosicché la fine, con l'improvvisa preghiera d'Isembart, redento dal dolore e dalla morte, ha una sua primitiva e vigorosa solennità.
Ediz.: Il frammento è conservato nel ms. II, 181 della Bibl. di Bruxelles: ripr. diplomatica di A. Bayot, Bruxelles 1906; ediz. a cura dello stesso nei Classiques fr. du moyen âge, Parigi 1914, 2ª ed., 1921.
Bibl.: Per la data del poema: G. Paris, Romania, XXXI (1902); per la lingua, C. Sostmann, Der Formenbau des Nomens u. Verbums in dem Fragment v. G. et I., Kiel 1910; K. Pope, The Dialect of G. and I., in Modern Language Review, XIII (1918). Cfr. anche J. Bédier, G. et I., in Les légendes épiques, IV, pp. 21-91, Parigi 1913, 2ª ed. 1929; M. Wilmotte, Les origines littéraires de G. et I., in Bulletin de l'Acad. royale de Belgique, XI (1925), pp. 35-53; R. Zenker, Die "Chanson d'I." und J. Bédiers Epentheorie, in Rom. Forschungen, XXXIX (1926), pp. 433-80; F. Lot, G. et I., in Romania, LIII (1927), pp. 325-342.