GONZAGA, Barbara, duchessa del Württemberg
Nacque l'11 dic. 1455, ottava figlia di Ludovico III, secondo marchese di Mantova, e di Barbara di Hohenzollern.
Secondo la tradizione della famiglia, la G. ricevette un'istruzione uguale a quella dei fratelli e acquisì conoscenze nelle lingue antiche, nella storia e nella letteratura antica e moderna, oltre a sperimentare la raffinatezza, il vivace interesse per la cultura e il mecenatismo, per i quali la corte mantovana era celebre.
Di un progetto matrimoniale per la G. si parlò una prima volta nel 1467: avrebbe dovuto sposare il marchese Cristoforo di Baden, ma il negoziato fallì a causa della richiesta di una dote troppo elevata. L'anno seguente furono per breve tempo prese in considerazione le nozze con Galeazzo Maria Sforza, dopo il fallimento delle trattative per il matrimonio della sorella della G., Susanna, e poi dell'altra sorella Dorotea con lo Sforza. Il progetto non ebbe però seguito. Quando Ludovico III, a partire dal 1472, riprese a negoziare con maggiore decisione con corti diverse europee in vista di vantaggiosi progetti matrimoniali, per qualche tempo re Casimiro di Polonia apparve un possibile partito.
L'unione con il conte Eberardo V il Barbuto (I come duca del Württemberg, dal 1495) fu probabilmente procurata dallo zio della madre della G., Alberto Achille di Hohenzollern (1414-86), margravio di Ansbach e dal 1470 anche principe elettore del Brandeburgo. Questi era il leader del partito filoimperiale tra i principi tedeschi e consolidò tenacemente la sua posizione anche mediante l'allargamento dei legami della famiglia. Dal punto di vista dei Gonzaga, l'unione era gradita, dato che corrispondeva alle aspirazioni di consolidare le loro posizioni mediante stretti rapporti con il vertice dell'Impero e legami di parentela con potenti casate principesche.
Il ruolo e le dimensioni della contea di Württemberg erano progressivamente cresciuti dalla caduta degli Svevi; la dinastia regnante era imparentata con casate aristocratiche francesi e italiane. Dal 1442 però il territorio era diviso. Nella parte che aveva la sua capitale a Urach, Eberardo aveva dovuto prendere il potere molto giovane. Era cresciuto senza un'educazione umanistica, ma aveva esperienza del mondo da quando, nel 1468, aveva fatto un pellegrinaggio in Terrasanta e il viaggio di ritorno lo aveva portato in Grecia e in Italia (aveva visitato il Meridione, Roma, Firenze e Venezia). Nel 1469 era stato una seconda volta a Venezia, ma non parlava l'italiano.
Per il matrimonio con la G. Eberardo venne a Mantova accompagnato da un grosso seguito; le nozze furono celebrate il 12 apr. 1474. Il contratto stabiliva una dote molto cospicua: la sposa doveva ricevere 20.000 fiorini renani, 15.000 dei quali sborsati subito in contanti e gli altri 5000 quando fosse arrivata a Kempten; inoltre la G. ricevette gioielli e vesti, argenteria e tappeti per un valore di 9000 fiorini renani. Alla sposa furono donati anche libri e quadri, con la promessa che la famiglia ne avrebbe inviati degli altri.
Pochi giorni dopo le nozze lo sposo tornò in patria passando per Milano e Como. Il 10 giugno la G. lasciò Mantova, accompagnata dal fratello Rodolfo e da un seguito di oltre settanta persone. Con due carrozze, quattro carri di bagagli, 217 cavalli e 30 bestie da soma, il corteo passò per Verona, Trento, Innsbruck, il passo di Fern e giunse a Kempten il 28 giugno, dove la G. era attesa da inviati del conte Eberardo. Da lì il viaggio proseguì per Memmingen, Ulm e Blaubeuren fino a Urach. Nell'ultimo tratto lo sposo si unì al corteo, aumentandone così considerevolmente le dimensioni.
Splendidi festeggiamenti ebbero luogo poi, dal 4 al 7 luglio 1474, a Urach, dove per l'occasione il castello era stato ristrutturato e ampliato. La cittadina conobbe l'afflusso di un gran numero di principi laici ed ecclesiastici, di nobili provinciali e di rappresentanti delle città. Erano presenti i vescovi di Costanza, Spira e Augusta, il principe elettore Alberto Achille, i duchi palatini Filippo e Otto, il margravio Carlo di Baden e molti altri ospiti illustri. In un solo giorno dovettero essere ospitate 13.000 persone.
Negli anni successivi la coppia visse a Urach. Dopo l'unificazione della contea sotto il governo di Eberardo, nella primavera del 1483 la corte si trasferì a Stoccarda. Senza dubbio, la giovane principessa esercitò una forte influenza sul consorte, al punto che il cronista Nauclerus, strettamente imparentato con Eberardo, osservò che dopo le nozze egli era "in alterum mutatus virum" (p. 500). L'esperienza del viaggio a Gerusalemme lo aveva già cambiato, risvegliando in lui l'interesse per questioni religiose ed ecclesiastiche; ora egli imparò dalla G. - che continuò a tenersi al corrente sull'attività di artisti, filosofi e musicisti italiani - a conoscere e apprezzare la cultura umanistica. Donna intelligente e dotata di senso politico, la G. ebbe influenza sul governo, nel complesso molto felice, di Eberardo. Singolare è che, secondo le fonti, la G. si sia interessata anche di giardinaggio, agricoltura e allevamento di animali domestici. Si occupò volentieri della sua fattoria a Waldenbuch e nel 1491 acquistò un giardino nei dintorni del castello di Stoccarda. Resta in dubbio se abbia avuto un merito personale nella fondazione dell'Università di Tubinga, come sostengono alcuni autori italiani. Eberardo, in effetti, si era già occupato del progetto della fondazione già prima del matrimonio; nella sua realizzazione ebbe però un ruolo importante il cardinale Francesco Gonzaga, che intravide la possibilità di sanare per questa via il conflitto intorno al vescovato di Costanza che comprometteva le relazioni tra Eberardo e papa Sisto IV e si adoperò perché fosse concessa la bolla di fondazione, il che avvenne il 13 nov. 1476.
Da questa unione armoniosa nacque una sola figlia, il 2 ag. 1475, morta ancora infante e forse la disgrazia accentuò l'innata tendenza della G. alla depressione. Già verso il 1480 alcune misure prese da Eberardo mostrano che egli non contava più per la successione su una discendenza legittima. Eberardo morì nel 1496 a Tubinga, meno di un anno dopo l'elevazione del suo feudo a ducato.
Subito dopo la sua morte la G. si trasferì nella sua residenza vedovile di Böblingen, dove nel 1501 acquistò un altro giardino. Una delle sue ultime lettere ai parenti di Mantova mostra chiaramente che sarebbe tornata volentieri in Italia.
Ma il desiderio rimase vano. La G. si spense nel maggio 1503 (sul giorno preciso le fonti sono contraddittorie) e fu sepolta nel convento delle domenicane presso Kirchheim sotto il Teck.
Dopo la sua scomparsa, il fratello Ludovico e i nipoti avanzarono pretese sui beni della G. e inviarono il segretario D. Guizzardi nel Württemberg per trattare la faccenda. Grazie alla mediazione del duca Alberto IV di Baviera il 7 dic. 1505 si arrivò a un parziale accordo.
I numerosi tentativi di identificare i membri della famiglia del marchese Ludovico III nei personaggi ritratti negli affreschi del Mantegna nella camera degli sposi nel palazzo ducale di Mantova, hanno ravvisato per lo più la G. nella giovane e graziosa donna che, con il viso leggermente rivolto verso destra e i capelli biondi raccolti in un'acconciatura alta, si trova in secondo piano tra la marchesa Barbara e la nana. L'identificazione è stata messa in discussione di recente (Signorini, 1975), ma è stata poi confermata (Chambers - Martineau, p. 120), sebbene la descrizione che della G. ha lasciato il segretario Marsilio Andreasi non corrisponda esattamente al ritratto: "Barbara l'era un poco larga nel volto e brunetta […] e più prosperosa che la illustre quondam madonna Dorothea" (Signorini, 1975, pp. 119 s. n. 64). Certo è che ingrassò nel corso degli anni. Non è invece da considerare verosimile una figura distinta con il suo nome in una vetrata della collegiata di Tubinga, eseguita in età a lei contemporanea (Decker-Hauff - Setzler, p. 13).
Fonti e Bibl.: L'edizione delle oltre 50 lettere che la G. scrisse alla sua famiglia a Mantova dopo il matrimonio è in corso a cura di P. Amelung. J. Nauclerus, Chronicon, II, 2, Coloniae 1564, pp. 471, 473, 500; Andrea da Schivenoglia, Cronaca di Mantova dal 1445 al 1484, a cura di C. D'Arco, in Raccolta di cronisti e documenti storici lombardi inediti, a cura di G. Müller, II, Milano 1857, pp. 178-180; Württembergische Regesten, I, Stuttgart 1906, nn. 365-381; P. Torelli, L'Archivio Gonzaga di Mantova, I, Mantova 1920, p. 52; C.F. Sattler, Geschichte des Herzogthums Würtenberg unter der Regierung der Graven, IV, Ulm 1768, pp. 112 s.; Id., Geschichte des Herzogthums Würtenberg unter der Regierung der Herzogen, I, Ulm 1769, pp. 3, 87 s.; F. Tonelli, Ricerche storiche di Mantova, II, Mantova 1797, p. 397; C.F. Stälin, Würtembergische Geschichte, III, Gotha 1856, pp. 511, 587 s., 606, 645; P.F. Stälin, Die Heirath des württembergischen Grafen, nachherigen Herzogs Eberhard im Bart mit der Markgräfin Barbara Gonzaga von Mantua im Jahr 1474, in Württembergische Jahrbücher, 1872, n. 2, pp. 3-17; P. Kristeller, Barbara von Brandenburg, in Hohenzollern Jahrbuch, III (1899), pp. 77, 83 s.; F. Ernst, Eberhard im Bart, Stuttgart 1933, p. 31; E. Marquardt, Geschichte Württembergs, Stuttgart 1962, p. 52; R. Signorini, Lettura storica degli affreschi della "camera degli sposi" di A. Mantegna, in Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, XXXVIII (1975), pp. 119 s.; H. Decker-Hauff - W. Setzler, Die Universität Tübingen von 1477 bis 1977 in Bildern und Dokumenten, Tübingen 1977, pp. 1, 8, 12 s.; W. Teufel, Universitas Studii Tuwingensis. Die Tübinger Universitätsverfassung in vorreformatorischer Zeit (1477-1534), in Contubernium, XII (1977), pp. 46, 49; Splendours of the Gonzaga. Catalogue, a cura di D.S. Chambers - J. Martineau, Milano 1981, p. 120; R. Signorini, Opus hoc tenue. La camera dipinta di Andrea Mantegna, Mantova 1985, pp. 51, 58, 87, 97 s.; Württemberg im Spätmittelalter. Ausstellung im Hauptstaatsarchiv Stuttgart. Katalog, a cura di J. Fischer - P. Amelung - W. Irtenkauf, Stuttgart 1985, pp. 11-24, 27, 31, 70-74, 129, 131 s., 136 s., 186; G. Scholz, B. von Mantua, in Fürstliche Witwen auf Schloß Böblingen. Ausstellung, Stadt Böblingen, Stadtarchiv und Museen. Katalog, a cura di G. Scholz, Böblingen 1987, pp. 79-86; P. Amelung, Herzogin B.s böblinger Briefe nach Italien, ibid., pp. 87-92; S. Schulz, B. von Mantua und Waldenbuch, ibid., pp. 101-104; R. Signorini, Scritti e voci puerili di figli del marchese Ludovico II Gonzaga e un luttuoso 24 maggio 1452, in Civiltà mantovana, n.s., VIII (1985), pp. 26 s., 32-36; K. Simon, Die Gonzaga. Eine Herrscherfamilie der Renaissance, Köln 1991, p. 76; H.-M. Maurer - P. Sauer et al., Geschichte Württembergs in Bildern 1083-1918, Stuttgart 1992, pp. 26 s., 65 s., 70; K.-H. Spiess, Unterwegs zu einem fremden Ehemann. Brautfahrt und Ehe in europäischen Fürstenhäusern des Spätmittelalters, in Fremdheit und Reisen im Mittelalter, a cura di I. Erfen - K.-H. Spiess, Stuttgart 1997, pp. 22, 26 s., 34 s.; U. Chevalier, Répertoire des sources historiques du Moyen Âge. Bio-bibliographie, I, col. 427.